giovedì 6 agosto 2020

MARTIN MYSTÈRE (1)

[1] GLI UOMINI IN NERO (Castelli/Alessandrini) {96 pp.}
Capolavoro. "Il miglior n.1 Bonelli". È vero.
Scene cult: le Azzorre, il floppy, il maglione a rombi, Padre Kastron, "vi presento gli UiN", la retcon del cestino.
Ma anche Ibn Battuta e Maria Foteynos.
FINALE APERTO, eppure è un albo COMPLETO.
Se ne contano non meno di 8-9 edizioni, di cui 2 parzialmente ridisegnate (due volte).
Vanta una retcon geniale realizzata 18 anni dopo.
La versione in prosa di Bellomi è rimasta nel cassetto per vent'anni.

[2-3] LA VENDETTA DI RÂ (Castelli/Alessandrini) {128 pp.}
Numero 1bis. Scene cult: l'inizio col party dei ricchi che guardano le diapositive, Mister No (era il periodo in cui Castelli ne era l'autore principale), l'entrata in scena teatrale di Orloff, i flashback di Kut Humi aborigeno ridisegnato, il mappamondo, l'ultima vignetta-citazione.
Il resto non me lo ricordo, devo dire.
Si fa rivalutare una volta letta la versione con Allan Quatermain-James Coburn. 
Riadattato in prosa da Bellomi molti anni dopo.

[3] OPERAZIONE ARCA (Castelli/Ricci-Bignotti*) [*non accr.] {64 pp.}
Primo Classico della serie (tolto il n.1).
Episodio in miniatura e supercompresso, è forse la storia di Castelli che più assomiglia ad un fumetto italiano di "Topolino Libretto", con diverse ellissi e salti. L'inizio non mi ha mai convinto, infatti si è poi scoperto che era posticcio. Curiosità per l'edizione AMYS.
Ricci non meritava di essere ridisegnato.
"Get a Life!" ha concluso la vicenda, e ha persino raccontato quell'altra del "fantasma del Topkapi", qui solo una rapida menzione, divenuta cult col passare dei decenni.

[4] LA STIRPE MALEDETTA (Castelli/Bignotti) {64 pp.}
Altro episodio mini, sempre Classico, ma un po' facilone e invecchiato. Figlio della (breve) moda per l'etruscologia fai-da-te dei primi anni 1980 (vedi Sordi e Sora Lella ne "Le vacanze intelligenti", coevo). Stupisce che Valerio Massimo Manfredi abbia scritto un romanzo uguale a questa storia, diversi anni dopo. In realtà il riferimento è ai vecchi horror italiani dei tardi anni 1960.
Scene cult: Martin a passeggio per i navigli, Diana vs Beverly, Sazzani pazzo, gli atlantidei appena alzati, i boschetti.
Nel 2008 Martin ricorderà il finale di questa storia, una scena in cui non è presente e che nessuno gli ha mai raccontato.

[4-5] ORRORE A PROVIDENCE - LA CASA AI CONFINI DEL MONDO (Castelli/Ricci) {128 pp.}
Capolavoro.
Avanti di decine di anni, pastiche lovecraftiano realizzato quando HPL lo conoscevano solo gli editor delle case editrici.
Disegni spettacolari.
Scene cult: "il primo caso di teleportazione" (copiato dal libro di Berlitz), Pickman che sembra Bob di "Twin Peaks", Fusco e De Turris e, soprattutto, tutta la sequenza allucinata della casa, capolavoro nel capolavoro.
Non si è mai saputo niente delle altre case menzionate, ma forse è meglio così.

[6-7] DELITTO NELLA PREISTORIA (Castelli/G.-G.Cassaro) {128 pp.}
Rivalutata da adulto, inizialmente ero caduto nella trappola del "ma non succede niente di che".
Invece è un mystery sofisticato, un altro pastiche (Maigret vs l'archeologia) con la forma di un feuilleton ("I misteri di Parigi": c'è pure la politica!).
Scene cult: la caverna, Java scatenato, il Centre Pompidou, la Corte Maledetta, l'osso-mazza. Cioè, vai a vedere, è praticamente tutta la storia. 
Verrà tirata in ballo, con una forzatura, vent'anni dopo, in una storia che parla di tutt'altro.

[7-8-9] L'UOMO CHE SCOPRI' L'EUROPA - LA FONTE DELLA GIOVINEZZA (Castelli/Bignotti) {192 pp.}
Grande Classico molto amato, un po' leggerino-facilone dopo la metà. Ponce de Leon jr. è una macchietta, e le NAC lo riprenderanno tale e quale. 
Scene cult: l'inizio e tutto Von Hansen. Anche il finale, che però è una truffa.
Disegni da "Mister No", che infatti viene citato (come amico di Von Hansen).

