[1-2] MISTER NO (Nolitta/Ferri)
Episodio prodotto in seguito al successivo, in quanto più presentativo e rappresentativo. L'incipit - l'agenzia di viaggi, che ci invita in Brasile - è semplicemente Storia del Fumetto Italiano (e, in quanto tale, antologizzato a sé in un paio di volumi). Meno nota è la relazione di amicizia con l'agente di viaggi. L'esordio di Mister No è quanto mai iconico: avuta la meglio dopo un pestaggio, ci mostra la sua vita di mezzo alcolizzato, tra bar e catapecchie. Il primo cliente, a quanto pare, è davvero tale: è il 1952 e Jerry è a Manaus da quasi un anno, durante il quale non ha combinato nulla. Costui è, naturalmente, un bandito, che ha fatto precipitare un aereo nella giungla, che ora deve ritrovare; ma uno dei superstiti ha riparato tra gli indios; anche costui è un delinquente, così Jerry e il primo villain debbono allearsi e salvarsi dalle sabbie mobili; quindi tornano nemici e Mister No è costretto alla sua prima carneficina dai tempi della guerra e alla sua prima sfiga (perde i diamanti nel fiume). Se non è dannatamente archetipico, tutto questo. Arte suggestiva, ma con la testa ancora rivolta a Zagor: gli interni del Piper, in un paio di occasioni, appaiono volubili.
[2-3] AMAZZONIA (Nolitta/Donatelli)
Prima storia prodotta, con splendida copertina che fatichiamo ad attribuire a Ferri. (Ri)Presentazione di Manaus e del titolare della collana, con l'escamotage del turista (stavolta in loco). Spedizione breve, ma già archetipica, verso il classico canovaccio del riccone naufrago volontario tra gli indios: concetti che saranno ripetuti, ma che qui hanno ancora un sapore arcaico. Arte del vero creatore grafico del personaggio, se non ricordiamo male, e quindi è l'arte primigena.
[3-4-5] L'ULTIMO CANGACEIRO - MORTE NEL SERTÃO - LA VENDETTA DEL GRINGO (Nolitta/Bignotti)
Primo kolossal antropologico e personale, che l'autore dedica ad una delle sue passioni. L'escamotage è lo stesso già usato su Zagor (con Manetola in luogo di Osceola): clonare un personaggio storico e inserirlo in una vicenda anacronistica ma permeata di leggenda e malinconia. Stavolta tocca ai Cangaceiros, ribelli-banditi degli anni 1920-30, qui trasposti trent'anni dopo. Il Capitão Curicão è modellato sullo storico Limpião. La vicenda inizia con le consuete gag (Jerry malmena il cliente squattrinato e viene malmenato nel match di capoeira), ma ben presto diventa tragica e fatalista, con la consueta alleanza forzata con i cattivi e poi con i buoni, che però non sono santi e, rosi da beghe interne, sono destinati alla sconfitta. La tensione è in crescendo fino alla guerriglia pura del terzo albo, che sfocia nel tradimento dolente e nella vendetta sanguinaria. Tutto questo diventerà un canovaccio-base per le storie di questo tipo, eccetto che per la furia glaciale di Jerry, qui più marcata che in future occasioni. E per la bellona di turno, che qui appare solo nell'ultimo segmento: Miranda Cordeiro tornerà nelle altre storie del filone desertico del Sertão. Arte immersiva, con un deserto degno di quelli di Donatelli. Il finale è forse il più bello di tutti, in cui Jerry apprezza finalmente la canzone-tormentone malinconica prima odiata (Mulher Rendeira): sarà omaggiato anche dalla serie tv di Coliandro. Spettacolare e iconica la prima copertina.
[6-7] L'UOMO DELLA GUYANA (Nolitta/Diso)
Avventura che astutamente sfiora Papillon senza farne il remake (ci penserà Castelli), anzi, mostrandone quasi le conseguenze, con il paesino dove svernano gli ex carcerati che non sanno dove andare. Fumetto con tutti i crismi del copione nolittiano, e pertanto esemplare (infatti la Mercury la proporrà a colori). Il prologo con Olinto Righetti, il tenore di Busseto, rimane per ora soltanto uno sketch umoristico: Sclavi lo trasformerà in trama. Il viaggio coi clienti bastardi e la scoperta etnografica degli indios negri (che sbalordisce Mister No) sono archetipi di questa serie, così come il casus belli (la ricerca dell'ex galeotto marsigliese rapito, assieme alla figlia avvenente) e il finale di nuovo umoristico-amaro (l'ex galeotto è tale in quanto uccise lo spasimante della sorella) sono tipici della produzione dell'autore. Arte di livello, sempre efficace ed evocativa.
