mercoledì 23 settembre 2020

MARTIN MYSTÈRE (2)

[51-52] SETTE UOMINI VENUTI DAL NULLA - LA FOLLIA DI MARTIN MYSTÈRE (Sclavi/Ricci) {98 pp.}
Capolavoro della suspence e del disegno, un portfolio di vignettone e tavole spettacolari, per un'avventura apocrifa, totalmente fuori continuity e immaginaria, dal ritmo sincopato e ricco di sense of wonder, pur essendo di ambientazione interamente urbana.
Mysterianamente parlando, è vuota, i mysteri sono inventati, e di azzeccato ha solo i personaggi, soprattutto i comprimari (Java e Travis).
Però è una lettura trascinante e travolgente, un "Twilight Zone" fuori di testa, un Urania di quelli più scombinati ("La bottega del cosaio" di Bradbury, da "Terra incognita"; in seguito, Safarà).
E corrobora l'attribuzione sclaviana della "Sfera di cristallo".
"Se questo è il riempitivo" (vedi foliazione), "figuriamoci com'è il resto".
In cambio di questa storia, Castelli farà un "Dylan Dog" con Roi. Chi ci ha guadagnato?

[Speciale 3] IL SEGRETO DELLA GRANDE PIRAMIDE (Castelli/Alessandrini) {112 pp.}
Capolavoro, la risposta (quasi) definitiva a "Indiana Jones", la dimostrazione di come avventura, cultura e umorismo (o azione, avventura e atette) possano integrarsi alla perfezione anche con un budget limitato.
Le prime quaranta pagine sono occupate da "Progetto Governativo", una roba che "X-Files" fa sorridere: la prima volta le ho divorate sotto ipnosi. Che peccato sapere che erano finte! Ma alla fine ecco il colpo di genio: Martin aveva risolto il mystero in anticipo.
Remake de "I ragazzi venuti dal Brasile" al punto da renderlo irriconoscibile.
Com'è passato il tempo da "La stirpe maledetta"! A questo punto la serie è rodatissima e autosufficiente.
Dialoghi spumeggianti e mystero fondamentale.
Strano ma vero, "Guida di Atlantide" non mi ha mai attirato. Quando me lo sono procurato, avevo già letto tre-quattro libri sul tema, tra cui un bigino approfonditissimo su tutti i continenti perduti.

[52-53-54] IL CASTELLO DEGLI ORRORI - FRANKENSTEIN 1986 (Castelli/Bagnoli) {162 pp.}
Capolavoro gotico, illustrato con incisioni dal fascino sempiterno da un'artista che all'epoca aveva già quarant'anni di carriera sul groppone (!), ma che era stato capace di reinventarsi con uno stile contemporaneamente fotorealista e astratto, dove personaggi e ambientazioni sono impressi ma appaiono tridimensionali.
Castelli gli cuce su misura un episodio grottesco e orrorifico, riprendendo per l'occasione una delle sue prime fissazioni (vedi il "Molok" per "Zagor") e riplasmandola in una sorta di versione definitiva.
Scene cult: il circolo Shelley-Byron; i capezzoli con le ciglia; Koralle Verlag e Alan Dark (con due "l"); la gita turistica; "il vampiro e l'uomo lupo li ho già incontrati"; le dida trasecolanti ("William Dippel?").
La storia e gloria della dinastia Dippel è tanto suggestiva da essere ritornata "a sorpresa" in uno spin-off di Recagno.
Di recente questo Classico è riapparso, cornuto e mazziato, in ristampa su "Zona X" a pure finalità commerciali.
Il remake NAC non lo conosco, ma può essere solo inferiore.

[rb2] INVASIONE ELETTRONICA (Castelli/Casertano) {9 pp.}
Prima versione di "Fantasmi a Manhattan". Ma Giorgio Pezzin era comunque arrivato prima ("Paperino e la video-invasione").
Chissà da chi viene l'idea originale. Associare istintivamente "Tron"+"Wargames"+"Giochi stellari" non è da tutti.
La versione ufficiale è più entusiasmante, sebbene questa contenga quasi tutti i punti forti del plot, compreso l'omino bianco.
È il "caso di poltergeist" affrontato durante "La morsa bianca"? Ho sempre avuto questa impressione.

