lunedì 20 luglio 2020

DAMPYR (5)


Dampyr #201: Black Annis! (Boselli/Genzianella)

La notte della resa dei conti prosegue a Londra, dove gli amici britannici di Harlan sono riuniti al Globetrotters Club, assediato dagli sgherri di Black Annis. Dopo un delicato doppio prologo che congiunge questi eventi alla saga medioevale (il primo) e che dona una degna morte a Duncan mcGillivray (il vecchio dei #73 e #140, nel secondo), l'effetto fan fiction prende piede e si fa sentire più che nel numero precedente. Gran parte del gruppo messo in piedi si rivela eroicamente inutile e la parte del leone la fanno il solito Simon Fane, con i suoi poteri multiversali, e il re degli elfi Ayldon. Viene conferito un ruolo importante anche a Tymothy O'Brien, ma il personaggio rimane comunque poco carismatico. Mentre, in Asia centrale, i tre pards ed Erlik semiredivivo saltano nel numero successivo con l'aiuto di Sandy O'Sullivan, nell'albo succedono sostanzialmente due cose: Amber e Draka sfondano Annwn e fanno secca la stupida Black Annis (com'era logico) e Dolly McLaine, mai così presente, dopo quindici anni di sottotrama, viene salvata e riportata sulla Terra. Il tutto, però, appassiona fino a un certo punto, per il modo schematico e rigido (anche graficamente) con cui viene raccontato. Buttata via Severa, naturalmente Sho-Huan è passato da Marsden, il vero villain dietro le quinte fin dall'inizio (o almeno dalla quadrupla londinese), ora deciso a sterminare la nuova famiglia di Draka.

Dampyr #202: Nel mondo dei Maestri (Boselli/Bocci)

Si chiudono in un sol colpo la "trilogia della lunga notte", la "saga del numero duecento" e la collaborazione di Bocci con la serie. In più, com'era prevedibile, muore Erlik Khan, già con un passo nella tomba da un numero e spiccioli. Com'era altrettanto prevedibile, è Marsden a dargli il colpo di grazia. E naturalmente Marsden e Sho-Huan ricevono ferite importanti ma si salvano all'ultimo secondo. Insomma, un albo accomodante che offre esattamente le portate più attese. Vediamo il mondo di Hyanis che Draka ha riadattato a nuovo mondo dei Maestri, e conosciamo Arach, il piccolo fratellastro di Harlan, ennesimo ragazzino introdotto forse in vista di un qualche futuro ricambio generazionale (prevenire è meglio che curare). Non succede molto altro: rivediamo Sandy O'Sullivan e il prof. Foster (e pure la dimenticata Mirela) e assistiamo a un po' di scazzottate con i compaesani di Hyanis, naturalmente ottusi e trogloditi. Alla fine anche questo albo è una lettura un po' fredda, vicina ai vecchi fumetti Marvel, ma con il quadruplo delle pagine. L'arte di Bocci è sempre appagante (bello il viaggio nel multiverso), ma soffre un po' le scene di pura azione, soprattutto verso la fine (dove la scrittura da fumetto ingenuo anni '50 non lo aiuta).
In conclusione, una saga decisamente inferiore a quella di cento numeri fa, nell'eccessiva compartimentazione della narrazione dei vari filoni, nello svilimento dei 'cattivi', ridotti a sostanziali macchiette, e nella freddezza generale tra le fila dei 'buoni' (non fra tutti, certo).
Ciò nonostante (e, da una certa prospettiva, è un pregio che vale doppio), dopo duecento numeri più extra vari, Dampyr è un serial ancora vivo e con molte cose ancora da dire (almeno in teoria).

Dampyr Magazine 2016: Il Re della Montagna; Rave party (Boselli/Bacilieri; Colombo/Genzianella/col. Gianmauro Cozzi)

Per festeggiare il #200 viene dato alle stampe l'unico (finora) Dampyr Magazine, che in teoria non avrebbe motivo di esistere, essendoci già quello di Dylan Dog. I Magazine, com'è noto, mantengono la stessa impostazione dei vecchi Almanacchi, solo con una storia breve in toni di rosso a soppiantare gran parte del vecchio Dossier tematico. Permangono le sezioni Cinema, Libri e TV, e come di consueto la terza è la più scadente. La prima invece menziona film di cui ignoravo l'esistenza e mi ha colto in contropiede, e ho persino gradito l'omaggio biografico a Christopher Lee, giustamente nume tutelare di Dampyr. L'articolo sugli illustratori di miti nordici è un efficace bigino preparativo alla prima storia, che è ciò che non è riuscito ad essere lo Special #9, cioè una bellissima storia sui miti nordici in chiave dampyriana, priva di inutili appesantimenti di trama e verbosità gratuite. Così, dovrebbero essere i filler dampyriani. Per quanto mi riguarda va dritta dritta tra le mie preferite di tutta la serie. La seconda storia, introdotta da un articolo inutile sulla musica demoniaca, che certifica e fa vanto di questa inutilità, è un divertissement di Colombo redivivo e teoricamente è un altro omaggio a Lee (ma, in quest'ottica, ho preferito la biografia). La protagonista della storiella è Tesla, alle prese con un demone della Dimensione Nera sfuggito al golpe dei #182/183 e desideroso di vendetta, ma le atmosfere sono quelle di Lamiah. Nel suo essere un piccolo omaggio e un unicum, funziona. Chiude il volume la riproposta a colori di un vecchio Classico di Zona X, La lente di diamante, adattamento a fumetti di un racconto di Fitz-James O'Brien firmato Boselli e Roi, un bel fumettino che, se proprio doveva essere ricolorato, doveva essere ricolorato con le sfumature adeguate e non in modo così piatto.