[7-8-9-10] IL GRANDE FIUME - IL CAIMANO D'ARGENTO - L'UOMO DALLA MASCHERA ROSSA - I PIRATI DEL FIUME (Nolitta/Bignotti)
Prima avventura fluviale, per lunghezza e ambientazione, esemplare della compartimentazione nolittiana: la prima puntata-moncherino è una gag bislacca (il gorilla spettrale) in una variazione sul tema del solito incipit (Jerry sta tornando sul battello dopo due mesi con un carburatore nuovo); la seconda parte è solo apparentemente perdigiorno, ma si scoprirà determinante per la conclusione; nel terzo albo i fili si dipanano fino al colpo di scena (scontato, ma il cliffhanger è fatto benissimo); l'ultimo albo è pura guerriglia pasionaria (letteralmente: qui Nolitta combatte l'ordine costituito, cioè la pula) che conduce all'apprezzato finale amaro e al controfinale comico-fatalista. Arte d'altri tempi, nei quali ti trasporta nostalgicamente. La foresta allagata è semplicemente meravigliosa.
[11-12] AVVENTURA IN ECUADOR - "TANGO" MARTINEZ (Mantelli-Nolitta/Bignotti)
Episodio della "prima ondata", dove la "gag" iniziale occupa metà del primo albo. Forse è per questo che lo si attribuisce a Mantelli. Jerry porta in volo due clienti, entrambi delinquenti e bugiardi: il mafioso che paga in Dollari falsi e il sicario spacciatosi per paparazzo. Il grosso della vicenda è il doppio assedio nei suggestivi paesaggi brulli dell'altopiano con la fazenda nella prateria tra i boschi: prima a "Tango" Martinez, il mafioso impomatato, col killer; poi al killer con "Tango" Martinez. Storia elementare, ma dialoghi fluenti e spigliati, e un Mister No più guascone, attaccabrighe e cinico del solito. Divertente la sceneggiata all'hotel. Simpatico il rapporto con Martinez, alleato cui viene costantemente rinfacciato di essere un odioso criminale, e che infine viene abbandonato da solo in mezzo al nulla. Si vendicherà, come promesso nell'epilogo. Arte in palla. L'Ecuador si vede poco, ma non è colpa di Bignotti.
[12-13-14-15] PIOGGIA - RIO NEGRO - OMBRE NELLA NOTTE - IL TEMPIO DEI MAYA (Nolitta/Diso)
Classico amato da Nolitta. In prima lettura, in tempi di pregiudizi, non ci fece impazzire. Riletta, è un'avventura fluviale - in tutti i sensi - ricca di situazioni. Incipit umoristico in cui esordiscono Dana Winter, il cantante negro dal nome di donna, e Patricia Rowlands, l'archeologa che diverrà ricorrente e la preferita da Jerry (se non altro per le limonate). La risalita del Rio Negro è la parte migliore, con il suo variegato equipaggio amichevole (come la ciurma di Fishleg di Zagor) e l'ottima sequenza della Tapaia, il banco di alghe inestricabile, infestato da caimani e piranhas. Peraltro, è qui che Esse-Esse si eleva dal rango di semplice comparsa, assumendo il ruolo di comprimario. Nel terzo albo ecco gli indios - una volta tanto bluffardi - e il prete (s)vestito da indio. Finalmente ecco le rovine Maya, gemelle di quelle più famose, e che i lettori si ostinano a considerare "mysteriane". Di questa parte - banditi, profezia, crollo - ci era rimasto un vago ricordo, seppure sia la più semplice. Apprezzabile la figura del capo indio, povero vecchino che Esse-Esse tiene in braccio. Arte di livello alto e archetipico, scatenata nelle prima cinquantina di pagine e con chine possenti nella parte finale. Il quarto albo ha 8 pagine in più.