[9-10] IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - IL SEGRETO DEL 'LUSITANIA' (Castelli/Ricci) {160 pp.}
Altro Classico, soffre un pochino dell'essere un remake dell'unica storia di Topolino di Castelli.
Il problema è che a quella storia sono molto affezionato, è proprio una delle mie cult, per cui questa mi sembra sempre "il remake di quella".
In realtà è una storia avvicente, con grande senso della suspence.
Scene cult: "sommergibile for dummies" (preso da "L'avventura sottomarina del Neptune"?), la Coca Cola, il colpo di scena svelato fin da subito ma solo a chi è stato attento.
Durante la prima lettura, la cosa della Coca Cola mi lasciò a bocca aperta.

[11-12] IL TESCHIO DEL DESTINO - ALL'OMBRA DI TEOTIHUACÀN (Castelli/C.Villa) {192 pp.}
Grande Classico-Capolavoro, rilanciato da AMYS. Ma è sempre stata una delle storie più amate.
È la prima autoparodia della serie, e visto a cosa ha portato questa abitudine sarebbe da odiarla, ma non si può.
È una sarabanda di personaggi deliziosi (i Jones, i capelloni, il messicano-macchietta) e di invenzioni GENIALI ("socorro Mystère" è da malati proprio). Le diapositive.
Martin non risolve il mystero, anzi, non si accorge neanche che c'è, ma i lettori sanno tutto. Geniale (una volta; due volte; la quindicesima anche basta).
Ma poi, cosa c'era da risolvere? Comunque ci ha pensato AMYS.
Scene cult: il rummage sale, le diapositive, i fratelli gay, la signora Jones, Paperino e Jones che ci provano con Diana, gli Uomini in Nero 007, la finestra del museo che non esiste, il corpo di cristallo, tutti i disegni.
"L'occhio sinistro di Rama" svela il passato del messicano, ma non me lo ricordo.
Oltre all'edizione Hazard, vanta l'inserimento nella collana "100 anni di fumetto italiano" del 2009.

[13-14] UN VAMPIRO A NEW YORK - LA MALEDIZIONE (Castelli/Bignotti) {192 pp.}
Altro Grande Classico molto amato, almeno a parole. Ma se non c'era Hazard manco aveva l'edizione da libreria.
Bignotti curiosamente acerbo nel dare volto ai vari personaggi (eppure gli avevano fatto ridisegnare quelli di Ricci: è forse una delle prime storie messe in produzione?), ma comincia a risaltare la sua New York lurida e realisticamente squallida. 
E comincia a prendersi il suo spazio il mitico Travis.
"Questa storia ha anticipato Dylan Dog", ma solo per l'argomento, lo stile è tutto diverso, è da telefilm americano (però Sclavi inizialmente voleva fare un Dylan Dog newyorkese, per cui tutto può essere). C'è da dire che Castelli aveva già fatto "Van Helsing" per "Psyco", ma con toni più grotteschi. 
Scene cult: nascita razionale del vampirismo, il vampiro va dal macellaio di nascosto, il vampiro tossico con le occhiaie, il flashback di Herman Strauss. "Stephen Queen". Travis: "curiosamente non si chiede perché ci chiamano "porci"".
Dette tutte queste cose, stranamente è una storia che ho letto pochissime volte.
"Vanta" una specie di seguito per teenagers, oltre alla versione NAC.
Ma il rifacimento migliore sarà quello di Recagno.

[15-16] LA SPADA DI RE ARTÙ - IL MISTERO DI STONEHENGE (Castelli/Alessandrini) {192 pp.}
Classico praticamente fondamentale, è uno dei perni della serie. Se non lui (esso), il sequel (i sequel, tutti e due).
Quaranta e passa pagine di prologo didascalico, che la prima volta ho divorato sotto ipnosi. Non è vero: sono neanche venti, le pagine, ma sono dense come se fossero quaranta.
Una delle più belle cacce al tesoro di sempre, e fa niente se è inventata di sana pianta (e riciclata). Con un rammarico: quando sono stato in gita scolastica a Modena, non mi hanno voluto far vedere la Porta della Pescheria del Duomo. E ci siamo stati tre giorni, a Modena.
Finale topolinesco riciclato dalla storia gemella con gli Aristocratici (curioso che non si sottolinei mai questo aspetto).
Scene cult: tutte? 
Martin e Hilda Schmesser limonano e saltellano nei prati tenendosi per mano durante la gita ("Il tempo delle mele"? Ma lì erano giovani entrambi), mentre Java fa il palo; trent'anni dopo a malapena si parlano, e Java fa il palo. Realistico.
Orloff-camorrista ritorna da "La vendetta di Ra", ma non nell'edizione Mondadori. 
C'è il treno, come in "Indiana Jones e l'ultima crociata".
Von Ericksen è un Uomo in Nero, dai. Esilarante, oggi, lo scontro verbale in cui Martin fa la parte del cospirazionista alternativo ("non alieni, ma civiltà antiche evolute come la nostra"). Ecco perché oggi usa il tablet e non rilegge più i floppy.
Lo scudiero del "Campione Terrestre" (Java) palpa il culo alla hostess, tipo Jean Cojon de "I visitatori". O Pierino. 
La "foresta di Darkwood" non esiste, quindi "Zagor" non esiste, quindi Burattini non esiste, quindi Garth Hellingen non esiste, ma gli storpi sì.
Vanta un adattamento in prosa di Antonio Bellomi.