Dampyr #203: La sorgente di vita (Venanzetti/Lozzi)

Dopo l'eccellente Il Re della Montagna, ecco subito un altro filler nordico con Gudrun. Il risultato, naturalmente, è inferiore, e i testi non sono particolarmente brillanti. Ma qualcosa mi ha comunque colpito di questo albo dal ritmo cadenzato, pieno di quadruple ariose e verosimili (ricalchi di fotografie?), graficamente davvero ammaliante. La storia è esattamente ciò che ci si aspetta, e le quattro pseudo-divinità sono naturalmente creature di qualche pseudo-Dimensione Nera, sebbene l'autore voglia mantenere l'ambiguità sulla pseudo-reincarnazione di Starkad (ucciso da Egil-Una-Mano nei #43/44) per poterlo riutilizzare in futuro. La storia è banale, ma come lo sono i vecchi episodi del Thor o dello Strange marveliani anni 1970-80, con quella patina di malinconica epica soffusa, quasi clandestina. Altro tocco gradevole, la continuity (non esplicitata) con Martin Mystère #292, con il "sole nero" varco spaziodimensionale, e non poteva essere altrimenti tirando in ballo i nazi esoterici.

Dampyr #204: Bloodywood (Giusfredi/Cropera)

Esordio sul mensile per lo sceneggiatore e per il nuovo Maestro della Notte cinefilo, amico del defunto Musuraka, per il momento ancora anonimo. L'albo, di per sé, non è nulla di memorabile, anche perché è il prologo di *inspiro* una tetralogia non consecutiva che si dipanerà su una triplice sfida ai tre pards dampyriani, una ciascuno *respiro*. Questo episodio iniziale è finalizzato solo all'eliminazione dei non-morti di Musuraka, con un po' di citazioni facili (gioco che è riuscito meglio al vecchio albo di Colombo), e forse all'introduzione di qualche comprimario, come il regista corrotto Jack Foley o il giornalista di "Hollywood Naked".
Sembra comunque giusto che su una serie come questa ci sia spazio anche per queste "colombate".

Dampyr #205: La settima chiave (Falco/Fortunato)

Il principe Iblis incarica Vassago di cercare la settima chiave del multiverso. Saint-German aka Racoszy lo ostacola nel passato di Mozart&Casanova e nel presente della Praga nebbiosa: anche questo filone è stato appioppato a Falco. Fortunato dà un'aria barocca all'albo, etichettato dalla rubrica come appartenente al filone praghese, ma i dialoghi rimangono comunque piattini e gli eventi molto prevedibili, per una lettura comunque decente, ma dispiace vedere questi soggetti intriganti sbrigati di mala voglia da chi gestisce la serie (era già accaduto con gli albi collegati allo Speciale #11). Bisognerebbe pretendere di più. Harlan e amici, fra cui il buonissimo ed eroico Nikolaus, sono soltanto pedine di Racoszy ed è questi ad ottenere la chiave: almeno la partita rimane aperta.
A posteriori, il #107 acquisisce una importanza che pareva non avere (vi compare l'unica delle altre sei chiavi viste finora).

Dampyr #206: Il dio del massacro (Giusfredi/Statella-Piazzalunga)

Numero ambizioso dedicato a Marsden, celebrato nel prologo retorico ma interessante e nell'epilogo-strizzata d'occhio in cui lo si vede rigenerarsi assieme a Sho-Huan. Harlan ha scoperto dove si nasconde? Vedremo. Certo che la tipa che gli ha lasciato il messaggio non ci stava tanto con la testa.
Numero ambizioso, e come tale ruffiano e accomodante: la solita guerra fra bikers (mods e rockers) e l'amore giovanile perduto, e il solito non-morto che si crede chissà chi. Albo british ambientato a Brighton che contiene, tuttavia, anche un forzato inserto sulla guerra russo-ucraina (Marsden ha affari anche lì, con la Temsek, ma l'autore non lo dice). Né carne né pesce, insomma, anche perché ammazzato brutalmente da un'arte ai limiti del guardabile (la colpa non è dell'inchiostratore, che con Santucci lavorava bene).

Dampyr #207/208: Il tempio nella giungla/Cambogia (Eccher/Raimondo)

Ben due albi per una classica storia "etno-action" nel Paese devastato dalla guerra, con i militari e i villaggi dei poveri: siamo in Cambogia e il Maestro è l'autoconclusivo Gadura, ex alleato di Tsiao-Min, che qui nasce e muore. Tutto è molto canonico, sebbene Eccher provi a complicare le cose due o tre volte ma stancandosi dopo tre tavole in tutte le occasioni. Finale hollywoodiano esagerato: i nostri sono scambiati per terroristi dall'esercito thailandese e scappano in Cambogia, e tutti i media ne parlano, ma noi li ritroviamo al sicuro nel Divadlo dove tutto è stato già dimenticato. Vabbè.

Maxi Dampyr #9: Il testamento; Il mostro nel billabong; Il Paese degli Uomini Blu (Cajelli/Santucci; Matteuzzi/Del Campo; Gualtieri-Marsiglia/F.Russo)

Uno sguaiato riempitivo "postumo" di Cajelli (che non si capisce se faccia ancora parte dello staff) e altri due "etno-action" altrettanto riempitivi: queste le portate del nono Maxi. La prima storia inciampa rovinosamente nel paradosso temporale psicologico, insostenibile persino per una serie come questa, e da lì si lascia andare nella più bieca banalità. La seconda ha una sua logica, e mostra una versione femminile del vecchio Kagyr Khan (ma è una rivelazione scontata), ma sembra comunque un fumetto degli anni 1990, con la questione aborigena in salsa televisiva. La terza storia idem, ma è ancora più scontata (la questione Tuareg), col solito Maestro autoconclusivo (Amanar, la cui presenza riduce la portata del vecchio impero di Vathek).

Dylan Dog #371: Arriva il Dampyr (Recchioni-Gualtieri/Bigliardo)
Dampyr #209: L'indagatore dell'incubo (Boselli/Brindisi)

Cross-over! Con quadrupla copertina, vabbé. Bambinate a parte, come tutti i cross-over team-up quantum-leap bonelliani, è divertente. L'albo di Dylan è una bambinata, comunque, con testi piatti (non di Recchioni, ma di un suo discepolo) e una marea di quadruple-pin ups allungabrodo, ed è anche un albo poco dylandoghiano (oppure è un albo del DD 2.0). Le cose migliori sono proprio l'interazione Harlan-Dylan e la gestione della trama (opera probabilmente di Boselli) che invita direttamente a leggere la seconda parte. L'albo dampyriano, a sorpresa, non è una marchetta, ma un vero e proprio albo dampyriano full continuity - con Taliesin (!) vecchio (!!), battaglione del passato, Marsden che dubita di Sho-Huan (!), folklore vario british - con Dylan e Groucho guest stars. Anche in questo caso l'interazione Harlan-Dylan, che in realtà passa in secondo piano, è gestita con logica. Groucho fa la macchietta in entrambi gli albi, e le sue battute fanno schifo in entrambi gli albi, eccetto due (una per albo), ma il suo utilizzo è un problema atavico. La trama, boselliana al 99,99%, è fondamentale: se il Maestro Lodbrok nemico di Marsden è solo un pretesto (ma è un personaggio perfettamente logico e riuscito), il possibile smantellamento della Temsek è un colpo di scena mica male.
Le due colonne dylandoghiane, al loro esordio con il cast di Dampyr, se la cavano meglio di alcuni disegnatori dampyriani.
Alla fine della fiera, rimane aperta la possibilità di un cross-over sequel, ed è giusto così.

