venerdì 4 dicembre 2020

MAGICO VENTO (1)

Magico Vento #1: Ghost town (Manfredi/Ortiz)
Ned Ellis, dal volto di sir Daniel Day Lewis, si risveglia con un pezzo di ferro in testa. Non ricorda chi è, come è finito lì, perché ci è finito. Gira che ti rigira conosce Willy Richards alias Poe, giornalista sosia dell'omonimo scrittore e dall'eccessiva sensibilità per gli alcolici. Indagano che ti rindagano i due si ritrovano a lambire gli interessi del ricco faccendiere Hogan, implicato in un traffico d'armi che è costata la memoria a Ned. I due si uniscono ai Sioux, dove Ned diventa Magico Vento, "Uomo Strano" dalle doti premonitrici. Poi si vendicano di uno scagnozzo di Hogan. Un prologo molto semplice, ma che Manfredi e Ortiz riescono a rendere intrigante quanto basta.

Magico Vento #2: Artigli (Manfredi/Barbati-Ramella)
Dalla tribù cui si sono aggregati Ellis e Poe è sparito un ragazzino, rapito da una sorta di enorme aquila. Alcuni dicono che sia Parla-Con-Le-Aquile, sperduto tempo prima sul promontorio lì vicino. Magico Vento si offre di recuperare il ragazzino, ma prima deve affrontare Lupo Nero, un pellerossa mannaro. La descrizione delle due righe precedenti non rende merito ad un più che buono episodio, ottimamente illustrato e soavemente raccontato da un Manfredi molto berardiano e kenparkeriano nell'alternare momenti di tensione a sketch di umana commedia (vedasi le paturnie di Uccide-Se-Stesso e Poe che ci prova con Rifiuta-Di-Smettere).

Magico Vento #3: Lady Charity (Manfredi/Ortiz)
Un ottimo numero sul mondo del giornalismo nel vecchio West. Poe vuole tornare a Chicago per scrivere un articolo contro Hogan. Si rivolge al suo unico amico, lo sbandato giornalista Henry Atwell, membro di un'organizzazione segreta volta a procurarsi informazioni sui corrotti della città e guidata da Lady Amelia Sinclair, detta Lady Charity in quanto si occupa dei bisognosi. Ma l'organizzazione è in realtà un paravento e Lady Charity è l'amante di Hogan. Magico Vento, recatosi a Chicago per trarre Poe d'impiccio, riesce ad eliminare la donna... forse. Nel frattempo, Hogan si prepara per le elezioni. Non manca in tutto il 'momento commedia', con la caccia ai bisonti di Ned e del vecchio Cavallo Zoppo. Non mancano neppure il bizzarro momento esoterico, bizzarro in quanto vede Ned apparire come visione ad un Poe momentaneamente in difficoltà. Questo elemento risulta per ora buttato un po' lì, ma non è un problema: il resto lo copre abbondantemente. 

Magico Vento #4: La preda (Manfredi/Frisenda)
Albo interlocutorio? Ned e Poe scortano tre donne a un villaggio mormone. Due di esse, Marva e Grace, sono interessate ai due, e Ned e Marva alla fine ci danno dentro (per mezzo di Poe, Manfredi ci mostra simpaticamente, e finalmente, un Ned (molto) meno rigido con l'altro sesso). Le rivedremo? Per ora i due protagonisti se ne vanno, e l'avventura sembra essere soltanto una parentesi. Una parentesi comunque interessante, che ben mischia Tremors e la Storia (prime trivellazioni petrolifere, rapporti mormoni-indiani). Il fantastico tratto di Frisenda inizia a far considerare MV l'erede di Ken Parker, anche se ciò diverrà esplicito solo qualche anno dopo.

Magico Vento #5: Whopi (Manfredi/Mastantuono)
Filler di qualità, con due guest star che lasciano il segno. La prima è Whopi, la Donna Bisonte della mitologia, simbolo della natura ferina che mal si incastra con la sciocca umanità. La seconda è il disegnatore, quel Mastantuono che neanche dieci anni prima aveva esordito in Disney ma che nel 1997 già era copertinista di Nick Raider. La prova che fornisce il Masta è notevole, pare nato apposta per illustrare Magico Vento. Non è che il suo tratto sia esteticamente il più "bello" della serie, ma è di una funzionalità... mostruosa (ma il suo è comunque un bel tratto). Non a caso anni dopo diventerà il copertinista di MV.

Magico Vento #6/7: Lungo Coltello/Il figlio del Serpente (Manfredi/Barbati-Ramella)
Ed ecco la prima storia doppia. Storia molto importante, pregna di tanti elementi amalgamati alla perfezione. Il sadico Louis Beaumont, sudista datosi al voodoo e posseduto dallo spirito del Serpente, è una figura che certamente inquieta, anche se più per interposta persona che direttamente: cioè, sono più interessanti i flashback che ne raccontano la storia e l'ascesa che il combattimento finale nel quale viene ovviamente eliminato. Ma c'è molto altro, in queste due dense puntate: la morte di Cavallo Zoppo, padre putativo di Ned, eliminato a inizio storia in modo brutale; l'indagine parallela di Poe, di nuovo una indagine giornalistica, assieme alla new entry Jim Brennan, il giornalista gobbo ma coraggioso; gli intrighi di Hogan; la Storia, quella crudele e poco nota dei campi di concentramento nordisti; e c'è spazio pure per una bella gag "kenparkeriana" ed erotica con Poe e Rifiuta-Di-Smettere. Viene persino introdotta nel fumetto la Blizzard Gazette, la rubrica di approfondimento, che salta nel #7 ma che ora appare sotto forma di giornale abbandonato di una città fantasma (Blizzard) nella quale Ned e Poe temporaneamente si rifugiano. Penso che la rivedremo.

Magico Vento #8: Windigo (Manfredi/Frisenda)
Arriva - ed è giusto che arrivi ora, così da sbolognarla subito - la creatura più nota del folklore nativo americano. Manfredi se ne sbarazza cucendole intorno un episodio meno curato e dettagliato del solito, che tuttavia la magnifica arte di un Frisenda clamoroso riempie di cure e dettagli.

Magico Vento #9/10: Faccia di pietra/Scheletri (Manfredi/Raffaelli-Ramella-Barbati)
La seconda storia doppia chiude la prima decina. Si tratta di un interessante omaggio alle atmosfere dei racconti più bislacchi di Nathaniel Hawthorne e di suo figlio Julian, ma ben innestato nel mondo "creato" da Manfredi. Sono infatti presentissimi tutti gli elementi-tipo di MV: la sfida a distanza fra Ned e Hogan, che per la prima volta iniziano a rendersi conto del filo (teso da chi?) che li lega (anche se Hogan ancora non sa chi è il suo nemico); la continuity (Hogan sembra avere una qualche malattia che di tanto in tanto si fa sentire); la Storia (è ben resa la relazione fra un villaggio di boscaioli e una tribù Ute); il soprannaturale e altro ancora (la psicanalisi al tempo del West). Ottima scrittura, disegni di notevole efficacia (la seconda puntata è del consueto duo Barbati-Ramella; nella prima, Ramella è affiancato dall'esordiente Raffaelli).

Magico Vento #11: L'incubo in cornice (Manfredi/Parlov)
Per l'esordio di Goran Parlov (tratto già notevole, in seguito migliorerà) ecco un tema assai classico: il quadro diabolico. Omaggio a Dylan Dog? Nel suo #11 si occupava di un prestigiatore. Cosa c'entra? Niente, il villain di questo numero a modo suo è una specie di prestigiatore. Ritmo e disegni "francesi" (c'è anche un assaggio di 'linea chiara'), "coltemente" avventurosi, molto dialogati e statici, ma mai noiosi, rendono gradevole questo numero.

Magico Vento #12: Cielo di piombo (Manfredi/Ortiz)
Anni fa, ero ancora un ragazzino, lessi i primi numeri di Magico Vento: non me ne piacque neanche uno, li trovai tutti banali e soporiferi. Nauseato, li rivendetti subito. Oggi sono leggermente più sveglio e mi sto accorgendo del mio tragico errore e della mia fatale stolidità. Prendiamo ad esempio questo numero: un drammone rosa, un giallo, un western statico, ambientato per metà su un treno e per metà davanti a un saloon, un horror senza horror, un fumetto francese scritto da un italiano e disegnato da un argentino, un albo in continuity (viene svelata una prima, minuscola porzione del passato di Ned) e un albo dall'autoconclusività perfetta, una regia di alta scuola, dialoghi studiatissimi e disegni efficaci. Quel che si suol dire un capolavoro. Somaro d'un Brody, quanti anni mi hai fatto perdere, avrei potuto seguire la serie in diretta (almeno per metà) se non fosse stato per la tua deficienza.

Magico Vento #13: Il demone degli inganni (Manfredi/Barbati-Ramella)
Un altro eccellente numero autoconclusivo ed etnografico dedicato a Uccide-Se-Stesso e al demone Iktomi, ma che lascia spazio anche a qualche piccola riflessione di Poe in merito al suo rapporto con le donne (è ginofobo?).

Magico Vento #14: La danza degli spettri (Manfredi/Frisenda)
Riprendo dopo due anni. Bel numero di passaggio con un altro demone (chi? boh) che elimina un villain secondario (Fender) e ripropone Blizzard, in vista dell'episodio successivo. Interessante l'assimilazione religiosa cristiano-"indiana".

Magico Vento #15: Blizzard (Manfredi/Barbati-Ramella)
Episodio "Ned contro tutti", che banalizza un pochino il Frate Nero visto nel numero prima. Presenza pesante del soprannaturale, ma Groddek muore infarcito di piombo e la martinmysteriana rubrica sembra scritta dal Cicap. Anche a Poe, alla fine, non interessa sapere ciò che è accaduto. Mmmmh non posso dire di essere d'accordo, come non posso dire che la lettura non mi sia piaciuta. Ho sempre questa impressione che questo fumetto sia obiettivamente un capolavoro ma troppo freddo e costruito a tavolino.

Magico Vento #16: La Grande Visione (Manfredi/Parlov)
E arriva il classico e attesissimo episodio delle origini, con il passato dell'eroe... anzi, no, è un bluff! I flashback cui Ned assiste appartengono a Nuvola Rossa e a Cavallo Pazzo. Scelta divertente e comunque saziante, per un episodio riflessivo e pacioso, purtroppo leggibile solo durante gli ormai rarissimi momenti di tranquillità. In contemporanea, Poe affronta un suo ex amico corrotto, in uno dei classici topoi dell'epica. Ora è lui il razionale, mentre Ned appare più fragile e confuso.

Magico Vento #17: Il collezionista (Manfredi/Sicomoro)
Filler in continuity, tanto per usare un'etichetta stupida: episodio "d'autore" con Sicomoro e Manfredi che sembrano Maestri della Cinematografia Disegnata Western, pare che non abbiano fatto altro nella vita. Trama verticale autoconclusiva abbastanza originale e quasi-definitiva (museo di cadaveri di personaggi-tipi del West, gara fra killers) e rivelazioni orizzontali sul passato da "più giovane bounty killer" di Ned. Da una certa prospettiva, un numero magistrale.
Belle pure la rubrica sul whisky scadente e la posta con i lettori che non hanno mai letto un fumetto western.

Magico Vento #18: L'ombra del guerriero (Manfredi/Barbati-Ramella)
Dopo un suggestivo incipit, con la rivolta delle ombre e il destino di Senza Paura, l'episodio vorrebbe essere un teso thriller "uomo vs natura", ma alla lunga la tensione si smorza in un sacco di chiacchiere, probabilmente perché, tolto Ned, gli altri pseudocacciatori sono dei pivelli. L'identità del sicario di Hogan è ovvia; meno scontata è la riapparizione di Senza Paura con le corna di cervo al posto del braccio: un "Ash Williams" ante-litteram che meriterebbe più gloria, senonché pure lui interpreta il ruolo del cacciatore indegno e squallido. Peccato.

Magico Vento #19: La mano sinistra del Diavolo (Manfredi/Frisenda)
Uno degli albi più celebri della serie: un bel filler storico-politico, con i carbonari italiani, lo sceriffo bastardo paralitico che spara solo con la sinistra, il politico corrotto texiano; un bell'episodio in continuity che svela un altro piccolo tassello del passato di Ned (come allievo di Coleman). Arte eccellente. Questo è un bel "western", checcazz.

Magico Vento #20: Bedlam (Manfredi/Roi)
Ad un soggetto stimolante (il dio serpente Zuzeca possiede pazzi del manicomio criminale) corrisponde una sceneggiatura lenta e pesantuccia. L'arte aiuta per un po', ma nel finale concitato e d'azione perde il filo e lo fa perdere al lettore. Rivedremo Herbert, il braccio destro di Hogan? Penso proprio di sì.

Magico Vento #21: L'uomo dei gatti (Manfredi/Ortiz)
Ancora mitologia ibrida: gli djinn nel West! Stavolta però l'albo è interessante e intriga quanto basta. Rivedremo la zingara Auska? Disegni espressivi e immersivi, Storia e fantasia inestricabilmente legate. Ma quindi tutte le miniere del mondo nascondono demoni? Vabbè.

Magico Vento #22: Il ragazzo dai capelli bianchi (Manfredi/Parlov)
La Blizzard Gazette è dedicata tutta alle mille citazioni del #20. Il fumetto, invece, è un tutto-continuity, in cui Ned scopre cosa è accaduto al padre e saluta la madre morente (e poi morta). Il ragazzo del titolo, Zadig, a me sembra una citazione, ma Manfredi dice che non ce ne sono; comunque alla fine si piazza a casa Ellis col tutore. Nel più puro feuilleton, Poe sa che l'amante della sig.ra Ellis era Hogan, ma non lo dice a Ned, lasciandoci col fiato sospeso durante la pubblicità.

Magico Vento #23: Gli spietati (Manfredi/Piccatto)
E riecco Hogan, turlupinato da alcuni scagnozzi, dai quali invia il fido Herbert, nel frattempo schiavo del laudano e allucinato da Zuzeca (#20, ormai importantissimo). Tutto l'albo ruota intorno a questo scontro fra cattivi, mentre Ned e Poe indagano leggendo il giornale e chiedendo informazioni. Il soggetto (la rapina-truffa) è stimolante, ma dopo una settantina di pagine la tira un poco per le lunghe, però il robusto stile dell'artista (nel '99 ancora solido) aiuta a non annoiarsi. Anche l'ultima pagina è dedicata a Herbert, il vero protagonista.

Magico Vento #24: L'uomo senza volto (Manfredi/Frisenda)
Il #23 trova la sua spiegazione: salutiamo Herbert, maciullato dal treno di Loup Town, e salutiamo Dick Carr, l'attore dal volto sfigurato che ne prende il posto al fianco dell'inconsapevole Hogan. Nel mezzo, muore la sorella di Rifiuta-Di-Smettere, e Ned&Poe fanno i vendicatori in una cittadina in cui la legge è spettacolo. Ottima arte.

Magico Vento #25: Il nemico sotto la pelle (Manfredi/Mastantuono)
Prosegue la saga di Dick Carr/Herbert, col secondo che pure ritorna momentaneamente, richiamato da Ned a Blizzard per poterlo poi ricacciare definitivamente nell'aldilà. Hogan svela l'intrigo di Carr, ma non quello di Alex, la ragazzina che si spaccia per maschio e che deve vendicarsi di un tizio (la storia completa ce la racconterà un'altra volta, come minaccia nell'ultima vignetta). Gira che ti rigira, Ned&Poe ipnotizzano Carr e se lo tengono buono nel caso gli servisse. Ottima la rubrica che ci narra la leggenda della ruota della medicina: "curiosamente" la storia di Faccia Bruciata assomiglia proprio a quella dell'attore sfigurato che stiamo seguendo con interesse. Albo denso di avvenimenti, ma non è finita qui. Appuntamento a Fargo. (Mi piaceva scriverlo)

Magico Vento #26/27: Seminatori di morte/L'ultimo agguato (Manfredi/Barbati-Ramella)
E subito Alex aka Alexandra Haynes ci racconta la sua storia e subito veniamo trascinati nel conflitto eterno fra ricchi e poveri, qui nel contesto agricolo ottocentesco. La prima pagina della posta si prende gioco di chi pretende debba esistere un fratello di Ned, ma poi racconta il mito della dea della fertilità Cherokee uccisa da due fratelli; la seconda parla di questo "ciclo di Hogan" che temporaneamente si ferma, ma che sarebbe più logico chiamare "ciclo di Dick Carr", dato che pure qui l'attore ritorna prepotentemente protagonista nel finale come deus ex machina (non poteva essere questo lo scontro finale con Hogan) dopo essere stato messo in disparte dai comprimari occasionali (comunque forse lo rivedremo come agente segreto). I lettori si congratulano per la varietà delle trame, anche se questa è una doppia piuttosto monotematica, sebbene impressionalmente scorrevole e interessante. E ancora: Hogan ha un collegamento mentale con Ned, e questo sembra essere una cosa nuova, ma a me pare di ricordare fosse già accaduto. Ed infine, ricordo che in uno dei primi numeri Manfredi garantiva che le scene d'azione sarebbero state raccontate secondo criteri attendibili, e qui ne compaiono un paio dal montaggio inverosimile. Ma sto cavillando perché non ho molto da aggiungere, è stata una buona lettura.

Magico Vento #28: La maschera del dio cannibale (Manfredi/Biglia)
Filler nativo americano, con le classiche questioni tribali, il guerriero geloso, gli anziani saggi, il giovane bellicoso, sciamanesimo spiccio. Rifiuta-Di-Smettere si sposa postuma col tipo torturato dai Crow e aggiunge un lutto a quello precedente della sorella: poveraccia. La maschera simboleggia l'odio istintivo? Nessuno lo dice. Non è poi così importante. Compare anche il classico pittore di frontiera. L'artista esordisce con una certa sicumera, ma quache vignetta lo tradisce. Lo sceneggiatore ci informa che ce ne sono altri all'opera.
 
