giovedì 20 maggio 2021

MAGICO VENTO (4)

Magico Vento. Il ritorno #1: La notte della cometa (Manfredi/Perovic)
Nel 2019 Airoldi Masiero Editore si butta sulla nostalgia e sui rilanci delle vecchie glorie. Uno dei primi a tornare è MV, per il quale viene appositamente approntata la Collana Orizzonti, un nome decisamente più orecchiabile di Dylan Dog SuperBook, della quale è la prosecuzione formale. Per Manfredi è l'occasione di rinverdire i propri fasti, dopo i flop economici (e di critica?) di Adam Wild e Shanghai Devil. Ora, stabilito che questa miniserie è la diretta prosecuzione della serie mensile/bimestrale/speciale, e ne è parte integrante, possiamo subito asserire come questo episodio sia uno dei migliori di tutta la serie, e come davvero ne rinverdisca i fasti. Dopo l'inevitabile annacquamento del lieto fine dello Speciale, con la crisi tra Ned ed Estrella (la quale ha subito ripreso il comando dell'hacienda, a contrario di quanto aveva promesso), e colla minaccia di un revival del Serpente Antico, subito si ripropongono prepotentemente le atmosfere migliori dei migliori albi precedenti al #101, e il meraviglioso sincretismo che tanto aveva ammaliato noi sincretini. Dato che è il 1881, troviamo la cometa di Halley, i fratelli Earp, l'OK Corral e lo sciamano profeta realmente esistito, tutti assieme. Mancano solo Andrew Garfield e Tobey Maguire, pardon, Oscar Wilde, ma quelli sono impegnati con le dime novels improbabili. La cosa divertente è che la trama di questo primo albo è subito spoilerata nella rubrichetta, eppure riesce ad intrigare lo stesso. Come se non bastasse, l'artista è persino migliorato ed è subito magistrale. Esilarante il cameo di Manfredi, e ci piace pure questo Ned inacidito. Insomma, tutto questo è davvero un ritorno, nel senso che se ne sentiva proprio la mancanza. Wow.

Magico Vento. Il ritorno #2: Il sognatore (Manfredi/Perovic)
Arte ancora di alto livello, ma con impaginazione ariosa e le famose tavole spettacolari promesse ai tempi del bimestrale. Così, andavano fatte! La narrazione prosegue, seguendo la Storia, ma in modo spiazzante, come ai vecchi tempi. Quindi il faccia a faccia tra Ned e Geronimo non è come lo si immaginava, Geronimo non è quello di Don Rosa, ma il guerriero che sceglie di assaltare Fort Apache. E il profeta viene massacrato in modo sanguinolento, e torna il Generale Crook, ulteriormente migliorato, e la cometa scompare, e alla fine ricompaiono gli Earps, in modo logico, e questo ci spiazza di nuovo. Tutto appare così scontato, in quanto già scritto, eppure così aleatorio e ancora da scrivere, e questo ci appassiona in modo assurdo. Questa miniserie sembra essere ciò che speravamo fosse il finale della serie bimestrale. Ri-wow. Unico neo, l'errore di lettering nella preview. Canzio piange.

Magico Vento. Il ritorno #3: Il fuoco e il vento (Manfredi/Perovic)
"La Storia è affascinante, ma non funziona drammaturgicamente", diceva Walter Hill. Ma Manfredi ha ampiamente smentito tale affermazione, e una volta di più lo fa con questa miniserie. Ogni dannato evento cui assistiamo è una pagina di Storia che si riscrive uguale all'originale, come il Chisciotte di Pierre Menard, con un paio di personaggi di fantasia in mezzo, certo, ma che sappiamo essere ininfluenti. Ma ogni dannato evento cui assistiamo ci sembra nuovo e imprevedibile: noi sappiamo come finirà per i due Earp, ma non sapevamo cosa avessero fatto prima; noi sappiamo di Geronimo e Crook, ma non sapevamo come si relazionavano; sapevamo di Fort Apache, ma non sapevamo di Nochedelklinne; e così via. Fa sorridere che l'unico punto oscuro dell'episodio sia la presenza del volumetto sul luogo della strage indiana: sapevamo che era in mano alla caricatura dell'autore, non sappiamo cosa ci faccia lì (lo scopriamo nell'albo dopo). Un altro ribaltone buffo riguarda il titolo, che non rimanda alla famosa scena del #129, ma a Ned che fa James Bond e fa saltare in aria il fortino, mentre spira aria calda. Il solito cast ben curato (forse salutiamo Chato, unico superstite, redento, dei celebri #82/83, e noi sapevamo che doveva cavarsela, ma non sapevamo perché), la solita arte ben curata, il solito montaggio ben curato completano un altro albo ben curato. Copertina splendida, tra le migliori, nonostante il cavallo abbia un'espressione comica.

Magico Vento. Il ritorno #4: OK Corral (Manfredi/Perovic)
Ventata d'aria fresca - sebbene desertica - nell'asfittico panorama bonelliano post settembre 2011, la miniserie si conclude con la sostanziale ret-con (usiamo volutamente a sproposito questo termine, a noi liberisti nulla è imposto) del primo e del secondo finale della serie (#130 e Speciale): alla fine Ned si mette proprio con Lozen, e vuole pure dei figli! E pure Poe si accasa con la povera disadattata, solo che si ritrova la figlia già pronta. Come sembrano lontani i tempi di Estrella e della solitudine! Eppure era solo quattro albi fa. Ciò che colpisce è che "crescete e moltiplicatevi" era l'insegnamento cristiano-pazzoide del villain! Un finale dunque ambiguo, almeno fra le righe, o forse solo rassegnato. Altrettanto ambiguo è il personaggio di Wyatt Earp, di cui Manfredi dice le peggio cose nella rubrica, ma che nel fumetto è alleato di Ned. All'episodio dell'Ok Corral viene data un'enfasi maggiore rispetto ad altri eventi storici visti in precedenza, con un'abbondanza di coordinate geografiche e temporali inusuale. Il ché è beffardo, dato che tutto l'albo, e quasi tutta la miniserie, non è altro che una lunga sparatoria, con gli Apaches, con i soldati, con i Papago, con i banditi, con la posse, con chiunque capiti a tiro. Chissà se è voluto. Le sequenze più efficaci, comunque, sono quelle mistiche, prima quando Ned esorcizza il serpentone e poi quando gli spappola la testa. Ma sia chiaro che tutto l'albo - e tutta la mini, lo abbiamo già detto - è disegnata con grande entusiasmo e classe e ariosità: è questa l'impaginazione che avrebbero dovuto avere i bimestrali. C'era lo zampino di Bonelli, allora? Inutile domandarselo ora, un'epoca si è conclusa. Il futuro incombe e tocca farsi trovare pronti. Ecco perché anche questo terzo (!) finale di serie non ci sembra affatto definitivo (e infatti non lo è).