[rb1] IL SORRISO DELLA GIOCONDA (Castelli/Alessandrini) *a colori* {12 pp.}
Primo tentativo di trasformare il fumetto popolare in fumetto colto, alla faccia del "non esistono distinzioni".
In realtà è solo pubblicità ad una testata già prossima alla chiusura, tant'è che a Orient Express n.13 (che ospita questa storia) è allegato il n.1 (di MM, per chi non l'avesse capito).
Soggetto da storia breve, con una idea simpatica (Leonardo ha inventato l'impressionismo; sì, è uno spoiler) stiracchiata su di un piccolo giallo all'italiana (la solita amante eccetera) dei tempi in cui le fiction si chiamavano ancora sceneggiati.
Ridisegnato nel 1992 e smembrato nella terza edizione dello stesso anno ("Quattro casi improbabili").
Il Leonardo di Recagno è la retcon di questo avido capitalista, ma in fondo è questo ad essere fuori continuity.
Scene cult: boh, ricordo la prima e l'ultima.

[17-18-19] LA CITTÀ DELLE OMBRE DIAFANE - LE CREATURE DELL'ABISSO (Castelli/G.-G.Cassaro-C.Villa*) [*non accr.] {224 pp.}
Una delle fondamenta della serie, tanto da sconfinare nella leggenda. Questa è la sensazione ch'ebbi leggendone la riduzione in prosa che introduceva il gigante-sequel di Beretta. E quando recuperai le raccolte ingiallite (un vero e proprio ritrovamento archeologico, in una edicola di un altro Comune dove non ero mai stato prima), e potei leggere il prequel del sequel, la sensazione fu sempre quella, e tale è rimasta.
Ad oggi, per me, questa è ancora una storia leggendaria. L'ultima, grande Avventura, come i film di Spielberg, Zemeckis, Reitman e compagnia (solo meno famosa, in quanto fumetto e non film, e in quanto fumetto dei Cassaro e non di Pratt), l'avventura irripetibile di un tempo remoto e lontano, un po' come il concetto di rilettura.
Eppure all'epoca della sua uscita era l'Avventura bonelliana più moderna (il 1983, contro gli anni 1950 di Mister No e l'Ottocento degli altri)! Uno dei tanti paradossi castelliani. 
Il "Centro" giapponese ritornerà decenni dopo, in uno dei pochi ritorni recenti sensati.
Scene cult: il prologo? la montagna? fata morgana? l'antimateria? i giapponesi? avalon hillman? tutte?
Su "Eureka", guarda un po', Castelli ha poi pubblicato un episodio di "Blackjack".

[19-20-21] ORRORE NELLO SPAZIO - LA TORRE DI BABELE (Castelli/Ricci) {192 pp.}
Classico dimenticato e premonitore: qui c'è già tutta la moda contemporanea per l'astronautica e per gli horror spaziali psicanalitici (escludendo Alien). Disegni spettacolari. 
Ed è una storia fondamentale, dove viene esplicitata l'associazione Atlantide/Mu-->USA/URSS (ovviamente non è Martin ad arrivarci, ma la gnocca di turno).
Scene cult: ETEMENANKI!, la torre all'ingiù, "come si indossa una tuta da astronauta".
Dovrei rileggerla, non ricordo i passaggi spionistico-d'azione. È ambientata in Iraq ai tempi di Saddam.
L'edizione Hazard si interrompe qui: questo ne ha fatto per diverso tempo una storia un po' sfigata, ma quel tempo sembra finito.

[21-22] IL LIBRO DEGLI ARCANI (Castelli/C.Villa) {96 pp.}
Non-storia, clip show con 2-3 leggendine copiate pedissequamente dai libri di Berlitz e affini.
La finta storia-cornice è cult dall'inizio alla fine. La prima volta che l'ho letta non l'ho capita: che c'entrava "Il ramo d'oro"?
Non è che oggi mi sia proprio lampante. Invece mi ha sempre inquietato la sequenza della "cerca" di Jaan Vaida, con quella casa normalissima ma disegnata in modo lugubre, e in cui bivaccano i tossici. Spaventoso.
Martin va in libreria, Martin va al ristorante sulla Torre 2 (dove c'è Castelli). 
Altro particolare che mi ha sempre fatto venire i brividi: com'è noto, i libri sono tra gli oggetti più sporchi esistenti, ma Martin se li porta a letto (e magari si lecca pure le dita girando le pagine). Sono strano? Si dice "lettore speciale".
Da notare che è un albo completo, ma pubblicato a puntate. Sagace.