[16-17] UNO SPORCO AFFARE (Nolitta-Mantelli/Donatelli)
Divertente riempitivo, che però dovrebbe essere una delle primissime storie prodotte. La presenza dell'artista, uno dei nostri preferiti, ne è un forte indizio. Fumetto tragicomico, a partire dal lungo incipit coi turisti bauscia stronzi. Tutta la parte preparatoria - l'arresto, la scarcerazione, l'accettazione dell'incarico, l'arrivo in loco, la costruzione della pista, il primo volo - ha quel sapore casareccio e realistico che ci ha fatto amare questa serie. Una volta che Mister No si fa - involontariamente - una canna, gli eventi prendono una piega sempre più grottesca, dallo sterminio della banda e dall'incendio dello stabilimento operati da un Jerry diabolico vendicatore, fino al finale quasi assurdo: alla morte quasi splatter dello zio canaglia, smaciullato (!) dal rotore del Piper, segue la lunga gag della proposta di matrimonio della nipote, cui Jerry reagisce causando a momenti un attentato terroristico sulla città; in seguito, l'aspetto puramente comico si stempera in una nota dolceamara e malinconica, giusto per darci un ultimo uppercut allo stomaco. Ma proprio la continua giostra di emozioni è la caratteristica più amabile della serie. Comunque forse è per questo che Mantelli viene accreditato. Nota: la tipa è bionda, ma in copertina è mora.
[17-18-19-20] AGENTE SEGRETO ZETA 3 - TRAGICA PALUDE - OPERAZIONE "POSEIDON" (Nolitta/Bignotti)
Fumetto più di fantascienza che di spionaggio: i nazisti in SudAmerica creano soldati rettiliani (uomini-caimani). L'ottusità con cui Jerry insiste sulla collusione di Esse-Esse con i suoi compatrioti è abbastanza straniante, quasi fuori carattere; e, del resto, Kruger non è che faccia molto per discolparsi (a proposito, il suo nome, in prima edizione, è Richard, ma più avanti diventerà Otto); viene da pensare che l'episodio, comunque arcaico, sia stato tra i primi ad essere stati concepiti. Quasi duecento numeri dopo, Mignacco cercherà di mettere una pezza a tutte queste inusitaggini, possiamo dire riuscendoci. L'arte del nostro idolo, in un paio di occasioni (ad esempio, la rissa Jerry/Esse-Esse), fa clamorosamente cilecca. Nonostante questi difetti, è comunque un fumetto godibile e simpatico, come tutti in questa serie assurda. Da ricordare l'assassinio della spia durante il combattimento tra galli.
[20-21] EVASIONE - COLPO GROSSO (Nolitta-Mantelli/Donatelli)
Riempitivo arcaico, una delle primissime storie messe in produzione, come evidente dalla presenza dell'artista e dalla bonarietà casareccia della trama. Esilarante la gag incipitale delle racchione (una specialità di Donatelli), e davvero godibile il viaggio di Jerry coi banditi, su paesaggi brulli e fascinosamente spogli e solitari (l'altra specialità di Donatelli): il carcere sul monte, i bidoni di benzina dislocati (come?) per tutta la regione, la baita in mezzo al nulla arredata con un tavolo e la radio. Jerry è solo apparentemente superficiale nel suo scorrazzare i delinquenti e l'evaso, dato che, nel secondo albo, li insegue per novanta pagine fino alla vendetta. Questo albo dev'essere quello sceneggiato da Mantelli, dato che resta meno impresso sul momento, pur scorrendo sempre con piglio sagace. Simpatica la gag conclusiva: il bar di bevitori di thé. Assente la scritta "Fine dell'episodio": l'ultima striscia è stata tagliata.
[22-23-24] DESTINAZIONE HAITI - L'ISOLA DELLA MAGIA (Castelli/Bignotti)
Sceneggiatore in piena mimesi nolittiana, con giusto una gradazione di perversione diversa, meno brutale e più subdola. Splendido viaggio di quelli che ci piacciono: da Caracas, truffati dal bandito onesto, ad Haiti, sulla scia del biglietto lasciato dall'ex commilitone morto di spasmi immotivati. Subito, ecco la faida politica, con un Jerry partigiano che si ribella ai Tontons Macoutes e si unisce alla corte maledetta dei rivoluzionari. Mozzafiato il secondo albo, catalogo di sequenze memorabili: l'aneddoto, inventato ma suggestivo, della base nazi a San Juan de la Castilla (isolotto inesistente?); il folle attentato all'aereoporto, con Jerry che si sostituisce alla torre radio e porta un aereo di linea quasi allo schianto; l'allucinata sequenza documentaristica del rito voodoo, degna degli Orixà di Eco; il viaggio di Jerry a San Juan, maledetto a distanza inconsapevolmente. L'epilogo è invece più rustico: scopriamo che il Colonnello Kovacs è uno yuppie cocainomane e sia la sua eliminazione che quella della Mamaloi sono un pelo sbrigative; d'altro canto, non è che ci fosse molto altro da aggiungere. Arte di alto livello, epocale per lo storico errore dei Macoutes bianchi, innegriti nelle ristampe. Ma Castelli fa dire apposta che fra loro ci sono ex nazisti, per cui si poteva anche lasciar correre.