(2021)

venerdì 14 maggio 2021

MAGICO VENTO (3)

Magico Vento #102: Il ritorno di Aiwass (Manfredi/Barbati-Di Vincenzo) [1di3 - 1di5]
La "seconda stagione" della serie si apre con un sogno di Ned in cui affronta un suo doppio demoniaco, di modo da chiarire fin da subito quale sarà il leit motiv del filone postbellico. E subito parte un'altra minisaga, stavolta a base di Volta Nera, Hogan, spionaggio, politica e orrore lovecraftiano. Molte cose sono cambiate nel giro di un albo: Fulton è stato sostituito nel ruolo di Capo dei Servizi Segreti dal senatore Milius, un fantoccio di Hogan; Boris l'illusionista (#88) è la nuova spalla di Henry Task/Dick Carr; il nuovo Kadosh della Volta Nera è nientemeno che il dottor Kernan (#74), che ha a sua volta rimpiazzato il tizio del #88; la VN ora fa sul serio e richiama in Terra i Grandi Antichi. E Ned? Privo del potere sciamanico, non vuole avere a che fare con tutto questo, ma suo malgrado sa che deve averlo, e si getta a capofitto nella sfida ai mostri, d'altronde il sogno iniziale non è casuale. Albo decisamente antipoetico e antiemotivo, tutto chiacchiere e distintivo, anche troppo in un paio di frangenti (le indagini di Poe e Task sono abbastanza ridondanti, sebbene logiche). Ma ci fa molto piacere vedere luoghi iconici come lo Smithsonian Institute e il Serpent Mound (e la prossima meta è Providence). Arte meno brillante che in passato, ma solida ed efficace (ci si perdoni la povertà lessicale).  Molto carino il Blizzard a tema weird western, ma in modo quasi psicanalitico, non il solito elenco di opere. 

Magico Vento #103: Appuntamento a Providence (Manfredi/Barbati-Volante) [2di3 - 2di5]
Arte solida ed efficace (e vabbé, abbiate pazienza; mica è colpa nostra) per un episodio di passaggio concepito in modo magistrale. La scena più banale di tutte, Ned che combatte il polipone dentato, è astutamente sbrigata nel mezzo di un cliffhanger e di una copertina, ed è presentata solamente come un inizio in medias res; come a dire che non è mica questo ciò che conta veramente. E infatti poi precipitiamo in un ipnotico labirinto sceneggiatorio e ci troviamo a saltare dall'avventura fantasy di Ned nell'Inferno - labirintico - degli Antichi, con Sethua (dal #66, non cattivo come banalmente ce lo aspettavamo) e personaggi di puro stampo boselliano (praticamente Kurjak e Tesla), alle indagini dei comprimari occasionali, passando per mezzo di Poe ("lo sapevate che il vostro sosia soggiornò a Providence?") ad un vero e proprio racconto nel racconto in stile castelliano dedicato alle origini storiche di Providence e del vampirismo americano documentaristico (cui Manfredi dedicherà pure un libro), ove non manca nemmeno l'orrore marinaresco. E, tra Pirati dei Caraibi, Dampyr, HPL, Supernatural, Gargoyles, Martin Mystère e quant'altro, c'è spazio pure per il fratello di Tecumseh (cioè Cimino e Scarpa), che davvero si credeva un profeta occulto, così la nostra Biblioteca di Babele mentale non può che sentirsi sazia e soddisfatta dell'appagante lettura di un albo, che in realtà, è solo un episodio "di mezzo" di una saga più ampia (nessuno incontra nessuno, vedi titolo). 

Magico Vento #104: Fuga dall'inferno (Manfredi/Perovic) [3di3 - 3di5]
Un altro "racconto nel racconto" dai toni gotici, a sorpresa, svela le segrete origini dell'ospite di Aiwass (in Supernatural lo chiamerebbero il suo "tramite"), il cacciatore di vampiri settecentesco Adam Stewart, una specie di Harlan Draka/Solomon Kane corrotto; assistiamo, così, alla nascita della Volta Nera (un po' dimessa, a dire il vero; e quindi il panzone è davvero un pezzo grosso? mah). Ma questo è un inserto in una quadrupla vicenda di azione (Ned che fugge dall'inferno coi suoi amici mostri, Poe che chiacchiera e ascolta storie, le spie che incastrano i cospiratori, i due comprimari che si mettono in mezzo) che converge nel convulso finale in cui il ramo sclerato della Volta Nera sembra essere stato sterminato, Henry Task viene sparato in fronte ma non è si è fatto nulla (colpo di scena gratuito) e Aiwass si reincarna nel doppio malvagio di Ned (ma è Ehecatl?), a chiudere circolarmente tutta la storia (il sogno non era casuale). Chiudere per modo di dire, naturalmente. A parte Aiwass, si glissa spietatamente anche sul destino di Kernan, presumibilmente rimasto crocifisso in sala ammenda. Altrettanto cinico è il teaser di Boris che si frega l'artiglio Antico. L'arte fa tutto ciò che le viene richiesto, con perizia, cura e alta professionalità.

Magico Vento #105: Il volto del Male (Manfredi/Ramella) [1di2 - 4di5]
Albo di passaggio/mozzafiato che ci si ritrova a seguire con apprensione/interesse. I due Magici Venti (Ned e Aiwass) sono interconnessi e hanno reciproche visioni a distanza dei rispettivi "alter ego", il ché genera una serie di equivoci drammatici quando Aiwass umilia Hogan facendosi passare per Ned e viene poi catturato dai militari. Ma è molto intrigante anche il sestuplo (ho perso il conto) gioco spionistico dove ognuno complotta con qualcuno e contro qualcun altro: Poe, Task, Puck, Milius, e soprattutto Boris, dato che il tutto si basa su di una assurda ellisse narrativa tra la conclusione dell'albo precedente e l'inizio di questo: Boris non si era ciulato l'artiglio? perché lo ritroviamo prigioniero dei mafiosi di fiume? Lo spettro del tradimento aleggia veramente per 128 pagine, e soltanto nelle ultimissime due vignette sembra sciogliersi... oppure no, perché la storia si interrompe. Ma insomma, è così che si fanno i fumetti seriali! E non è solo tutto inganni e parlamentazioni, anche se ci fa piacere vedere (per l'ultima volta?) uno stanco Fulton: a ricordarci che tipo di fumetto stiamo seguendo da centoepassa numeri è l'esemplare vicenda in cui Ned ruba un treno col negretto, e gestisce in modo verosimile il "treno impazzito" (rifornimenti, stazioni grandi, stazioni piccole, telegrafi), per ritrovarsi quindi in mezzo allo sciopero dei ferrovieri, che riesce a rigirare, ma senza ingannare nessuno, a suo favore. Divertente e appassionante. Arte che, con la scusa dei personaggi che devono sembrare qualcun altro, si lascia andare a qualche vignetta sghimbescia, ma che nel complesso svolge il solito lavoro impeccabile.