Magico Vento #29: La donna del ritratto (Manfredi/Giez)
Full continuity al punto che la rubrica parla di siti internet. Scopriamo che la moglie di Hogan, Ellinor Monroe, è una psicolabile oppure è posseduta dallo spirito di sua madre, e per fare questo i personaggi impiegano tutto l'albo. La tipa sembra poter diventare un nemico-amico, ma muore. Poe fa la figura del fessacchiotto (anche letteralmente). Ned vuole chiudere i conti con Hogan (la sensazione è che tutto questo ciclo fosse la miniserie approntata nell'eventualità di una chiusura anticipata della testata). L'artista sembra essere stato tenuto severamente sotto controllo da Manfredi, e soltanto alla fine si lascia andare a qualche sua legnosità caratteristica.
 
Magico Vento #30: Shado (Manfredi/Milazzo)
Episodio "kenparkeriano" (con tanto di artista apposito) semi-metanarrativo, col personaggio da dime novel ispirato a Ned. Ma in realtà Poe usa un altro tassello del passato del suo amico, di cui veniamo a conoscenza, così Manfredi si beffa dei beffardi. Fumetto dai toni leggermente più leggeri del solito (ma leggermente), che nel finale accelera a manetta per arrivare alla frase a effetto. Arte volutamente sporca e adeguata.

Magico Vento #31: Il mostro di Hogan (Manfredi/Frisenda)
Numerone basato sull'associazione ovvia mostro dell'Id/mostro che ringhia. Scopriamo che Hogan fa parte di una loggia segreta lovecraftiana: l'unghiato Aiwass consente al nemico di Ned, roso dall'odio, di pilotare l'uccello leggendario Vultur contro Ned e la sua tribù, nel frattempo impegnata a giocare a shinny (bello il montaggio defaticante che alterna horror vacui e spensieratezza, ombra e luce). Un albo che fa il sunto della situazione, ma che è pure ottimo da leggere, e infatti nel 2018 è stato ristampato in una antologia frisendiana (ma i riferimenti sembrano essere comunque troppi perché il lettore occasionale possa goderne appieno). Manfredi richiama una vecchia leggenda del West, ma soprattutto Star Wars (!), prima con Cavallo Zoppo che appare come fantasma olografico a dare saggi consigli al giovane nedawan e poi con la rivelazionona "Ned, io sono tuo padre"! (ma lo sa solo il lettore, per ora)
Ultima copertina per Andrea Venturi.

Magico Vento #32: L'incendio di Chicago (Manfredi/Barbati-Ramella)
Prima copertina per Pasquale Frisenda.
Albo spartiacque, col faccia-a-faccia tra Ned e Hogan (hollywoodianamente fiappetto, come tutto ciò su cui è creato hype per troppo tempo) e quest'ultimo che apparentemente va ko. Nella cornice semi-cronachistica dell'incendio di Chicago del 1871 si conclude (per ora?) il ciclo iniziato 8 numeri fa, con tanto di ritorno a sorpresa di Dick Carr, ora agente governativo travestito trasformista. Arte solida e priva di ghirigori, molto efficace, sebbene Hogan appaia un po' più "elastico" del solito.  
 
Magico Vento #33: Il ladro di bisonti (Manfredi/Parlov)
Episodio autoconclusivo tirafiato, per questo antologizzato nei Classici di Repubblica Serie Oro. Tutto dedicato alla questione bisontea, anche forzatamente possiamo dire. Manfredi dice che "dobbiamo" focalizzarci sul punto di vista indiano, ma forse è meglio quando si concentra sull'Avventura. E' comunque una buona lettura, sebbene i disegni di tanto in tanto appaiano poco rifiniti.

Magico Vento #34: I cancelli dell'inferno (Manfredi-Segura/Ortiz)
Ancora un filler, disegnato dal capostipite della serie per i testi del primo non Manfredi (ma il soggetto è suo), il suo storico socio paratexiano. Ed è un albo estremamente semplice e classico, forse troppo, con poca "ciccia", considerando come siamo stati abituati fin qui. Dialoghi scarni, molta azione, arte espressiva, puttane e invasati: è un fumetto di Lanciostory.

Magico Vento #35: La luna delle foglie cadenti (Manfredi/Barbati-Ramella)
Due lesbiche, una bianca una indiana, inseguite dal marito bigamo cornuto: questa la trama di un albo modernista che si suppone folkloristico.

Magico Vento #36: La fuggitiva (Manfredi/Milazzo)
Classica storia d'amore eterosessuale, con un Ned improbabilmente infatuato di una tipa che non è Harrison Ford. Pseudo-western kenparkeriano, pseudo kenparkeriano, dato che Milazzo sembra in parte voler prendere le distanze dal suo passato (o forse, semplicemente, non gli viene bene Ned). Albo che inizia parlando di soldi e finisce con l'amore (impossibile): anche questo appare "strano". Episodio-parentesi? Sì, in previsione del numero successivo.

Magico Vento #37: La via oscura (Manfredi/Parlov) [1di2]
Nella vita di Ned rimpiomba all'improvviso Norma Snow, la moglie di cui è dimentico... e il ricordo di Rita (#36) acquista, così, una sua importanza (belli i flashback depistanti). Fino a tre quarti, l'albo è inquietantemente intimista, o intimamente inquietante, e la mistica nativo americana ci porta a vedere un altro crudo flashback precedente al #1 (e pure una premonizione di Cavallo Pazzo). L'ultimo quarto, invece, stacca sulle indagini di Poe a Chicago, dove scopriamo che Hogan è mutile ma vivo, tenuto sott'occhio da Aiwass e dalla Volta Nera: uno stacco fattuale ma non concettuale, che getta una luce oscura anche su quanto raccontato prima. E infatti l'albo è la prima parte di una doppia.

Magico Vento #38: Sipario nero (Manfredi/Frisenda) [2di2]
Complotto! Stacco artistico, dalla linea chiara di Parlov alla sporca di Frisenda, ma la storia prosegue, mostrandoci un triplo gioco di spie e consorterie, riportando in scena Dick Carr e inserendo la sua "nemesi", l'attore Wesley Snow, fratello di Norma e vera identità di Kadosh, il capo della Volta Nera! Lei, ovviamente, non è la moglie di Ned, e lui alla fine crepa, e tutta la matassa si srotola, al termine di un lungo andirivieni fitto di conversazioni. Tutto si risolve in un teatro, davanti alla platea, così come era iniziata la saga di Carr... ma Norma e Aiwass promettono ritorno (e sicuramente anche Carr, che ormai è un comprimario "regular").

Magico Vento #39: I quattro sciamani (Manfredi/Piccatto)
La preview nel numero prima, il titolo, la copertina: tutto lasciava presagire un numero epico. Ma Manfredi si fa beffe di noi un'altra volta, con un albo "indiano militare" chiacchierone i cui scopi sono introdurre e renderci simpatico il saggio Toro Seduto e parlarci della questione ferroviaria, su cui si dilungherà anche nell'albo dopo. I quattro sciamani sono più capi militari che altro (compreso Ned) e fanno più effetto le quadruple naturaliste (siamo a Yellowstone prima del parco) della breve sequenza mistica. Pure la copertina, in grande formato, è meno attraente di quel che appariva in piccolo. Arte solo apparentemente insolita rispetto ai canoni della serie, comunque qualche legnosità c'è.

Magico Vento #40: Il clan della Tigre (Manfredi/Milazzo)
Ritorno a Bismarck (#36), con tanto di artista, comprimari e ricordi di Rita (ancora?). Poe indaga sul presunto fallimento della compagnia ferroviaria, Ned aiuta un cinese a vendicare la sorella. Entrambi chiudono i conti con Blake (#39). Tutto torna e l'albo è soddisfacente, con quel pizzico di feuilleton esoticheggiante che è la sfida archetipica tra fratelli cinesi, uno onesto uno corrotto, l'Avventura nel degrado quotidiano.

Magico Vento #41: Il doppio (Manfredi/Sicomoro)
Il doppio volto di MV: arte immersiva, atmosfere-omaggio a La cosa in chiave western vent'anni prima di Tarantino; soggetto già visto (trifidi, ultracorpi), testi talvolta non necessari. Lettura comunque gradevole, ma poteva essere entusiasmante.

Magico Vento #42: Acqua di fuoco (Manfredi/Mastantuono)
Dalla fantascienza al realismo degli indiani alcolizzati, uno dei tormentoni di Zagor, qui declinato in una forma classica ma bonellianamente originale: esemplare. Possiamo dirlo? Un po' di Mastantuono ci voleva. Non manca il riferimento al progetto di alleanza tra Piedi Neri e Toro Seduto contro la ferrovia, giusto per ricordarci che è una saga, quella che stiamo leggendo.

Magico Vento #43: Wild Bill (Manfredi-Lugano/Biglia)
Ottima arte rigorosa per una sceneggiatura robusta, nonostante sia in parte di un non Manfredi (alla sua unica apparizione, ci sembra). Il tutto per un soggetto classico, la triste fine di Wild Bill Hickcok: in questa versione sono Ned e Poe ad aiutarlo a liberarsi dalle sue ossessioni, al termine di un albo che ondeggia tra sequenze rilassanti come poche e sparatorie interminabili (quanti ne ammazzano i due protagonisti?). Una versione che ci piace.
 
Magico Vento #44: Gli spettri di Fort Laramie (Manfredi/Milazzo)
Da Hickcok a Calamity Jane, presente nel forte del titolo nel momento in cui si svolge l'apparizione dei fantasmi di due innamorati tragici, un soldato e una indiana. Ma, nonostante il titolo e il Blizzard, non è questo l'importante: il soprannaturale viene messo da parte dal realismo, crudo, spiccio, avvilente, del vecchio West. Il giornale di Poe si "vende" al Partito Democratico di Custer, il senatore Fulton e l'amministrazione Grant si rivelano corrotte, e pure Dick Carr, nella sua comparsata, sembra più cinico del solito, Poe si dà all'alcol, mentre Ned e Jane affrontano agenti indiani corrotti e le ritrosie tra capi tribù. La visione iniziale, in cui Custer "spacca" Ned e Poe, dà il via ad una nuova minisaga.

Magico Vento #45: Gli invasori (Manfredi/Frisenda) [1di3]
Capolavoro grafico, con 93 tavole magnifiche, ricolme di vignette curate nel dettaglio e ricche di sfumature, sia nelle espressioni dei vari personaggi (soprattutto Poe, il protagonista) che negli sfondi fotorealistici; chiude l'albo una tavola un po' più abbozzata, forse rimaneggiata. L'episodio della saga è intrigante dal non-inizio alla non-fine e segue le due vicende parallele di Magico Vento che tiene d'occhio gli amici indiani decisi a combattere Custer, e di Poe raggirato da Dick Carr e Fulton e infine rapito dalla Volta Nera.

Magico Vento #46: Battaglia sul fiume (Manfredi/Parlov) [2di3]
Ancora un numerone, eccellente prosecuzione del precedente, la cui copertina si riferiva al finale di questo! Finale per modo di dire, ovviamente, è tutto un divenire. Che saga interessante, questa di Custer, figura antitesi e nemesi della filosofia Bonelli (e dunque indispensabile alla stessa, e infatti pure Tex le dedicò una storia che voleva essere importante, e qui la rubrica ricorda l'appena scomparso G.L.Bonelli). Sceneggiatura esemplare, appassionante nel descrivere la guerra, armata e verbale, tra "indiani" e "cowboy", tutta fuorché manichea, e intrigante nel caratterizzare i "civili", tra politici e Volta Nera, tutti dotati di più di una sfumatura (peraltro qui Carr e Fulton chiariscono meglio le proprie posizioni). Per non sfigurare con Frisenda, Parlov si impegna al massimo: un altro capolavoro grafico.

Magico Vento #47: I sicari (Manfredi/Barbati-Ramella) [3di3]
Impegno massimo anche per il duo ai pennelli di questa terza parte, ma senza sfoderare il capolavoro. Pure ai testi si assiste ad un piccolo calo di tensione, con la vicenda dei due sicari che si prende un terzo di albo senza per questo risultare poi così determinante. Sì, tutto si riallaccia alla fine, ma insomma, raccontarci tutta la loro passeggiata a cosa è servito? Realistico l'andirivieni di Ned, che torna a Bismarck per poi andare a Monroe sul treno ove trova il chiacchierone che gli racconta la trama, ma pure quello smorza. Più interessante l'indagine del buon, vecchio Dick Carr, deciso a trovare e liberare Poe, il quale comunque passeggia per le vie del centro con Aiwass. Siamo al secondo scontro finale fasullo, dopo quello del #32: stavolta è il demoniaco capo della Volta Nera a morire (fino a prova contraria), mentre Ned dà un'occhiata agli inferi lovecraftiani e si salva grazie ad Hogan (via telespiritica), il quale vuole impadronirsi della setta con Norma Snow. E Custer? Conosciamo sua moglie e scopriamo che era un bluffone: i segreti di Fulton vengono ridimensionati. Sempre pacchiane le olochiamate tra Ned e Poe.

Magico Vento #48: Il segreto di Aiwass (Manfredi/Piccatto-Spadavecchia)
Si conclude (sempre momentaneamente) l'involontaria (?) trilogia in cinque parti - giacché questo numero è la prosecuzione della tripla e del #44. Ed è un'altra (non) conclusione teatrale. La Volta Nera è infettata da demoni come il "defunto" Aiwass (tornato negli inferi), ma il suo fondatore, Torvald Van Buren, vuole una prova; dunque Hogan allestisce una tragedia shakespeariana rimandando in scena la sua concubina Norma Snow (che qui appare vittima, più che complice). Ed ecco l'ennesima farsa degli equivoci, tra Dick Carr (ovviamente, un po' deus ex machinae) e depistaggi di vario tipo, e sullo sfondo la solita Storia scenografica che non dispiace mai: l'arte piuttosto curata nei dettagli aiuta la ricostruzione immersiva. Ned e Poe appaiono sorpresi da tutto questo, soprattutto il primo, e il loro rapporto si stinge prendendo una piega alla "Mulder e Scully", uno passionale l'altro scettico (infatti il primo viene brevemente posseduto da *qualcosa*, l'altro è già tornato a collaborare col "Morning" di Omaha). Alla fine Hogan (il nuovo Kadosh della Volta Nera) ottiene ciò che vuole e ciò che volevamo noi: che la serie andasse avanti.

Magico Vento #49: Il regolatore (Manfredi/Barbati)
Arte "sporca" nella forma, non nella sostanza, per un filler rilassante (e dobbiamo confessare che ne avevamo bisogno). Classica storia sociale "a tema": qui abbiamo il matto che trova il suo posto tra gli indiani (lo ben accoglie il "contrario" Uccide-Sé-Stesso), ma poi viene perdonato dai genitori redenti. Albo molto scorrevole. Il "regolatore" viene regolato dai villici che ragionano di pancia. Manfredi scherza anche nelle rubriche, dove prima dice che chi non legge non è ignorante, poi parla delle elezioni (e sono quelle del 2000-2001), spiegando, infine, che un buon sistema elettorale sarebbe farsi governare da chi si vuole, secedendosi a piacimento, come facevano gli indiani, solitamente più saggi di noi.

Magico Vento #50: Fango (Manfredi/Ramella)
Arte "sporca" nella forma, non nella sostanza, per un filler rilassante (e dobbiamo confessare che la coppia Barbati-Ramella è meglio unita che separata, ma non è da buttar via neanche così). Classica storia sociale "a tema": qui abbiamo una roba tipo Forrest Gump, con l'indianino corridore che si fa pagare dall'usuraio per aiutare la nonnina, e il negretto corridore orfanello vagabondo ma onesto. La storia inizia a Bismack e finisce a Fargo, quindi rivediamo i cast di entrambe. Nel secondo caso, scopriamo che Alex (#26/27) si è sposata con Arno e ha figliato. Nota interessante, lo speculatore trafficone che fa una brutta fine è l'italiano Sonny Barra.

(2014,2017,2019)

mercoledì 7 ottobre 2020

MARTIN MYSTÈRE (3)

[76-77] IL PICCOLO POPOLO - LA REGINA DEGLI GNOMI (Medda&Serra&Vigna-Castelli/Freghieri) {158 pp.}
Altro soggetto appioppato a Castelli da quei fans che lo assillano da anni: per liberarsene li assumerà senza concorso.
Idea sciocchina copiata da "Ai confini della realtà" versione anni '80, che aveva proposto remakes dei migliori episodi della serie classica, tra cui quello celeberrimo dei gremlins, misti ad altri originali, tra i quali quello sui folletti irlandesi.Castelli non ha la minima idea di come riempire le pagine: il mestiere lo aiuta per metà storia, tenendo alta la suspence; ma una volta introdotti gli gnomi, la serietà non può che andare a farsi benedire, ed ecco Alice e i Puffi. Negli anni 2010 questo metodo di lavoro diventerà lo standard.
Ma qui il mestiere prevale, e la storia antediluviana del piccolo popolo riesce a colpire, grazie soprattutto al pazzesco apporto del disegnatore, alla sua ultima presenza mysteriana ufficiale.
Storia "dalle atmosfere dylaniate" (il ché la dice lunga sull'opinione che aveva Castelli di DD, o forse leggeva solo quelli di Chiaverotti), dunque ripubblicata nell'Oscar Mondadori con i due team-up.
Recagno, grande appassionato di questa vicenda, ne proporrà un breve seguito, altrettanto riuscito.

[rb4] TEMPO ZERO (Castelli/Alessandrini) {10 pp.}
Remake dell'omonimo classico e seguito di "Dreamland", appartiene alla serie parallela realizzata per "Comic Art".
Disegni simpatici. Nell'edizione "Comic Art" il Presidente preso in giro è Bush sr., ma nel 1988 doveva essere ancora il suo predecessore.