[24-25-26] ATLANTICO! - BERSAGLIO UMANO - LA FURIA GIALLA (Nolitta/Diso-Bignotti)
Fumetto etnografico-avventuroso dagli spunti evidentemente autobiografici: l'impressione è che Nolitta abbia provato l'esperienza delle Jangadas. Tant'è che l'ha eletta sua storia preferita. Ideale sintesi dei contenuti e dei propositi della serie, è stato infatti ripubblicato in volume cartonato a colori, edizione poi riproposta nei Classici di Repubblica Serie Oro. Storia brillante nei testi come nei disegni, intrattenevole come un vecchio film (notoriamente migliori di quelli moderni) ed efficace come un documentario. Lo squarto dello squalo, qui presente anche in copertina, è un cliché che non amiamo particolarmente, ma sappiamo che va interpretato come un omaggio alle vecchie glorie fumettistiche; sotto questo aspetto, però, l'esilarante sequenza di Jerry con la maschera di Topolino è decisamente più riuscita. Notevole, come di consueto, il crescendo climatico di violenza, con un Jerry diabolico vendicatore che ne combina di tutti i colori al mafioso imprenditore. Senza un motivo specifico, le ultimissime due pagine sono di Bignotti. Esordio dell'ex commilitone ora poliziotto Phil Mulligan, da remoto (è a NY): diventerà più o meno ricorrente.
[27-28] CHI HA VISTO CARLOS GOMEZ? - DIAMANTI! (Nolitta/Bignotti)
Bel viaggio didattico-spionistico-avventuroso, una caccia all'uomo tra i cercatori di diamanti, prima terrestri, poi fluviali, la cui vita e le cui tecniche di lavoro sono antropologicamente riportate e fatte esperire al lettore per mezzo di Mister No. Ottima gestione della foliazione, per cui la trama risulta intrigante sia dal punto di vista "innocente" del primo albo, sia quando gli altarini sono stati scoperti, nel secondo, dopo l'azzeccato cliffhanger. E c'è comunque spazio per la redenzione dello sbirro. Consueta arte in palla. Splendido il Salto Angel, la cascata di novecento metri vista dal Piper, sembra di stare lì. Il mafioso ha il volto di Sergio Bonelli! E pure lo sbirro redento assomiglia a qualcuno che conosciamo, ma non focalizziamo.
[29-30] LA CITTÀ MISTERIOSA - DOPPIO GIOCO (Castelli/V.Monti)
Eccellente fumetto cospirazionista, tipico del periodo aureo dello sceneggiatore. Ci sono tutti i suoi modismi. Inizia con il cliente iettatore, che danneggia involontariamente il Piper. Ma la gag non è fine a sé stessa, e ne consegue il drammatico volo senza indicatore di rotta. Questo dà il via alla trama vera e propria, con il naufragio nella metropoli moderna occultata nella giungla. E quindi ecco i due gruppi cospiratori, di cui seguiamo le vicende senza sapere quale sia il cattivo e quale il buono, e senza sapere quale sia il fulcro della storia, in un continuo ribaltamento di prospettive. Confortevoli le sequenze in cui Jerry viene preso per visionario, realistico il momento in cui si chiede se almeno degli indios ci si possa fidare. Esordio di Delia Norris, l'agente CIA che diverrà ricorrente. Forse un pelo accelerata la love story tra i due, ma diverte vedere Mister No elegantemente vestito come uno yuppie. Il piano è folle quanto colui che lo ha inventato: la città "perduta" era solo la riproduzione scenografica di una piazza di Buenos Aires, dove gli estremisti (di destra, cioè peronisti) si esercitavano all'attentato con i quali progettavano di eliminare le opposizioni riunite in congresso. Il Castelli dei tempi d'oro non aveva timore di svelare come agli USA non interessasse realmente impedire l'attentato, ma soltanto di controllarlo. L'autore gioca anche con la sua continuità personale, menzionando i #22/24 e anticipando l'El Dorado. Arte molto espressiva (colpisce la mestizia di Jerry nel finale) ed efficace nei momenti più stranianti (la fermata del bus nella foresta).