Magico Vento #106: Scontro finale (Manfredi/Siniscalchi) [2di2 - 5di5]
Finale di saga e di gran parte delle trame spionistiche. Ned elimina Aiwass - il quale ha avuto l'onore della copertina - dopo un lungo andirivieni di equivoci e scambi d'identità. Ci lasciano le penne anche Milius e madre e soprattutto Fulton, che avevamo scoperto a capo della tresca di Boris e segretamente ancora in attività. Beh, stavolta non lo è più per davvero, e un po' ci dispiace, sebbene in questa ultima apparizione appaia meno simpatico delle altre volte. Alla fine la saga "American Gothic" (più che "lovecraftiana") ritorna all'origine di tutto, cioè a Poe (Edgar Allan) e al suo William Wilson, il racconto alla base della dualità Ned/Aiwass, e che Poe (Willy Richards) trasforma nel "racconto nel racconto" di turno. Tuttavia, Manfredi, con nostro dispiacere, gioca poco sulla possibile malattia mentale di Ned (e sulla conseguente inesistenza di Aiwass); in compenso regala una bella sequenza concitata nello scontro finale (appunto) con scene d'azione fatte come si deve. Ad aiutarlo, i disegni di una new entry, il cui stile, all'epoca della prima pubblicazione dell'albo, rappresentò un vero e proprio colpo di scena: l'artista, infatti, si impegna in una notevole mimesi dello stile "magicoventiano", sforzandosi di integrarsi al massimo nei canoni della testata, e riuscendoci al primo colpo, tenendo presente soprattutto la lezione di Parlov, il cui vuoto va dunque a sopperire. La sequenza "di adattamento letterario", invece, è degna delle riviste di fumetti degli anni 1970-80, con ombreggi e tratteggi della scuola più classica: Breccia, Trevisan, eccetera. Naturalmente, la Volta Nera non è completamente defunta, "sennò è finita la serie", ma insomma, poco ci manca. Il turning point più clamoroso è il possibile ritorno in piene forze di Hogan, di cui Ned - ricercato dalla Legge e prossimo all'autoesilio - ha una apposita visione mistico-infernale. La rubrica a base di Massoneria, Aleister Crowley e Wild Wild West è la ciliegina su di una torta romanzesco popolare-esoterica che ci siamo sbafati con gran goduria fino alla sazietà.

Magico Vento #107: Vampiri cinesi (Manfredi/Leomacs)
Episodio dalla duplice natura: è un riempitivo autoconclusivo di stampo etnografico, e difatti è stato antologizzato nei 100 anni di fumetto italiano; ed è una postilla al ciclo appena concluso, in cui Ned è un pesce fuor d'acqua (San Francisco), confuso e svuotato, capace di riacquistare lucidità soltanto dopo essersi lasciato guidare dal Tao. Yin e Yang dentro e fuori, dunque, il tutto nella forma di un rocambolesco action "sinolliwoodiano", in cui spicca soprattutto la sequenza dello scontro tra polizia e manifestanti populisti. In particolare, da questa sequenza in poi, l'artista si rifà esemplarmente a stampe ed illustrazioni d'epoca, facendo sentire la propria mancanza già al termine dell'albo: è l'ultimo da lui disegnato (il fottuto Tex si è ciulato anche questo). Da notare che, all'epoca dell'uscita del fumetto, fu ristampato Magia rossa, il primo romanzo di Manfredi, a dare una maggiore circolarità al background di tutto questo lungo ciclo gotico.

Magico Vento #108: L'esilio (Manfredi/Talami-Biglia) [1di2]
Finalmente a casa: Ned e Poe da Toro Seduto, coinvolti in una vicenda losca tra soldati e fuorilegge, in mezzo a beghe tra tribù indiane. Eppure siamo all'estero, in esilio in Canada, appoggiati solo dal Maggiore Walsh delle "Giubbe Rosse", e siamo noi i profughi che danno fastidio agli autoctoni. Cosa può dirsi "casa", in fondo? Certo non quella dove abito io, dove ho un esaurimento nervoso al giorno. La sensazione di "domicilio a rischio" è magnificamente resa, soprattutto nella scena in cui Ned osserva alberi giganteschi ancora intonsi: il bosco dove mi ero rifugiato io negli ultimi tempi, invece, è stato raso al suolo. La vicenda non è particolarmente elaborata: i Métis trafficano con i fuorilegge americani e tutti odiano gli inglesi ma fanno le spie per loro. Eppure l'albo si legge ipnoticamente dall'inizio al cliffhanger conclusivo. A capo dei fuorilegge, infatti, c'è nientemeno che Jordan Freeman, il pistolero del #17, che - cognomen omen - sembra aver creato una piccola utopia di criminali. Splendida la sequenza in cui ripercorre la Storia dei duelli con la pistola (e dire che Ned ci si abbiocca). Arte efficace e tutto il resto.

Magico Vento #109: La pista dei fuorilegge (Manfredi/Barbati-Volante) [2di2]
Disegni industriali ma funzionali, e viceversa, per la conclusione della storia dell'Outlaw Trail, la pista del titolo realmente esistita, da cui si originerà il "Mucchio Selvaggio". La cronologia storica impedisce - per ora - alla serie di occuparsi del mito di Butch Cassidy e Sundance Kid, per cui Manfredi lo reinterpreta a modo suo, da qui tutta questa vicenda della "comunità di banditi leali" con a capo Freeman e Chucka (#92). Quest'ultimo, però, cambia - forzatamente? - carattere rispetto alla precedente apparizione, e diventa il villain della situazione, mentre Freeman vince l'ultimo duello (con un aiutino di Ned, naturalmente). Anche Walsh - uno dei "buoni" - non è presentato proprio come un individuo piacevole, ma è senz'altro uno dei pregi di questo fumetto il mettere in scena personaggi mutevoli. Il tutto viene comunque risolto da un Ned "andreottiano", amico "honoris causa" di tutte le parti in gioco (almeno 4: i Sioux, gli inglesi, i Métis e i banditi), anche se, come di consueto, le pistolettate mettono a tacere le parlamentazioni. Le sequenze migliori restano la conclusione della "Storia del duello nel West" di Freeman e l'incubo allegorico di Ned, in cui Freeman fa il Buffalo Bill ed espone tutti, da sé stesso a Chucka all'ingenuo Toro Seduto, al ludibrio della Regina Vittoria.