[54-55] RITORNO A LILLIPUT (Prosperi/Chiarolla) {97 pp.}
Classico suo malgrado, e malgrado i lettori perbenisti: è l'unica storia di Prosperi ad arrivare ad un livello tale di grezzume, ma per loro sono tutte così.
Soggetto infantile, senza un vero scopo, cui Castelli prova disperatamente a mettere una pezza nell'ultimissima pagina (ammesso che non ne abbia tagliate altre).
Astronavi di plastica, alieni idioti qualunque, attualità un tanto al chilo (l'Ira): è una storia di oggi.
Nessuno se lo ricorda, ma vi agisce addirittura Sergej Orloff, che alla fine salta in aria con la macchina, disintegrato. AHAH.
Eppure è tutto così divertente che non si riesce ad arrabbiarsi (come invece accade con le storie odierne, che sono pure noiose, oltre che deprimenti). Il merito va anche e soprattutto all'ennesimo artista geniale al suo esordio, capace di rendere espressivi i cavalli (infatti finirà su "Zagor"; non su "Tex", perché gli zagoriani integralisti lo stroncheranno).
Scene cult: la terrorista isterica; Sergej Orloff che tampona il cavallo; gli scagnozzi stupidi di Orloff; gli alieni che sembrano minacciosi ma si cacano sotto quando arrivano i cavalli telepati (isterici pure loro).
AMYS ha ampiamente rilanciato questo nocumento storico, spiegandolo nel dettaglio e dandogli un senso.

[55-56] IL TESORO DELLE SETTE CITTÀ (Ottonello*-Castelli/G.-G.Cassaro) [*non accr.] {123 pp.}
Paccottiglia fai-da-te, i misteri mediorientali mischiati con la scoperta dell'America.
C'è Colombo, quindi il mystero è già svelato, i flashback ne raccontano origine e svolgimento.
È la storia più brutta secondo Castelli stesso, qualche anno dopo; infatti sarà l'oggetto della sua retcon più sontuosa.
Ad essere pignoli non è una storia vera e propria, è il prologo di due-tre storie differenti, delle quali ce ne sarà raccontata solo una. Da tempo sogno di riprendere la faccenda di Quivera e di Aladino (ma ci rendiamo conto della connessione?).
Tutta la sequenza finale si scoprirà essere un'allucinazione. Sì, come no.
Personalmente adoro questa chincaglieria, è la mia preferita tra le storielle sfigate. Una inebriante gita domenicale.
Ottonello (di già?) viene dall'Indice Analitico "revisionato" e parcheggiato nella Mailing List 'BVZM'.
Scene cult: la parata; NY anni 1980; "Zoccolo di diavolo"; Piri Reis senza complessi cicapisti; i cloisters; l'incidente stradale (già il secondo).  

[56-57-58] MAGIA AFRICANA - IL RISVEGLIO DEL DINOSAURO - LA VALLE PERDUTA (Castelli/Tuis) {226 pp.}
Classicone dell'Avventura anni 1980, eppure alzi la mano chi ne rammenta i dettagli. Nessuno, come immaginavo.
A parte la teoria della gravità e la presenza di Beverly, il resto finisce per passare in secondo piano, essendo quasi tutto riempitivo.
Ma è da riscoprire, questo Special non Special, zeppo di gag e vignette-meme, e dove Beverly è uguale a Angie e fa i balletti nuda come Angie (in mezzo ai negroni). Peraltro lei è la cosa meglio disegnata, gnocchissima, mentre gli altri a volte sembrano Lon Chaney (ma nel complesso sono disegni suggestivi, come tutti quelli d'epoca).
Esordio (credo) di Aaron, primo sguardo "dietro le quinte" del Martin televisivo e celebrità. Con una nota di continuity ormai rimossa: la gente si ricorda che lui e Beverly facevano coppia.
I comprimari sono attori, uno non ho capito se è Stallone, un altro sembra Crocodile Dundee, e così via.
Scene cult: "mumbo jumbo"; "è vero che quando avrà ritrovato Beverly, vi sposerete?"; i balletti; il nozionismo sui dinosauri prima di Piero Angela e di Chrichton (citato però con "Congo").
La copertina della terza puntata è assurda.