[30-31] "BANDOLEROS" - EL LOCO (Castelli/Bignotti)
Fumetto "breve" in cui l'autore riesce ad infilarci numerosi momenti memorabili, passando dall'umorismo allo psicodramma senza mai perdere il ritmo. Quasi epocale l'esilarante prologo col cliente aspirante suicida per amore, che peraltro Bignotti caratterizza con rara efficacia, in volo su panorami naturali mozzafiato. Dopo un raro refuso d'antan (Bogotà in Venezuela, ma alla seconda menzione è già corretto), la storia assume i connotati della gita turistica inguaiata, in cui il protagonista si ritrova suo malgrado nella lotta contro i repressori. Il cattivo, colonnello pazzoide, è volutamente macchiettistico, ma il sottotesto sociale non viene meno (anzi, si mette tranquillamente in cattiva luce la mentalità capitalista), grazie alla trovata di fargli rubare il Piper di Mister No, da utilizzare - opportunamente modificato - come arma repressiva. Il senso di colpa di Jerry è dunque coinvolgente, così come le tappe razionalmente seguite per recuperarlo. Immancabile, ma sempre divertente, la gag dell'autobus sui tornanti montuosi. Tipica dell'ingegnosità castelliana la furbizia con cui Jerry fa credere il suo aereo abbattuto, e riuscita è pure la battaglia aerea (con uno dei primi flashback del passato bellico dell'eroe). L'epilogo concettualmente circolare, in cui è Jerry a provare pene d'amore per la bella di turno, è uno dei marchi di fabbrica del capace e brillante sceneggiatore. Da segnalare come Beatriz porti lo stesso nome della sua ex, e come sia caratterizzata come una ragazza "facile" ed eccessivamente mutabile. L'artista sapeva disegnare qualunque cosa.
[31-32-33] TSANTZAS! - I CACCIATORI DI TESTE - MORTE NELLA FORESTA (Nolitta/Diso)
Classico della serie, giustamente anche di Repubblica. Probabile prima storia che abbiamo letto, senza l'interesse giusto. Riletta, è una storia esemplare delle caratteristiche della serie, la storia-tipo perfetta, in un certo senso, anche se noi continuiamo a preferire quelle un pelino più strambe o più esotiche. Si parte da Bogotà, che Jerry non ama molto, in quanto vi piove sempre, e si prosegue con l'archeologia ufficiale-didascalica, quindi la partenza ritrosa, e poi: la spedizione nella iungla, la lotta con la belva feroce (qui l'anaconda), l'etnografia in diretta (che è anche aneddotica dello scrittore), la prova di forza della tribù (la caccia al giaguaro), la discesa nel delirio (avvelenato, Jerry ha visioni allucinate del suo passato), la svolta carognesca del cliente e dell'alleato occasionale, la guerra fratricida e sterminatrice, il finale tragico-furioso-amaro (la tsantza del cliente), il controfinale nostalgico. L'arte è dell'artista di punta, che più illustrativa non si può. Gli stessi autori confezioneranno un breve remake tragicomico. Da notare che Jerry perde la maglietta e passa quasi tutta la terza puntata a petto nudo, e così torna a casa.
[34-35] IL DIO GIAGUARO - L'ARTIGLIO INSANGUINATO (Nolitta/Bignotti)
Prima o seconda storia che abbiamo letto, monca, sull'albo originale ingiallito. "Giallo" dell'ecosistema chiuso, con talmente pochi personaggi che i colpevoli non possono che essere quelli. Ma quanto è bella la San Agustìn dei primi anni 1950, evidentemente romanzata (oggi è un parco archeologico), che gironzoliamo per due adorabili albi? Il luogo in cui avremmo voluto trascorrere le estati. Le statue, i dolmen (tutti veri), i boschi, la prateria, la fattoria, l'altopiano, il fiume. C'è tutto. Quando il campesino ci avverte che il torrente è il confine tra le due proprietà, e Mister No vuole beffardamente attraversarlo, avvertiamo l'euforia dell'esploratore in cerca dell'ignoto. Ovviamente, lo sceneggiatore ha i suoi meriti, ma l'artista è veramente un gigante. Quanto gli vogliamo bene. Grandi giochi di chiaroscuri durante gli incontri con l'uomo-giaguaro. La pirite, le Olimpiadi di Londra del '48, il fazendero buono. Dicevamo che il colpevole è scontato, allora Nolitta calca la mano sul dramma, regalando un memorabile finale in cui la tipa ha un attacco isterico e poi si suicida mestamente davanti al protagonista.