Magico Vento #110: Le cannibali (Manfredi/Siniscalchi)
Si conclude la trasferta canadese: l'autore ce lo aveva anticipato nelle rubriche; a leggere l'episodio non lo avremmo immaginato. Albo che prosegue il discorso sulla bipolarità: è sia un riempitivo etnofolkloristico che la pura e semplice prosecuzione dei due numeri precedenti, di cui ritroviamo ancora l'intero cast. Dopo i chiarimenti tra Sioux e Métis, è la volta - non nera - di quelli tra Sioux, Métis e Cree, oltre che di un discorsetto pacificatore tra Poe e Welsh. Ed è bipolare perché Ned sconfigge i "monsters of the bimonth" solo con la furia berserker. La vicenda della strega Dzunukwa è gradevole come lo sono tutte le storie di naturismo a 360°, tra boschi e nudità assortite. Purtroppo, a causa della nostra ignoranza, soltanto nella rubrica conclusiva ci accorgiamo che Papà Castoro e Anahareo sono modellati su personaggi storici a scopo prefigurativo (in quanto vissuti in epoca più tarda): lui è addirittura Gufo Grigio. Arte che appare già veterana. E col numero dopo sono dieci anni di MV: la celebrazione dura lo spazio di uno specchietto.

Magico Vento #111: Lo zoo di Kelly (Manfredi/Perovic)
Decennale della serie, celebrato nel Blizzard. Manfredi interpreta l'evento come un omaggio al western crepuscolare, o al western tout court, in un episodio dalla trama "texiana", che, difatti, gli è valso l'inserimento nell'antologia dei 100 anni del Fumetto Italiano. Eppure è un episodio in piena continuity: scopriamo che Poe è un free lance a spasso, e lo vediamo, alla fine, fondarsi un suo giornale a Helena nel Montana (la cosa ci piace perché è da queste parti che iniziò Ken Parker); vediamo Ned decidere di tornare nelle Black Hills, al termine di una ennesima vicenda che lo ha visto pragmaticamente stanco, giudiziosamente istintivo (fa lo scalpo a un tizio!), umanamente diabolico (di fatto, commette una rapina); soprattutto, assistiamo alla triste morte di Jordan Freeman, ammazzato dalla puttana negra e traditrice, una versione un poco più emotiva della morte di "Wild Bill", il cui significato simbolico era comunque lo stesso. Arte sempre solida e tutto il resto, però questo è il primo numero in cui troviamo piccoli errori di lettering e non solo (in una pagina i baffi di Freeman sono bianchi): Canzio era stato pensionato l'anno prima e Manfredi stava lavorando massicciamente a Volto Nascosto; anche questo, a modo suo, un segno dei tempi.

Magico Vento #112: Alice nel buio (Queirolo/Ramella)
Iniziato Volto Nascosto, Manfredi ha bisogno di aiuto. Per l'occasione, torna alla sceneggiatura di fumetti, dopo molto molto tempo, una vecchia gloria degli anni 1980, ovvero il curatore della serie. L'episodio, naturalmente, è un riempitivo puro e semplice, ma per circa metà dell'albo interessante e rilassante. Dopodiché subentrano alcune trovate allungabrodo, quali la mafiosa chiattona con i figli babbei, il ritardato, Ned colpito alla testa per l'ennesima volta (il ché serve solo a rammentarci che da una vita non si parla più della placca che aveva nel #1) e così via, alla fine muoiono tutti e amen. Il rapporto con la bambina, pure, non è particolarmente sviluppato. Ci piaceva invece l'idea del Ned braccato dai militari rancorosi, anche perché - teoricamente - c'è sempre un mandato di cattura nei suoi confronti, ma l'evento, anche in questo numero, viene messo da parte come fosse un peso ingombrante. Non si capisce nemmeno se Ned perda davvero la taglia guadagnata nel #111. Essendo tutto riempitivo, il Blizzard è già proiettato alla doppia successiva, e ci racconta la Storia e la Gloria di Deadwood, mentre la rubrica della Posta ci rivela le segrete origini dei termini "Hoka-Hey", "Ok" e "Augh".

Magico Vento #113: L'ora dei vigliacchi (Manfredi/Biglia) [1di2]
Copertina che, curiosamente, copia pari pari una vignetta "di passaggio" dal fumetto interno. Altrettanto curiosamente, nelle primissime pagine l'arte sembra avere qualche difficoltà col ciccione pelato, un neo nella solita arte solida che ben conosciamo, e curiosa - per i canoni della serie - è la scelta di dare volti VIP a certi comprimari. Anche l'episodio è curioso: è un vero e proprio giallo "whodunit", dove si entra ed esce in continuazione da Deadwood per scoprire chi ha maciullato la vedovella e le sue figlie. Ned, Poe e Jack Crawford, il cowboy poeta (che solo adesso, curiosamente, ci sembra ispirato a due personaggi storici) indagano per tutto l'albo, alla fine mettono insieme gli indizi disseminati da Manfredi e scoprono il colpevole. Ma la puntata è finita, la cattura slitta di un albo. In tutto questo, però, non manca l'approfondimento storico, etnografico e psicologico che tanto ci piace (ma forse non piace a Ned). E questo nuovo pazzoide, che ad un certo punto sembrava il "figlio della tredicesima luna", ci sembra già un personaggio molto interessante. A rendere curioso anche l'oggetto albo, un Blizzard "per appassionati forti", in cui Manfredi riporta nel dettaglio due episodi di cronaca nera del West, come se fossero la cosa più interessante del mondo. Una curiosità: Poe entra nella visione di Ned a causa del wifi dell'amuletofonino.

Magico Vento #114: Il segreto e la colpa (Manfredi/Barbati-Spadoni) [2di2]
Arte funzionale allo scopo, ma tra le più sgraziate viste fin qui, con un irriconoscibile Cuore Intrepido e un Poe con la parrucca. Il sorprendente giallo prosegue a sorpresa, cioè spiegando e demistificando ogni cosa: il colpevole è proprio quello lì, i complici sono proprio quelli lì, i ricchi sono proprio odiosi ma innocenti, i codardi sono proprio codardi, e ognuno ammette le sue colpe con laida franchezza. Ned ne resta alquanto turbato, mentre il lettore si ritrova più nel povero Poe, costretto a corrergli dietro. Eppure, questa storia riesce comunque ad essere una ennesima svolta, quando scopriamo le segrete origini di tutto l'affaire e ci ritroviamo davanti a Buffalo Bill e al famoso episodio di Mano Gialla. In un sol colpo capiamo tutto: da Troppe Lacrime a Jack Crawford. E, ancora una volta, restiamo ammirati da come, in questa serie, i flashback riescano a raccontare eventi prossimi ed ordinari come fossero l'evocazione magica di un passato ancestrale e mysterioso.