[58-59-60] IL DILUVIO DI FUOCO - LE PISTE DI NAZCA (Prosperi/Chiarolla) {130 pp.}
Magnificamente illustrata, nonostante Chris Tower abbia perso "S" e baffi, è un'avventura che non ho mai amato particolarmente per l'evidente ripetitività di alcune situazioni. Basti dire che si sfiora per la terza volta la guerra USA-URSS e per la terza volta rivediamo Reagan, "il Presidente degli italiani" (benché il premier italiano di allora sia oggi rimpianto).
Considerata da molti una buffonata al livello del "Ritorno a Lilliput", è invece un'avventura elementare, ma con personaggi inusuali (la ricercatrice eschimese che dà i bacetti col naso) e situazioni lì per lì interessanti, almeno finché non si capisce cosa stiano facendo Terminator e il robottino. E tutta la parte iniziale è ben sceneggiata e riesce a ricreare la situazione di famigliarità (la scenetta di Diana, Nat Shapiro) che un buon serial, a questo punto, deve saper innescare nell'appassionato.
Il difetto è da ascrivere all'interpretazione dozzinale di "mystero" come di "minaccia mortale di Atlantide e/o alieni", ma siamo sempre sopra a "cristallo con le zampette" (certo, si può dire che qualuque cosa lo sia).
E comunque AMYS è riuscita a trasformare anche questa roba in un soggetto finto-epico, trasformando un tizio qualunque (Sulka Nanazca) in un vero e proprio gegno del male (va detto che già il nome era gegnale di suo).

[60-61] NELLA TERRA DEI DOGON - IL GENIO DEL MALE (Prosperi/G.-G.Cassaro) {130 pp.}
Da un certo punto di vista è la copia-carbone della storia immediatamente precedente (addirittura la stessa foliazione), nel senso che ha lo stesso canovaccio: un inizio casereccio, del folklore simpatico, e poi via via una minacciona alieno-ancestrale dai risvolti geopolitici. Cambia solo il contorno: ambientazione, eccetera.
Però ho sempre preferito questa, tra le due. Mi ha sempre fatto simpatia il prologo a Timbuctù. E poi "Ono Rourke", un freak accettatissimo dalla comunità (scientifica e non), e pure cattivo, tutto alla faccia di Dylan Dog.
Curiosamente non ricordo mai il titolo della prima parte.
Ancora curiosamente, all'inizio Martin e cumpa sono a Firenze, a guardare gli appartamenti.
E nonostante tutta la semplicionata dell'astronave, il genio del male dal volto ripugnante, e via dicendo, la faccenda dell'inseminazione ha un suo fascino perverso, da fantascienza vecchio stile (ma anticipatrice del modernissimo "X-Files").
I disegni semplici danno un tono vintage ad un fumetto già vintage di suo.
Il seguito di Morales, coerentemente, sarà già vecchio al momento dell'uscita, e coerentemente sarà un seguito peggiorativo.
Castelli aveva in mente qualcosa, dato che l'uomo-pesce delle storie future si rivelerà essere proprio un Siriano clandestino.