Dampyr #210: Il figlio di Erlik Khan (Giusfredi/Del Campo)

Albo tutto continuity che riparte dal #200 e ce ne mostra le conseguenze: la liaison Bobby-Ann che prosegue, Ann che si rigenera ma soffre, il nono figlio di Erlik che risorge e divide l'armata di non-morti dispersa. E non lo scrive Boselli! E la differenza si nota poco! Boh.
Solamente verso il finale gli eventi diventano un po' semplicioni, ma in fondo è una nuova battagliona, e nelle battaglione si fanno sempre le stesse cose.
Ann perde le Erinni? Non è chiaro.
I piani di Draka pure non sono chiari, o forse sì; il suo non-morto legionario è simpatico, comunque.
Del Campo comincia a produrre l'effetto "ancora lui?", eppure questo sembra l'inizio di un salto di qualità, con una prova piuttosto solida rinvigorita da una splendida doppia tavola con la Storia e Gloria della dinastia Khan.
Rubrica deprecabile che ci spiega come avremmo dovuto leggere il cross-over.

Dampyr #211: Horror movie (Boselli/Califano)

Prima delle tre sfide previste da Graf von Henzig, il Maestro cinefilo del #204, per i protagonisti della serie, un simpatico modo per allungare il brodo: Kurjak vs i clichès dei survival horror!
L'albo regala esattamente ciò che ci si aspetta, e sorprende un pochino solo con l'arte già piuttosto matura della Califano. Kurjak, naturalmente, si salva dal controllo mentale grazie alla maschera di Carcosa (#188), ed è giusto così, ma forse preclude alla tetralogia filmica la possibilità di essere antologizzata in futuro? (ma che ce ne importa?)

Dampyr Special #13: La Terra delle Aquile (Falco/F.Russo)

Filler migliore di altri grazie alla foliazione maggiore e al contesto storico del flashback: più che uno Special, un "Normal" allungato, comunque. In Albania (vedi titolo) due Maestri autoconclusivi si fronteggiano nel passato condito da nozionismo spiccio (sempre gradito) e nel presente. Per sconfiggere Horvad, Vrana circuisce il dampyr e organizza un combattimento tra i più lunghi visti sin qui. Alla fine ripara in Italia, pronto per il sequel. Insomma, solito albo "vuoto" di Falco, ma leggermente meno del solito.

Dampyr #212: El dìa le los muertos (Falco/Ambu)

Episodio di Halloween, stavolta declinato in salsa messicana (in contemporanea con Coco): i non-morti di Ixtlàn rimasti sono solo un pretesto per condurre Harlan nel Mictlan, il regno dei morti azteco aka l'ennesima altra dimensione mostruosa, e per rimettere in campo Nergal, sebbene per interposto demone, in vista dello scontro finale. Il suo pseudo e goffo sostituto, Abigor, promette comunque ritorno (non si butta via niente). Copertina splendida ma traditrice, la festa del Giorno dei Morti si vede poco, e l'albo contiene troppi spacciatori di droga, troppe sparatorie e troppo spagnolo maccheronico per i miei gusti. L'arte di Ambu è più tirata via delle precedenti prove del disegnatore. Ma, nel complesso, come episodio halloweeniano ci può stare.
C'è Quintana ma nessuno nomina Ann.
Perché solo Kurjak può aprire il portale con il suo sangue? C'entra forse la maschera di Carcosa? Per l'autore la questione non è rilevante.

Dampyr #213: Capodanno celtico (Venanzetti/Genzianella)

Halloween II! Che per i celti era anche Capodanno, quindi è l'albo di Dicembre. Sagace!
Episodio molto semplice, un "monster of the month" sulla falsariga di Supernatural prime stagioni: l'Ankou - di cui, in realtà, non si capisce niente: un lebbroso divenuto signore delle arti mistiche, stop - offre l'occasione per rivedere quella bella coppia di Araxe de Kercadio e Armand Kergaz, che ha apparentemente messo da parte le ombre del #159. Consueta miscela di folklore, geografia spiccio-turistica, e pizzichino di continuity con l'allusione alla malattia di Kurjak (rifiutato dall'Ankou): che volere di più? E, come già dimostrato, Venanzetti guarda ai bei prodotti di una volta per ispirarsi, dai Marvel anni 1970 a Martin Mystère - qui presente con le anime simil-casperiane risucchiate nell'Orizzonte degli Eventi - anche se, naturalmente, Boselli non vuole che i rimandi siano palesi.
Tocco di classe lo sfondo rosso della copertina, che pareva bluastra nella preview e che giustamente rimanda alla Luna di Sangue, ma questo deve intuirlo il lettore (la rubrica invece ci spiega quant'è bravo Falco).

Dampyr #214: Il giocattolaio (Falco/Vercelli)

Discreto esordio del veterano mysterian-neveriano Vercelli per il primo numero del 2018, che riporta subito in gioco Abigor dopo due mesi, senza nemmeno dirci come se l'è cavata: Falco è concentrato sulle citazioni dei film espressionisti e non ha tempo da perdere per le quisquilie.
Il classico topos del giocattolaio malvagio e pedofilo viene reinterpretato così: è un ex non-morto di Shrek ora servetto circuito di/da Abigor.
L'albo non offre altro, se non la scelta di Abigor di non giocare al macho col dampyr come faceva Nergal.