Magico Vento #115: Il sole sbarrato (Manfredi/Siniscalchi)
Episodio tutto continuity per veri appassionati. Ned torna nella sua tribù adottiva, dove reincontra tutto il vecchio cast: Nuvola Rossa, Daino Rosso (il casus belli di turno), Coda di Toro e la povera Rifiuta-Di-Smettere, che scopriamo avere perso un figlio; davvero un personaggio da "anime letterario", di quelli a cui capitano tutte le disgrazie possibili. In seguito, Ned va alla caccia dello sciamano che accompagnava Cavallo Zoppo (nientemeno) prima di lui, e da lì si imbatte finalmente in Hogan, guarito e ringiovanito dal serpentone Antico. Una lettura trascinante, che cede a qualche trovata da "dime novel", come Ned gironzolante col corpo astrale o il suo cavallo che gli obbedisce tipo Dinamite, disegnata in modo nervoso o rassicurante, a seconda della situazione. Bello il simbolismo del sole sbarrato, dalle numerose interpretazioni, tutte rigorosamente ponzate  da personaggi intelligenti a favore di lettori consimili. E quindi Hogan, in cambio dei superpoteri, deve fare un favore ai mostri. Se non è feuilleton, questo.

Magico Vento #116: Showboat (Manfredi/Talami-Volante) [1di2]
Epocale incipit nella sede della Pinkerton, dove Poe prova macchina da scrivere e telefono, osserva l'urbanizzazione accelerata di Chicago e impara da Little Boy cosa significa tenere un archivio digitale (cioè di impronte digitali): è la cornice dell'albo, grazie alla quale veniamo a sapere che Hogan, a Saint Louis, ha il telefono intercettato. Ma a Saint Louis c'è anche Norma Snow, che vuole mettere in scena l'Otello con un predicatore negro e scandalizzare i perbenisti: per quale motivo? Forse per dare un maggiore significato all'avventura riempitivo di Ned, che occupa tutta la polpa dell'albo, nella quale il Nostro scorta quattro mignotte, un negro cieco e un bianco pirla, salvando loro e una congrega di battisti interrazziali, facendo una strage di latifondisti sudisti razzisti. Naturalmente le mignotte sono ben caratterizzate e Ned si fa la leader tutta peperino. Arte puntigliosa che aiuta e invoglia alla lettura.

Magico Vento #117: L'ultimo spettacolo (Manfredi/Perovic) [2di2]
Altra arte precisa, priva di virtuosismi inutili, che bada al sodo, per un episodio tutto continuity che è la seconda parte di una doppia, l'episodio di passaggio di una minisaga, un albo di svolta per la serie. Norma Snow, infatti, scopre che la sua assistente, Rita (#36 e #37), è stata l'amante di Ned, quindi sclera e la uccide. Dopodiché, il giovane e demoniaco Hogan, uccide lei. Accipicchia! Ma non basta, perché Ned lo scova, ma Hogan fugge col sottomarino (!) e scappa nel Mississippi, e Ned deve inseguirlo, quindi la storia si conclude a metà. Come ciliegina sulla torta, Poe incontra Pulitzer e inizia a collaborare col suo giornale. Come sfondo a tutto questo, le prime rivolte razziali, con i poliziotti che sparano ai negri. Raccontare il passato per prevedere il futuro.

Magico Vento #118: Exodus (Manfredi/Barbati-Spadoni)
Quello che mi piace di questa serie è il suo rifarsi a una visione sincretistica della Storia. Ned insegue il sommergibile, ma è il 1879, quindi incappa nel tizio che aveva fatto la traversata a nuoto della Manica, che si allena con la tuta, e poi nell'esodo dei negri del Mississippi nel Kansas (cui è dedicato l'interessante approfondimento). E quindi si sente coinvolto, si unisce a loro, Little Boy addirittura rinunzia a fare l'agente segreto per seguirli. E Manfredi ci racconta questa pagina di Storia vera, ma con lo spirito di 007, e allora ecco Ned aggrappato al sottomarino oppure il carro con il trucco della pece (e non dimentichiamo che i carri più grossi vengono già chiamati "furgoni"). E poi scenette buffe, tipo Task coi cannoni del battello (e quindi Don Rosa, eccetera). E certo, i barconi di profughi respinti sanno anche di modernismo, ma se la Storia si ripete mica è colpa dell'autore. Perciò il tutto, l'insieme, appare realistico, e quando arriva la preview che annuncia Jesse James, si avverte un brivido di logica, quel piacere, unico nel suo genere, che si prova quando ogni cosa pare al posto giusto. "Eh sì, a quel tempo c'era anche Jesse James. Wow". Noi sincretini siamo così. Detto ciò, arte industriale, ma Manfredi ci aveva avvertito.

Magico Vento #119: Ucciderò Jesse James (Manfredi-Queirolo/Ramella)
Episodio "dovuto", Jesse James non poteva mancare. Però Manfredi è impegnato con romanzi e altri fumetti, così affida la dettatura al curatore della testata. La differenza non si nota. Certo, Poe sembra un poe foesso, mentre Ned sembra parteggiare un po' troppo per il Jesse James stanco e malato, e tratta troppo male il povero Task. Ma insomma, anche quando sceneggiava il capo li abbiamo visti agire come testoni. Arte sobria e posata che ci immerge nella storia. La caccia a Hogan è tutt'altro che finita, ma nella Posta Manfredi pare già voler mettere le mani avanti e far capire che manca poco alla fine, senza però dichiararlo esplicitamente. Ci piace, comunque, vedere ancora un po' di "vecchio West" mentre il progresso scalpita furioso, deciso a travolgere tutti, come un sommergibile da inseguire: che è anche il senso filosofico - posticcio - della sfida tra James e Pinkerton (e tra Ned e Hogan).

Magico Vento #120: Nella terra dei tiranni (Manfredi/Siniscalchi)
Di nuovo un episodio/svolta, che prosegue la trama orizzontale: meno male che colla bimestralità dovevano prevalere gli autoconclusivi! Così capiamo perché Martin Mystère ha scelto la via opposta. Non c'è Bene senza Male, né viceversa, come ci spiega tutta la questione del cerimoniale Natchez. Ed ecco perché Hogan fa quel gesto benevolo, per diventare ancora più demoniaco. Stona un pochino il balloon di pensiero ("Buono io?") che Manfredi gli appiccica sopra, in una narrazione per il resto sempre trascinante e beffarda, in cui Task cade e si rialza e dove, per l'ennesima volta, rimaniamo preda delle trappole dello sceneggiatore/prestigiatore, che promette sempre una cosa per darcene poi un'altra. Divertente la scenetta della fiaschetta che cade proprio sul sottomarino, mentre la bisbetica simpatica è un personaggio da telefilm (nel senso che è copiato da un telefilm che non mi sovviene). E Ned? Arriva troppo tardi e pare quasi arrendersi: è evidente che debba accettare il suo "lato oscuro" berserker; a dire il vero, pareva averlo già fatto (infatti quando vola col corpo astrale è demoniaco; boh). Ma più di tutto questo, a stupire è l'arte, davvero eccellente: questo è già l'erede di Parlov.