[22-23-24] TUNGUSKA! - MORTE NELLA TAIGA (Castelli/Casertano-Ambrosini*) [*non accr.] {192 pp.}
Sarò eretico: questo è un indubbio Classico della testata, ma non me lo sono mai filato molto.
Le battutine USAvsURSS mi hanno sempre ricordato "Scuola di Polizia: Missione a Mosca", quando il Capitano Harris (o il Comandante Lassard) bacia sulla bocca l'omologo russo. Purtroppo l'imprinting è stato quello.
L'alce gigante mi è sempre sembrata una pacchianata e da adulto l'autore di "Get a Life!" mi ha fatto notare che la storia della civiltà dei rinascimentali è una imitazione-retcon di Atlantide/Mu. 
Penso sia un Classico da riscoprire, prima o poi lo rileggerò con attenzione, assieme al seguito con Rasputin. Ad esempio, la cosa degli insetti giganti sembra un omaggio al Topolino delle strisce.
Ade Capone ne ha realizzato un omaggio-finto sequel in "Lazarus Ledd".
L'ultima puntata è disegnata da Ambrosini in incognito. 
Strokov è comunque un mito, anche se Cappi lo ha trasformato nell'ennesimo predestinato.
Rapida menzione per due aneddoti che diverranno leggendari: il naufragio nel "Triangolo del Diavolo" sarà raccontato da AMYS; dell'invasione delle api assassine se ne parlerà nel fondamentale "Xanadu". 
Nadia Timofeyev tornerà soltanto una volta, in un episodio minore su di una pubblicazione minore (di fatto ma non di nome), ma Beretta avrebbe voluto farla tornare prima con la "Magic Patrol" e Alessandrini.

[24-25-26] VIAGGIO NEL FUTURO - RITORNO DALL'ALDILÀ - IL MOSTRO D'ACCIAIO (Castelli/G.-G.Cassaro) {224 pp.}
Rivalutata a suon di riletture, mi appare oggi come un geniale intrico di sottotrame, una specie di cross-over interno alla serie, con vari filoni che si incrociano: il filone bischero di Von Hansen che fa gli scherzoni (con la prima retcon cervellotica castelliana), Orloff che torna da Avalon, Mu in luogo di Atlantide, l'approfondimento folkloristico misto alla citazione-plagio-metanarrazione. Una vera e propria "summa del mystero dei primi 3 anni".
Scene cult: tutte? Epcot, Von Hansen finto, Von Hansen in quarantena volontaria solo per fare lo scherzo, Von Hansen-Fantozzi (Von-tozzi) al ristorante giapponese, il robottone-plagio (poi omaggiato da Boselli e Sarda su "Zagor" e "Topolino", l'omaggio del plagio!), Orloff, Mu. Avevo ben detto "tutte?". 
Cross-over per cross-over, questa storia è idealmente collegata ai reportage castelliani dedicati a Epcot e ai manga pubblicati su "Eureka" l'anno precedente.

[26-27] I FIGLI DEL SOGNO - INCONTRI RAVVICINATI (Castelli/Alessandrini) {96 pp.}
E dopo la "summa parziale", ecco il turning point, la prima svolta, il fumetto d'Avventura agognato da Bonelli ("Brick Bradford") che si fa da parte e si trasforma in fumetto francese. Il protagonista della serie legge una lettera e ci racconta l'avventura di qualcun altro, suo padre (come farà Dampyr ne "I lupi mannari"). 
Una storia con gli ufini, proprio quelli standard, ma del tutto diversa da qualunque storia con gli ufini uno si possa immaginare (a parte quelli di Sclavi che arriveranno dopo). 
Capolavoro indispensabile.
Scene cult: tutte.
Un altro albo completo spezzato in due.

[27-28] IL DELITTO DI MARTIN MYSTÈRE (Castelli/G.-G.Cassaro-Alessandrini*) [*disegni riciclati] {64 pp.}
Giacenza della prima ondata di storie, come la foliazione suggerisce. Famosa per essere una delle due storie senza copertine.
Ad una prima lettura è un riempitivo frettoloso, che sfigura impietosamente nei confronti della storia che la precede in ordine di pubblicazione.
Il seguito, realizzato venti anni dopo, porta a rivalutarne l'importanza e il significato simbolico (gli Uomini in Nero si sono sempre rigirati Martin come volevano, ma c'è qualcun altro sopra di loro, il ché fa di Martin un tizio qualunque). È pure un discreto thriller archeologico-complottistico, uscito quando non erano di moda. 
Per una volta (e basta), vediamo Martin esercitare la sua reale professione.
Un anno prima Castelli aveva portato Mister No a Macchu Picchu, quindi è una specie di cross-over grezzo (grezz-over). Il ché vuol dire che MM cammina su di un laboratorio atlantideo (dove peraltro è stato/sarà anche Zagor), ma non lo sa. Già qui dovevamo capire qualcosa.
Riciclo totale della sequenza della presentazione degli UiN dal n.1, con la striscia di Alessandrini infilata di peso nelle tavole dei Cassaro. Ardita operazione che si rivedrà di rado, in Bonelli (ricordiamo un paio di occasioni).