Dampyr #215: Chinatown (Falco/Raimondo)

Filler piatto e banale come altri già letti, che tuttavia non si conclude. La Maestra magnaccia Ah-Toy scappa in Malesia.
Disegni quasi grezzi, che sorprendono in negativo. Qualche problema con gli inchiostri?
Pajella si è già rimesso dalla grave ferita del #200 oppure l'autore non ha letto quell'episodio.

Dampyr #216: La donna dalla bocca squarciata (Piani/Gualandris)

Ritorno della guest, esordio dell'artista (suggerito da Nizzi). Filler giappo con Kenshin, davvero banale (più anni '90 di così si muore). Non sono nemmeno sicuro che sia poi così giappo, dato che i ragazzini si comportano come americani di King-Spielberg. Qualche giapponaggine c'è, comunque, e il disegnatore manga il bersaglio quanto basta.

Dampyr #217: Yossele il muto (Boselli/Longo)

Arte davvero splendida, suggestiva ed espressiva, per il primo albo da me acquistato e letto "in diretta". Albo fondamentale, per di più: Nergal, ripresosi, trasmigra la sua anima nel golem di Babilonia, che viene poi ammazzato da quello praghese! Caleb (in realtà il vero esecutore) dice che il suo antico rivale è morto, anche se dall'Altra Parte è rimasto integro il suo corpo, custodito da Abigor (a questo punto suo effettivo rimpiazzo). Ma questo non basta, e Boselli ci racconta un po' di aneddoti praghesi, riportando questo filone alla sua connotazione originaria e più giusta. Ma neppure questo basta, e allora Boselli butta lì semi per future storie: dal terzo golem, creato una cinquantina d'anni prima di Yossele, alla vita di Nergal e consorte (!) ai tempi dell'antica Babilonia. Slurp.

Dampyr #218: Danse Macabre (Boselli/L.Rossi)

Terzo episodio della minisaga cinefila... e qualcosa di più. Boselli ritorna sulla "sottotrama" Samael-Tesla, e in mezzo a Caleb e fratello mette Von Henzig, la cui forza appare spropositata. L'albo si conclude con Tesla che muore, ma probabilmente è solo un escamotage per allungare la storia di un altro numero (il successivo).
Bella lettura, comunque, e bei disegni. Omaggio a Poe non molto originale, ma Rossi fa sempre bene.

Dampyr #219: Tutto per amore (Boselli/Roi)

La bilogia della morte di Tesla si conclude com'era logico e scontato che dovesse concludersi: Tesla torna sana e salva, come se nulla fosse accaduto. Ma sarà davvero lei o è un suo simulacro? Risposta scontata, seppure Boselli finga fino all'ultima tavola di non avere ancora deciso.
Arte di Roi appagante ma sempre uguale. Ambienti piuttosto spogli (e quindi a cosa è servito richiamarlo?). Bella la tavola doppia, ma le citazioni sono sempre le solite. Così sono cinefilo pure io.
Unica innovazione di un albo altrimenti piatto, il ritorno di Meridiana, in forze e al fianco di Samael. Viene pure introdotta la sua (di lei) nuova nemesi, un'altra troietta svestita che sicuramente rivedremo (e come si dice: meglio troiette svestite che vampiri coi baffi).
E insomma, due albi riempitivi condotti con mestiere.
Kurjak continua a tossire. Per quanto ancora?
Harlan è ricercato dalle forze infernali a causa dell'"affaire Nergal".

Dampyr #220: La riscossa di Ah-Toy (Falco/Belardo)

Esordio di Vanessa Belardo (buono, derivativo, volti presi da Majo) per il secondo episodio con la Maestra asiatica Ah-Toy, che ovviamente è anche l'ultimo, dato che il circense Harlan la strangola con la cinta dopo averla disarmata (sempre con la cinta) ed esserle corso alle spalle in un nanosecondo. Non succede nient'altro: Kurjak tossisce e menziona Salgari, prevedendo il futuro; T-Rex e Pajella ritirano il gettone di presenza.
Nella posta, quiz cinefilo sull'albo precedente con premi e cotilloni.
Nota a margine: nel 2018 salta il Maxi.

Dampyr #221: Pianeta di Sangue (Giusfredi/Fortunato)

Prosegue ancora la saga di Von Henzig, con un episodio riempitivo dedicato ai soliti Le Prince e Mélies, al termine del quale il Maestro e il dampyr si fronteggiano di persona, ma solo per qualche istante, sennò la saga è finita. Gli eventi non sono particolarmente brillanti, viene resuscitato inutilmente il patetico Gaddo e le seghe adolescenziali di Ljuba non è che avvincano; fa simpatia solamente l'intervento della buonissima e leale Meridiana.
Fortunato prova ad abbellire la vicenda facendola sembrare più cupa di quel che è, ma se il suo stile raggiunge il suo scopo nelle sequenze statiche, in quelle d'azione risulta troppo legnoso.

Dampyr #222: Il suicidio di Aleister Crowley (Boselli/Cropera)

CTHULHU!!!
Finalmente i nostri si imbattono nel Grande Antico per eccellenza, sull'isola riemersa di R'lyeh (aka Antilia) che già costrinse Crowley ad inscenare il finto suicidio del 1930. Non è un po' presto? Comunque, Kurjak, mascherato da Carcosa, lo rimette a nanna. Nelle restanti pagine compatiamo la figura di Pessoa, nella quale mi posso riconoscere.
Un albo forse un po' meccanico, ma anche l'albo che aspettavo di leggere da non so quanto; anche se l'avevo già letto, su Le Storie, su Zagor, dove Boselli aveva già raccontato di Grandi Antichi e isole perdute, e anche nella Tops Story che fece litigare Pezzin e De Vita; avrei voluto leggerla pure su Martin Mystère, ma quello, nell'albo in edicola contemporaneamente a questo, ci racconta le vicende dell'alieno di cristallo con le zampette, quindi capirai.
Molto divertente Quintana che ama molto Ann Jurging e quindi la insulta ripetutamente: quando lo feci io, però, le cose finirono male.
Mi sono perso Carcosa? D'improvviso, tutti, compreso Kurjak, sanno della maschera, e vogliono pure usarla.