Magico Vento #121: La regina degli zombi (Manfredi/Talami-Biglia)
Ed eccoci a New Orleans, terra di Classici texiani e zagoriani: vi ritroviamo vecchi amici, come il Baron Samedì e Damballah Guedé, ma soprattutto abbiamo l'occasione di rivalutare in importanza la storia dei numeri #6/7, che finora non ci eravamo filati più di tanto. E invece: la presenza della sorella di Beaumont non è solo un occhiolinare ai fans elogianti/elogiati nella rubrica della Posta, ma non sembra ora essere un caso che fu proprio Beaumont ad eliminare Cavallo Zoppo, il padre putativo dell'eroe della serie. In realtà, lo stesso eroe dedica alla questione un paio di vignette, ma è giustificato dalla battaglia supereroistica prevista dal copione. Lo scontro con la tizia del titolo è dunque tutto uno spararsi raggi dalle mani e dagli occhi, e Ned, che unisce il potere dell'orso/berserker a quello dell'aquila/Grande Spirito, diventa praticamente Goku Pokemon, però gli zombi di Manfredi sono quelli classicissimi che si muovono piano e gli artisti riescono abilmente a rendere l'idea del "rallenty", quindi alla fine la lettura diverte ed intrattiene. La sensazione - già dalla prima apparizione del sottomarino, in realtà - è comunque quella di essere arrivati alla fine del viaggio, e che ogni istante di queste ultime battute debba essere goduto senza brontolare eccessivamente. Ma se proprio dobbiamo farlo, non possiamo non notare che un albo che si conclude come si conclude questo non può esattamente essere considerato autoconclusivo.

Magico Vento #122: La notte degli alligatori (Manfredi/Barbati-Spadoni)
Tutte le premesse giungono a conclusione: Manfredi annuncia la chiusura della testata e Ned sconfigge Hogan. Che altro resta da dire? Qualcosina ancora c'è. Come tutti gli hype hyperpompati, anche questo si sgonfia un poco, e quel faccia a faccia tra eroe e villain appare breve e "banale", rispetto a tutto il cucuzzaro che ci era stato mostrato finora. Ma forse è giusto così: gli yuppies sono dei coglioni, e Hogan era certamente uno yuppie, perlomeno in questa sua ultima incarnazione. Inoltre, l'albo non è affatto povero: tant'è che tutta la prima metà e poco più è una eccellente variante sul tema "avventura bonelliana nelle paludi del Sud", raccontata con una chiave che su Tex e Zagor e company non avevamo ancora visto (i cacciatori di alligatori, la tribù dimenticata). Solo gli zombi fluttuanti rimangono in secondo piano, complici dei disegni che, nelle sequenze concitate, sbandano un poco (la pagina-clou in cui Hogan viene sbranato è bruttarella). Ma a corollario abbiamo il colpo di scena di Task che ritorna alla sua connotazione originaria (nessuno lo ricorda più, ma lui è Dick Carr, che era cattivo), per un'altra chiusura circolare, e scappa col sottomarino per fingersi Hogan. E, soprattutto, il Blizzard ci fa apprezzare tutto l'insieme "magitecnico" alla base della serie, facendoci capire finalmente il senso del viaggio verso Sud (e, di riflesso, della storia dei #82/83, l'unica rimasta ambigua). Così, anche la possibile "svolta Jodorowsky", verso una chiusura improntata allo sciamanesimo "puro", suggerita dalle preview, acquista maggiore significato (e pompa l'hype). Insomma, un po' di stanchezza da parte di Manfredi si avverte già da qualche numero, e probabilmente la scelta di puntare sulla regia cinetelevisiva (l'abbondanza di quadruple panoramiche post #100) gli si è ritorta contro, ma non si può dire che la collana sia arrivata alla fine stremata, anzi.

Magico Vento #123: Sentieri di sangue (Queirolo/Biglia-Barbati-Ramella)
Riempitivo! Manfredi ci aveva avvertito, e lui mantiene sempre le promesse. Riempitivo in continuity, nel senso che da qui Ned si avventura in territori texiani, però restiamo comunque un pelo delusi: il titolo e la splendida copertina si prestavano bene ad un episodio sciamanico-intimista. La sequenza del diluvio desertico, invece, dura pochissimo; poi subentrano i soliti freaks di Queirolo - il grassone e la nana - e dei personaggi molto cinici e pulp, cui Ned risponde con ulteriore cinismo e sangue freddo. Dopo Jesse James, l'autore tira in ballo Billy the Kid, ma solo come presenza aleatoria e di contrasto, con il fuorilegge vecchio che forse aveva fatto Alamo. Ramella è il disegnatore prediletto da Manfredi: per fargli fare subito gli albi più importanti, questo ad un certo punto (quale?) gli viene sottratto, e le matite vengono affidate ad altri due, che tuttavia non si distinguono (cosa che, in teoria, è positiva). Rubriche dedicate al gentil sesso, cioè riempitive anch'esse (scherzavo, posate il mattarello... pardon, le colt).

Magico Vento #124: El Ciego (Manfredi/Perovic)
Poe si perde nel deserto e raggiunge Crook, ma questo è solo un breve inserto in un episodio che omaggia gli "spaghetti western", nella rubrica come nel fumetto, con tutte le cose che piacciono a Boselli: i mexicanos, gli indianos, i vaqueros, i desperados, i caballeros. Ned fa il vendicatore e aiuta i poveri. Naturalmente alla fine rimane momentaneamente cieco, perché uno dei suoi nemici è cieco, e può fare il parallelismo, ma noi avevamo già capito che la cecità era una chiave simbolica eccetera eccetera. In una vicenda tutto sommato classica e rassicurante, ci ha disturbati soltanto l'utilizzo dimesso del giovane sciamano Apache, che sembrava averci i poteri come Ned, ma poi Ned decide che è solo un vile arrivista, allora muore. Come se tutti potessero allargare le braccia e illuminarsi per magia alla vista di un'aquila. Forse l'autore ha cambiato idea in corso d'opera? Un altro indizio a proposito di questa tesi appare nel finale, quando si scopre che Ned si era presentato a tutti come Shado (#30), ma fino a quel momento non se ne era accorto nessuno. L'artista è ormai quello di riferimento per Manfredi.

Magico Vento #125: Skinwalkers (Manfredi/Nespolino)
A pochi albi dalla fine, un esordio: prova buona, con qualche vignetta da rifare qua e là (qualche anatomia). Forse su Volto Nascosto ci era piaciuto di più. Memore del buco di sceneggiatura precedente, Ned si presenta esplicitamente come Shado, porgendo la mano. Piacere nostro. Episodio in stile X-Files, che riprende e omaggia i primi albi della testata, quelli di Ned contro il monster of the month. Qui i months sono due, ma il concetto è quello. Scopriamo che queste creature Navajo le conoscevamo dai tempi della Mesa dell'incubo di Indiana Pipps: forse è il caso di renderlo noto anche all'autore di quella storia, che le chiamava "lupi mannari" (ma non aveva del tutto torto). Ned, invece, scopre di avere ancora i poteri, dopo aver sterminato i mostri diventando più mostro di loro. Poi ci dovrebbe sempre spiegare perché ad un certo punto si è fissato di dover raggiungere gli Apaches, ma questa, lo supponiamo, sarà un'altra storia.