[77-78-79] UN ENIGMA DI NOME JASPAR - IL RAGAZZO PRODIGIO (Castelli/Chiarolla) {152 pp.}
Indiscutibile capolavoro. Vortice di rimandi iconografici, letterari, filosofici. In questo è un episodio di MM tra i più esemplari, da studiare e ristudiare. Una miniera inesauribile di spunti, una storia-babele che ha solo la forma di un thriller desueto.
Disegni perfetti, geniali. Questo disegnava i porno svogliatamente, sembra impossibile che sia sempre lui.
Quatermass Price Kaspar Hauser Berlitz Borges Calvino Jung Eco Chomsky Dickens Omen Fruttero e Lucentini, c'è da perdersi.
Vertigine della lista. Enciclopedia dei mysteri. Non sperate di liberarvi di Martin.
È l'equivalente delle inquadrature distorte di Casertano per i "Dylan Dog" di Sclavi.
Come se non bastasse, anche il seguito sarà bello.
Oggi Jaspar è il beniamino di "Get a Life!".

[rb5] NOSTRA SIGNORA DEI FULMINI (Castelli/Alessandrini) {10 pp.}
Svolta epocale: il primo racconto breve turistico-promozionale!
Non solo: è il primo dell'inesauribile filone ferrarese del delta del Po e della salama da sugo. Manca solo Roda/Rodhes.
Molti "Nipoti di Mystère" vengono da qui, ma io sono della cerchia asimoviana di "Morte al varietà".
Disegni divertiti, bella colorazione carica nell'edizione "Comic Art".

[79-80] LA DONNA IMMORTALE - LA MACCHINA INVINCIBILE (Medda&Serra&Vigna/D.Bastianoni) {126 pp.}
I tre lettori che idearono "Il mistero del nuraghe" avvertono l'impellente necessità di riappropriarsi delle loro idee. A Castelli non pare vero poter delegare a dei sottoposti la chiusura di una trama che non gli interessa più: nasce una nuova consuetudine.
Fan fiction da prendere con le molle, è una sorta di "Get a Life" in anticipo sui tempi, un'appendice a storie già scritte, che ha il solo scopo di mettere i puntini sulle i. In questo caso, il clone mancante del "Segreto della grande piramide": però da lì la storia torna a tirare in ballo i muviani e ci riporta in Sardegna, da Bepi Vigna (che finalmente si può sceneggiare), e ufficializza la questione della memoria perduta e delle Madri. Bello vedere Martin ricordarsi le storie vecchie, intrigante (all'epoca) l'idea che gli albi fuoriserie non fossero da considerare tali.
Fanservice evidentissimo (di nuovo Orloff alleato temporaneo), una storia emo che ha dei presupposti (più o meno) e un bel finale, oggi dimenticato (dagli autori ufficiali, quelli di "GaL!" se lo ricordano), col Museo del Cairo in mano agli Uomini in Nero.
Arte altrettanto fanservice, che fa la cover di Claudio Villa e omaggia El Morisco di "Tex".
A posteriori, è diventata l'epocale avventura in cui Martin usa per l'ultima volta l'"arma a raggi". Il perché ce lo spiegherà Cappi nei romanzi (in breve, Martin si rende conto di non essere il cattivo della serie).

[80-81] IL VIRUS ELETTRONICO - SANTA CLAUS 9000 (Castelli/Roi) {108 pp.}
Ancora un lascito de "La vera storia di Babbo Natale" (film che non ho mai visto, ma di cui avevo la vhs, pretesa capricciosamente alla Standa). Castelli lo aveva stroncato su "Eureka" (o proprio sull'Almanacco, non ricordo) e questa ne è la sua versione.
Da bambino avevo anche l'idea che l'informatica fosse una scienza magica, e per Castelli doveva essere lo stesso (ma lui aveva 40 anni).
Storia invecchiatissima, ma ancora arguta, quando Castelli ritiene che i compiuters impigriranno la gente (eccetto lui). 
Sceneggiatura divertita e divertente, di quelle di cui l'autore si pente all'ultimo istante ed etichetta come sogni infantili. La sua versione attuale, che non si pente di nulla, l'ha subito selezionata per l'inserimento nel catalogo Eppol.
Il disegnatore, proveniente dai pornazzi e al tempo già nello staff del rampante "Dylan Dog", è a suo agio anche con una vicenda innocente come questa, e ci regala un meraviglioso calcolatore che ricorda i deliri di Gilliam e Cronenberg (ne rivedremo un remake-omaggio in una storia di "Topolino" di molti anni dopo; lo stesso Roi poi realizzerà il corto "Vamp").
Scene cult: il virus elettronico raccontato come se fosse biologico; i militari nel panico; l'arguta, dotta e meravigliosa storia della famiglia Klaus; i disegni.
Si tratta, comunque, di una storia immaginaria: Martin viene teleportato e si meraviglia di questo; molti anni dopo affronta di nuovo l'argomento e lo ritiene impossibile.
La scenetta iniziale, in cui Martin disegna le donne nude al pc, sarà riciclata nell'edizione Mondadori de "Gli Uomini in Nero", in quanto rispecchia meglio i gusti del pubblico contemporaneo.
Alla fine, cosa c'entra Samuel Klaus con San Nicola? Niente, come si vedrà più avanti.
Nel 1949 Martin desiderava un mappamondo. Il padre non deve averglielo comperato perché terrapiattista. (Quando si dice il caso (?), il primo mystero risolto lo vedeva trovare un mappamondo antico.)

[Almanacco 1989] LA SCINTILLA (Castelli/Della Monica) {70 pp.}
Finta strenna, anzi, fanta strenna (il titolo di un Urania): bel racconto di fantascienza sociale e alternativa. L'isola "senza morte" e i cargo cult ce li ricordiamo tutti.
Unica comparsata dell'artista, subito spedito a "Tex". Gli è andata bene.
Il dossier è il più geniale di tutti: "Dal big bang all'anno zero", con la Storia Alternativa del mondo. E così sappiamo perché non è semplice trovarlo all'usato: pare che, da allora, un misterioso collezionista newyorkese faccia incetta di tutte le copie in circolazione.
Memorabile anche la recensione del "Pendolo di Foucault" nella sezione "Attualità" (mi piace attribuirla a Medda).
Nella storia agisce il nipote dell'Uomo in Nero Sullivan, ma la storia è da considerarsi immaginaria (per evidenziarlo, Castelli ha realizzato appositi prologo-epilogo in cui il titolare della testata è vecchio e muore agonizzante).
Nella ristampa su "MM Extra" sono state tagliate le due tavole iniziali con le date e gli orari di nascita della Terra e delle specie animali (evidentemente Cicap è riuscito a salvare la propria copia dalle grinfie del misterioso acquirente).

[81-82-83] LA PIRAMIDE SOMMERSA - IL CANTO DELLA SIRENA - IL GIORNO DEI DELFINI (Ottonello-Castelli/Bignotti) {192 pp.}
Soggetto evidentemente modificato. Il prologo diventa un omaggio alle prime storie della serie e un saluto a Von Hansen, personaggio che Castelli non intendeva più utilizzare (poco dopo la tavola rotonda organizzata assieme e annunciata in un vecchio numero, Von Hagen era morto). Per l'occasione, Martin si presta ad interpretare nuovamente la parte dell'alternativo dalla mentalità aperta.
Il resto è una vicenda vacanziera - Bahamas, Miami, Grecia - in cui Castelli si fa una vita e chiosa un paio di questioni rimaste aperte del vecchio filone "subbacuo" (il laboratorio cretese), cominciando a punzecchiare Diana per farla sembrare un personaggio.
Disegni azzeccatissimi, sembra proprio di stare al mare. Forse qualche primo piano riaggiustato in sede? O forse no.
Prima menzione per Oduarpa, e forse la prima (?) apparizione di una Donna in Nero, con Martin che trasecola, stupefatto. Gli piaceva tanto.
"Ho la netta impressione che mi stia sfuggendo qualcosa". "Sì, Mystère. La vita. Vi sta sfuggendo la vita".
Solo dopo si rende conto di essere partito per un altro continente sulla base dell'opinione di una tizia conosciuta da poco.
Dal baccalà all'uomo-pesce, le storie di Martin e Brend scorrono parallele. La seconda, però, è narrata con piglio tragico, come ai tempi del vampiro, e colpisce.
Esordio di Patsy, che dà del "crapulone" al lettore e fa lo spiegone/retcon di Atlantide ("75000 anni fa", "Ruta e Daytia", "effetto serra").
Insomma, tutte 'ste povere bestie stanno in Romania, adesso?
Altrove ha il sonar di Patsy.
Finale mozzafiato-aperto, con Brend-pesce in fuga. Castelli se ne vergognerà.
Anni dopo, Martin avrà la nomea di fumetto colto e verboso, ma tutti ricorderanno la storia del delfino parlante.
"Lazarus Ledd" la rifarà a modo suo.

[83-84] ZONA X - ASSURDI UNIVERSI (Castelli/Bagnoli) {120 pp.}
Capolavoro o giù di lì che, in prima lettura, mi lasciò trasecolante e stupefatto come Martin a Creta. 
"Qui si parrà la tua nobilitate", dice Jerry, che non è lo zoticone che vedremo al college nelle retcon per giovani postmoderni.
I racconti sono solo due, ma che racconti. Non ne ho ancora rintracciato le ispirazioni. Anche se "31 Dicembre 1899" mi ricorda qualcosa, ma non so cosa. "Ipse dixit" è davvero geniale. Troppo.
Scene cult: Zichichi, Rubbia, la bistecca, il vaso. Che ansia.
Martin non ricorda "Notturno" di Asimov.    
Ristampato a puntatine nel Maxi Zona X con la storia prequel.
La scena della bistecca dà una sensazione di calduccio famigliare come poche altre. "Questo è proprio il fumetto che fa per me", pensai, mentre mia madre chiamava, ché la cena era pronta, e mio padre tardava su Windows 2000. Gli sceneggiatori odierni non sanno creare empatia né situazioni in cui ci si possa immedesimare.
Dicevamo che i racconti sono solo due, perché Castelli aveva già deciso di fare lo spin-off, e si teneva gli altri da parte. 

[85-86] I MISTERI DI LONDRA - LA TERRA CHE NON C'È (Castelli-Pennacchioli/Cimpellin) {188 pp.}
E ancora un Classico dell'aneddotica, il preferito dei sardi, da rileggere e ricordare con nostalgia all'ospizio.
Il robottino che Castelli aveva per davvero, ma soprattutto l'aneddoto della strada sbagliata e della piazzetta mai vista. A me capita quasi ogni giorno. Come dicevo, gli autori di oggi non sono minimamente in grado di ideare situazioni in cui il lettore può ritrovarsi.
"Chi è il misterioso personaggio a cui si riferisce Martin Mystère?". Viene da piangere.
"Babbo Natale l'ho conosciuto qualche mese fa. Spero di conoscere presto anche Pinocchio..". Infatti nel '94 abiterà in Italia.
Mistero faceto, ma abbastanza geniale. Il finale non è importante, infatti lo sceneggia un sottoposto.
La retcon di Recagno sarà migliorativa, o comunque non peggiorativa.
Oltre agli Aristocratici c'è l'ispettore Bloch, ma il lettore deve accorgersene da solo.
Molte le scene comiche, per via dell'artista. Basti dire che Martin sequestra un uomo di colore.
L'artista, tuttavia, faceva anche i pornazzi, e infatti Peter Pan (bambino) fa proposte sconce a Diana.

[Speciale 6] NEW ATLANTIS (Castelli/Alessandrini) {128 pp.}
Capolavoro.
Con un finale apparentemente più sbrigativo, rispetto agli altri Special, o forse è soltanto umoristico.
Fino a pagina 120 circa si viene tramortiti da tonnellate di nozioni, spunti, suggerimenti, stimoli, ad ogni pagina.
Memorabile incipit col ritrovamento della tomba di Scespir da parte di Dee e Kelly redivivi (ancora cattivi).
Gente che grida "Caliban" come se dicesse "Balabù".
"Caliban" è l'anagramma di "Ilcaban", che assomiglia a "Vilcabamba". Tipica elucubrazione da water.
Il lettore deve decifrare il codice di Bacone, ma Martin ha sbagliato a scrivere. Allora nella ristampa Recagno, vestito da Star Trek, lo corregge. Adorabile.
Dialoghi da manuale, con gestione esemplare dei tempi comici. Da antologia il carismatico monologo di Tower.
"Altrove" è ancora una didascalia, ma inizia il tormentone dei vetri oscurati. 
Tower è presentato di nascosto, come un cattivo. Siede con le gambe accavallate. Una scelta stilistica che verrà riproposta anche l'anno seguente (CTRL+C).
"I sostenitori dell'ipotesi extraterrestre, con i quali non sono mai andato d'accordo", dice con sicumera il titolare di testata.
Durante la conversazione con Tower, però, sembra ancora lucido.
Tuttavia, prima aveva rammentato la civiltà di Tunguska solo per specificarne l'estraneità ai fatti (su quali basi, poi? boh).
Umberto Volpini è un collega di Castelli.
Il tizio con gli occhiali che va a prendere Martin è Brody?
Nella sezione "Nuova Atlantide" lavora Decio Canzio (ci sembra lui).
Nell'agosto 2006 doveva finire il mondo. Infatti all'uscita di "Oggi, domani e ieri" speravo in un inside joke (povero piccino).
Divertente confrontare il "NY Times" fasullo e quello vero. Al posto di "USA-USSR together to save the world" c'è "Mexican and a Kenyan triumph in the Heat". 
Disegni dal doppio stile, vecchio e nuovo: forse l'albo è stato pubblicato in ritardo rispetto all'originale concepimento (da qui anche il finale).
Da tutto questo Recagno trarrà una trilogia pazzesca.
"Extraterrestri e UFO" mi piacque moltissimo. Invece un libro sul Progetto Blue Book, che raccontava le stesse cose, mi annoiò terribilmente. Alla fine ho rimosso entrambi.

[87-88] L'UOMO DELLE NEVI (Prosperi/Tuis) {129 pp.}
Si conclude circolarmente l'era Prosperi, con l'upgrade della sua storia d'esordio.
I sasquatch erano yeti clandestini, gli yeti sono marziani, no, atlantidei emigranti mutati. Quindi i sasquatch sono migranti clandestini mutati. Risorse infette che sputazzano. Un panegirico tanto assurdo quanto affascinante, divenuto di culto.
Disegni piacevolmente vintage, per una vicenda in cui si ripetono, a mo' di saluto, situazioni tipiche dei primi numeri: Diana idiotamente gelosa (peraltro si ostina a insultare autisticamente Sarah Hunt chiamandola "orfanella"), l'ennesimo ritorno in Cina, gli animali giganti/allucinazioni/ologrammi, una Donna in Nero. Alla fine Martin non può che dire: "Atlantide! Ancora Atlantide..". Il bestemmione lo deve aggiungere il lettore.
Diana conosce "The Spirit" (scelta azzeccata, a Castelli piaceva). 
Martin considera "Star Trek" un "film".
Le ultime pagine sono un'aggiunta posticcia, per tirare la foliazione e far litigare i fidanzatini in vista della storia successiva (ma ai newyorkesi basta andare a Parigi per fare subito pace).
La vicenda di Kenneth Westland e degli Incas volanti non ci è mai stata raccontata. Qualcuno lo dica a Cappi.
Prologo altrettanto posticcio, la storia doveva uscire qualche mese prima. Da antologia lo svarione - poi corretto nella ristampa - su piazza Tienanmen, dove tutto sembra filato liscio (insomma, avesse mai azzeccato una previsione, questo fumetto).
La storia dell'esercito di terracotta è più volte menzionata come lasciapassare.
Ultima apparizione per Nat Shapiro e Sarah Hunt. Mi mancano.
Uno degli episodi più riusciti di "Get a Life!" sarà il prologo di questa avventura.

[88-89-90] LA SETTA DEGLI ASSASSINI - IL SEGRETO DEI TEMPLARI (Ottonello*-Castelli/Roi) [*non accr.] {188 pp.}
Capolavoro che vale doppio, in quanto tratto da una sinossi che sembra presa dal "Topolino Libretto" coevo, pubblicato giusto in tempo per contrastare "L'ultima crociata" (appena uscito negli USA).
Tutta la parte del tizio che non riesce a dormire e degli analfabeti funzionali che ascoltano sempre la musica a tutto volume è spaventosamente attuale, ma è evidentemente un inserto estraneo al ciclo cavalleresco.
Ma qui sta il genio di questo quarantenne, elegantemente vestito, dalla casa ricca di souvenirs: nella sua capacità di connettere elementi estranei ed amalgamarli con il mestiere acquisito in tanti anni di carriera. La biblioteca di Babele mentale, di cui parlava nel libretto "Come si diventa autori di fumetti".
Il calice assomiglia ad un amplificatore: basta metterci un allineamento cosmico, e la minaccia è servita. Il Graal è anche Pietra, quindi Monolite, quindi Martin ritorna feto, come in quel film (dove il monolite era pure amplificatore), e l'esperienza gli è fondamentale per cogliere meglio qual è il suo ruolo cosmogonico (per Cappi non sarà abbastanza, e dovrà aggiungerne un'altra, salvo poi ripartire proprio da qui). Ecco dunque la continuity, "Il presagio", Kut Humi, Orloff (una particina), il Graal che viene trovato, ma no, ce ne sono altri, un serial che sembra finire, ma no, la Cerca è ancora lunga.
Ma questo si può trovare anche in "Indiana Jones", e allora ecco nozioni su nozioni, e dialoghi adulti, per persone adulte.
Non è importante che tutta la storia del Vitriol e delle cattedrali non sia un'invenzione di Castelli, è importante che sia appassionante.
Non è ben chiaro quale sia il ruolo di Ottonello in tutto questo: forse Re Mida, forse "Ruud Payns", forse ha prestato a Castelli "Il Pendolo di Foucault". D'altronde è menzionato soltanto nella bozza caricata dalla fu mailing list.
Sì, Re Mida. Aveva un Graal. Non lo sapevate? Non siete gli unici. Nemmeno gli autori di MM lo sanno.
Disegni di Roi suggestivi, talora ricordano inquietantemente Bagnoli. Giustamente scelto per via dello schizoide complessato, di matrice chiaverottesca. 
Chiaverottesca, ma guardate com'è scritto il dialogo iniziale tra Martin e Travis. Brividi. Ed è il dialogo dove si menziona Jim!
Terza apparizione per Charlier. Martin non gli porta rancore da un pezzo, perché - come non manca di ricordare - "ha saputo riconoscere i suoi errori". 
Sir Galeotto? Forse Bernardo voleva dire Galahad.
Martin risolve un enigma di sua sponte soltanto sotto tortura. 
Alla fine Travis gli crede senza battere ciglio. Perché? Lo abbiamo raccontato su "Get a Life!". Forse.
Ma insomma, questa storia parte dalla presa in giro di MTV e arriva alla Guerra Santa. Rendiamoci conto. 
Comunque, lo dicevo io che non potevano essere 14 tra Graal e Pietre. Cappi mi darà ragione. 
Maitre Jacques lo reincontreremo nel seguito spirituale di questa vicenda, mentre il tizio cui accenna Kut Humi sarà nel seguito materiale. Nel seguito viadimezzo rivedremo, invece, una sequenza riciclata. Diana rapita a morte? In varie storie, e via di seguito. 