[Speciale 1] IL COBRA D'ORO (Castelli/Bignotti) {112 pp.}
Castelli si vendica di "Indiana Jones", che gli ha rubato primato e successo, e spoilera senza pietà la trama del "Tempio maledetto" (uscito l'anno dopo), con tanto di reportage dettagliatissimo su "Eureka", pubblicato un paio di mesi prima. O, meglio, l'intento è questo, ma saggiamente l'autore sceglie di non seguire il film.
Episodio "più leggero e umoristico" rispetto alla serie regolare (dove invece non si scherza mai, come si è visto), sebbene Angie (al suo esordio) sia abbastanza antipatica e i pericoli affrontati siano abbastanza seri (diciamo che non ci sono cavatappi).
Di buffo ci sono solo il santone "alla Rodolfo Cimino" e Laika, per il resto è una divertente avventura pura e semplice, con cui forse Castelli prova a farsi perdonare da Bonelli per certe sofisticazioni e certi esperimenti precedenti.
Oppure la verità è proprio quella scritta nei libri di scuola: la testata era claudicante e spremere i lettori era la via più  comoda per fare profitto. Ma no, questo è il presente.
Le foreste di Bignotti sono bellissime (infatti disegnava "Mister No").
Scene cult? Il vestito di Angie, la collana di diamanti, il buco nel muro.
L'allegato "Luoghi e oggetti misteriosi" si ricorda per il mini saggio del lettore speciale sull'Arca dell'Alleanza.

[28-29-30] LA SFERA DI CRISTALLO - IL TERZO OCCHIO (Castelli/Ricci) {160 pp.}
La storia delle Olimpiadi di Los Angeles '84, un divertissement allucinato che, a mio parere, è farina di Sclavi. BUM! 
Eppure gli indizi sono molteplici: la didascalia iniziale "anno 1953", che compare in tutte le storie sclaviane di "Mister No", coeve a questa (e, guarda caso, siamo in Brasile); il fatto che il seguito sia proprio di Sclavi; l'assenza di nozionismo e la predominanza di grandi immagini cinematografiche; le tre porte e le relative stanze ricordano vagamente "Archivio Zero".
Scene cult: l'incipit burrascoso; gli uomini-serpente che salutano; il gatto fantasma e l'arpia; Diana posseduta dall'arpia; la vecchia del té verde (forse castellismo); il destino di Percy Fawcett; il mondo del sogno; AIW; il terrorista ciclopico e il suo lugubre occhio (splendida la vignetta in cui domina il mondo); il titolo depistante ("il terzo occhio"); tutti i disegni.
Primo accenno a Peter Pan disadattato, che potrebbe essere un elemento castelliano, mentre della Maschera di Ferro ciclopica, catturata dal Conte di Saint-Germain, non abbiamo saputo mai nulla. 
La ret-con dei #6/7, per la quale i Neanderthaliani sono morti in quanto telepati e non in grado di mentire, appare un po' posticcia.
Molte cose restano inspiegate, dalla sfera alla presenza di spiriti nipponici, passando per il "labirinto verticale" (che tanto labirintico non sembra). Ma ancor più straniante è la discrasia tra il prologo e la rinarrazione della stessa sequenza nel racconto della vecchia: la data iniziale dovrebbe essere errata; e comunque non è chiaro perché raccontare due volte il ritorno di Thompson (peraltro chiamato Johnson
nella terza puntata) e quale fosse il suo legame con Fawcett, cui la domestica fantasma era legata.

[30-31] LA CAMERA DEL TEMPO - L'ORRENDA INVASIONE (Castelli/C.Villa) {139 pp.}
Classico molto amato, un tempo; oggi meno, mi sembra. 
La prima quarantina di pagine è indimenticabile: dal siparietto all'università, con i professori del cinema e dei fumetti, fino all'incidente di Diana. Il resto non lo è, nel senso che l'ho dimenticato. Non mi ricordo come finisce!
Scene cult: quelle che ho detto e tutti i disegni.
Prima distruzione della Ferrari.

[31-32] CREATURE DELL'IGNOTO - L'UOMO DEI BOSCHI (Prosperi-Castelli/Bignotti) {117 pp.}
Prima storia non di Castelli, quindi storica a prescindere. Avventura bonellianissima, non ricordo se uscita prima o dopo l'omologa texiana, sicuramente prima della zagoriana. Tutte e tre hanno la stessa striscia col sasquatch che si allontana malinconico, "ma ce ne saranno altri?".
Ancora università, quella della vita. Nat Shapiro e Sarah Hunt, chi se li ricorda? Siamo in due, fratello. Mitici.
Bignotti e foreste, binomio indissolubile.
Sembra "Martin in una spedizione archeologica e antropologica", poi diventa "Martin contro i boscaioli", quindi "Martin contro le scimmie", poi ancora "Martin contro i boscaioli", infine si conclude la spedizione archeologica e antropologica.
La rivelazione sull'origine dei sasquatch è GENIALE, la vicenda del professore scomparso triste e malinconica. E viceversa. 
L'impossibile nel mondo reale. Lo stesso sense of wonder di "Tintin in Tibet", quando vede la sciarpa.
Non è un capolavoro, per me lo è.