[36-37] LA LAMA DI ASFALTO - TERRA CRUDELE (Castelli/V.Monti-Marraffa)
Prologo folkloristico, con la Festa dei Morti che sarà approfondita più esaustivamente nella storia subito successiva. Ciò è propedeutico alla profezia del veggente, che si avvererà. Il resto del plot è crudelmente verosimile (o quasi): il progetto dell'autostrada nella giungla che presto si tramuta nel solito dramma dell'avidità e dell'egoismo. I presupposti sono tutti nolittiani, e Castelli guarda a Nolitta anche nel doppio ribaltone dell'ex bandito, che si rivela poi coraggioso e competente, e del neolaureato timidino, poi complice senza scrupoli. Un po' meno nolittiana l'idea che Jerry si unisca al progetto, giudicandolo inizialmente fattibile, ma è un pretesto necessario al discorso socialista che l'autore vuole proporre. Interessanti i ragionamenti sui terreni, sui metodi di solidificazione e sui tapiri. Riuscite le sequenze dell'alluvione, con gli animali in fuga (quasi ciminiana), e delle scimmie impazzite per la fame. L'idea di avvelenare gli indios è nuovamente nolittiana (da Zagor) e storicista. Il finale, però, è frettoloso e probabilmente scorciato. Arte espressiva e gradevole. Ci siamo persi gli interventi esterni.
[37-38-39-40] ACAPULCO - BIENVENIDO A MEXICO! - APPUNTAMENTO IN NERO - IL RE DEI RING (Nolitta/Bignotti)
Che bella storia, che bel film domenicale da rivedere sempre con piacere. Ricca antologia di mini avventure, tenute insieme da un filo conduttore solido, da un protagonista simpatico, da comprimari che restano impressi e da una sorniona capacità evocativa. La sgangherabilità di Eco, il Topolino a strisce: è la migliore storia di Nolitta? Il dubbio sorge spontaneo. Si parte dal realismo dell'industrializzazione forzata (la nascita storica del mito occidentale di Acapulco), quindi ecco il circo aereo, narrato con un piglio più verosimile e crudo di quello gottfredsoniano, ed ecco l'esordio di Deborah Winter, la pilotessa sboccata, ma non volgare, che Nolitta caratterizza in modo irresistibilmente simpatico (epica la scenetta in cui Mister No, completamente ubriaco, la trova in camera). E questa è già una storia, ma ecco tornare "Tango" Martinez (#11/12), l'Eli Squick di Nolitta, che rapisce Deborah e costringe Mister No a rintracciare i suoi ex complici. Ed ecco le altre ministorie: il casinò, la tragedia del tuffatore, la lotta di wrestling, e soprattutto la splendida gita al paese nel bel mezzo del Dia de Los Muertos, con tutti gli equivoci etnografici e antropologici del caso. Questa sequenza anticipa di molto le mode attuali, e conserva il fascino proibito della "prima volta" (peraltro, è lo stesso Jerry a dire che non era mai stato in Messico), corroborato dalla rustica vivacità e dalla capacità immersiva di Bignotti. La copertina della quarta parte ospita l'unico neo di tutto il viaggio, presentando un tizio completamente diverso da quello del fumetto, ma non importa, anche questo fa folklore. Piacevole anche il personaggio del poliziotto, una volta tanto positivo.
[40-41-42] ATTERRAGGIO FORZATO - IL MISTERO DI SELVA PRETA - I GIORNI DEL TERRORE (Nolitta/Diso-Bignotti)
Episodio leggermente anomalo per i canoni della testata, come pure la seconda copertina. Interessante l'idea dell'industria di carne in scatola (diversa dalle solite) e suggestiva la base militare abbandonata nella giungla, raggiunta forzosamente nella prima parte, d'impatto anche nella prima copertina. La storia vera e propria, però, è il lungo assedio degli insetti giganti alla fabbrica: cento e passa pagine di lotta contro i cervi volanti mostruosi e carnivori, senza mai un dannato calo di tensione. Le sequenze in cui i bacarozzoni distruggono gli aerei e assaltano il recinto elettrificato sono degne di un kolossal dei tempi d'oro. Cast di elementi estranei, tipico della produzione nolittiana, dove il biologo precario e clandestino assume più importanza dei giornalisti. Gradevole trovare, una volta tanto, un imprenditore ragionevole e onesto. Si fa ricordare la conclusione: dato che la storia doveva restare secretata, il giornalista l'ha camuffata da romanzo di fantascienza, per l'amarezza di Mister No (che, evidentemente, odia chi cerca di nascondere la verità, a contrario di qualcun altro). Arte impegnata ed efficace di Diso, che tuttavia, abbandona sul più bello. Bignotti, oltre alla solita prima striscia della seconda parte, illustra l'ultima trentina di pagine della terza.