Magico Vento #126: Il covo di Victorio (Manfredi/Della Monica)
Ad ancora meno albi dalla fine, un altro esordio: ma, sorpresa!, è un veterano bonellian-texiano; che bello trovarlo qui! Eccelso artigiano, è subito a suo agio anche con questo cast. Un fuoriclasse capace di disegnare tutto. Certo, l'episodio è un pizzico diverso dagli ultimi, Ned è il comprimario e si riappropria del ruolo principe soltanto alla fine, quando - finalmente - arriva l'acclamato Victorio.  Il resto, invece, è quasi tutto dedicato a Poe e a Crook, ora barbutissimo e apparentemente meno rognoso, e al colossale omaggione bonelliano della cavalleria e degli Apaches e di Hondo (che fa il traditore). Disperatamente, Manfredi utilizza queste ultime rubriche per dimostrarci che il "uester" non è morto e sepolto, ma già con questi fumetti aveva raggiunto l'obbiettivo. Quando, poi, Ned trova i graffiti degli Antichi, lo colleghiamo a quell'anticipazione del series finale buttata di soppiatto nella Posta, e capiamo di più il senso di tutto questo viaggio verso Sud (è la prosecuzione di quello prima). Non solo: nella più pura tradizione del fumetto italiano, impariamo qualcosa divertendoci, nello specifico come ammansire un serpente. Davvero non possiamo volere di più.

Magico Vento #127: Gli occhi del falco (Manfredi/Siniscalchi)
Arte di alto livello, ma meno parloviana, per l'ultimo episodio "normale" della serie. Ed è un altro western con tutti i crismi: i ricchi e i poveri, il deserto e le pozze, i soldati e i fuorilegge, i bianchi e gli Apaches, le sparatorie e il misticismo. Ned, sempre più pesce fuor d'acqua, posseduto dal vendicativo Mangas Coloradas, arriva a mitragliare con furia cieca, e forse per questo ritrova poi il Grande Spirito (rappresentato da Cavallo Pazzo, disegnato però in modo improprio), che lo riconnette alla Natura. Ed ecco che Ned può fare quel che Java di Martin Mystère (citato nella Posta) faceva per diritto di nascita, legarsi a un animale e vedere coi suoi occhi. Ma è un caso che l'animale sia un falco anziché un'aquila? Forse è una questione di lana caprina. L'ultima striscia, un po' pacchiana, sa quasi di finale consolatorio, buono per chi non accetterà l'epilogo ufficiale. Invece le amuletochiamate finalmente riescono ad avere quel minimo di fascino evocativo che avrebbero dovuto avere anche in passato. Giusto in tempo. La rubrica, non sapendo più a cosa aggrapparsi, ci parla dei western di Salgari. Il commento sembra quasi negativo, ma di tutto questo iniziamo già a sentire la mancanza.

Magico Vento #128: El Camino del Diablo (Manfredi/Barbati-Ramella) [1di3]
L'inizio della fine, e per l'occasione ai pennelli si ricompone il duo simbolo della serie; e noi che pensavamo a Frisenda o Parlov o Mastantuono. Magicamente, sembra non essere mai stato separato e ci immerge negli ambienti texiani della storia ("a sud di Nogales"!). Albo corale, dove molto spazio è dato a Poe e a Crook, una "strana coppia" a cui ormai siamo quasi affezionati, e alle donne che si contengono Ned: la sorella sciamana di Victorio, Lozen, i cui poteri ci sembrano sempre esagerati; ed Estrella, una sciacquetta ispanica qualunque. Ned sembra aver scelto la seconda, e la cosa, per il momento, non ci entusiasma particolarmente. Manfredi lo aveva detto, nella Posta, che senza Poe la serie non sarebbe stata la stessa. E ci piace notare come questo Crook più vecchio e barbuto sia decisamente più interessante di quello "cattivo" dei tempi di Custer. Tutto questo è comunque spazzato via dal finale (momentaneo), in cui finalmente, dopo centoventotto albi, lo vediamo per davvero, il "magico vento", il monsone di fuoco evocato da Ned+Lozen+Oshea, che nei disegni però sembra di polvere, ma comunque supereroisticamente suggestivo. E il "camino del diablo"? Quello si vede poco, invece, ma la speranza che i #82/83 non siano stati inutili continuiamo a coltivarla.

Magico Vento #129: L'aquila e il serpente (Manfredi/Perovic) [2di3]
Alla fine, non poteva che finire così: con un albo spiazzante, deludente, sorprendente. Niente #82/83, niente Jodorowsky, niente sciamanesimo intimista, niente elogi e fanfare. Solo un altro western/southern, tra rurales e revolucionarios, messicani e gringos, deserti rocce fortini e missioni. E, certo, abbiamo la chicca conclusiva di Ned e Task che si scambiano le facce, davvero soddisfacente ripensando all'esordio di Dick Carr nel #24; bilanciata, però, dalla marcia indietro clamorosa operata su Task, che scopriamo essere subito rinsavito e reintegrato, che cozza paurosamente col voltafaccia con cui l'avevamo lasciato. Questa sembra proprio una sottotrama abortita causa cancellazione dello show. Confidiamo, invece, che le spiegazioni sulla ricomparsa dell'artiglio Antico in mano a questo Julio e alla sua megera, arrivino nell'ultimo numero. Naturalmente, c'è tutta la simbologia a cui siamo abituati, dietro a questo series finale - Ned è l'aquila indiana, il cattivo è il serpente maya - ma certo questo "Hogan messicano dei poveri" non avrà il tempo di farsi conoscere e apprezzare come quello ricco e wasp. Si conferma, dunque, un finale di serie quasi estraneo alla serie stessa, strano e straniante, eppure cos'altro è Ned se non un "uomo strano"? Quindi, possiamo dire, è il finale più giusto. Strano ma vero! Arte in cui, a volerla vedere, si ravvede una certa fretta di concludere, ma comunque di buon livello. Rubrica dedicata all'ultimo saluto a Custer e a Crook (ed era ora che costui avesse le sue 15 righe di celebrità).