[33] IL LIBRO DI TOTH (Castelli/Ricci) {96 pp.}
Albo completo più unico che raro, fra i primi cento. Dato il numero di pagine inferiore al consueto, Castelli decide di raccontare due storie, anziché una: la storia del pozzo di Oak Island (omaggio al più bell'episodio di "Martin Cooper") e quella dei Tarocchi di Creta, con tanto di ritorno quasi-immediato di Orloff. La cosa assurda è che, per il momento, funzionano benissimo entrambe, pur essendo entrambe incomplete. 
Ma Castelli non le completerà mai: quella di Oak Island si rivelerà essere una truffa, con una delle solite retcon genialoidi.
Dei Tarocchi non sapremo più nulla; l'unico approfondimento sarà l'albetto divulgativo allegato ai Tarocchi del Mystero. Castelli li tirerà in ballo soltanto nell'episodio misternoiano del cross-over egizio, in modo suggestivo ma improprio.
Scene cult: la descrizione verosimile degli zingari, ritratti per quello che sono, senza politically correctness; i computeroni di Oak Island; la "sorella" di Martin e il solito equivoco con Diana; l'unico utilizzo corretto del simbolo di Atlantide (un labirinto) di tutta la serie; il truffatore cretese; Orloff cretino; lo zingaro uguale a "Bepi Vigna"; la parola gadjo (l'ho imparata qui); i bellissimi Tarocchi di Ricci.
Citata in un episodio di "Lazarus Ledd".

[34-35] IL MISTERO DEL NURAGHE (Medda&Serra&Vigna*-Castelli/G.-G.Cassaro) [*non accr.] {128 pp.}
Altra avventura isolana, ancora un mafioso autoctono baffone: Bepi Vigna, uguale allo zingaro della storia immediatamente precedente, ma non al futuro sceneggiatore; il quale, però, ricambierà/riciclerà l'omaggio con un episodio di Indiana Pipps dal soggetto uguale a questo.
Von Hansen è in coma per tutta la storia, mentre Martin e compagnia girovagano per l'isola imbattendosi ripetutamente nell'ubiquo Scultone. È un'avventurina semplice degli anni 1980, in cui spicca soltanto l'accabadora, prima che se ne appropriasse "Dampyr" (e persino Valeria Marini). 
A fare da contraltare c'è però il sorprendente flashback atlantideo, il primo in assoluto, con l'avventuroso naufragio sardo e la sorprendente retcon dell'episodio etrusco. Momento storico.
Esordio della Grande Madre, che impressionerà Martin al punto da ricordarsela nei momenti meno opportuni.
Alla fine la mazzera cancella a tutti la memoria, ma nel sequel tutto si spiega. 
Scene cult: la gita turistica; il voodoo dell'accabadora; Von Hansen, anche se non parla; lo Scultone-animatrone; la didascalia "vedi numeri 1,33, ECC."; gli atlantidei.
La cosa divertente è che non c'è neanche un gigante di Mont'e Prama. 

[35-36] MOHA-MOHA - IL RITORNO DEI KUNDINGAS (Castelli/Alessandrini-Gae.Cassaro) {192 pp.}
Parte seconda de "I figli del sogno". Giustamente l'edizione Mondadori le ha pubblicate assieme, giustamente (o quasi) tagliando il "riassunto della prima puntata", che appesantisce un pochino l'inizio. 
Storia epica e di formazione, con punte (un poco trash) di heroic fantasy (il vermone dell'oasi del deserto), la cui aria di sacralità è inquinata dall'improvviso cambio di disegnatore. 
Non manca qualche forzatura melodrammatica. Alla fine 'sti Kundingas avevano un sacco di pretese. 
Davvero avvilente barra straniante sapere che il loro mistero sarà risolto su "Asteroide Argo" (da Bepi Vigna!).
Nonostante tutto, storia fondamentale e imperdibile. Epocale la copertina del n.36.

[36-37-38] TELEPATIA - LA MENTE CHE UCCIDE - SCANNERS! (Malagutti*-Castelli/Casertano) [*non accr.] {188 pp.}
Ancora USA vs URSS, ancora eresia: anche di questa storia non mi è mai importato granché (non amo gli esper). 
Anche questa è da rivalutare.
Scene cult: Reagan e Gorbacev; il dramma di Maria Ferretti; Chris TowerS (al suo esordio); il flashback di Martin bambino al luna park, rilanciato da AMYS.
Maria Ferretti ritornerà vent'anni dopo in un riempitivo triste.
Il credit a Malagutti è rintracciabile nella bozza dell'Indice Analitico nella Mailing List 'BVZM'.
Seconda citazione di "Scanners", dopo "La sfera di cristallo".

[op1] MARTIN MYSTÈRE 9° (Castelli/C.Villa) {1 p.}
La prima uan peiger non si scorda mai, peraltro questa fa ridere (quando si poteva dare dei "deficienti" a qualcuno senza essere denunciati, per di più facendo satira editoriale). 
Il Martin del futuro è il primo dei troppi Martin alternativi. C'è da dire che Recagno lo ingloberà nella cronologia.