[90-91-92] IL CUORE DI CHRISTOPHER - SONNO MORTALE (Chiaverotti/G.-G.Cassaro) {171 pp.}
Storico esordio di un tizio qualunque: dopo i sardi, Castelli ha di nuovo modo di fare la Storia del fumetto italiano.
L'autore esordisce contemporaneamente su "Dylan Dog", con un mostriciattolo assassino che molesta le ragazzine. Ecco un cross-over nascosto cui non abbiamo mai dato peso.
Episodio che tocca argomenti interessanti e indubbiamente mysterian-castelliani, il potere della mente e dei sogni, i sogni nella Storia, i burattini nella Storia. La mente corre all'indimenticabile reportage di Castelli onironauta fai-da-te pubblicato nel n.42.
Uno dei pregi del vecchio MM era la capacità di trasportare il lettore a New York. Questa storia vi riesce. Rivediamo il ristorante "Windows of the world" sulla Torre 2 (dove c'è ancora Castelli), Broadway, le viuzze sporche e tutto quanto, durante la spensierata gita della famiglia Mystère sfuggita ai vari omicidi.
E basta, non so che altro scrivere per farla sembrare una storia accettabile.
Splendida copertina del n.90. Chucky è inquietante anche nel fumetto.
Il film è del 1988 e già lo plagiano!
Episodio divenuto memorabile per la presenza di Monique, la nipote di Diana proveniente da Vancouver. Ma Diana è figlia unica, come si scoprirà più avanti. Anziché optare per una nipote adottiva, la redazione la trasforma in "cugina" nella ristampa (e quando chiama Diana "zia" cosa dice? Fatemelo sapere nei commenti).
Avevo ideato una storiella che spiegava questa e altre ret-con, ma lo staff di "Get a Life!" me l'ha bocciata e ne ha proposto la sua versione. Ma neanche loro hanno potuto nulla dinanzi ai parenti londinesi introdotti da Lotti di recente. Ha-ha.
Come tutti hanno notato, anche la compagna di Orloff si chiamerà Monique. Sclavi ne conosceva due, evidentemente le stesse che conosceva anche Castelli.
Martin ha un amico all'Istitute of Parapsycological Researches, che gli presta il Dreams Controller. 
Finale molto avanti: il cattivo è un ricercatore precario, che ha inventato con un amico il Silletca, chiamato così perché è l'anagramma di Aste Cill. Sti Cella. Steli Cla. Salce Lit.
Martin gli domanda come possa egli essere a conoscenza di informazioni note solo a pochi, ma il tizio gli dice di non rompere. Per una volta che faceva una domanda corretta.
Sempre Martin si danna l'animo per sconfiggere il pupazzo, perché, mannaggia, da pochi mesi non usa più l'arma a raggi.
Ma, attenzione!, se la ricorda! Quindi "Xanadu" è sbagliato. Colpo di scena!

[92-93] CACCIA ALLA STREGA (Pennacchioli/P.Rinaldi-Bignotti*) [*non accr.] {128 pp.}
Riempitivo anni '90 in anticipo, scopiazzatore-citazionista (o citatore-scopiazzista), dai disegni simpatici, anche se davvero kitsch (ma mi è sfuggito l'intervento di Bignotti. Vabbè, tanto sono morti entrambi).
All'inizio Martin scrive un articolo riempitivo ("Il drago e la principessa"), che parla di quanto sono cattive le persone. Nella storia dopo, è amico di Trump.
E quindi anche il prosieguo è riempitivo, ed è la terza volta che lo scrivo. La metanarrativa è così, una tira l'altra.
La bambina è una mutante, ma si comporta come una esper. 
I villici sono leghisti, ma c'è Claremont, quindi è un omaggio.
Diana stacca la spina al mac, quando Martin non aveva salvato il file: che strega. 
Il tizio che lo spia nei romanzi di Cappi ha dunque perso il contatto per un momento?
Che fine fanno questi personaggi? Non lo abbiamo mai saputo: speriamo che duri. 

[Almanacco 1990] CONDOMINIUM, OVVERO COME DONALD TRUMP SALVO' LA TERRA (Castelli/Crivello) {80 pp.}
Capolavoro del kitsch (quello vero), un soggetto tra i più puerili trasformato in una sceneggiatura simpatica e vagamente mozzafiato.
Ritornato in voga per i noti motivi, almeno finché gli italiani non sono rientrati in casa e non hanno scordato tutto.
Gli americani, invece, non l'avevano mai letto prima, e non lo hanno fatto neanche dopo.
Martin viene sfrattato (dal suo amico) e la sua reazione è sedersi sul sofà a leggere le inserzioni, su ordine di Diana, mentre Travis lo sfotte. Davvero carismatico. Chissà perché con gli Uomini in Nero si è lasciato andare.
Però quando legge l'annuncio convieniente, si fionda sul telefono.
Maggie Thatcher, George Bush, Gheddafi. Nella ristampa diventano Hillary Clinton, Boris Eltsin e boh.
Lo Squinz è Pluto punk. Casty vi si ispirerà per il Buz Pappapianeti. Oppure no.
Gli alieni sono Xyrbiani. Su PKNA sono Xerbiani.
Scene cult: Martin esperto di packaging (come tutti i Nipoti); due più due uguale...?; il pianeta condominio, MYSTERE FLIPS OUT!, "anche per il detective dell'impossibile la fantasia ha avuto il sopravvento sulla realtà".
Ecco perché Martin non annuncia mai al mondo i mysteri svelati: lo ha fatto qui ed è stato preso in giro.
Nell'introduzione nozionistica, Castelli può finalmente menzionare l'Apocalisse.
Dossier simpatico, sebbene invecchiato, come tutti i libri di profezie.
Il disegnatore - alla unica apparizione - disegna un alieno generico come un Kundinga e l'avatar dell'alieno come il Lando dei pornazzi.
Pure io voglio cambiare casa, ma non riesco (ma non perché in realtà non voglio).

[93-94] UNA STORIA DI NATALE - CONTO ALLA ROVESCIA (Castelli/Vercelli) {116 pp.}
Capolavoro. Fiaba natalizia con tutti i crismi, sembra un film della Disney. L'Avventura dietro l'angolo di casa, il giocattolo a molla, la viuzza sbagliata, eccetera. 
Ansiogene sequenze mute di un neonato che gira per la città, lavoro pazzesco dell'artista. Quello vicino a casa mia invece strepita e sta sempre a casa (ed è stupido).
Declino degli anni 1980, che stanno per diventare qualcos'altro, e dovremmo esserne contenti, allora perché ci immalinconiamo?
Diana cambia look ad ogni storia, adesso non è più sbarazzina. Martin piange e fa il vecchietto (che arte!).
Manny Gould è Asimov?
A un certo punto Castelli si ricorda di aver ideato Mister Jinx e fa un panino con prologo-epilogo in continuity. Ma non lo dice (sennò non sarebbe Castelli, ma un tizio qualunque) e così il lettore deve ricordare da solo chi è Rockford. 
Invece Hitchcock è lì per fare scena. Castelli deve aver buttato un occhio distratto alla sceneggiatura della storia a lui dedicata, forse coeva o giacente nel mac.
Oppure è andata diversamente? Voleva far resuscitare Jinx, ma non sapeva come, e questa idea gli è parsa più adatta ad una fiaba.
A sorpresa, la malinconica vicenda di Manny avrà un seguito, ancora più malinconico.

[94-95-96] RONCISVALLE - LA VITA SEGRETA DI SERGEJ ORLOFF - ORLANDO IL PALADINO (Castelli/Esposito Bros.) {208 pp.}
Capolavoro da top five, perno fondamentale di tutta la serie, forse l'ortocentro.
È la summa del mystero dei tardi anni 1980... e di tutti i 1990, perché tutto quel che viene dopo parte da qui.
Scene cult: tutte. 
È il terzo mystero italiano, ma il primo affrontato come tale, con tutte le leggende locali elencate fino ad ingozzarci. Ed è l'esordio ufficiale di Robert Rhodes (senza salama).
Vengono tirate le fila di tutte le nuove trame, da "Il presagio" a "La Setta degli Assassini", con l'aggiunta della "Spada di Re Artù", di cui questa storia è un remake migliorativo. Ma c'è spazio anche per "Viaggio nel futuro", "Nostra Terra dei mysteri", e una dida rimanda all'albo "Il cuore di Christopher", cosa che ci fa ridere perché non è errata.
Memorabile cliffhanger al termine del primo mozzico-puntata: da chi è andato Martin Mystère, in Svizzera? La preview dell'albo dopo suggerisce una ipotesi.
Retcon di Sergej Orloff, che scopriamo avere una vita pseudonormale, e quindi non è Gambadilegno, ma Eli Squick. Il cinegiornale della sua vita diventa subito leggenda.
Suggestivo il prologo, che sembra (è) una vacanzetta, e poi c'è uno stacco, e sembra la fine del mondo.
Altrettanto memorabili sono il Pwyll cibernetico, l'ordine dei neodruidi (ripescato da Recagno di recente) e Martin che torna ad Avalon e lo sottolinea, stizzito. 
Tutta la storia è da antologia, non solo lo spiegone di Merlino.
Esordio ufficiale dei doni dei Tathua De Danaan, prima menzione ufficiale della suddivisione dei Graal (solo dei Graal), prima allusione (non ufficiale) all'orizzonte degli eventi: l'atarassia lunare, che Martin definisce "l'inferno". 
Castelli insulta i western. 
Secondo Martin, Merlino è quello di Walt Disney, e lui conferma. In realtà è quello di John Boorman.
I cerchi nel grano sono foruncoli e "Il pendolo di Foucault" viene espressamente tirato in ballo per la questione dell'agopuntura (poi ci si domanderà perché Eco preferisse DD a MM).
Lo spiegone galattico, già di per sé entusiasmante, termina con un colpo di scena magistrale, se non altro per come è gestito, con questo amabile nonnino che diventa uno stregone sclerotico e rugoso.
Da sottolineare come la questione di Merlino-Morgana non sia espressamente definita, e di come non lo sarà per molti anni, costringendo il lettore a documentarsi da solo.
Cernunnos cosa c'entra? Nulla, suppongo.
Morgana si traveste da ruspa, perché è salviniana. O perché è una storia ecologista?
Martin non renderà mai il favore a Orloff, specialmente dopo che questi è scomparso, cosa di cui Martin dovrebbe prima rammentarsi.
Arte esordiente, ma già in palla. Non è precisissima, i lineamenti dei protagonisti sono un po' ondivaghi, ma l'effetto complessivo è suggestivo.
Merlino preannuncia l'episodio "Il tesoro di Mosè", ma il nome ricorda il cane di Lupo Alberto, quindi sarà cambiato.
"Carlo Magno, re di Spagna, va nell'acqua e non si bagna, va nel fuoco e poi si lancia, Carlo Magno re di Francia."

[97-98] MUTANTI - HOLOCAUST 1990 (Pennacchioli/Chiarolla-Pepe*) [*non accr.] {157 pp.}  
Riempitivo in continuity, che Castelli furbescamente connette alla vicenda della strega esper ("abbiamo costituito un'associazione di mutuo soccorso", certo).
Arte magistrale, personaggi espressivi fino al parossismo. Ma le prime due vignette della seconda puntata sono verosimilmente di Pepe.
Il primo albo presenta diverse note comiche, nonostante il tema scottante.
Sempre bello rivedere il vero Martin, quello che gli dici "vestiti di nero" e pensa agli Uomini in Nero, gli dici "Londra" e si ricorda la storia relativa.
Nota di continuity rimossa: Martin telefona (fuori scena) al suo amico misterioso londinese, in un altro tie-in del team-up. Ops. Spoiler.
Altra nota di continuity rimossa: la Guerra senza Tempo tra Lemuria e Arya. Boh.
La storia inizia che Martin e Diana fanno il giro del mondo, e a Diana Tokyo non piace, ma è sempre meglio delle cascate del Niagara.
Ma la scena cult è, inopinatamente, quella del Palazzo di Vetro dell'ONU, con i numeri sulle giacche visibili solo da certi occhiali. Geniale (probabilmente copiato, ma il genio rimane).
Recagno farà la retcon di Elephant Man solo per omaggiare il film.

[98-99] ORRORE A KARNAK - LA PIRAMIDE NERA (Chiaverotti/Bagnoli) {125 pp.}
Arte tonitruante, ipnotica, pervasa dal fascino dei "fumetti di una volta", al servizio di una fan fiction delirante, priva di senso, tipica dell'esordiente che vuole strafare, eppure costellata di sequenze trash a cui non si può non volere bene.
Già soltanto la prima puntatina-spezzone, la spedizione topolinesca in Egitto raccontata con le dide in stampatello maiuscolo, rimane impressa. 
Ma ecco poi la minacciona vecchio stile, l'ultimo saluto agli anni 1980, la piramide nera che emerge dal deserto, e poi vola, e finisce al Polo Sud (longitudine zero!), e allora ecco Bush e Gorbacioff e Tower (disegnato strano), e quel tizio della "Pista di Nazca" che chiede se ci si ricorda di lui, e Martin gli risponde "mi venisse..!". 
Quindi l'egiziano ibernato nel coso di Atlantide e l'arma di Atlantide che spegne il sole. 
Martin lo sconfigge con l'accendino, ma non ci crede nemmeno lui: è stato tutto un sogno? Il professore che si taglia la gola però è indimenticabile.
"Sembrava che il mondo dovesse finire per colpa del caldo, e invece...". Che burla.
Questa tipologia di avventure affascinerà molto anche il grande Morales (suo è il remake al Polo Nord).
Non bastasse tutto questo, questa storia è un unicum mysteriano: al suo interno, tra una puntata e l'altra, si svolgono gli eventi di "Ultimatum a New York". La prima volta di Altrove-bis.
Comunque Chiaverotti era bravo nel gestire le scenette famigliari, vedi la cena al ristorante. O gliele riscrivevano? 

[Speciale 7] ULTIMATUM A NEW YORK (Castelli/Alessandrini) {128 pp.}
Forse, in un paio di occasioni, ho lasciato trapelare come gli esper non siano esattamente la mia prima passione. Com'è possibile, dunque, che abbia sempre ritenuto, e tutt'ora ritenga, questo episodio un indiscutibile capolavoro, un manuale di testo e disegno, di montaggio, di gestione dell'intreccio, di suspence, di umorismo, e via dicendo? 
Non solo: a suo tempo mi piacque tantissimo anche il Dizionario "ESP", era addirittura il mio preferito. Questo, però, l'ho rimosso. (Un giorno dovrò rileggerli tutti.)
Fumetto magistrale, interamente di culto. L'onironautica realistica, il complotto dell'invivibilità (sempiterno), Alfredo, il primo scontro Diana-Angie, l'esordio di Rogers, il Taverns of the Green, Tower oscurato (di nuovo), il politico bigotto e i progressisti cospiratori, il colpo di scena di Mister Mind.
Ma dov'è Mandraki ("La diabolica invenzione")? Peraltro Mysto è uguale. 
Carrie è quella Carrie?
C'è stato un tempo in cui ritenevo Corpus Christi un'invenzione di Castelli.
L'episodio si svolge fra una puntata e l'altra di "Orrore a Karnak", nell'unico cross-over interno esplicito della serie. Geniale la scena di raccordo.
Angie: "Martin... ma ti rendi conto? Ci stanno manovrando come burattini!"
L'assistente di Tower è indubbiamente Stanley. 
Il sindaco di NY assomiglia a Lovecraft biondo, ma nella realtà era afroamericano! Uaituoscing!
"Il populismo del nostro sindaco sta superando ogni limite". Chissà chi lo dice.
Chi ha dato lo schiaffo a Java?
"Usate la scheda telefonica". 
Purtroppo Mister Mind è tornato altre due volte.