[42-43-44] MA CHE BELLA FESTA! - NELLA TERRA DEI MOROS - GLI IMPLACABILI (Missaglia/V.Missaglia)
L'artista, alla sua unica apparizione, si sforza e produce illustrazioni dignitose, ma senza comunque raggiungere i fasti dei suoi colleghi. Si tratta del fratello dello sceneggiatore, il quale propone un Mister No guascone e sopra le righe nei momenti rilassati, come nella simpatica gag in cui tormenta l'autista, che sarà tipico della sua produzione. Il canovaccio del rampollo rapito non è il più interessante possibile, né la sua risoluzione autosufficiente sorprende particolarmente (è relativamente ovvia). Manca anche il consueto approfondimento etnografico: dei Moros ci viene detto soltanto che sono peggio dei Jivaros, bellicosi senza un perché, tant'è che Jerry non ne ha mai sentito parlare. La narrazione è comunque fluida e più che discreta, ma il bello arriva soltanto con l'esplorazione, dove il lettore può immedesimarsi nelle ripetute lagne del cliente di Jerry (il quale non manca di farglielo presente) e soffrire con lui per le difficoltà della marcia. In particolare, il territorio dei Moros è descritto con perizia come un luogo veramente agghiacciante (e a noi urbani familiare): una fornace talmente brulla da essere priva di sassi, che alla prima pioggia diventa una vera e propria palude. Durante lo scontro col cinese, Jerry rivela di essersi allenato dopo la batosta dei #24/26. La prima copertina mostra una scena assente nel fumetto.
[44-45] L'ABISSO DEL DIAVOLO - MINACCIA INVISIBILE (Castelli/Bignotti)
Classico mysteriano, che vanta un seguito-retcon in Martin Mystère #186. L'esperimento di Philadelphia e il Triangolo delle Bermude (mai chiamato così), argomenti di stretta attualità nei tardi anni 1970, e a cui Castelli dedica, quasi in parallelo, la famosa storia per Topolino Libretto. Noi mysteriani degli anni 2020 sappiamo tutto a menadito, ma la prima puntata ci affascina tantissimo lo stesso: l'arte brillante di Bignotti, il prologo/flashback nel '45, la sparizione di Deborah Winter (#37/40), che dice le famose frasi sul mare e sul cielo ribaltati, la chiamata a Phil Mulligan (#24/26), Jerry preso per visionario. La seconda puntata è un omaggio bondiano, e per buona parte delle sue pagine Mister No è parte passiva, dapprima legato sul lettino con due grosse cinghie e in seguito paralizzato dal raggio verdognolo, tramortito dallo spiegone (anche se è scritto bene, tale è la sua natura). Sorprende discretamente il fatto che lo scienziato pazzo sia il medico del prologo, e fa piacere che il cliente (poi fidanzato) di Deborah diventi parte attiva nella liberazione, soprattutto perché Santarelli e Coppola, nel richiamare questa avventura, mostreranno - con nostra grande soddisfazione - tutti questi personaggi occasionali. L'intervento dei Caschi Blu, se proprio vogliamo, è un po' grossolano, ma fa parte dell'apprezzabile kitsch dei vecchi tempi. Nel finale il V2 esplode proprio in testa al villain: sembra quasi che Morales lo omaggerà molti anni dopo; oppure è copiato da un film.
[45-46-47] IL MOSTRO DEGLI ABISSI - I RIBELLI DELL'"ESCUALO" (Missaglia/Diso)
A parte l'insistenza sull'alcool, un po' fuori carattere, e che culmina in un finale barzelletta, è una bellissima storia di avventure. La prima puntatina è proprio l'orgasmo dell'Avventura: Mister No che naufraga su un'isoletta deserta e, dopo un po', viene salvato da una nave di passaggio, ma prima combatte il calamaro gigante (e non il solito squalo). La seconda puntata è divisa in due metà, la prima interamente a bordo della nave, in cui Jerry è vittima dell'ammutinamento dei marinai, in realtà dei contrabbandieri, e sospettato di essere un agente segreto; la seconda ci racconta, con dettagli sempre vividi, la fuga con la scialuppa nel mare in tempesta e nel fiume, con la conquista dell'aereo dei mercanti d'armi. La terza puntatina chiude il tutto. La differenza in questa serie, più che i soggetti, la fanno come al solito le sceneggiature, i dialoghi, il ritmo, i personaggi. Tutti gli eventi sopra riportati sono esposti come fossero veri, e non recitati, quindi a chi legge sembra di trovarsi lì. Arte di livello medio/alto che a volte sembra avere chine poco marcate, o forse è la risoluzione di stampa che fa pena.