[61-62] LE MACCHINE IMPOSSIBILI - QUARTA DIMENSIONE (Castelli/Bagnoli) {106 pp.}
Due autori geniali al servizio di un riempitivo passatempo, scaturito da una serie di riflessioni oziose. I Nipoti di Martin Mystère vengono da qui. Per quanto mi riguarda, la prima lettura fu una folgorazione (Asimov e soci li ho scoperti dopo).
Fumetto "ai confini della realtà" già desueto al momento della prima pubblicazione, eppure destinato ad un futuro roseo, come testimoniano le diverse edizioni: a strisce, in miniatura, con dieci titoli, ecc.
"Il delitto perfetto di Archibald Heap" è un adorabile fumetto degli anni 1970, con tanto di Jinx diabolico tipo quello de "L'Ombra" o dei raccontini di "Horror" e "Psyco". Un crescendo quasi estenuante di ansietà e perversione, fino al liberatorio e tragico scherzone conclusivo. Praticamente un porno cerebrale.
"Una folle invenzione" è una gustosa satira dai toni grotteschi.
Ma forse il vero gioiellino è quel coso (non è neanche un racconto, quanto più un inserto) della "cronotivù", con un'arzigogolata spiegazione raziocinante davvero malata. Mi ha sovraimpressionato.
"Il viaggiatore del tempo" è invece più elementare, ma si fa ricordare per la divertita presa in giro del film su Gandhi e della breve moda che ne è seguita.
Esordio di Jerry, e finalmente sappiamo qualcosa di più dell'attività editoriale di Martin (altra folgorazione: dopo questa lettura decisi che Martin sarebbe stato il mio nuovo punto di riferimento e ispirazione; infatti guarda come ci siamo ridotti, tutti e due).

[62-63-64] I GIORNI DELL'INCUBO - OPERAZIONE DORIAN GRAY (Castelli/Freghieri) {170 pp.}
Classico dei Classici, episodio fondamentale-spartiacque-salto dello squalo. Si completa la trasformazione di "Martin Mystère" da fumetto d'avventura a genere a sé.
È un fumetto che si regge solidamente sulle sue gambe, quello che si permette di trarre un'avventura inedita da una situazione di avvitamento su sé stessi, di tran tran non più sopportabile, e di compiere questa operazione nel seguito di un episodio già Classico.
Una storia interamente di culto, ma in cui - forse - l'elemento che più risalta è il volto di Alfie, il barbone alcolizzato che diventa Martin-2. Un volto squallido, umanissimo, col piricozzo in faccia, le occhiaie e i denti poco curati, patetico anche dopo la doccia. Un'intuizione magistrale di Freghieri, per il resto a suo agio con il cast mysteriano, soprattutto con Jinx e Diana.
E sì, è anche questo elemento a rendere un poco "emo" questo episodio passionale, a tratti sentimentale. E sì, è curioso che sia questa la storia con cui si raggiungerà il futuro di "Nathan Never". Ancora un paradosso, come pure il soggetto poco originale (non è certo inedito lo scambio di identità) raccontato come se fosse una storia a sorpresa.
Detto questo, cos'è esattamente una "proteina vivente"? E una morente?
Che Mister Jinx sia ricco, si intuisce da come sfascia i computer.
Prima morte di Jinx, il cui doppio parassita Rockford.
Prima di finire nel magazzino di Altrove, il computer resterà in giacenza presso il NYPD per 9 anni. Chissà Travis che ci ha combinato.

[Speciale 4] LA DIABOLICA INVENZIONE (Castelli/Casertano) {128 pp.}
Unico Special privo di Angie, ultima storia di Casertano, prima storia di Casertano che ho rivalutato. Perché pure questa inizialmente non mi entusiasmava (poteri esp e un'altra volta i sovietici).
Lo sappiamo tutti che invece è uno Special di culto, con la storica prima apparizione di Altrove, che lo sbalordito Martin chiama "università della magia". Curiosamente, Beretta prenderà alla lettera questa definizione!
È una di quelle disavventure improvvisate che hanno reso celebre il vulcanico Castelli e la Bonelli che fu. Inizia con l'ennesima quasi guerra mondiale, prosegue con l'inserto cinese che sembra non c'entrare una mazza, arriva Tower con il suo nuovo ruolo (e le basette canutissime) e da lì in poi è tutta una raffinata burla topolinesca.  
La faceta minaccia di Rosenberg fa ridere e non si dimentica.
Non come i contenuti de "La scienza misteriosa", che ho del tutto rimosso.
Barks, Carl Sagan, Stallone, Casertano, il solito Reagan, e soprattutto Nikola Tesla (la prima di molte volte).
Martin ricorda improvvisamente Dragon Lady.
"In giro per librerie e per bric-a-brac?".
Mei Hing è "un'agente Russa"; dell'Altrove russa come-si-chiama? Dipartimento Studi Speciali?
Al posto di Mandraki in futuro avremo Leon Mandrake.