[100] DI TUTTI I COLORI! (Castelli/Alessandrini/ col. Laura Battaglia) *a colori* {94 pp.}
Uno degli albi Bonelli più famosi di sempre. 
La sequenza più amata, generalmente, è la terza. Mi faccio vanto di aver scritto una prefazione a tema Barks-Rosa-Castelli-Chendi, in cui svelo le segrete origini del "Mistero degli Incas" barksiano.
Ma non è solo un omaggio vezzoso, è un delirio umoristico affascinante, con Carlos Gardel e i film psichedelici dei Beatles. Voglio dire, anche in questa storiella viene risolto un mystero, anzi due.
Ma mi sia consentito dire che le mie preferite sono le altre due storielle. 
La prima è geniale, mi chiedo da dove sia stata copiata. Arancio, azzurro e bianco. Non ho mai visto il cortometraggio che ne è stato tratto. 
La seconda è una di quelle perversioni che hanno reso celebre Castelli tra gli occultisti. Tra il 288 e il 289 della scala Pantone.
Recagno farà una retcon di Spektor, e lo farà in un albo che a parer mio sarà un ottimo complemento di questo.

mercoledì 23 settembre 2020

MARTIN MYSTÈRE (2)

[51-52] SETTE UOMINI VENUTI DAL NULLA - LA FOLLIA DI MARTIN MYSTÈRE (Sclavi/Ricci) {98 pp.}
Capolavoro della suspence e del disegno, un portfolio di vignettone e tavole spettacolari, per un'avventura apocrifa, totalmente fuori continuity e immaginaria, dal ritmo sincopato e ricco di sense of wonder, pur essendo di ambientazione interamente urbana.
Mysterianamente parlando, è vuota, i mysteri sono inventati, e di azzeccato ha solo i personaggi, soprattutto i comprimari (Java e Travis).
Però è una lettura trascinante e travolgente, un "Twilight Zone" fuori di testa, un Urania di quelli più scombinati ("La bottega del cosaio" di Bradbury, da "Terra incognita"; in seguito, Safarà).
E corrobora l'attribuzione sclaviana della "Sfera di cristallo".
"Se questo è il riempitivo" (vedi foliazione), "figuriamoci com'è il resto".
In cambio di questa storia, Castelli farà un "Dylan Dog" con Roi. Chi ci ha guadagnato?

[Speciale 3] IL SEGRETO DELLA GRANDE PIRAMIDE (Castelli/Alessandrini) {112 pp.}
Capolavoro, la risposta (quasi) definitiva a "Indiana Jones", la dimostrazione di come avventura, cultura e umorismo (o azione, avventura e atette) possano integrarsi alla perfezione anche con un budget limitato.
Le prime quaranta pagine sono occupate da "Progetto Governativo", una roba che "X-Files" fa sorridere: la prima volta le ho divorate sotto ipnosi. Che peccato sapere che erano finte! Ma alla fine ecco il colpo di genio: Martin aveva risolto il mystero in anticipo.
Remake de "I ragazzi venuti dal Brasile" al punto da renderlo irriconoscibile.
Com'è passato il tempo da "La stirpe maledetta"! A questo punto la serie è rodatissima e autosufficiente.
Dialoghi spumeggianti e mystero fondamentale.
Strano ma vero, "Guida di Atlantide" non mi ha mai attirato. Quando me lo sono procurato, avevo già letto tre-quattro libri sul tema, tra cui un bigino approfonditissimo su tutti i continenti perduti.

[52-53-54] IL CASTELLO DEGLI ORRORI - FRANKENSTEIN 1986 (Castelli/Bagnoli) {162 pp.}
Capolavoro gotico, illustrato con incisioni dal fascino sempiterno da un'artista che all'epoca aveva già quarant'anni di carriera sul groppone (!), ma che era stato capace di reinventarsi con uno stile contemporaneamente fotorealista e astratto, dove personaggi e ambientazioni sono impressi ma appaiono tridimensionali.
Castelli gli cuce su misura un episodio grottesco e orrorifico, riprendendo per l'occasione una delle sue prime fissazioni (vedi il "Molok" per "Zagor") e riplasmandola in una sorta di versione definitiva.
Scene cult: il circolo Shelley-Byron; i capezzoli con le ciglia; Koralle Verlag e Alan Dark (con due "l"); la gita turistica; "il vampiro e l'uomo lupo li ho già incontrati"; le dida trasecolanti ("William Dippel?").
La storia e gloria della dinastia Dippel è tanto suggestiva da essere ritornata "a sorpresa" in uno spin-off di Recagno.
Di recente questo Classico è riapparso, cornuto e mazziato, in ristampa su "Zona X" a pure finalità commerciali.
Il remake NAC non lo conosco, ma può essere solo inferiore.

[rb2] INVASIONE ELETTRONICA (Castelli/Casertano) {9 pp.}
Prima versione di "Fantasmi a Manhattan". Ma Giorgio Pezzin era comunque arrivato prima ("Paperino e la video-invasione").
Chissà da chi viene l'idea originale. Associare istintivamente "Tron"+"Wargames"+"Giochi stellari" non è da tutti.
La versione ufficiale è più entusiasmante, sebbene questa contenga quasi tutti i punti forti del plot, compreso l'omino bianco.
È il "caso di poltergeist" affrontato durante "La morsa bianca"? Ho sempre avuto questa impressione.

[54-55] RITORNO A LILLIPUT (Prosperi/Chiarolla) {97 pp.}
Classico suo malgrado, e malgrado i lettori perbenisti: è l'unica storia di Prosperi ad arrivare ad un livello tale di grezzume, ma per loro sono tutte così.
Soggetto infantile, senza un vero scopo, cui Castelli prova disperatamente a mettere una pezza nell'ultimissima pagina (ammesso che non ne abbia tagliate altre).
Astronavi di plastica, alieni idioti qualunque, attualità un tanto al chilo (l'Ira): è una storia di oggi.
Nessuno se lo ricorda, ma vi agisce addirittura Sergej Orloff, che alla fine salta in aria con la macchina, disintegrato. AHAH.
Eppure è tutto così divertente che non si riesce ad arrabbiarsi (come invece accade con le storie odierne, che sono pure noiose, oltre che deprimenti). Il merito va anche e soprattutto all'ennesimo artista geniale al suo esordio, capace di rendere espressivi i cavalli (infatti finirà su "Zagor"; non su "Tex", perché gli zagoriani integralisti lo stroncheranno).
Scene cult: la terrorista isterica; Sergej Orloff che tampona il cavallo; gli scagnozzi stupidi di Orloff; gli alieni che sembrano minacciosi ma si cacano sotto quando arrivano i cavalli telepati (isterici pure loro).
AMYS ha ampiamente rilanciato questo nocumento storico, spiegandolo nel dettaglio e dandogli un senso.

[55-56] IL TESORO DELLE SETTE CITTÀ (Ottonello*-Castelli/G.-G.Cassaro) [*non accr.] {123 pp.}
Paccottiglia fai-da-te, i misteri mediorientali mischiati con la scoperta dell'America.
C'è Colombo, quindi il mystero è già svelato, i flashback ne raccontano origine e svolgimento.
È la storia più brutta secondo Castelli stesso, qualche anno dopo; infatti sarà l'oggetto della sua retcon più sontuosa.
Ad essere pignoli non è una storia vera e propria, è il prologo di due-tre storie differenti, delle quali ce ne sarà raccontata solo una. Da tempo sogno di riprendere la faccenda di Quivera e di Aladino (ma ci rendiamo conto della connessione?).
Tutta la sequenza finale si scoprirà essere un'allucinazione. Sì, come no.
Personalmente adoro questa chincaglieria, è la mia preferita tra le storielle sfigate. Una inebriante gita domenicale.
Ottonello (di già?) viene dall'Indice Analitico "revisionato" e parcheggiato nella Mailing List 'BVZM'.
Scene cult: la parata; NY anni 1980; "Zoccolo di diavolo"; Piri Reis senza complessi cicapisti; i cloisters; l'incidente stradale (già il secondo).  

[56-57-58] MAGIA AFRICANA - IL RISVEGLIO DEL DINOSAURO - LA VALLE PERDUTA (Castelli/Tuis) {226 pp.}
Classicone dell'Avventura anni 1980, eppure alzi la mano chi ne rammenta i dettagli. Nessuno, come immaginavo.
A parte la teoria della gravità e la presenza di Beverly, il resto finisce per passare in secondo piano, essendo quasi tutto riempitivo.
Ma è da riscoprire, questo Special non Special, zeppo di gag e vignette-meme, e dove Beverly è uguale a Angie e fa i balletti nuda come Angie (in mezzo ai negroni). Peraltro lei è la cosa meglio disegnata, gnocchissima, mentre gli altri a volte sembrano Lon Chaney (ma nel complesso sono disegni suggestivi, come tutti quelli d'epoca).
Esordio (credo) di Aaron, primo sguardo "dietro le quinte" del Martin televisivo e celebrità. Con una nota di continuity ormai rimossa: la gente si ricorda che lui e Beverly facevano coppia.
I comprimari sono attori, uno non ho capito se è Stallone, un altro sembra Crocodile Dundee, e così via.
Scene cult: "mumbo jumbo"; "è vero che quando avrà ritrovato Beverly, vi sposerete?"; i balletti; il nozionismo sui dinosauri prima di Piero Angela e di Chrichton (citato però con "Congo").
La copertina della terza puntata è assurda.

[58-59-60] IL DILUVIO DI FUOCO - LE PISTE DI NAZCA (Prosperi/Chiarolla) {130 pp.}
Magnificamente illustrata, nonostante Chris Tower abbia perso "S" e baffi, è un'avventura che non ho mai amato particolarmente per l'evidente ripetitività di alcune situazioni. Basti dire che si sfiora per la terza volta la guerra USA-URSS e per la terza volta rivediamo Reagan, "il Presidente degli italiani" (benché il premier italiano di allora sia oggi rimpianto).
Considerata da molti una buffonata al livello del "Ritorno a Lilliput", è invece un'avventura elementare, ma con personaggi inusuali (la ricercatrice eschimese che dà i bacetti col naso) e situazioni lì per lì interessanti, almeno finché non si capisce cosa stiano facendo Terminator e il robottino. E tutta la parte iniziale è ben sceneggiata e riesce a ricreare la situazione di famigliarità (la scenetta di Diana, Nat Shapiro) che un buon serial, a questo punto, deve saper innescare nell'appassionato.
Il difetto è da ascrivere all'interpretazione dozzinale di "mystero" come di "minaccia mortale di Atlantide e/o alieni", ma siamo sempre sopra a "cristallo con le zampette" (certo, si può dire che qualuque cosa lo sia).
E comunque AMYS è riuscita a trasformare anche questa roba in un soggetto finto-epico, trasformando un tizio qualunque (Sulka Nanazca) in un vero e proprio gegno del male (va detto che già il nome era gegnale di suo).

[60-61] NELLA TERRA DEI DOGON - IL GENIO DEL MALE (Prosperi/G.-G.Cassaro) {130 pp.}
Da un certo punto di vista è la copia-carbone della storia immediatamente precedente (addirittura la stessa foliazione), nel senso che ha lo stesso canovaccio: un inizio casereccio, del folklore simpatico, e poi via via una minacciona alieno-ancestrale dai risvolti geopolitici. Cambia solo il contorno: ambientazione, eccetera.
Però ho sempre preferito questa, tra le due. Mi ha sempre fatto simpatia il prologo a Timbuctù. E poi "Ono Rourke", un freak accettatissimo dalla comunità (scientifica e non), e pure cattivo, tutto alla faccia di Dylan Dog.
Curiosamente non ricordo mai il titolo della prima parte.
Ancora curiosamente, all'inizio Martin e cumpa sono a Firenze, a guardare gli appartamenti.
E nonostante tutta la semplicionata dell'astronave, il genio del male dal volto ripugnante, e via dicendo, la faccenda dell'inseminazione ha un suo fascino perverso, da fantascienza vecchio stile (ma anticipatrice del modernissimo "X-Files").
I disegni semplici danno un tono vintage ad un fumetto già vintage di suo.
Il seguito di Morales, coerentemente, sarà già vecchio al momento dell'uscita, e coerentemente sarà un seguito peggiorativo.
Castelli aveva in mente qualcosa, dato che l'uomo-pesce delle storie future si rivelerà essere proprio un Siriano clandestino.

[61-62] LE MACCHINE IMPOSSIBILI - QUARTA DIMENSIONE (Castelli/Bagnoli) {106 pp.}
Due autori geniali al servizio di un riempitivo passatempo, scaturito da una serie di riflessioni oziose. I Nipoti di Martin Mystère vengono da qui. Per quanto mi riguarda, la prima lettura fu una folgorazione (Asimov e soci li ho scoperti dopo).
Fumetto "ai confini della realtà" già desueto al momento della prima pubblicazione, eppure destinato ad un futuro roseo, come testimoniano le diverse edizioni: a strisce, in miniatura, con dieci titoli, ecc.
"Il delitto perfetto di Archibald Heap" è un adorabile fumetto degli anni 1970, con tanto di Jinx diabolico tipo quello de "L'Ombra" o dei raccontini di "Horror" e "Psyco". Un crescendo quasi estenuante di ansietà e perversione, fino al liberatorio e tragico scherzone conclusivo. Praticamente un porno cerebrale.
"Una folle invenzione" è una gustosa satira dai toni grotteschi.
Ma forse il vero gioiellino è quel coso (non è neanche un racconto, quanto più un inserto) della "cronotivù", con un'arzigogolata spiegazione raziocinante davvero malata. Mi ha sovraimpressionato.
"Il viaggiatore del tempo" è invece più elementare, ma si fa ricordare per la divertita presa in giro del film su Gandhi e della breve moda che ne è seguita.
Esordio di Jerry, e finalmente sappiamo qualcosa di più dell'attività editoriale di Martin (altra folgorazione: dopo questa lettura decisi che Martin sarebbe stato il mio nuovo punto di riferimento e ispirazione; infatti guarda come ci siamo ridotti, tutti e due).

[62-63-64] I GIORNI DELL'INCUBO - OPERAZIONE DORIAN GRAY (Castelli/Freghieri) {170 pp.}
Classico dei Classici, episodio fondamentale-spartiacque-salto dello squalo. Si completa la trasformazione di "Martin Mystère" da fumetto d'avventura a genere a sé.
È un fumetto che si regge solidamente sulle sue gambe, quello che si permette di trarre un'avventura inedita da una situazione di avvitamento su sé stessi, di tran tran non più sopportabile, e di compiere questa operazione nel seguito di un episodio già Classico.
Una storia interamente di culto, ma in cui - forse - l'elemento che più risalta è il volto di Alfie, il barbone alcolizzato che diventa Martin-2. Un volto squallido, umanissimo, col piricozzo in faccia, le occhiaie e i denti poco curati, patetico anche dopo la doccia. Un'intuizione magistrale di Freghieri, per il resto a suo agio con il cast mysteriano, soprattutto con Jinx e Diana.
E sì, è anche questo elemento a rendere un poco "emo" questo episodio passionale, a tratti sentimentale. E sì, è curioso che sia questa la storia con cui si raggiungerà il futuro di "Nathan Never". Ancora un paradosso, come pure il soggetto poco originale (non è certo inedito lo scambio di identità) raccontato come se fosse una storia a sorpresa.
Detto questo, cos'è esattamente una "proteina vivente"? E una morente?
Che Mister Jinx sia ricco, si intuisce da come sfascia i computer.
Prima morte di Jinx, il cui doppio parassita Rockford.
Prima di finire nel magazzino di Altrove, il computer resterà in giacenza presso il NYPD per 9 anni. Chissà Travis che ci ha combinato.

[Speciale 4] LA DIABOLICA INVENZIONE (Castelli/Casertano) {128 pp.}
Unico Special privo di Angie, ultima storia di Casertano, prima storia di Casertano che ho rivalutato. Perché pure questa inizialmente non mi entusiasmava (poteri esp e un'altra volta i sovietici).
Lo sappiamo tutti che invece è uno Special di culto, con la storica prima apparizione di Altrove, che lo sbalordito Martin chiama "università della magia". Curiosamente, Beretta prenderà alla lettera questa definizione!
È una di quelle disavventure improvvisate che hanno reso celebre il vulcanico Castelli e la Bonelli che fu. Inizia con l'ennesima quasi guerra mondiale, prosegue con l'inserto cinese che sembra non c'entrare una mazza, arriva Tower con il suo nuovo ruolo (e le basette canutissime) e da lì in poi è tutta una raffinata burla topolinesca.  
La faceta minaccia di Rosenberg fa ridere e non si dimentica.
Non come i contenuti de "La scienza misteriosa", che ho del tutto rimosso.
Barks, Carl Sagan, Stallone, Casertano, il solito Reagan, e soprattutto Nikola Tesla (la prima di molte volte).
Martin ricorda improvvisamente Dragon Lady.
"In giro per librerie e per bric-a-brac?".
Mei Hing è "un'agente Russa"; dell'Altrove russa come-si-chiama? Dipartimento Studi Speciali?
Al posto di Mandraki in futuro avremo Leon Mandrake.

[64-65] FANTASMI A MANHATTAN - SPACE INVADERS (Castelli/Alessandrini) {144 pp.}
Versione ampliata e definitiva del raccontino "Invasione elettronica". Idea che ci è apparsa per anni come geniale, ma forse perché gli americani l'hanno avuta dopo. Solo che poi si è scoperto che Pezzin ha anticipato Castelli, e allora chissà chi è il vero latore di idea.
Dettagli, comunque: è un'avventura magistrale, una di quelle per cui a volte si considera "Martin Mystère" come un genere a sé stante, con una narrazione talora a suspence talora di frenetica azione a là Tintin, personaggi che parlano personaggi che corrono.
La gag delle prime pagine è copiata da un raccontino di Barks, mentre Castelli compare nuovamente come "l'uomo con la barba".
Unica storia priva del "fine dell'episodio" (che possiamo considerare come la fine di un primo ciclo), è passata alla Storia per l'altro effetto speciale, quello delle tavole a specchio, dove i personaggi comunicano tra di loro "bucando" la pagina (non è un'idea originale, ma per la Bonelli era nuova).
Nell'edizione libraria questo effetto è giustamente saltato, per infastidire il lettore.
Henry si rivedrà una o due volte, curiosamente con scarso interesse.
La vicenda sarà riproposta anche a strisce, tanto Paperino disegnato da Comicup non lo aveva letto nessuno.