Magico Vento #130: Ultimo atto (Manfredi/Barbati-Ramella) [3di3]
La serie si conclude come, ormai, doveva e non poteva che concludersi: Ned non riesce a cambiare la Storia e si ritira, consolato da Estrella, dopo aver eliminato Hogan definitivamente. Addirittura la copertina ci spoilera la scena-clou. Eppure, durante la lettura, rimaniamo come color che son sospesi, alla lettera, cioè in ansia, rapiti dallo svolgersi degli eventi, in attesa che le cose vadano come ci aspettiamo, e forse speranzosi di essere sorpresi. E quando la scena-clou arriva, restiamo spiazzati lo stesso. Così come ci avevano intrigato la figura ambigua di Victorio - indiano tutt'altro che poverino, non esente da colpe - e la sua beffarda sorte, massacrato dagli indiani leghisti. Eppure è Storia (si menziona pure Geronimo, e, come sempre quando compare un personaggio storico "nuovo", la cosa ha i connotati dell'apparizione mariana laica, come a dire "ma sì, ovvio!"). Ma questo è stato il grande pregio di questo fumetto: raccontare la Storia come fosse una storia. Senza voler rispolverare i soliti Eco e Mystère, diciamo che siamo rimasti soddisfatti e tanto ci è bastato. Solo, ci è dispiaciuto aver dovuto scendere da cavallo, avremmo proseguito volentieri la cavalcata (pure nel deserto, anche se preferivamo i boschi). Arte esemplarmente simbolica, o viceversa.

Speciale Magico Vento: Memorie del tempo perduto (Manfredi/Matteoni, Marcello, Pezzi, Biglia)
Ma il vero finale è lo Speciale, più volte annunciato negli anni e sempre rimandato, fino all'ultima allocazione possibile. Speciale celebrativo in tutto e per tutto, ponte tra ieri, ieri l'altro, l'oggi e il domani. La storia-cornice, quella dai disegni meno convincenti ma comunque godibili, è quanto di più spiazzante potessimo immaginare. Nel 1912, un tipo in motocicletta raggiunge Poe anziano. Eppure, l'estensore di queste righe ha sempre pensato che il "uester" è sempre più affascinante quando lo si associa anche al "dopo uester", alla sua morte e involuzione progressista; e lo stesso tizio ha sempre immaginato che tutta la telenovela di Hogan e della Volta avrebbe potuto tranquillamente proseguire fino al '900 inoltrato, magari fino al '29, senza perdere una libbra del suo fascino. Ma forse, per poterla realizzare, Manfredi avrebbe dovuto essere immortale, oltre che un uomo strano. Accontentiamoci dunque di questo breve flashforward (14 tavole), piccolo grande omaggio alla Storia del West di D'Antonio, che si concludeva proprio con un racconto breve fuori serie in cui il protagonista invecchiato veniva intervistato a inizio nuovo secolo. Sì, Poe, sempre bastian contrario, non concede interviste, ma racconti, ma il concetto è quello. (In tema di omaggi, ce n'è uno che ci siamo inventati, ma ci piace: nel #130 compare un Parker e qui un Ken).
La prima storia, Il ragno e il coyote, non è solo un flashback ambientato tra il #6 e il #14, ma è una vera e propria giacenza di quegli anni (è un albo di 94 tavole). Gli indizi? Tanto per cominciare, l'artista è una leggenda del Fumetto scomparsa da anni, un vero e proprio mito che anche stavolta riesce a immalinconirci semplicemente facendo il suo lavoro di alto artigianato. Non solo: la narrazione è quella un po' pedantina dei primi numeri, con meno vignettone e tante chiacchiere, e tutte le bislaccherie intriganti dei primi tempi, tipo il pollivendolo italiano o i frati cospiratori. Ma, soprattutto, e lo evidenzia anche il lettore fanzinaro del nuovo secolo, i ruoli di Fender e Groddek sono apparentemente in contraddizione con quanto visto nel #14; anche se non riusciamo a credere che un intero albo, peraltro disegnato da Marcello, sia stato archiviato a causa di una paginetta. Oltre a rivedere tutti gli amici che ormai non si fanno più sentire, come Rifiuta-di-Smettere e affini, la lettura presenta note di sano intrattenimento come l'indiano snodabile, Gibello & le galline e il confessionale di Hogan.
Poker col morto è invece un prequel di 61 tavole, in cui Poe risolve il suo primo giallo. Ma questo ce lo dice lui, a noi era sembrata soltanto una sua avventura in solitaria. Vero e proprio legal thriller all'americana, ma nel West, sorprende più che altro per i disegni davvero notevoli di Pezzi. Il ché spiega perché non lo abbiamo mai visto prima su MV: è troppo bravo. La storia è in linea con la celebrazione, dato che i protagonisti sono dei nostalgici legati alla gioventù, come i lettori di cui Manfredi ha pubblicato le lettere negli ultimi numeri. Il ché non dispiace, perché dà l'occasione di tirare in ballo Gettysburg e la Guerra di Secessione e di fare una delle cose che preferisco, tirare un bel fil de rouge tra Poe giovane che ascolta racconti di altri tempi e Poe anziano che fa lo stesso nel futuro. Deludono solo le ultime 2-3 pagine, che si ha la forte impressione siano state appiccate alla bisogna per chiudere in fretta (manca il movente dello sceriffo).
Il pezzo forte è, tuttavia, l'ultima storia. Ma dovremmo definirla postilla (37 tavole). Vivo o morto?, disegnata da un Biglia ispiratissimo ed entusiasta, capace qua e là di sembrare De Angelis, è il vero finale del finale del finale della serie. Scopriamo cosa è successo dopo il #130 e la cosa ci appare come una liberazione, perché considerare quello come il numero conclusivo era francamente impossibile. Quindi vediamo Task dare le dimissioni e tornare a fare l'attore, e dispiace solo che nessuno lo chiami più Dick Carr. Vediamo Poe farsi una carriera rispettabile e battersi per ritrovare il suo amico (ma noi quel viaggio di due vignette lo volevamo lunghissimo). E vediamo aprirsi, per Ned ed Estrella, uno scenario passibile di ritorno. Eh sì, perché la storia sciamanico-desertica la voglio, punto e basta. Poi se c'è pure la revoluciòn quentro Diaz, mica me fa squifo. La grande sorpresa è probabilmente la svolta-feuilleton con lo scienziato pazzo tedesco che estrae la scheggia dalla testa di Ned, liberandolo dalla Furia dell'Orso. Dai, volevamo anche questo, non possiamo negarlo. Mentre forse avremmo preferito che il discorso sul destino di Ned, dopo questi eventi, rimanesse in sospeso; anche se, a ben vedere, quell'ultima vignetta della "cornice" può essere interpretata come una "cosa mistica" (cit. Beretta).

E così finisce l'ultimo Western Bonelli (Deadwood Dick è meno tradizionale). Pochi mesi dopo, Bonelli stesso salirà nei Grandi Pascoli a cavalcare con suo padre.
Davvero difficile commentare col senno di poi questa sensazione di epoca al tramonto, tanto era facile nel 2010, in pieno Governo Berlusconi IV, sminuire la terza generazione bonelliana, quella degli anni '90. Ma facile è, pure, diventare come quel reduce ubriaco che spara alle sagome che gli sembrano ricordi ingigantiti. Certo è che un'epopea così, nell'ultimo decennio bonelliano, non si è vista.

(2021)