[64-65] FANTASMI A MANHATTAN - SPACE INVADERS (Castelli/Alessandrini) {144 pp.}
Versione ampliata e definitiva del raccontino "Invasione elettronica". Idea che ci è apparsa per anni come geniale, ma forse perché gli americani l'hanno avuta dopo. Solo che poi si è scoperto che Pezzin ha anticipato Castelli, e allora chissà chi è il vero latore di idea.
Dettagli, comunque: è un'avventura magistrale, una di quelle per cui a volte si considera "Martin Mystère" come un genere a sé stante, con una narrazione talora a suspence talora di frenetica azione a là Tintin, personaggi che parlano personaggi che corrono.
La gag delle prime pagine è copiata da un raccontino di Barks, mentre Castelli compare nuovamente come "l'uomo con la barba".
Unica storia priva del "fine dell'episodio" (che possiamo considerare come la fine di un primo ciclo), è passata alla Storia per l'altro effetto speciale, quello delle tavole a specchio, dove i personaggi comunicano tra di loro "bucando" la pagina (non è un'idea originale, ma per la Bonelli era nuova).
Nell'edizione libraria questo effetto è giustamente saltato, per infastidire il lettore.
Henry si rivedrà una o due volte, curiosamente con scarso interesse.
La vicenda sarà riproposta anche a strisce, tanto Paperino disegnato da Comicup non lo aveva letto nessuno.

[rb3] DREAMTRAVEL (Castelli/Alessandrini) {10 pp.}
Primo racconto breve ad avere velleità artistiche, nonostante la trama cartoonesca; è qui che lo stile di Alessandrini si evolve verso un segno più sofisticato e ricercato, curato nei dettagli come nella scelta delle inquadrature.
Di per sé è un racconto un po' sfigato, basato su di uno spunto divertente, ma cancellato dall'epico remake nella serie regolare.
Proprio per questo Castelli lo riproporrà in più occasioni, arrivando persino a creare una miniserie parallela (facendo solo il lifting a Jinx) per "Comic Art", e più avanti infilandolo pure nel "MM presenta".
Le due comari sono comunque tra i nemici più spaventosi mai affrontati da Martin.

[66-67] IL PRESAGIO - AGARTHI! (Castelli/César) {166 pp.}
La storia spartiacque, che apre improvvisamente una nuova continuity, allargando gli orizzonti dell'universo mysteriano.
Lo fa però in sordina, puntando sugli archetipi della narrativa (la Cerca del Graal, forse un tentativo di anticipare Spielberg), che è anche la scusa per rilanciare Orloff, prendendosela comoda con divagazioni assortite (tutta la sequenza brasiliana) e affidando il tutto ad un'altra vecchia gloria del fumetto avventuroso classico (Agarthi è tipo Flash Gordon, infatti, e "Dampyr" manterrà l'impostazione).
Ma i prodromi di un nuovo ciclo ci sono già tutti, tant'è che la storia non finisce in modo esplicito (a differenza delle anticipazioni posticce, appiccicate nelle ultime vignette di alcune avventure precedenti, questo è un vero e proprio prologo di storie future).
Primo, grezzo riferimento alla pluralità del Graal e prima menzione dell'Età dell'Oro antediluviana (quest'epoca leggendaria sarà ripresa labilmente soltanto nelle storie sumeriche).
Kut Humi è stravolto rispetto alla sua prima apparizione (poi modificata all'uopo nelle ristampe), e tutta la sua vicenda di reincarnazioni può essere letta come una delle "retcon cervellotiche" tipiche di Castelli.
Tutto sommato il ciclo legato a questa storia, in senso stretto, si comporrà di sole quattro storie, ma queste saranno tra le più belle di sempre.
È la storia presente in edicola al momento della mia comparsa su questa valle di lacrime, infatti le tematiche di cui si occupa sono le mie preferite: mi piace pensare che non sia un caso ("è scritto nell'Akaschi"). Per quanto mi riguarda, è fondamentale.
Scene cult: l'incipit, Martin pilota di piper, il racconto di Donitz, il pube di Donitz (e di Martin e di Orloff), Ashenbach, l'alloggio del Graalone.
A proposito, tale Graalone è sicuramente il Calderone di Dagda.
Martin racconta a parole un'avventura vissuta con Mister No che il lettore non ha mai letto. Qualche anno più tardi, il team-up ufficiale ce la racconterà di nuovo a parole. Non si trattava comunque di un'"avventura", bensì di un evento social-promozionale del vip con i bambini poveri (un altro aspetto di Martin che non conoscevamo).
Prima menzione della guerra esoterica tra i maghi di Hitler e quelli britannici, un altro soggetto che non vedrà mai la luce (per motivi politici) e di cui resterà traccia in un paio di brevi riassunti infilati in altri episodi.
Dicevamo che la Cerca del Graal è intimamente connessa alla telenovela Martin-Orloff, nella più pura tradizione esoterico-cavalleresca; trent'anni più tardi essa si è infatti evoluta nella Cerca di Orloff (vabbè, in teoria).