[rb3] DREAMTRAVEL (Castelli/Alessandrini) {10 pp.}
Primo racconto breve ad avere velleità artistiche, nonostante la trama cartoonesca; è qui che lo stile di Alessandrini si evolve verso un segno più sofisticato e ricercato, curato nei dettagli come nella scelta delle inquadrature.
Di per sé è un racconto un po' sfigato, basato su di uno spunto divertente, ma cancellato dall'epico remake nella serie regolare.
Proprio per questo Castelli lo riproporrà in più occasioni, arrivando persino a creare una miniserie parallela (facendo solo il lifting a Jinx) per "Comic Art", e più avanti infilandolo pure nel "MM presenta".
Le due comari sono comunque tra i nemici più spaventosi mai affrontati da Martin.

[66-67] IL PRESAGIO - AGARTHI! (Castelli/César) {166 pp.}
La storia spartiacque, che apre improvvisamente una nuova continuity, allargando gli orizzonti dell'universo mysteriano.
Lo fa però in sordina, puntando sugli archetipi della narrativa (la Cerca del Graal, forse un tentativo di anticipare Spielberg), che è anche la scusa per rilanciare Orloff, prendendosela comoda con divagazioni assortite (tutta la sequenza brasiliana) e affidando il tutto ad un'altra vecchia gloria del fumetto avventuroso classico (Agarthi è tipo Flash Gordon, infatti, e "Dampyr" manterrà l'impostazione).
Ma i prodromi di un nuovo ciclo ci sono già tutti, tant'è che la storia non finisce in modo esplicito (a differenza delle anticipazioni posticce, appiccicate nelle ultime vignette di alcune avventure precedenti, questo è un vero e proprio prologo di storie future).
Primo, grezzo riferimento alla pluralità del Graal e prima menzione dell'Età dell'Oro antediluviana (quest'epoca leggendaria sarà ripresa labilmente soltanto nelle storie sumeriche).
Kut Humi è stravolto rispetto alla sua prima apparizione (poi modificata all'uopo nelle ristampe), e tutta la sua vicenda di reincarnazioni può essere letta come una delle "retcon cervellotiche" tipiche di Castelli.
Tutto sommato il ciclo legato a questa storia, in senso stretto, si comporrà di sole quattro storie, ma queste saranno tra le più belle di sempre.
È la storia presente in edicola al momento della mia comparsa su questa valle di lacrime, infatti le tematiche di cui si occupa sono le mie preferite: mi piace pensare che non sia un caso ("è scritto nell'Akaschi"). Per quanto mi riguarda, è fondamentale.
Scene cult: l'incipit, Martin pilota di piper, il racconto di Donitz, il pube di Donitz (e di Martin e di Orloff), Ashenbach, l'alloggio del Graalone.
A proposito, tale Graalone è sicuramente il Calderone di Dagda.
Martin racconta a parole un'avventura vissuta con Mister No che il lettore non ha mai letto. Qualche anno più tardi, il team-up ufficiale ce la racconterà di nuovo a parole. Non si trattava comunque di un'"avventura", bensì di un evento social-promozionale del vip con i bambini poveri (un altro aspetto di Martin che non conoscevamo).
Prima menzione della guerra esoterica tra i maghi di Hitler e quelli britannici, un altro soggetto che non vedrà mai la luce (per motivi politici) e di cui resterà traccia in un paio di brevi riassunti infilati in altri episodi.
Dicevamo che la Cerca del Graal è intimamente connessa alla telenovela Martin-Orloff, nella più pura tradizione esoterico-cavalleresca; trent'anni più tardi essa si è infatti evoluta nella Cerca di Orloff (vabbè, in teoria).

[67-68-69] CACCIA ALL'UOMO - I SIGNORI DELLA GUERRA (Prosperi/Chiarolla) {150 pp.}
Capolavoro dell'autore delle "storielle grezze degli anni '80", secondo taluni pesantemente revisionato da Castelli.
In effetti la narrazione è molto castelliana, nel lessico come nelle varie tappe narrative, per tacere della "morale conclusiva": è la prima storia del nuovo ciclo, e infatti riprende gli Uomini in Nero, perdipiù come erano stati presentati in origine, ovvero come una consorteria onnipotente e infiltrata in qualunque gruppo di potere, a qualunque livello sociale, contro cui nemmeno il direttore di Altrove può nulla! Spaventoso.
E infatti il tutto è presentato sotto forma di racconto di genere (horror, thriller, fantascienza) e disegnato dal geniale artista che ci regalerà Jaspar. Può darsi che i taluni abbiano ragione. O è un perfetto lavoro di mimesi da parte di un appassionato?
Indimenticabile prima lettura mozzafiato, in particolare l'ansia provata durante il flashback in Sudamerica.
Scene cult: Fuga da Auckland; i prefabbricati componibili (davvero hitchcockiani); "Ich bin nicht deutsch. Ich bin osterreicher". GENIALE.

[Almanacco 1988] NOSTRA TERRA DEI MYSTERI (Castelli/Alessandrini) {64 pp.}
Capolavoro ecologista dalla foliazione sospetta, epocale a prescindere in quanto originariamente dedicato al passaggio della cometa di Halley del 1986. Che sia una giacenza è evidente dallo stile di Alessandrini, anzi, dagli stili, quello vecchio e quello nuovo, che si alternano senza soluzione di continuità. È stata parzialmente ridisegnata? Così parrebbonsi.
Storia anomala, sostanzialmente una fiaba, se vogliamo anche un poco pacchiana nel suo esplicito paganesimo disneyano (il pianeta che si gonfia), ma quanto è scritta (e disegnata) bene?
Scene cult: il grido di dolore; la fila di santoni; Natale a NY; Diana col mal di capo; il palloncino di Java.
La prima edizione presenta "effetti speciali" in toni di giallo. La seconda, in volume cartonato, è tutta a colori. La terza è tutta in b/n e priva dell'ultima tavola (la presentazione del Dossier). La quarta, nessuno l'ha chiesta.
"Guida al mondo mysterioso" presenta lo stesso pregio/difetto del primo Dizionario dei Mysteri: è un bigino.
L'idea della fiaba-strenna natalizia diventerà un appuntamento fisso. Quel kolossal-floppone del 1985 qualcosa di buono lo ha fatto.

[69-70-71] LA VERA STORIA DEL CAPITANO NEMO - MINACCIA DAGLI ABISSI (Castelli/Ricci) {194 pp.}
Ancora un capolavoro-spartiacque, stavolta conclusivo: è il vero finale del "primo ciclo", quello Classico, e di tutto il filone atlantideo-muviano (sono citate TUTTE le storie ad esso collegate, e Martin le ricorda TUTTE), con tanto di ritorno di signor Robinson e gentile signora (Mara Marata) da "Rapa Nui". Scopriamo, così, cos'erano le "vaghe ombre" viste a Villeaux e cos'è una "Grande Madre" (un accumulatore biologico generatore di androidi mutanti; e cos'è un "accumulatore biologico"? Ma è ovvio, un computer a proteine viventi).
È passato alla Storia del Fumetto per la lunga introduzione in cui Castelli spiega, prima di tutti, il funzionamento di una stampante tridimensionale (nel 1987). Ma ciò che davvero è geniale è il modo in cui questa divagazione si scopre non essere una divagazione, ma la chiave d'avvio della vicenda (dico "chiave" volutamente).
Alla fine, dopo 5 anni di ricerche (fortunose), Martin, che nel n.1 aveva una "sua teoria personalissima" sulle origini del mondo, arriva a vedere di persona l'Imperatrice di Mu. Praticamente è finita la serie!
Capolavoro d'addio anche per Ricci, che in seguito comparirà solo nelle giacenze. La sua capacità di rendere i luoghi reali era unica (vedi l'università).
Nonostante tutto, l'ultima tavola lasciava presagire possibili sviluppi, bellamente ignorati. La mitologia muviana (compresa la discendenza-predestinazione) è stata ripresa nei romanzi di Cappi, ma sempre in flashback degli anni 1980.
Ancora una parte importante per Tower, ancora nel ruolo ibrido di ex agente CIA e direttore della base segreta.
Mara Marata diventa collaboratrice di Altrove, ma in questa veste la rivedremo solo trent'anni più tardi, con l'aria di chi ci doveva un favore.
Anderson spoilera la storia dei delfini e afferma che Aasvero e il Conte di Saint Germain sono suoi soci. A Lotti non parrà vero.
A sorpresa, Amaterasu si rivedrà un'altra volta. Anzi, due! Con Legs Weaver!

[71-72] MORTE AL VARIETÀ - L'UOMO CHE INVENTAVA LE BARZELLETTE (Castelli/Bagnoli) {150 pp.}
Riciclo di un episodio de "Gli Astrostoppisti", in una versione più ampia, attuale e "per adulti", appare inevitabilmente come un inserto frivolo tra un'epopea e un'altra.
Effettivamente è un gioco metanarrativo: non solo Martin autore di trivia umoristici al pari di ponderosi saggi (tipo Asimov, all'epoca divo), ma anche la presa in giro (amichevole) di Sergio Bonelli, che odiava le barzellette.
E il genio di usare come protagonista un altro divo nerd del tempo, Woody Allen (all'apice, siamo poco dopo "Broadway Danny Rose"), e di affidare il tutto all'altro genio, quello del fotorealismo e del grottesco.
Le barzellette sporche (AMYS ha poi raccontato il finale del corvo); la Guerra senza Tempo, ma Fredda; "Te la dò io l'America" (e pensare che trent'anni dopo abbiamo avuto "Martin Mystère contro Grillo").
Queste le scene-cult, ma tutta la storia è scritta e disegnata benissimo.
Combo copertine-titoli suggestive.
È una storia per "Nipoti di MM", di quelle da rileggere al circolo, mentre si rimpiangono i bei tempi andati ("Dalla periferia dell'impero").
Gli articoli triviali di MM saranno pubblicati per davvero, su rivista e in albetto apposito. Ricordo quello sui sacchetti per il vomito, e forse ce n'era uno sulla cacca? Alla tartina imburrata sarà dedicato pure un fumetto.

[73-74] INTRIGO A PECHINO - L'ESERCITO DI TERRACOTTA (Pennacchioli*-Castelli/Deidda) [*non accr.] {143 pp.}
Soggetto stravolto, sceneggiatura che presenta prime, deboli tracce di anticastellismi (varie vignette mute).
La mitologia degli Dei dell'Est e dell'Ovest, bellissima, è una ret-con talmente enorme che Castelli riesce a tenerla a bada soltanto ignorandola (non ne sentiremo più parlare, sebbene la ritroveremo nella "Storia segreta del mondo" Hazard, attribuita a Pennacchioli) e trasformando questa trasferta cinese in poco più di una gita, condita con un pizzico di "Intrigo internazionale" (sì, c'è pure qui una specie di minaccia di guerra atomica, ma insomma, era un appuntamento annuale).
Il pretesto di sfruttare la scoperta (allora abbastanza recente) dei guerrieri di terracotta sembrava più cosa da Prosperi, ma è andata così. Comunque abbiamo il dragone e un'altra "Dragon Lady" (che non è la stessa di "Chinatown"; ma il seguito di Morales ci confonderà le idee del tutto).
Per qualche motivo, le storie di ambientazione asiatica sono le più colte (almeno queste più vecchie).
Esordio di un'artista di scuola "linea chiara": poi morirà e al suo posto arriverà Torti.

[74-75] IL SEGRETO DELLA MINIERA - LA COSA DA UN ALTRO MONDO (Prosperi/G.-G.Cassaro) {139 pp.}
Unico fumetto bonelliano dedicato ad Ambrose Bierce per circa tre decadi, ha poi perso anche quest'unico pregio (Boselli).
Per il resto, probabilmente è la storia mysteriana più banale dei "mitici primi cento numeri" (o la seconda).
Non la più sgangherata: il suo difetto principale è proprio l'essere un compitino piatto.
La cosa dei colori era già vecchia all'epoca. E forse Castelli ha prodotto il n.100 proprio per questo.
Da riscoprire le suggestive ambientazioni "western moderne" tipiche delle Edizioni Cepim.

[Speciale 5] LA CITTÀ SOTTO I GHIACCI (Castelli/Alessandrini) {128 pp.}
Capolavoro.
Sceneggiatura brillante che mescola umorismo e mystery, moderne tecnologie applicate all'archeologia (il carotaggio, come su "Atlantide" di Pezzin/De Vita) e atmosfere esotiche da noir anni '30, erotismo e retcon lieve (Piri Reis, Tanith), continuity (esploriamo un altro pezzo di Università della Magia con Tower canuto, che asserisce di tenere famiglia) e didattica promozionale (la mostra sui Fenici). Una sintesi da manuale tra Urania, Giallo e Segretissimo.
Arte in evoluzione, dalla regia decisamente più sofisticata rispetto agli esordi e dal tratto ormai privo di asperità.
È il 1988: suppergiù, la Sergio Bonelli Editore è nata qui. Ci viene da piangere.
"Personaggi mysteriosi" fu un bel bigino, che tuttavia lessi con troppo ritardo.
Naturalmente la cosa del "primo Uomo in Nero" oggi fa sorridere, ma insomma, bisogna pure saperle scrivere storie come questa.
Per non far sclerare il fenicio, le agenti di Altrove si prostituiscono. Coerentemente, Martin fa lo stesso con Angie.

venerdì 11 settembre 2020

Nessuno lo ha chiesto

Uno stralcio tratto da Le nuove (e inedite) avventure di Travis (che, detto fra noi, mi fa molto ridere).

Perché io, quel giorno, me lo ricordo bene, come fosse ieri (più altri diciannove anni meno un giorno).


Settembre 2001. Con un volo low cost, con partenza il venerdì sera e rientro il lunedì pomeriggio, Travis si reca a Francoforte per scoprire, innanzitutto, chi sia questo tizio, e, dopotutto, per acquistare un po' di nani di gesso, sua segreta passione, nota soltanto a chiunque faccia visita a casa sua, ove sono esposti in ogni stanza. Dopo aver combattuto l'incredibile banda dei Normodotati di Altezza Normale Eppure Titolati Tappi Insistentemente (N.A.N.E.T.T.I.), l'ispettore più tirchio della Germania Ovest riesce a rincasare a NY giusto in tempo per il pranzo che, il giorno seguente, Martedì 11, Martin gli ha promesso al Ristorante Windows of the Worlds sulla Torre 2, a cui sogna di andare da quarant'anni. Ma il tapino ignora che anche questa volta il suo amico gli darà buca.



giovedì 6 agosto 2020

MARTIN MYSTÈRE (1)

[1] GLI UOMINI IN NERO (Castelli/Alessandrini) {96 pp.}
Capolavoro. "Il miglior n.1 Bonelli". È vero.
Scene cult: le Azzorre, il floppy, il maglione a rombi, Padre Kastron, "vi presento gli UiN", la retcon del cestino.
Ma anche Ibn Battuta e Maria Foteynos.
FINALE APERTO, eppure è un albo COMPLETO.
Se ne contano non meno di 8-9 edizioni, di cui 2 parzialmente ridisegnate (due volte).
Vanta una retcon geniale realizzata 18 anni dopo.
La versione in prosa di Bellomi è rimasta nel cassetto per vent'anni.

[2-3] LA VENDETTA DI RÂ (Castelli/Alessandrini) {128 pp.}
Numero 1bis. Scene cult: l'inizio col party dei ricchi che guardano le diapositive, Mister No (era il periodo in cui Castelli ne era l'autore principale), l'entrata in scena teatrale di Orloff, i flashback di Kut Humi aborigeno ridisegnato, il mappamondo, l'ultima vignetta-citazione.
Il resto non me lo ricordo, devo dire.
Si fa rivalutare una volta letta la versione con Allan Quatermain-James Coburn. 
Riadattato in prosa da Bellomi molti anni dopo.

[3] OPERAZIONE ARCA (Castelli/Ricci-Bignotti*) [*non accr.] {64 pp.}
Primo Classico della serie (tolto il n.1).
Episodio in miniatura e supercompresso, è forse la storia di Castelli che più assomiglia ad un fumetto italiano di "Topolino Libretto", con diverse ellissi e salti. L'inizio non mi ha mai convinto, infatti si è poi scoperto che era posticcio. Curiosità per l'edizione AMYS.
Ricci non meritava di essere ridisegnato.
"Get a Life!" ha concluso la vicenda, e ha persino raccontato quell'altra del "fantasma del Topkapi", qui solo una rapida menzione, divenuta cult col passare dei decenni.

[4] LA STIRPE MALEDETTA (Castelli/Bignotti) {64 pp.}
Altro episodio mini, sempre Classico, ma un po' facilone e invecchiato. Figlio della (breve) moda per l'etruscologia fai-da-te dei primi anni 1980 (vedi Sordi e Sora Lella ne "Le vacanze intelligenti", coevo). Stupisce che Valerio Massimo Manfredi abbia scritto un romanzo uguale a questa storia, diversi anni dopo. In realtà il riferimento è ai vecchi horror italiani dei tardi anni 1960.
Scene cult: Martin a passeggio per i navigli, Diana vs Beverly, Sazzani pazzo, gli atlantidei appena alzati, i boschetti.
Nel 2008 Martin ricorderà il finale di questa storia, una scena in cui non è presente e che nessuno gli ha mai raccontato.

[4-5] ORRORE A PROVIDENCE - LA CASA AI CONFINI DEL MONDO (Castelli/Ricci) {128 pp.}
Capolavoro.
Avanti di decine di anni, pastiche lovecraftiano realizzato quando HPL lo conoscevano solo gli editor delle case editrici.
Disegni spettacolari.
Scene cult: "il primo caso di teleportazione" (copiato dal libro di Berlitz), Pickman che sembra Bob di "Twin Peaks", Fusco e De Turris e, soprattutto, tutta la sequenza allucinata della casa, capolavoro nel capolavoro.
Non si è mai saputo niente delle altre case menzionate, ma forse è meglio così.