[38-39-40] IL SABBA DELLE STREGHE - IL FLAUTO DI PAN (Pennacchioli-Castelli/C.Villa) {160 pp.}
Da "un'idea" di Pennacchioli, il quale ha preferito usare altre parole. 
Ma che ci importa? È un capolavoro, nei disegni come nell'intreccio (solo apparentemente semplice), dove si mescolano abilmente culti misterici e religioni rivelate, sotto forma di un horror iconoclasta degli anni 1970 (mentre nei 1980 andavano di moda quelli fracassoni). Geniale che una storia sulla religione e sulla fede si riveli essere una storia ecologista e "naturista" (che cosa è realmente importante?). In fondo è una serie che arriverà a dire che il pianeta è un essere vivente, quanto di più pagano si possa concepire.
Scene cult: il poltergeist al supermercato; l'ombra del prete; la gita andalusa; la storia di Pan. (=tutto il fumetto) 
Essendo uno dei Classici più amati, Castelli non l'ha mai contraddetto esplicitamente, limitandosi ad integrarlo in altre trame via via sempre più assurde.

[Speciale 2] IL TESORO DI LOCH NESS (Castelli/Alessandrini) {112 pp.}
Farsa ante litteram, molto sopravvalutata: ristampata a colori, a strisce, in cartonato, nei "Classici del Fumetto". Citata nel primo Special di "Dylan Dog" come "indagine".
Fumetto divertente, ma elementare. Esordio di Dee e Kelly. Unico Special con Orloff (ridicolizzato).
Scene cult: la lotta sul treno; l'haggis; lizardo colubro dicterio neftario. Un altro sommergibile! Il mostro di Loch Ness è una lucertola ingrandita.
Questo tipo di storie diverrà la norma, ma non subito.
Comunque ho poco da criticare: "Spettri, mostri e creature" non l'ho mai letto come si deve (era tutto piccolo popolo e fantasmi, che pizza; che ne sapevo che questo poi faceva "Dampyr"?).

[40-41-42] LA REINCARNAZIONE DI ANNABEL LEE - IL POTERE DELL'IDOLO (Castelli/Bignotti) {176 pp.}
Capolavoro.
L'America lurida e pulitina di Bignotti, e la sua giungla misternoiana (che è LA giungla Bonelli per definizione).
Il genio di scrivere una storia politicamente scorretta, basata sui pregiudizi razzisti classisti e sessisti, per deridere tutti, e di farlo sotto la forma di una commedia-thriller dai dialoghi brillanti.
Terza apparizione per Travis, che diventa coprotagonista e sfodera un'intera sequenza da Doppio Tì (nulla si crea, tutto si trasforma). Era un personaggio stupendo, Travis. Altro che cioccolatini.
Riecco Mister No, che bello rivederlo. È quello di Bignotti, quello vero. Si permette l'accenno ad una storia di Castelli (o l'Eldorado o Macchu Picchu, o quella in edicola contemporaneamente, "Un indio a New York", guarda caso).
La spedizione nella giungla è breve, ma tutto sommato c'era poco da fare.
Castelli sperava di non avere l'occasione di scrivere il seguito, ma gli è andata male.

[42-43] RAPA NUI! - LA GUERRA SENZA TEMPO (Castelli/Ricci) {147 pp.}
Capolavoro (subito un altro?).
Episodio fondamentale, epocale; non spartiacque, perché alla fine Martin non ha ancora capito niente (non ha mai visto "L'uomo di Atlantide").
Scene cult: Kaspar Hauser; "Il prigioniero"; "il più bel fisico dell'università"; l'Isola di Pasqua; i disegni. (=tutto)
Mara Marata è spocchiosa e un pelo (ah ah) razzista, è gnocca e sa menare, è laureata ma emotiva: è un personaggio degli anni 2010.
È una "donna di turno" memorabile per l'utilizzo inusuale che ne fa Castelli, nel momento decisivo.
Ma il vero punto di forza è l'atmosfera sospesa sull'isola.
Hauser compare solo nel flashback nozionistico, quindi gli dedicheranno diverse storie, cambiando ogni volta l'iniziale.
Nella copertina del n.43 Martin è Acquaman.

[43-44] 'MYSTERYLAND' - IL PRINCIPE DELLE TENEBRE (Prosperi-Castelli/Bagnoli) {93 pp.}
Esordio di un artista geniale, capace di trasformare un patacco in un originale. Non la ricordavo così lugubre.
Il parco dei divertimenti nei sotterranei di Napoli non ha il minimo senso, per questo ha senso la collocazione italiana.
Le macchine anatomiche sono un non-mystero, ma riescono a inquietare.
Storiella sfigata, intrusa in un filotto di storie epocali, ma comunque più farina del sacco di Castelli che di Prosperi.
Per me è cult, tiè.