[67-68-69] CACCIA ALL'UOMO - I SIGNORI DELLA GUERRA (Prosperi/Chiarolla) {150 pp.}
Capolavoro dell'autore delle "storielle grezze degli anni '80", secondo taluni pesantemente revisionato da Castelli.
In effetti la narrazione è molto castelliana, nel lessico come nelle varie tappe narrative, per tacere della "morale conclusiva": è la prima storia del nuovo ciclo, e infatti riprende gli Uomini in Nero, perdipiù come erano stati presentati in origine, ovvero come una consorteria onnipotente e infiltrata in qualunque gruppo di potere, a qualunque livello sociale, contro cui nemmeno il direttore di Altrove può nulla! Spaventoso.
E infatti il tutto è presentato sotto forma di racconto di genere (horror, thriller, fantascienza) e disegnato dal geniale artista che ci regalerà Jaspar. Può darsi che i taluni abbiano ragione. O è un perfetto lavoro di mimesi da parte di un appassionato?
Indimenticabile prima lettura mozzafiato, in particolare l'ansia provata durante il flashback in Sudamerica.
Scene cult: Fuga da Auckland; i prefabbricati componibili (davvero hitchcockiani); "Ich bin nicht deutsch. Ich bin osterreicher". GENIALE.

[Almanacco 1988] NOSTRA TERRA DEI MYSTERI (Castelli/Alessandrini) {64 pp.}
Capolavoro ecologista dalla foliazione sospetta, epocale a prescindere in quanto originariamente dedicato al passaggio della cometa di Halley del 1986. Che sia una giacenza è evidente dallo stile di Alessandrini, anzi, dagli stili, quello vecchio e quello nuovo, che si alternano senza soluzione di continuità. È stata parzialmente ridisegnata? Così parrebbonsi.
Storia anomala, sostanzialmente una fiaba, se vogliamo anche un poco pacchiana nel suo esplicito paganesimo disneyano (il pianeta che si gonfia), ma quanto è scritta (e disegnata) bene?
Scene cult: il grido di dolore; la fila di santoni; Natale a NY; Diana col mal di capo; il palloncino di Java.
La prima edizione presenta "effetti speciali" in toni di giallo. La seconda, in volume cartonato, è tutta a colori. La terza è tutta in b/n e priva dell'ultima tavola (la presentazione del Dossier). La quarta, nessuno l'ha chiesta.
"Guida al mondo mysterioso" presenta lo stesso pregio/difetto del primo Dizionario dei Mysteri: è un bigino.
L'idea della fiaba-strenna natalizia diventerà un appuntamento fisso. Quel kolossal-floppone del 1985 qualcosa di buono lo ha fatto.