[6-7] DELITTO NELLA PREISTORIA (Castelli/G.-G.Cassaro) {128 pp.}
Rivalutata da adulto, inizialmente ero caduto nella trappola del "ma non succede niente di che".
Invece è un mystery sofisticato, un altro pastiche (Maigret vs l'archeologia) con la forma di un feuilleton ("I misteri di Parigi": c'è pure la politica!).
Scene cult: la caverna, Java scatenato, il Centre Pompidou, la Corte Maledetta, l'osso-mazza. Cioè, vai a vedere, è praticamente tutta la storia. 
Verrà tirata in ballo, con una forzatura, vent'anni dopo, in una storia che parla di tutt'altro.

[7-8-9] L'UOMO CHE SCOPRI' L'EUROPA - LA FONTE DELLA GIOVINEZZA (Castelli/Bignotti) {192 pp.}
Grande Classico molto amato, un po' leggerino-facilone dopo la metà. Ponce de Leon jr. è una macchietta, e le NAC lo riprenderanno tale e quale. 
Scene cult: l'inizio e tutto Von Hansen. Anche il finale, che però è una truffa.
Disegni da "Mister No", che infatti viene citato (come amico di Von Hansen).

[9-10] IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - IL SEGRETO DEL 'LUSITANIA' (Castelli/Ricci) {160 pp.}
Altro Classico, soffre un pochino dell'essere un remake dell'unica storia di Topolino di Castelli.
Il problema è che a quella storia sono molto affezionato, è proprio una delle mie cult, per cui questa mi sembra sempre "il remake di quella".
In realtà è una storia avvicente, con grande senso della suspence.
Scene cult: "sommergibile for dummies" (preso da "L'avventura sottomarina del Neptune"?), la Coca Cola, il colpo di scena svelato fin da subito ma solo a chi è stato attento.
Durante la prima lettura, la cosa della Coca Cola mi lasciò a bocca aperta.

[11-12] IL TESCHIO DEL DESTINO - ALL'OMBRA DI TEOTIHUACÀN (Castelli/C.Villa) {192 pp.}
Grande Classico-Capolavoro, rilanciato da AMYS. Ma è sempre stata una delle storie più amate.
È la prima autoparodia della serie, e visto a cosa ha portato questa abitudine sarebbe da odiarla, ma non si può.
È una sarabanda di personaggi deliziosi (i Jones, i capelloni, il messicano-macchietta) e di invenzioni GENIALI ("socorro Mystère" è da malati proprio). Le diapositive.
Martin non risolve il mystero, anzi, non si accorge neanche che c'è, ma i lettori sanno tutto. Geniale (una volta; due volte; la quindicesima anche basta).
Ma poi, cosa c'era da risolvere? Comunque ci ha pensato AMYS.
Scene cult: il rummage sale, le diapositive, i fratelli gay, la signora Jones, Paperino e Jones che ci provano con Diana, gli Uomini in Nero 007, la finestra del museo che non esiste, il corpo di cristallo, tutti i disegni.
"L'occhio sinistro di Rama" svela il passato del messicano, ma non me lo ricordo.
Oltre all'edizione Hazard, vanta l'inserimento nella collana "100 anni di fumetto italiano" del 2009.

[13-14] UN VAMPIRO A NEW YORK - LA MALEDIZIONE (Castelli/Bignotti) {192 pp.}
Altro Grande Classico molto amato, almeno a parole. Ma se non c'era Hazard manco aveva l'edizione da libreria.
Bignotti curiosamente acerbo nel dare volto ai vari personaggi (eppure gli avevano fatto ridisegnare quelli di Ricci: è forse una delle prime storie messe in produzione?), ma comincia a risaltare la sua New York lurida e realisticamente squallida. 
E comincia a prendersi il suo spazio il mitico Travis.
"Questa storia ha anticipato Dylan Dog", ma solo per l'argomento, lo stile è tutto diverso, è da telefilm americano (però Sclavi inizialmente voleva fare un Dylan Dog newyorkese, per cui tutto può essere). C'è da dire che Castelli aveva già fatto "Van Helsing" per "Psyco", ma con toni più grotteschi. 
Scene cult: nascita razionale del vampirismo, il vampiro va dal macellaio di nascosto, il vampiro tossico con le occhiaie, il flashback di Herman Strauss. "Stephen Queen". Travis: "curiosamente non si chiede perché ci chiamano "porci"".
Dette tutte queste cose, stranamente è una storia che ho letto pochissime volte.
"Vanta" una specie di seguito per teenagers, oltre alla versione NAC.
Ma il rifacimento migliore sarà quello di Recagno.

[15-16] LA SPADA DI RE ARTÙ - IL MISTERO DI STONEHENGE (Castelli/Alessandrini) {192 pp.}
Classico praticamente fondamentale, è uno dei perni della serie. Se non lui (esso), il sequel (i sequel, tutti e due).
Quaranta e passa pagine di prologo didascalico, che la prima volta ho divorato sotto ipnosi. Non è vero: sono neanche venti, le pagine, ma sono dense come se fossero quaranta.
Una delle più belle cacce al tesoro di sempre, e fa niente se è inventata di sana pianta (e riciclata). Con un rammarico: quando sono stato in gita scolastica a Modena, non mi hanno voluto far vedere la Porta della Pescheria del Duomo. E ci siamo stati tre giorni, a Modena.
Finale topolinesco riciclato dalla storia gemella con gli Aristocratici (curioso che non si sottolinei mai questo aspetto).
Scene cult: tutte? 
Martin e Hilda Schmesser limonano e saltellano nei prati tenendosi per mano durante la gita ("Il tempo delle mele"? Ma lì erano giovani entrambi), mentre Java fa il palo; trent'anni dopo a malapena si parlano, e Java fa il palo. Realistico.
Orloff-camorrista ritorna da "La vendetta di Ra", ma non nell'edizione Mondadori. 
C'è il treno, come in "Indiana Jones e l'ultima crociata".
Von Ericksen è un Uomo in Nero, dai. Esilarante, oggi, lo scontro verbale in cui Martin fa la parte del cospirazionista alternativo ("non alieni, ma civiltà antiche evolute come la nostra"). Ecco perché oggi usa il tablet e non rilegge più i floppy.
Lo scudiero del "Campione Terrestre" (Java) palpa il culo alla hostess, tipo Jean Cojon de "I visitatori". O Pierino. 
La "foresta di Darkwood" non esiste, quindi "Zagor" non esiste, quindi Burattini non esiste, quindi Garth Hellingen non esiste, ma gli storpi sì.
Vanta un adattamento in prosa di Antonio Bellomi.

[rb1] IL SORRISO DELLA GIOCONDA (Castelli/Alessandrini) *a colori* {12 pp.}
Primo tentativo di trasformare il fumetto popolare in fumetto colto, alla faccia del "non esistono distinzioni".
In realtà è solo pubblicità ad una testata già prossima alla chiusura, tant'è che a Orient Express n.13 (che ospita questa storia) è allegato il n.1 (di MM, per chi non l'avesse capito).
Soggetto da storia breve, con una idea simpatica (Leonardo ha inventato l'impressionismo; sì, è uno spoiler) stiracchiata su di un piccolo giallo all'italiana (la solita amante eccetera) dei tempi in cui le fiction si chiamavano ancora sceneggiati.
Ridisegnato nel 1992 e smembrato nella terza edizione dello stesso anno ("Quattro casi improbabili").
Il Leonardo di Recagno è la retcon di questo avido capitalista, ma in fondo è questo ad essere fuori continuity.
Scene cult: boh, ricordo la prima e l'ultima.

[17-18-19] LA CITTÀ DELLE OMBRE DIAFANE - LE CREATURE DELL'ABISSO (Castelli/G.-G.Cassaro-C.Villa*) [*non accr.] {224 pp.}
Una delle fondamenta della serie, tanto da sconfinare nella leggenda. Questa è la sensazione ch'ebbi leggendone la riduzione in prosa che introduceva il gigante-sequel di Beretta. E quando recuperai le raccolte ingiallite (un vero e proprio ritrovamento archeologico, in una edicola di un altro Comune dove non ero mai stato prima), e potei leggere il prequel del sequel, la sensazione fu sempre quella, e tale è rimasta.
Ad oggi, per me, questa è ancora una storia leggendaria. L'ultima, grande Avventura, come i film di Spielberg, Zemeckis, Reitman e compagnia (solo meno famosa, in quanto fumetto e non film, e in quanto fumetto dei Cassaro e non di Pratt), l'avventura irripetibile di un tempo remoto e lontano, un po' come il concetto di rilettura.
Eppure all'epoca della sua uscita era l'Avventura bonelliana più moderna (il 1983, contro gli anni 1950 di Mister No e l'Ottocento degli altri)! Uno dei tanti paradossi castelliani. 
Il "Centro" giapponese ritornerà decenni dopo, in uno dei pochi ritorni recenti sensati.
Scene cult: il prologo? la montagna? fata morgana? l'antimateria? i giapponesi? avalon hillman? tutte?
Su "Eureka", guarda un po', Castelli ha poi pubblicato un episodio di "Blackjack".

[19-20-21] ORRORE NELLO SPAZIO - LA TORRE DI BABELE (Castelli/Ricci) {192 pp.}
Classico dimenticato e premonitore: qui c'è già tutta la moda contemporanea per l'astronautica e per gli horror spaziali psicanalitici (escludendo Alien). Disegni spettacolari. 
Ed è una storia fondamentale, dove viene esplicitata l'associazione Atlantide/Mu-->USA/URSS (ovviamente non è Martin ad arrivarci, ma la gnocca di turno).
Scene cult: ETEMENANKI!, la torre all'ingiù, "come si indossa una tuta da astronauta".
Dovrei rileggerla, non ricordo i passaggi spionistico-d'azione. È ambientata in Iraq ai tempi di Saddam.
L'edizione Hazard si interrompe qui: questo ne ha fatto per diverso tempo una storia un po' sfigata, ma quel tempo sembra finito.

[21-22] IL LIBRO DEGLI ARCANI (Castelli/C.Villa) {96 pp.}
Non-storia, clip show con 2-3 leggendine copiate pedissequamente dai libri di Berlitz e affini.
La finta storia-cornice è cult dall'inizio alla fine. La prima volta che l'ho letta non l'ho capita: che c'entrava "Il ramo d'oro"?
Non è che oggi mi sia proprio lampante. Invece mi ha sempre inquietato la sequenza della "cerca" di Jaan Vaida, con quella casa normalissima ma disegnata in modo lugubre, e in cui bivaccano i tossici. Spaventoso.
Martin va in libreria, Martin va al ristorante sulla Torre 2 (dove c'è Castelli). 
Altro particolare che mi ha sempre fatto venire i brividi: com'è noto, i libri sono tra gli oggetti più sporchi esistenti, ma Martin se li porta a letto (e magari si lecca pure le dita girando le pagine). Sono strano? Si dice "lettore speciale".
Da notare che è un albo completo, ma pubblicato a puntate. Sagace.

[22-23-24] TUNGUSKA! - MORTE NELLA TAIGA (Castelli/Casertano-Ambrosini*) [*non accr.] {192 pp.}
Sarò eretico: questo è un indubbio Classico della testata, ma non me lo sono mai filato molto.
Le battutine USAvsURSS mi hanno sempre ricordato "Scuola di Polizia: Missione a Mosca", quando il Capitano Harris (o il Comandante Lassard) bacia sulla bocca l'omologo russo. Purtroppo l'imprinting è stato quello.
L'alce gigante mi è sempre sembrata una pacchianata e da adulto l'autore di "Get a Life!" mi ha fatto notare che la storia della civiltà dei rinascimentali è una imitazione-retcon di Atlantide/Mu. 
Penso sia un Classico da riscoprire, prima o poi lo rileggerò con attenzione, assieme al seguito con Rasputin. Ad esempio, la cosa degli insetti giganti sembra un omaggio al Topolino delle strisce.
Ade Capone ne ha realizzato un omaggio-finto sequel in "Lazarus Ledd".
L'ultima puntata è disegnata da Ambrosini in incognito. 
Strokov è comunque un mito, anche se Cappi lo ha trasformato nell'ennesimo predestinato.
Rapida menzione per due aneddoti che diverranno leggendari: il naufragio nel "Triangolo del Diavolo" sarà raccontato da AMYS; dell'invasione delle api assassine se ne parlerà nel fondamentale "Xanadu". 
Nadia Timofeyev tornerà soltanto una volta, in un episodio minore su di una pubblicazione minore (di fatto ma non di nome), ma Beretta avrebbe voluto farla tornare prima con la "Magic Patrol" e Alessandrini.

[24-25-26] VIAGGIO NEL FUTURO - RITORNO DALL'ALDILÀ - IL MOSTRO D'ACCIAIO (Castelli/G.-G.Cassaro) {224 pp.}
Rivalutata a suon di riletture, mi appare oggi come un geniale intrico di sottotrame, una specie di cross-over interno alla serie, con vari filoni che si incrociano: il filone bischero di Von Hansen che fa gli scherzoni (con la prima retcon cervellotica castelliana), Orloff che torna da Avalon, Mu in luogo di Atlantide, l'approfondimento folkloristico misto alla citazione-plagio-metanarrazione. Una vera e propria "summa del mystero dei primi 3 anni".
Scene cult: tutte? Epcot, Von Hansen finto, Von Hansen in quarantena volontaria solo per fare lo scherzo, Von Hansen-Fantozzi (Von-tozzi) al ristorante giapponese, il robottone-plagio (poi omaggiato da Boselli e Sarda su "Zagor" e "Topolino", l'omaggio del plagio!), Orloff, Mu. Avevo ben detto "tutte?". 
Cross-over per cross-over, questa storia è idealmente collegata ai reportage castelliani dedicati a Epcot e ai manga pubblicati su "Eureka" l'anno precedente.

[26-27] I FIGLI DEL SOGNO - INCONTRI RAVVICINATI (Castelli/Alessandrini) {96 pp.}
E dopo la "summa parziale", ecco il turning point, la prima svolta, il fumetto d'Avventura agognato da Bonelli ("Brick Bradford") che si fa da parte e si trasforma in fumetto francese. Il protagonista della serie legge una lettera e ci racconta l'avventura di qualcun altro, suo padre (come farà Dampyr ne "I lupi mannari"). 
Una storia con gli ufini, proprio quelli standard, ma del tutto diversa da qualunque storia con gli ufini uno si possa immaginare (a parte quelli di Sclavi che arriveranno dopo). 
Capolavoro indispensabile.
Scene cult: tutte.
Un altro albo completo spezzato in due.

[27-28] IL DELITTO DI MARTIN MYSTÈRE (Castelli/G.-G.Cassaro-Alessandrini*) [*disegni riciclati] {64 pp.}
Giacenza della prima ondata di storie, come la foliazione suggerisce. Famosa per essere una delle due storie senza copertine.
Ad una prima lettura è un riempitivo frettoloso, che sfigura impietosamente nei confronti della storia che la precede in ordine di pubblicazione.
Il seguito, realizzato venti anni dopo, porta a rivalutarne l'importanza e il significato simbolico (gli Uomini in Nero si sono sempre rigirati Martin come volevano, ma c'è qualcun altro sopra di loro, il ché fa di Martin un tizio qualunque). È pure un discreto thriller archeologico-complottistico, uscito quando non erano di moda. 
Per una volta (e basta), vediamo Martin esercitare la sua reale professione.
Un anno prima Castelli aveva portato Mister No a Macchu Picchu, quindi è una specie di cross-over grezzo (grezz-over). Il ché vuol dire che MM cammina su di un laboratorio atlantideo (dove peraltro è stato/sarà anche Zagor), ma non lo sa. Già qui dovevamo capire qualcosa.
Riciclo totale della sequenza della presentazione degli UiN dal n.1, con la striscia di Alessandrini infilata di peso nelle tavole dei Cassaro. Ardita operazione che si rivedrà di rado, in Bonelli (ricordiamo un paio di occasioni).

[Speciale 1] IL COBRA D'ORO (Castelli/Bignotti) {112 pp.}
Castelli si vendica di "Indiana Jones", che gli ha rubato primato e successo, e spoilera senza pietà la trama del "Tempio maledetto" (uscito l'anno dopo), con tanto di reportage dettagliatissimo su "Eureka", pubblicato un paio di mesi prima. O, meglio, l'intento è questo, ma saggiamente l'autore sceglie di non seguire il film.
Episodio "più leggero e umoristico" rispetto alla serie regolare (dove invece non si scherza mai, come si è visto), sebbene Angie (al suo esordio) sia abbastanza antipatica e i pericoli affrontati siano abbastanza seri (diciamo che non ci sono cavatappi).
Di buffo ci sono solo il santone "alla Rodolfo Cimino" e Laika, per il resto è una divertente avventura pura e semplice, con cui forse Castelli prova a farsi perdonare da Bonelli per certe sofisticazioni e certi esperimenti precedenti.
Oppure la verità è proprio quella scritta nei libri di scuola: la testata era claudicante e spremere i lettori era la via più  comoda per fare profitto. Ma no, questo è il presente.
Le foreste di Bignotti sono bellissime (infatti disegnava "Mister No").
Scene cult? Il vestito di Angie, la collana di diamanti, il buco nel muro.
L'allegato "Luoghi e oggetti misteriosi" si ricorda per il mini saggio del lettore speciale sull'Arca dell'Alleanza.