[44-45-46] LA MORSA BIANCA - IL SEGRETO DEL MONASTERO - IL SIGNORE DELLE TEMPESTE (Castelli/G.-G.Cassaro) {210 pp.}
Kolossal Classicone (o Colossal Klassikone) di quelli memorabili loro malgrado, una pioggia devastante di anni 1980.
C'è qualcosa che non sia di culto in questo calderone, a partire da "le trasmissioni riprenderanno domani mattina con 'Televideo'"?
La nevicata su Milano e Como, realmente avvenuta, non è un resoconto storico: è una premonizione! (è avvenuta un mese dopo). 
Martin va a Lomazzo, cioè a casa di Claudio Villa.
La riunione degli scienziati, come in "SOS meteore" di Jacobs (di cui questa storia vuole essere un'espansione).
La prima alleanza con Orloff!
Il ritorno improvviso del nazismo esoterico, che si evolve - in sordina - nel ciclo del "Quarto Reich".
Il ritorno di Reagan e Gorbacioff. Chris TowerS che non risponde al telefono.
E scommetto che nessuno si ricorda che c'è pure Ibn Battuta.
Ma, naturalmente, l'episodio passato alla Storia è la sequenza del "rapimento in Argentina". Non tanto per il modo risibile con cui viene risolto, quanto per l'ansia palpabile provata dai personaggi e trasposta sul lettore, come ben sa chi ha evaso le restrizioni anticoronavirus. Una cosa simile Castelli l'ha fatta pure su "Mister No".
Puffo Mystère posa per la copertina del n.45.
Pur non avendo cronologicamente senso, ho sempre associato il "caso di poltergeist" mai raccontato a "Fantasmi a Manhattan" (versione lunga o breve).

[46-47-48] IL FUOCO CHE UCCIDE - TEMPO ZERO (Castelli/Freghieri) {136 pp.}
E ancora un Grande Classico, "il più amato dai mysteriani", in un filotto che appare inarrestabile.
A Castelli non dev'essere piaciuto il film di "Twilight Zone", allora ne ha proposto la sua versione, tenendosi solo l'amato Burgess Meredith.
Perché questo è: un episodio lungo e con ampio budget de "Ai confini della realtà". (È un complimento, non un insulto.) 
Per l'occasione viene scritturato un altro grande artista, che ci regala una New York cinematografica e personaggi dalla foggia unica, come uniche sono le assurde camicie e i deliranti maglioncini di Martin. 
Travis fa il serio (è un fumetto ad alto budget), Jinx è perfido ma sembra ancora umano, come il primo Mefisto cui si ispira.
Martin fa la vittima, ma fa un lavoro che vorrebbe fare chiunque.
La sua amica Linn rompe talmente tanto che non si vedrà più.
In futuro Dylan Dog leggerà la teoria dell'autocombustione spontanea sull'"Enciclopedia dei mysteri" e ne dirà le peggio cose, eppure qui Castelli la spiega razionalmente (con la solita associazione mentale arguta).
Quindi quello che compare all'inizio de "L'Ombra ritorna" è Bentley? Secondo logica, sì. Allora quel flashback è precedente al 1966, sebbene Mignacco suggerisca gli anni 1970 (Mignacco è capacissimo di fare una cosa intelligente e sbagliata allo stesso tempo).

[48-49-50] GLI ASSASSINI DEL KUNG-FU - SANGUE A CHINATOWN (Castelli/Bignotti) {184 pp.}
Classico dimenticato, che non piace a nessuno. Mah.
Io lo trovo adorabile, la NY bignottesca tutta luci ombre e lerciume, i cinesi politicamente scorretti, Yin e Yang.
Dragon Lady di "Terry e i pirati" che si finge detective dell'impossibile (si finge per finta, lo è davvero).
Travis ormai amicone, che diventa "maledetto rompiscatole". L'arma a raggi finalmente non semplice accessorio (si vede finalmente l'acquario).
Tonnellate di nozionismo affascinante.
È frettoloso il videogioco della tortura? Mah, non mi pare. Quanto doveva durare?
Finale che si ricongiunge a "Grosso guaio a Chinatown", il film rifatto razionalmente, e che si ripercuote su eventi solo apparentemente remoti (la campanella): splendida sensazione.

[50-51] LA FALCE DEL DRUIDO - LA NOTTE DELL'UOMO LUPO (Pennacchioli-Castelli/Casertano) {128 pp.}
Classico della revisione, una delle prime occasioni per Castelli di stravolgere i soggetti altrui.
Casertano diventa quello che conosciamo (prima era acerbino, dai) e l'episodio appartiene al ciclo del "quarto Reich", quindi è indispensabile.
Tuttavia, non amando particolarmente "Asterix", non ho mai straveduto entusiasticamente per questa storia, comunque simpatica e con qualche momento suggestivo. Diciamo che ha soppiantato "Orrore nello spazio" come storia porta-iella, essendosi qui interrotta la CSAC.
Martin non può ricordare la Grande Madre sarda, ma diciamo che è la Madre francese a sbloccargli la memoria, va'.
L'ultima vignetta - appiccicata col biadesivo - anticipa "Capitano Nemo", dove si scoprirà che qui c'è un viavai di androidi, ma per Martin sono "ombre" che "gli pare d'aver intravisto".
Di recente AMYS ha prodotto un breve seguito in prosa.