[69-70-71] LA VERA STORIA DEL CAPITANO NEMO - MINACCIA DAGLI ABISSI (Castelli/Ricci) {194 pp.}
Ancora un capolavoro-spartiacque, stavolta conclusivo: è il vero finale del "primo ciclo", quello Classico, e di tutto il filone atlantideo-muviano (sono citate TUTTE le storie ad esso collegate, e Martin le ricorda TUTTE), con tanto di ritorno di signor Robinson e gentile signora (Mara Marata) da "Rapa Nui". Scopriamo, così, cos'erano le "vaghe ombre" viste a Villeaux e cos'è una "Grande Madre" (un accumulatore biologico generatore di androidi mutanti; e cos'è un "accumulatore biologico"? Ma è ovvio, un computer a proteine viventi).
È passato alla Storia del Fumetto per la lunga introduzione in cui Castelli spiega, prima di tutti, il funzionamento di una stampante tridimensionale (nel 1987). Ma ciò che davvero è geniale è il modo in cui questa divagazione si scopre non essere una divagazione, ma la chiave d'avvio della vicenda (dico "chiave" volutamente).
Alla fine, dopo 5 anni di ricerche (fortunose), Martin, che nel n.1 aveva una "sua teoria personalissima" sulle origini del mondo, arriva a vedere di persona l'Imperatrice di Mu. Praticamente è finita la serie!
Capolavoro d'addio anche per Ricci, che in seguito comparirà solo nelle giacenze. La sua capacità di rendere i luoghi reali era unica (vedi l'università).
Nonostante tutto, l'ultima tavola lasciava presagire possibili sviluppi, bellamente ignorati. La mitologia muviana (compresa la discendenza-predestinazione) è stata ripresa nei romanzi di Cappi, ma sempre in flashback degli anni 1980.
Ancora una parte importante per Tower, ancora nel ruolo ibrido di ex agente CIA e direttore della base segreta.
Mara Marata diventa collaboratrice di Altrove, ma in questa veste la rivedremo solo trent'anni più tardi, con l'aria di chi ci doveva un favore.
Anderson spoilera la storia dei delfini e afferma che Aasvero e il Conte di Saint Germain sono suoi soci. A Lotti non parrà vero.
A sorpresa, Amaterasu si rivedrà un'altra volta. Anzi, due! Con Legs Weaver!

[71-72] MORTE AL VARIETÀ - L'UOMO CHE INVENTAVA LE BARZELLETTE (Castelli/Bagnoli) {150 pp.}
Riciclo di un episodio de "Gli Astrostoppisti", in una versione più ampia, attuale e "per adulti", appare inevitabilmente come un inserto frivolo tra un'epopea e un'altra.
Effettivamente è un gioco metanarrativo: non solo Martin autore di trivia umoristici al pari di ponderosi saggi (tipo Asimov, all'epoca divo), ma anche la presa in giro (amichevole) di Sergio Bonelli, che odiava le barzellette.
E il genio di usare come protagonista un altro divo nerd del tempo, Woody Allen (all'apice, siamo poco dopo "Broadway Danny Rose"), e di affidare il tutto all'altro genio, quello del fotorealismo e del grottesco.
Le barzellette sporche (AMYS ha poi raccontato il finale del corvo); la Guerra senza Tempo, ma Fredda; "Te la dò io l'America" (e pensare che trent'anni dopo abbiamo avuto "Martin Mystère contro Grillo").
Queste le scene-cult, ma tutta la storia è scritta e disegnata benissimo.
Combo copertine-titoli suggestive.
È una storia per "Nipoti di MM", di quelle da rileggere al circolo, mentre si rimpiangono i bei tempi andati ("Dalla periferia dell'impero").
Gli articoli triviali di MM saranno pubblicati per davvero, su rivista e in albetto apposito. Ricordo quello sui sacchetti per il vomito, e forse ce n'era uno sulla cacca? Alla tartina imburrata sarà dedicato pure un fumetto.