Dampyr #223: Cuba libre! (Mignacco/Viotti)

Che titolo pulp!
Che copertina!
Un doppio inno alla fantasia e all'Avventura bonelliana!
Ma che c'entra Simone Airoldi Editore con Bonelli? Ecco, dunque, le figurine di Dampyr per l'album di Tex (non è un refuso), opportunamente anticipate dallo strillo "CI SONO LE FIGURINE!!! APPICCICATELE DOVE VOLETE!!!!"; ed ecco il solito episodio loffio di Claudio Falco, questa volta impersonato dalla controfigura Mignacco, che serve solo ad introdurre il nuovo Maestro Huracàn, il quale probabilmente morirà nella sua prossima apparizione, o in quella dopo, e che ovviamente è uguale agli altri Maestri già morti.
E Cuba libre? Beh, sicuramente lo sceneggiatore ne ha sorseggiati parecchi, mentre visionava i film da copiare. Ma deve averne offerto qualcuno al disegnatore, che tanto mi aveva impressionato al suo esordio, ma che qui sembra un disegnatore di stickers, specialmente nel prologo cinquecentesco (dato che nell'albo ci sono gli adesivi, dev'essere voluto).
Ciò nonostante, è un albo zeppo di colpi di scena: la risoluzione del concorso cinefilo lanciato nel #220 è sconcertante, dato che 6 film su 7 sono famosi, ma io ne ho riconosciuto solo 1 (e quindi cosa critico Mignacco?).

Dampyr Special #14: Le bestie del mondo di sotto (Di Gregorio/Del Campo)

Dopo soltanto un anno si ripropone il tema dei due Maestri in lotta fra di loro, in sogno d'amore in questo caso: sono gli ex amanti Huiracocha e Katari. Non siamo dunque, come un povero sciocco (ad es., il sottoscritto) avrebbe potuto immaginare, di fronte al seguito del #212. In realtà, l'albo cerca in tutti i modi, quasi disperatamente, di indurre a pensare che Katari non sia una Maestra, ma una creatura infernale, e invece è una Maestra. L'ipotesi alternativa è che l'albo non cerchi di indurre nulla, e che semplicemente le donne e i mostri si assomigliano tutti (dopotutto si dice "mogli e buoi dei paesi tuoi", non "mogli e mostri dei paesi vostri").
A differenza dello Speciale #13, in questo entrambi i Maestri muoiono. Ambe le morti sono citazioni di morti di Maestri precedenti, in omaggio al clima postmoderno del Sud America, o forse sono soltanto poco originali.
L'artista si impegna molto, ma non sembra comunque il più adatto al filone "mordi e fuggi". Lo sceneggiatore una volta si impegnava di più (anche nelle recensioni dei Paesi che gli piacciono), ma, nell'introduzione, Boselli ce ne esalta comunque le doti, metti che ce le siamo dimenticate.
Suscita un sorriso l'idea che questa serie sia in edicola dai tempi del Governo D'Alema, e che, tuttavia, ci siano ancora Maestri che in tutti questi anni non ne abbiano mai letta una copia.

Dampyr #224: Il santo venuto dall'Irlanda (Boselli/Rubini-Genzianella-Cropera-Majo con Lucio Pamillo,Ivan Cavini,Paolo Barbieri,Alberto Dal Lago,Edvige Faini,Luca Zontini,Antonio De Luca,Angelo Montanini,Dany Orizio/col. Romina Denti e Giovanna Niro)

Albo speciale ma regular ma anche no, in ogni caso a colori, uscito in edizione rilegata con extra aggiuntivi e copertina di No Curves per Lucca Comics '18 e un mese dopo in edizione da edicola, tutto dedicato a Lucca, ai comici e ai giochi.
Si tratta di un albo molto importante per la continuity perché rivela le segrete origini di Giorgio Giusfredi, il vice di Boselli che da qualche tempo imperversa per la testata e per il web. E' un lucchese che è amico di uno dei capoccia di Lucca Comics e quindi, dopo aver fatto carriera, ha ideato questa roba qui: 9 illustrazioni luccacomicsesi sono piaciute a Boselli, che le ha infilate in una sua storia, con la coordinazione di quel Giusfredi di cui sopra.
Ma siccome Boselli - curatore - non è uno a cui piacciono le cose semplici, ha realizzato una storia divisa (per finta) in quattro mini episodi, affidati a quattro big della testata, fra i quali l'appassionato di western Majo.
Fortunatamente, Boselli - sceneggiatore - è uno a cui piacciono le cose semplici, quindi l'albo, pur essendo tutto tempestato di continuity, è molto basico e stringato: nei flashback ci sono Taliesin e Finnian che uccidono Vanth, amante di Angus Og detto Marsden, nella Tuscia, e tutti cadono giù (cit.), e Finnian diventa Frediano vescovo di Lucca; nel presente, Dolly McLaine rinunzia a scrivere un romanzo basato su questa vicenda perché tanto c'è già il fumetto di Boselli, e probabilmente anche il film (dato che la sceneggiatura del fumetto sembra quella di un "pilot" tv), e poi arriva Sho-Huan che si finge Vanth e viene ferito gravemente da Amber Tremayne e quindi Harlan ha deciso che per un po' non lo vedrà più (non lo racconto così per creare un effetto sarcastico, è proprio così).
Naturalmente Kurjak ha sempre quei problemi con la maschera, ma almeno non li nasconde più e ha il conforto dei famigliari.
Insomma, una minestrina ben condita. Ma, a questo punto, seppure sempre più debole e smunto e avviato verso la canizie ogni giorno che passa, confesso di preferire ancora la ciccia.

A questo punto c'è un cameo dampyriano nel terzo Dylan Dog & Martin Mystère, tanto per ricordarlo, una vignetta di Genzianella.