[28-29-30] LA SFERA DI CRISTALLO - IL TERZO OCCHIO (Castelli/Ricci) {160 pp.}
La storia delle Olimpiadi di Los Angeles '84, un divertissement allucinato che, a mio parere, è farina di Sclavi. BUM! 
Eppure gli indizi sono molteplici: la didascalia iniziale "anno 1953", che compare in tutte le storie sclaviane di "Mister No", coeve a questa (e, guarda caso, siamo in Brasile); il fatto che il seguito sia proprio di Sclavi; l'assenza di nozionismo e la predominanza di grandi immagini cinematografiche; le tre porte e le relative stanze ricordano vagamente "Archivio Zero".
Scene cult: l'incipit burrascoso; gli uomini-serpente che salutano; il gatto fantasma e l'arpia; Diana posseduta dall'arpia; la vecchia del té verde (forse castellismo); il destino di Percy Fawcett; il mondo del sogno; AIW; il terrorista ciclopico e il suo lugubre occhio (splendida la vignetta in cui domina il mondo); il titolo depistante ("il terzo occhio"); tutti i disegni.
Primo accenno a Peter Pan disadattato, che potrebbe essere un elemento castelliano, mentre della Maschera di Ferro ciclopica, catturata dal Conte di Saint-Germain, non abbiamo saputo mai nulla. 
La ret-con dei #6/7, per la quale i Neanderthaliani sono morti in quanto telepati e non in grado di mentire, appare un po' posticcia.
Molte cose restano inspiegate, dalla sfera alla presenza di spiriti nipponici, passando per il "labirinto verticale" (che tanto labirintico non sembra). Ma ancor più straniante è la discrasia tra il prologo e la rinarrazione della stessa sequenza nel racconto della vecchia: la data iniziale dovrebbe essere errata; e comunque non è chiaro perché raccontare due volte il ritorno di Thompson (peraltro chiamato Johnson
nella terza puntata) e quale fosse il suo legame con Fawcett, cui la domestica fantasma era legata.

[30-31] LA CAMERA DEL TEMPO - L'ORRENDA INVASIONE (Castelli/C.Villa) {139 pp.}
Classico molto amato, un tempo; oggi meno, mi sembra. 
La prima quarantina di pagine è indimenticabile: dal siparietto all'università, con i professori del cinema e dei fumetti, fino all'incidente di Diana. Il resto non lo è, nel senso che l'ho dimenticato. Non mi ricordo come finisce!
Scene cult: quelle che ho detto e tutti i disegni.
Prima distruzione della Ferrari.

[31-32] CREATURE DELL'IGNOTO - L'UOMO DEI BOSCHI (Prosperi-Castelli/Bignotti) {117 pp.}
Prima storia non di Castelli, quindi storica a prescindere. Avventura bonellianissima, non ricordo se uscita prima o dopo l'omologa texiana, sicuramente prima della zagoriana. Tutte e tre hanno la stessa striscia col sasquatch che si allontana malinconico, "ma ce ne saranno altri?".
Ancora università, quella della vita. Nat Shapiro e Sarah Hunt, chi se li ricorda? Siamo in due, fratello. Mitici.
Bignotti e foreste, binomio indissolubile.
Sembra "Martin in una spedizione archeologica e antropologica", poi diventa "Martin contro i boscaioli", quindi "Martin contro le scimmie", poi ancora "Martin contro i boscaioli", infine si conclude la spedizione archeologica e antropologica.
La rivelazione sull'origine dei sasquatch è GENIALE, la vicenda del professore scomparso triste e malinconica. E viceversa. 
L'impossibile nel mondo reale. Lo stesso sense of wonder di "Tintin in Tibet", quando vede la sciarpa.
Non è un capolavoro, per me lo è.

[33] IL LIBRO DI TOTH (Castelli/Ricci) {96 pp.}
Albo completo più unico che raro, fra i primi cento. Dato il numero di pagine inferiore al consueto, Castelli decide di raccontare due storie, anziché una: la storia del pozzo di Oak Island (omaggio al più bell'episodio di "Martin Cooper") e quella dei Tarocchi di Creta, con tanto di ritorno quasi-immediato di Orloff. La cosa assurda è che, per il momento, funzionano benissimo entrambe, pur essendo entrambe incomplete. 
Ma Castelli non le completerà mai: quella di Oak Island si rivelerà essere una truffa, con una delle solite retcon genialoidi.
Dei Tarocchi non sapremo più nulla; l'unico approfondimento sarà l'albetto divulgativo allegato ai Tarocchi del Mystero. Castelli li tirerà in ballo soltanto nell'episodio misternoiano del cross-over egizio, in modo suggestivo ma improprio.
Scene cult: la descrizione verosimile degli zingari, ritratti per quello che sono, senza politically correctness; i computeroni di Oak Island; la "sorella" di Martin e il solito equivoco con Diana; l'unico utilizzo corretto del simbolo di Atlantide (un labirinto) di tutta la serie; il truffatore cretese; Orloff cretino; lo zingaro uguale a "Bepi Vigna"; la parola gadjo (l'ho imparata qui); i bellissimi Tarocchi di Ricci.
Citata in un episodio di "Lazarus Ledd".

[34-35] IL MISTERO DEL NURAGHE (Medda&Serra&Vigna*-Castelli/G.-G.Cassaro) [*non accr.] {128 pp.}
Altra avventura isolana, ancora un mafioso autoctono baffone: Bepi Vigna, uguale allo zingaro della storia immediatamente precedente, ma non al futuro sceneggiatore; il quale, però, ricambierà/riciclerà l'omaggio con un episodio di Indiana Pipps dal soggetto uguale a questo.
Von Hansen è in coma per tutta la storia, mentre Martin e compagnia girovagano per l'isola imbattendosi ripetutamente nell'ubiquo Scultone. È un'avventurina semplice degli anni 1980, in cui spicca soltanto l'accabadora, prima che se ne appropriasse "Dampyr" (e persino Valeria Marini). 
A fare da contraltare c'è però il sorprendente flashback atlantideo, il primo in assoluto, con l'avventuroso naufragio sardo e la sorprendente retcon dell'episodio etrusco. Momento storico.
Esordio della Grande Madre, che impressionerà Martin al punto da ricordarsela nei momenti meno opportuni.
Alla fine la mazzera cancella a tutti la memoria, ma nel sequel tutto si spiega. 
Scene cult: la gita turistica; il voodoo dell'accabadora; Von Hansen, anche se non parla; lo Scultone-animatrone; la didascalia "vedi numeri 1,33, ECC."; gli atlantidei.
La cosa divertente è che non c'è neanche un gigante di Mont'e Prama. 

[35-36] MOHA-MOHA - IL RITORNO DEI KUNDINGAS (Castelli/Alessandrini-Gae.Cassaro) {192 pp.}
Parte seconda de "I figli del sogno". Giustamente l'edizione Mondadori le ha pubblicate assieme, giustamente (o quasi) tagliando il "riassunto della prima puntata", che appesantisce un pochino l'inizio. 
Storia epica e di formazione, con punte (un poco trash) di heroic fantasy (il vermone dell'oasi del deserto), la cui aria di sacralità è inquinata dall'improvviso cambio di disegnatore. 
Non manca qualche forzatura melodrammatica. Alla fine 'sti Kundingas avevano un sacco di pretese. 
Davvero avvilente barra straniante sapere che il loro mistero sarà risolto su "Asteroide Argo" (da Bepi Vigna!).
Nonostante tutto, storia fondamentale e imperdibile. Epocale la copertina del n.36.

[36-37-38] TELEPATIA - LA MENTE CHE UCCIDE - SCANNERS! (Malagutti*-Castelli/Casertano) [*non accr.] {188 pp.}
Ancora USA vs URSS, ancora eresia: anche di questa storia non mi è mai importato granché (non amo gli esper). 
Anche questa è da rivalutare.
Scene cult: Reagan e Gorbacev; il dramma di Maria Ferretti; Chris TowerS (al suo esordio); il flashback di Martin bambino al luna park, rilanciato da AMYS.
Maria Ferretti ritornerà vent'anni dopo in un riempitivo triste.
Il credit a Malagutti è rintracciabile nella bozza dell'Indice Analitico nella Mailing List 'BVZM'.
Seconda citazione di "Scanners", dopo "La sfera di cristallo".

[op1] MARTIN MYSTÈRE 9° (Castelli/C.Villa) {1 p.}
La prima uan peiger non si scorda mai, peraltro questa fa ridere (quando si poteva dare dei "deficienti" a qualcuno senza essere denunciati, per di più facendo satira editoriale). 
Il Martin del futuro è il primo dei troppi Martin alternativi. C'è da dire che Recagno lo ingloberà nella cronologia.

[38-39-40] IL SABBA DELLE STREGHE - IL FLAUTO DI PAN (Pennacchioli-Castelli/C.Villa) {160 pp.}
Da "un'idea" di Pennacchioli, il quale ha preferito usare altre parole. 
Ma che ci importa? È un capolavoro, nei disegni come nell'intreccio (solo apparentemente semplice), dove si mescolano abilmente culti misterici e religioni rivelate, sotto forma di un horror iconoclasta degli anni 1970 (mentre nei 1980 andavano di moda quelli fracassoni). Geniale che una storia sulla religione e sulla fede si riveli essere una storia ecologista e "naturista" (che cosa è realmente importante?). In fondo è una serie che arriverà a dire che il pianeta è un essere vivente, quanto di più pagano si possa concepire.
Scene cult: il poltergeist al supermercato; l'ombra del prete; la gita andalusa; la storia di Pan. (=tutto il fumetto) 
Essendo uno dei Classici più amati, Castelli non l'ha mai contraddetto esplicitamente, limitandosi ad integrarlo in altre trame via via sempre più assurde.

[Speciale 2] IL TESORO DI LOCH NESS (Castelli/Alessandrini) {112 pp.}
Farsa ante litteram, molto sopravvalutata: ristampata a colori, a strisce, in cartonato, nei "Classici del Fumetto". Citata nel primo Special di "Dylan Dog" come "indagine".
Fumetto divertente, ma elementare. Esordio di Dee e Kelly. Unico Special con Orloff (ridicolizzato).
Scene cult: la lotta sul treno; l'haggis; lizardo colubro dicterio neftario. Un altro sommergibile! Il mostro di Loch Ness è una lucertola ingrandita.
Questo tipo di storie diverrà la norma, ma non subito.
Comunque ho poco da criticare: "Spettri, mostri e creature" non l'ho mai letto come si deve (era tutto piccolo popolo e fantasmi, che pizza; che ne sapevo che questo poi faceva "Dampyr"?).

[40-41-42] LA REINCARNAZIONE DI ANNABEL LEE - IL POTERE DELL'IDOLO (Castelli/Bignotti) {176 pp.}
Capolavoro.
L'America lurida e pulitina di Bignotti, e la sua giungla misternoiana (che è LA giungla Bonelli per definizione).
Il genio di scrivere una storia politicamente scorretta, basata sui pregiudizi razzisti classisti e sessisti, per deridere tutti, e di farlo sotto la forma di una commedia-thriller dai dialoghi brillanti.
Terza apparizione per Travis, che diventa coprotagonista e sfodera un'intera sequenza da Doppio Tì (nulla si crea, tutto si trasforma). Era un personaggio stupendo, Travis. Altro che cioccolatini.
Riecco Mister No, che bello rivederlo. È quello di Bignotti, quello vero. Si permette l'accenno ad una storia di Castelli (o l'Eldorado o Macchu Picchu, o quella in edicola contemporaneamente, "Un indio a New York", guarda caso).
La spedizione nella giungla è breve, ma tutto sommato c'era poco da fare.
Castelli sperava di non avere l'occasione di scrivere il seguito, ma gli è andata male.

[42-43] RAPA NUI! - LA GUERRA SENZA TEMPO (Castelli/Ricci) {147 pp.}
Capolavoro (subito un altro?).
Episodio fondamentale, epocale; non spartiacque, perché alla fine Martin non ha ancora capito niente (non ha mai visto "L'uomo di Atlantide").
Scene cult: Kaspar Hauser; "Il prigioniero"; "il più bel fisico dell'università"; l'Isola di Pasqua; i disegni. (=tutto)
Mara Marata è spocchiosa e un pelo (ah ah) razzista, è gnocca e sa menare, è laureata ma emotiva: è un personaggio degli anni 2010.
È una "donna di turno" memorabile per l'utilizzo inusuale che ne fa Castelli, nel momento decisivo.
Ma il vero punto di forza è l'atmosfera sospesa sull'isola.
Hauser compare solo nel flashback nozionistico, quindi gli dedicheranno diverse storie, cambiando ogni volta l'iniziale.
Nella copertina del n.43 Martin è Acquaman.

[43-44] 'MYSTERYLAND' - IL PRINCIPE DELLE TENEBRE (Prosperi-Castelli/Bagnoli) {93 pp.}
Esordio di un artista geniale, capace di trasformare un patacco in un originale. Non la ricordavo così lugubre.
Il parco dei divertimenti nei sotterranei di Napoli non ha il minimo senso, per questo ha senso la collocazione italiana.
Le macchine anatomiche sono un non-mystero, ma riescono a inquietare.
Storiella sfigata, intrusa in un filotto di storie epocali, ma comunque più farina del sacco di Castelli che di Prosperi.
Per me è cult, tiè.

[44-45-46] LA MORSA BIANCA - IL SEGRETO DEL MONASTERO - IL SIGNORE DELLE TEMPESTE (Castelli/G.-G.Cassaro) {210 pp.}
Kolossal Classicone (o Colossal Klassikone) di quelli memorabili loro malgrado, una pioggia devastante di anni 1980.
C'è qualcosa che non sia di culto in questo calderone, a partire da "le trasmissioni riprenderanno domani mattina con 'Televideo'"?
La nevicata su Milano e Como, realmente avvenuta, non è un resoconto storico: è una premonizione! (è avvenuta un mese dopo). 
Martin va a Lomazzo, cioè a casa di Claudio Villa.
La riunione degli scienziati, come in "SOS meteore" di Jacobs (di cui questa storia vuole essere un'espansione).
La prima alleanza con Orloff!
Il ritorno improvviso del nazismo esoterico, che si evolve - in sordina - nel ciclo del "Quarto Reich".
Il ritorno di Reagan e Gorbacioff. Chris TowerS che non risponde al telefono.
E scommetto che nessuno si ricorda che c'è pure Ibn Battuta.
Ma, naturalmente, l'episodio passato alla Storia è la sequenza del "rapimento in Argentina". Non tanto per il modo risibile con cui viene risolto, quanto per l'ansia palpabile provata dai personaggi e trasposta sul lettore, come ben sa chi ha evaso le restrizioni anticoronavirus. Una cosa simile Castelli l'ha fatta pure su "Mister No".
Puffo Mystère posa per la copertina del n.45.
Pur non avendo cronologicamente senso, ho sempre associato il "caso di poltergeist" mai raccontato a "Fantasmi a Manhattan" (versione lunga o breve).

[46-47-48] IL FUOCO CHE UCCIDE - TEMPO ZERO (Castelli/Freghieri) {136 pp.}
E ancora un Grande Classico, "il più amato dai mysteriani", in un filotto che appare inarrestabile.
A Castelli non dev'essere piaciuto il film di "Twilight Zone", allora ne ha proposto la sua versione, tenendosi solo l'amato Burgess Meredith.
Perché questo è: un episodio lungo e con ampio budget de "Ai confini della realtà". (È un complimento, non un insulto.) 
Per l'occasione viene scritturato un altro grande artista, che ci regala una New York cinematografica e personaggi dalla foggia unica, come uniche sono le assurde camicie e i deliranti maglioncini di Martin. 
Travis fa il serio (è un fumetto ad alto budget), Jinx è perfido ma sembra ancora umano, come il primo Mefisto cui si ispira.
Martin fa la vittima, ma fa un lavoro che vorrebbe fare chiunque.
La sua amica Linn rompe talmente tanto che non si vedrà più.
In futuro Dylan Dog leggerà la teoria dell'autocombustione spontanea sull'"Enciclopedia dei mysteri" e ne dirà le peggio cose, eppure qui Castelli la spiega razionalmente (con la solita associazione mentale arguta).
Quindi quello che compare all'inizio de "L'Ombra ritorna" è Bentley? Secondo logica, sì. Allora quel flashback è precedente al 1966, sebbene Mignacco suggerisca gli anni 1970 (Mignacco è capacissimo di fare una cosa intelligente e sbagliata allo stesso tempo).

[48-49-50] GLI ASSASSINI DEL KUNG-FU - SANGUE A CHINATOWN (Castelli/Bignotti) {184 pp.}
Classico dimenticato, che non piace a nessuno. Mah.
Io lo trovo adorabile, la NY bignottesca tutta luci ombre e lerciume, i cinesi politicamente scorretti, Yin e Yang.
Dragon Lady di "Terry e i pirati" che si finge detective dell'impossibile (si finge per finta, lo è davvero).
Travis ormai amicone, che diventa "maledetto rompiscatole". L'arma a raggi finalmente non semplice accessorio (si vede finalmente l'acquario).
Tonnellate di nozionismo affascinante.
È frettoloso il videogioco della tortura? Mah, non mi pare. Quanto doveva durare?
Finale che si ricongiunge a "Grosso guaio a Chinatown", il film rifatto razionalmente, e che si ripercuote su eventi solo apparentemente remoti (la campanella): splendida sensazione.

[50-51] LA FALCE DEL DRUIDO - LA NOTTE DELL'UOMO LUPO (Pennacchioli-Castelli/Casertano) {128 pp.}
Classico della revisione, una delle prime occasioni per Castelli di stravolgere i soggetti altrui.
Casertano diventa quello che conosciamo (prima era acerbino, dai) e l'episodio appartiene al ciclo del "quarto Reich", quindi è indispensabile.
Tuttavia, non amando particolarmente "Asterix", non ho mai straveduto entusiasticamente per questa storia, comunque simpatica e con qualche momento suggestivo. Diciamo che ha soppiantato "Orrore nello spazio" come storia porta-iella, essendosi qui interrotta la CSAC.
Martin non può ricordare la Grande Madre sarda, ma diciamo che è la Madre francese a sbloccargli la memoria, va'.
L'ultima vignetta - appiccicata col biadesivo - anticipa "Capitano Nemo", dove si scoprirà che qui c'è un viavai di androidi, ma per Martin sono "ombre" che "gli pare d'aver intravisto".
Di recente AMYS ha prodotto un breve seguito in prosa.