[73-74] INTRIGO A PECHINO - L'ESERCITO DI TERRACOTTA (Pennacchioli*-Castelli/Deidda) [*non accr.] {143 pp.}
Soggetto stravolto, sceneggiatura che presenta prime, deboli tracce di anticastellismi (varie vignette mute).
La mitologia degli Dei dell'Est e dell'Ovest, bellissima, è una ret-con talmente enorme che Castelli riesce a tenerla a bada soltanto ignorandola (non ne sentiremo più parlare, sebbene la ritroveremo nella "Storia segreta del mondo" Hazard, attribuita a Pennacchioli) e trasformando questa trasferta cinese in poco più di una gita, condita con un pizzico di "Intrigo internazionale" (sì, c'è pure qui una specie di minaccia di guerra atomica, ma insomma, era un appuntamento annuale).
Il pretesto di sfruttare la scoperta (allora abbastanza recente) dei guerrieri di terracotta sembrava più cosa da Prosperi, ma è andata così. Comunque abbiamo il dragone e un'altra "Dragon Lady" (che non è la stessa di "Chinatown"; ma il seguito di Morales ci confonderà le idee del tutto).
Per qualche motivo, le storie di ambientazione asiatica sono le più colte (almeno queste più vecchie).
Esordio di un'artista di scuola "linea chiara": poi morirà e al suo posto arriverà Torti.

[74-75] IL SEGRETO DELLA MINIERA - LA COSA DA UN ALTRO MONDO (Prosperi/G.-G.Cassaro) {139 pp.}
Unico fumetto bonelliano dedicato ad Ambrose Bierce per circa tre decadi, ha poi perso anche quest'unico pregio (Boselli).
Per il resto, probabilmente è la storia mysteriana più banale dei "mitici primi cento numeri" (o la seconda).
Non la più sgangherata: il suo difetto principale è proprio l'essere un compitino piatto.
La cosa dei colori era già vecchia all'epoca. E forse Castelli ha prodotto il n.100 proprio per questo.
Da riscoprire le suggestive ambientazioni "western moderne" tipiche delle Edizioni Cepim.

[Speciale 5] LA CITTÀ SOTTO I GHIACCI (Castelli/Alessandrini) {128 pp.}
Capolavoro.
Sceneggiatura brillante che mescola umorismo e mystery, moderne tecnologie applicate all'archeologia (il carotaggio, come su "Atlantide" di Pezzin/De Vita) e atmosfere esotiche da noir anni '30, erotismo e retcon lieve (Piri Reis, Tanith), continuity (esploriamo un altro pezzo di Università della Magia con Tower canuto, che asserisce di tenere famiglia) e didattica promozionale (la mostra sui Fenici). Una sintesi da manuale tra Urania, Giallo e Segretissimo.
Arte in evoluzione, dalla regia decisamente più sofisticata rispetto agli esordi e dal tratto ormai privo di asperità.
È il 1988: suppergiù, la Sergio Bonelli Editore è nata qui. Ci viene da piangere.
"Personaggi mysteriosi" fu un bel bigino, che tuttavia lessi con troppo ritardo.
Naturalmente la cosa del "primo Uomo in Nero" oggi fa sorridere, ma insomma, bisogna pure saperle scrivere storie come questa.
Per non far sclerare il fenicio, le agenti di Altrove si prostituiscono. Coerentemente, Martin fa lo stesso con Angie.

venerdì 11 settembre 2020

Nessuno lo ha chiesto

Uno stralcio tratto da Le nuove (e inedite) avventure di Travis (che, detto fra noi, mi fa molto ridere).

Perché io, quel giorno, me lo ricordo bene, come fosse ieri (più altri diciannove anni meno un giorno).


Settembre 2001. Con un volo low cost, con partenza il venerdì sera e rientro il lunedì pomeriggio, Travis si reca a Francoforte per scoprire, innanzitutto, chi sia questo tizio, e, dopotutto, per acquistare un po' di nani di gesso, sua segreta passione, nota soltanto a chiunque faccia visita a casa sua, ove sono esposti in ogni stanza. Dopo aver combattuto l'incredibile banda dei Normodotati di Altezza Normale Eppure Titolati Tappi Insistentemente (N.A.N.E.T.T.I.), l'ispettore più tirchio della Germania Ovest riesce a rincasare a NY giusto in tempo per il pranzo che, il giorno seguente, Martedì 11, Martin gli ha promesso al Ristorante Windows of the Worlds sulla Torre 2, a cui sogna di andare da quarant'anni. Ma il tapino ignora che anche questa volta il suo amico gli darà buca.