Dampyr #225: Gli orrori di Red Hook (Boselli/Raffaelli)

Doppio esordio, anzi triplo: il disegnatore, autore per la SBE di un noir ambientato negli anni 1920, è chiamato ad illustrare una storia ambientata nel medesimo periodo, in cui compaiono - per la prima volta "in presa diretta" - H.P. Lovecraft e R.E. Howard, quest'ultimo però negli anni trenta.
A R.E. Howard sarà dedicato un albo futuro. Questo si occupa tutto di Howard P.L., finalmente tirato in ballo nella serie che, da svariati albi, è in balia dei suoi Grandi Antichi. Lovecraft compare nella sua versione realistica, paranoica e xenofoba, che Boselli omaggia calcando la mano sulla seconda caratteristica, a dimostrazione che i vecchi racconti di narrativa d'anticipazione sono ancora quanto mai attuali (ma offendono il sensibile Kurjak).
Il trio dampyriano si trova, infatti, a NY, ospite di Anyel nel Chrysler Building, deciso a smantellare un altro ritrovo di seguaci di Kuen-Yuin. Una missione piuttosto semplice: requisito fondamentale per diventare adepto della setta è essere un babbeo.
L'atmosfera è morbosa "in crescendo", ma un albo di Dampyr non è tale se, in vista del finale, non preme goffamente sull'acceleratore. Ci abbiamo fatto l'abitudine e non ce ne lamentiamo più.
Kurjak è posseduto dalla maschera o no quando si scopa l'asiatica texana? Un po' sì un po' no, l'importante è che scopi e che Tesla lo spii.
Quando i mostri si rivelano e l'orrore si manifesta, l'albo si fa molto divertente: l'asiatica grida alla gelosa Tesla "ti uccido, bitch!", in un delirante ibrido linguistico. Una censura? No, perché dalla tavola successiva si susseguono, con piglio Audace, termini "spinti" come "puttanella", "scopasse", "stronza", "troia", "puttana". Simpatico.
Grande scontro di due vignette tra Anyel e il "Re in Giallo". Gli amesha in versione angelica sono ormai sdoganati e gironzolano tranquillamente con luminarie e ali in bella vista. Il "Re in Giallo" è forse un altro angelo ribelle? E quando Anyel, negli anni 1920, parla di sé stesso come di un "angelo senza ali" sta prefigurando un albo dedicato a Frank Capra? Domande che sorgono spontanee.
"Ci siamo liberati della feccia di Kuen-Yuin?" "Di quella che vive a New York. Forse. Sennò è finita la serie."
Caleb anticipa la conclusione della saga degli dei primigeni: l'eletto incarnazione della "pallida maschera della verità" (Kurjak) dovrà raggiungere Carcosa, la città perduta nel multiverso, dove, peraltro, tiene famiglia.

Dampyr #226: Hellfire Club (Venanzetti/Longo)

Il 2019 si apre con una pagina della ex posta tutta dedicata alle anteprime della continuity e all'autoelogio dei propri ex lettori ora professionisti precari: una sintesi di ciò che è diventata questa serie, un tempo più interessata alla sostanza che alla forma.
L'episodio in questione si inserisce in questa nuova politica bon/selliana, orientata a farsi i complimenti cercando di cambiare il proprio pubblico: siccome i lettori di Dampyr sono "tutti colti e intelligenti" (cit.), le orge alanmooriane, condite da parolacce crude precedute da "diamine" e "perdinci", sono ciò che essi desiderano. Eccone, dunque, un'altra infornata: stavolta siamo a Londra e il colpevole è il mitico Hellfire Club. Il fatto, cioè i fatti, che la "Venere Nera" sia una banale demonessa della Dimensione Nera che non ha letto gli albi precedenti, poi rimpatriata a casa sua da Ryakar (convocato all'uopo), e che un personaggio storico sia tramutato in fantasmino reincarnato, non sono da ritenere importanti al punto da farne oggetto di critica.
I due autori, stupefacenti in un paio di prove recenti, stavolta appaiono stupefatti e i rispettivi talenti emergono solo a tratti.

Dampyr #227: Pirati! (Gualtieri/Delladio)

Ritorna Akhar Nun, il Maestro pirata. Ma non era morto nell'amatissimo albo di Cajelli (#113)? Infatti è un flashback. Sennò non poteva creare i pirati non-morti che Harlan e soci debbono ora uccidere. Ecco, dunque, due ciurme di pirati non-morti che si uccidono fra loro e si fanno uccidere da Harlan e soci.
Lo sceneggiatore, già visto nella parte dylandoghiana del cross-over, ha visionato molto attentamente i film dei Pirati dei Caraibi, per poterne riproporre alcune sequenze, seppure in un mare differente (com'è noto, tutti i mari sono fatti d'acqua): qui siamo nelle Antille Olandesi e lo scopo di questa operazione editoriale è introdurre Bartlett, il corrispondente locale di Caleb, che probabilmente rivedremo quando uscirà l'annunciatissima storia dedicata a Salgari, che ormai Kurjak menziona opportunamente quasi in ogni uscita.
Il disegnatore è un esordiente e non se la cava malaccio nel far respirare "l'aria di mare" delle varie locazioni archetipiche previste dal contratto: il galeone, l'isola, la grotta, il molo, lo yacht, il fiume, il fortino. Anatomie talvolta rivedibili, ma i margini di miglioramento ci sono.
Caloroso saluto boselliano a Pinketts nella rubrica Dal diario di Bos, pardon, Dal buio.

Dampyr #228: La serva (Zamberletti/F.Russo)

Che ridere, "la serva" in occasione della Festa della Donna.
Vabbè. A parte questo, la solita minestra: lo sceneggiatore, all'esordio sul mensile, la mescola in senso antiorario, cercando di farla sembrare più buona, raccontando la storia dal punto di vista del comprimario (un detective ungherese triste e solitario) e relegando Harlan&amici in secondo piano. Ma la minestra è liquida e la puoi rigirare come vuoi che ha sempre lo stesso sapore.
I disegni di Russo ci riportano sempre all'adolescenza e stupiscono sempre per essere sempre uguali, ma ultimamente sempre imprecisi in alcune anatomie.
Dorka era una non-morta di Vlatna (come suppone l'eroe)? E' più logico che lo fosse di Rakoszy (il quale si chiamava Rakoszy-Bathory, mentre Dorka era la serva di Erszebet Bathory: due Bathory non fanno una prova, ma un indizio sì).