[47-48-49] EL DORADO - LA STREGA DELLE ANDE (Castelli/V.Monti-Merati)
Splendido fumetto avventuroso-didascalico degli anni 1970. Non è mysterioso, ma è affascinante lo stesso. Duplice omaggio al Tex delle origini, nella persona della strega mefistoide, e ai classici barksiani, nel villaggio andino isolato che gli eroi non possono abbandonare e nel percorso affrontato per raggiungerlo... e nella figura dell'El Dorado letterale (l'uomo ricoperto d'oro), naturalmente. Viaggio iniziatico-mozzafiato fino a metà del secondo albo, e alla fine; ci sono un paio di tempi morti durante il lungo assedio della tribù rivale, ma niente di tragico. L'incipit storiografico-nozionistico, basato su spunti reali, ove viene illustrato il mito dell'El Dorado, e il finale, in cui tale mito rivive nel tempo corrente sulla pelle dei nostri (il cliente di Jerry ne prende il posto), sono quasi commoventi. Da manuale la tensione, avvalorata dai dialoghi fluenti e dalla capacità dell'autore di gestire una simile avventura facendo uso di pochissimi personaggi (quelli parte attiva sono tre o quattro). Arte dannatamente efficace, rustica, evocativa, pienamente rispettosa dei canoni della serie, divertita e valorizzata dalla capace sceneggiatura. Riecco la continuity interna di Castelli: Jerry menziona Haiti, El Lobo e i #36/37.
[49-50-51] TRAPPOLA MORTALE - UNO STRANO ALLEATO - B-24 CARICO DI MORTE (Castelli/Bignotti-V.Monti)
Ottimo thriller hitchcockiano d'inseguimento, tra spionaggio e casi umani di rara crudeltà (si abbonda di ragazzini che fumano e spacciano, e si infierisce sull'argomento droga). La continuità castelliana entra nel vivo, con il ritorno di Delia (#29/30), che riesce a incastrare Jerry in un nuovo complotto. Ma c'è spazio anche per un nuovo ricordo di Beatriz (#30/31), d'altronde era la ex dello sceneggiatore. Dopo una parentesi boxista tipicamente nolittiana, e l'incontro con un finto prete particolarmente carogna (O Bispo, che diverrà ricorrente), il secondo albo presenta un comprimario visibilmente castelliano, che diventa coprotagonista a tutti gli effetti fino all'inizio della terza puntata: l'ex detective Uriarte, ora tossicomane mercenario, "interpretato" da Peter Lorre. Per novanta e passa pagine abbiamo tutto il tempo di vedere sviluppati la sua personalità malata e il suo rapporto ambiguo con Mister No, e, se non proprio di affezionarvisi, almeno di riconoscerne lo status di personaggio memorabile. Naturalmente l'esemplare Bignotti mette tutte le sue capacità espressionistica ed impressionistica (le ha entrambe) al servizio del personaggio, contribuendo decisamente alla sua riuscita. D'altronde ancora a lui sarà affidata la celebre storia del vampiro mysteriano, che, in linea di massima, riproporrà questo canovaccio. La storia non si conclude con la morte di Uriarte, ma è capace in seguito di offrire un'ulteriore trovata di quelle che hanno reso "vulcanico" il genio di Castelli: non potendo scendere di quota, e dovendo atterrare per forza, Mister No porta l'aereo a Bogotà, che si trova in alta quota; sono quelle chicche che ben evidenziano le differenze tra autori e lettori. Peraltro, Bogotà è uno dei piccoli tormentoni della serie, e l'autore dimostra di saper valorizzare circolarmente anche questi dettagli. Qui ci si aspetterebbe un'ulteriore chiosa, magari con la ripresa di Delia, invece l'episodio si chiude di botto. Pazienza: siamo soddisfatti lo stesso. Molto suggestiva la terza copertina, che però non rispecchia la sceneggiatura. Eccellente anche la resa interna del primo titolo.
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