Dampyr #229: Kurjak, il vampiro (Di Gregorio/Bartolini)

Albo-troll che il maestro degli allungatori di brodi, Boselli, confeziona come finto prologo della mini-saga che sta per iniziare. Il titolo sintetizza perfettamente la sinossi del soggetto della trama del plot. Ovviamente è tutta una truffa orchestrata da Di Gregorio e dai suoi personaggi provenienti dal #114 e dal Maxi #5. Il primo, a suo tempo, l'avevo gradito; il secondo per nulla. Eppure ho sempre la sensazione che questo autore in passato sceneggiasse con più passione e brillantezza rispetto alla piattezza delle sue prove recenti (inclusa questa). Ma, a dire il vero, questa mia sensazione coinvolge anche i disegni (pure Bartolini si è convertito allo "stickerismo") e la serie in generale.

Dampyr #230/231: Le ragazze di Mahogany Hall/La città dell'uomo nero (Boselli/Genzianella)

Harlan è ipnotizzato da Eishet Zenumium, che gestisce un bordello di mostre e non-morte, e deve eliminare per conto suo il non-morto che la ricatta: è Pajella? No, Baron Samedi, il lacché del fu Legba (#15/16). Pajella sta solo cercando la sorella della sua amante, la sbirra Carmen Duprez.
Intanto Kurjak va a farsi curare da Armand Kergaz, ma poi deve andare a salvare Harlan, quindi fa un patto con Samael e sogna i Grandi Antichi.
La telenovela continua a divertire.
Boselli continua ad insistere con sesso e parolacce, tanto da far pensare che sia stato mollato dalla moglie.
Nella seconda puntata, la questione degli haitiani della Louisiana, i creoli Legba e Baron Samedi e tutta quella roba che nella prima parte era fondamentale, diventa improvvisamente secondaria e viene sbrigata in meno di venti pagine.
Si salta dunque in un nuovo fantasy onirico, alla ricerca di una sconosciuta ch'a dat', e facciamo la conoscenza dell'ennesima nuova nemesi, Nyarlatothep lui medesimo in forma di Uomo Nero, un simulacro che è in tutto e per tutto uguale a Vassago (fa pure il collezionista).
L'unico Grande Antico poliglotta dà appuntamento a Kurjak. Nell'attesa, Eishet libera Harlan, il quale, tuttavia, è restio a rinunciare alla passera. E Hanneke?, si domandano i due lettori che se la ricordano (uno sono io). Non è importante.
E' un fantasy comunque ridotto, con la carrellata veloce e un sacco di salti ad eliminare le parti scomode, e Pajella è presente solo per contratto. Per il fantasy vero tocca aspettare i due numeri successivi.
Il tumore di Kurjak è provocato da Puttano di Babilonio? Benvoglio? L'ultima vignetta è truffaldina.

Dampyr #232/233: La compagnia guerriera/I Grandi Antichi (Boselli/Rosenzweig)

Pastiche letterario in salsa cinefila: i mostri di Lovecraft contro il genere fantasy! Nella prima parte la cosa funziona, sorvolando sul ritorno di Cthulhu che dormiva ad Antilia (#222). Rivediamo tutti i volti noti della doppia #173/174 e scopriamo come era potuto tornare Alastor nei #182/183 (bello, con l'intervento di Iblis). In questa avventura torna pure Savnok, sempre più guascone, mentre Caleb e Nikolaus rimangono un'altra volta a casa a giocare a carte (ma scopriamo che gli Amesha sono democristiani). Molto divertente il fatto che l'eroe vada subito a puttane, mentre la spalla e le comprimarie facciano tutto il lavoro sporco. Le cose migliori sono comunque il personaggio ispirato a Zagor-Tex-Comandante Mark-Dragonero e le atmosfere classicamente avventurose delle prime pagine. Entrambe scompaiono nella seconda parte, come di consueto più caciarona e meno ponzata, dove i personaggi di contorno principali diventano macchiette e ne vengono aggiunti altri (Draka, Iblis & affini, Vapula) giusto per fare scena e togliere spazio a quelli già presenti. Sembra di leggere il remake del #200, un altro albo di guerra: una volta va bene, due vabbè.
Tutto è comunque accomodato per giungere al non-finale cliffhanger spot al numero successivo in cui Harlan, Tesla, Draka e Dandy inseguono Kur-Jak e Nyarlathotep a Carcosa, rinverdendo i fasti della "saga del numero cento".
Arte adeguata alle circostanze: tonitruante nelle battaglione, caricaturale nei tanti momenti frivoli. Talvolta è l'inverso, ma sembra essere una richiesta di Boselli, evidentemente convinto (a ragione) che una storia del genere non possa essere presa sul serio al 100%.

Dampyr #234: Le torri di Carcosa (Boselli/Roi)

Si torna nella città di cristallo (o come si chiamava, #101 e #180), dove Nyarlathotep (che strano considerare un GA un personaggio vero e proprio) ha messo in scena una farsa (lui stesso la definisce così) per attrarre da chissà dove la vera Carcosa: nella sua Carcosa finta, Darin e Xeethra, i genitori del figlio di Kurjak, devono impersonare il Re in Giallo e la regina Cassilda, ma a dire il vero non si capisce bene perché. Comunque funziona e Carcosa riappare. Il Grande Antico viene disgregato ma si riforma da qualche parte, mentre Alastor sembra disgregato e basta (ma non si sa mai, con questo fumetto), dopo che i quattro pards multiversali hanno gironzolato e chiacchierato anche (e soprattutto) nei momenti meno opportuni. Kurjak è posseduto dalla maschera, ma si risveglia un secondo quando rivede Emil, quindi grossomodo capiamo dove si andrà a parare nel prossimo numero. Harlan e Draka appaiono come un'affiatata coppia di amiconi, Tesla e Dandy come due comari, e rivediamo pure due mostriciattoli di Mandhur (#168), tra cui un adorabile blemma che Roi illustra con grottesca simpatia. Scenette stupidotte stemperano (troppo) la tensione lovecraftian-howardiana, d'altronde è una farsa. Arte che inizia bene, poi gestisce il vantaggio.

Dampyr #235: Il Re in Giallo (Boselli/L.Rossi)

L'arte sempre bella di Rossi valorizza la conclusione della saga di Carcosa (non di quella dei Grandi Antichi, che torneranno, nonostante siano dei coglioni), una conclusione già ampiamente prevedibile (e prevista) dal numero precedente, ma anche da quelli prima, per un albo che non rinunzia ad accelerare furiosamente dopo la metà neanche in questa occasione: è davvero frettolosissimo il modo con cui Kurjak guarisce repentinamente dal tumore (che altri non era se non Nyarlathotep infiltrato, poi espurgato da Super Ann Jurging) e torna a casa a sbattersi Tesla, rinvigorito (ringiovanito?) e subito dimentico delle altre due amanti, Dandy e Xeethra. Giusto un salutino a Emil (che Rossi disegna come un ventenne). Pure la guest star Ambrose Bierce (sue le parti migliori dell'episodio, e giusto l'omaggio all'ideatore di Carcosa) viene sì salvato, ma non si sa dove venga parcheggiato, povero vecchio. L'albo vorrebbe poi essere epico, con tanto di scontro frontale (di nuovo) tra il Grande Antico e Draka in forma di drago, ma questo dura una vignetta e poi Nyarla si fa fregare dalle note in piccolo del contratto stipulato eoni prima col Re in Giallo aka Hastur (il sovrano di Ythill, il marito di Cassilda, sì, quello mai visto prima). Il finale è letteralmente un immenso sciacquone, che risucchia nel vortice Carcosa, i suoi abitanti e tutta la paccottiglia di Kuen-Yuin (incluso Rabten, resuscitato all'uopo), ma pure prima, l'alleanza di "puttanelle" (loro stesse si autodefiniscono così) fra Tesla, Dandy, Ann Jurging ed Eishet Zenumium non è che avesse scherzato, in quanto a trash. Quattro dee ex machinae, cui vanno aggiunti i figli di Kurjak (anche Miklos, che è morto!), il contratto, Bierce, Ann che viaggia nel tempo (?), le swastike multiuso e la triste scena del foglietto, che hanno reso la lettura più insipida di quanto avrebbero meritato le notevoli tavole di Rossi e, tutto sommato possiamo dirlo, l'intero minestrone letterario proto-fantastico, di per sé comunque affascinante.

Dampyr Special #15: Doppelgänger Hotel (Mignacco/Vercelli)

Terzo what if della serie, dopo il #154 e lo Special #11, rilasciato in ritardo dopo il #236. Classico della fiction americana (Supernatural o Stargate o Star Trek), la dimensione alternativa che è tutto un sogno nel bozzolo del mostro succhiamente, ma per Mignacco è una trovata Speciale. I doppi sono quelli che ci aspettiamo: Harlan è un Maestro della Notte (unico ad uccidersi), Tesla è una vampira mafiosa (unica a dire le parolacce), Kurjak è posseduto da Carcosa (unico a non capire niente). Meno scontato era rivedere in piena azione Dean Barrymore e Jack Tarrant, col secondo che, a momenti, ma solo a momenti, ci fa sperare di essere perduto per sempre. Ci aspettavamo, invece, i loro doppi cialtroni e, soprattutto, l'intervento risolutivo di Simon Fane, il personaggio più forte della serie, che può risolvere qualsiasi problema e sconfiggere chiunque. In questo caso, naturalmente, l'ennesimo demone della Dimensione Nera, genìa che ormai assomiglia più a Gambadilegno che a Macchia Nera (sì, è una battuta razzista). Naturalmente, nel prologo vediamo Borges nella Biblioteca di Babele e scopriamo che è l'unico ad essersi salvato dalla doppiagangia, perché aveva letto Stevenson (Poe compare solo nell'introduzione). Naturalmente, la vicenda è ambientata nelle torbiere scozzesi per attirare i Ventenni Paperoni. Naturalmente, su input della redazione, la sceneggiatura è quella di un telefilm americano recente (vedi sopra), quindi il demone nero si traveste da facchino negro (e sarei io il razzista), e sono presenti svariate tavole a tutta pagina, affidate però a una vecchia gloria a fine carriera, che in questa dimensione è la pallida maschera di ciò che era: una scelta decisamente e naturalmente anticonformista.

Dampyr #236: L'amica mortale (Giusfredi/Fortunato)

Se il #13 (numero peraltro da rivalutare, come molti di quelli di Colombo) omaggiava Suspiria, questo ne omaggia il remake, ma soprattutto è un giusto riconoscimento alla figura di Ann Jurging, sempre più onnipresente e "dea fuori dalla macchina" della serie. A 18 anni di distanza dal suo esordio, scopriamo come era fuggita dalla scuola di danza di Helena Morkov, in un misto tra Elena Ferrante e i filler domotico-nebbiosi dampyriani, che mancavano veramente da una vita. Un albo comunque estremamente semplice, ma dal ritmo finalmente rilassato e dai disegni espressivi, che, diciamolo, un po' ci voleva, e che, probabilmente, avrebbe dovuto essere letto nella versione variant di Lucca '19, l'unica con una cover bella e sensata (di Fortunato) tra quelle prodotte dalla SBE (ma, temo, priva di apparato extra). C'è anche uno spruzzetto di continuity, dato che Kurjak, per dimostrare a tutti che sta bene, ritorna ad essere il guascone risolutivo pre-Carcosa, mentre Harlan fa una battuta metanarrativa in riferimento allo Special. Ci viene anche detto che Bierce sta da Ann, ma dobbiamo fidarci sulla parola.

Dampyr #237: Krampus! (Scotti-Falco/Longo)

Arte ancora una volta insolitamente riuscita e imprecisa allo stesso tempo, con notevoli panoramiche, una certosina cura dei dettagli irrilevanti (i vestiti, i muri), ma anatomie complessivamente rivedibili, talvolta quasi abbozzate. Soggetto di una romanziera-lettrice (o viceversa?) che Boselli trasforma nell'esordio di un nuovo villain e poi affida al suo braccio destro Falco, che però è mancino. Il risultato è il compitino delle vacanze di Natale, e a poco serve ribadirci che è ambientato il 6 dicembre. Dialoghi piatti e mostri ringhiosi da riempire di piombo: se non ci addormentiamo, è soltanto perché rivediamo in flashback Nergal e scopriamo che i krampus sono ibridi non-morto/demoniaci, tipo gli esperimenti di Marsden e Draka dei tempi di Napoli (sempre in Italia, dunque, anche se gli autoctoni di entrambi i posti obietterebbero). Ma, siccome Nergal è in coma, il suo non-morto è stato risvegliato da qualcun altro, che logica vorrebbe essere sua moglie, ma con la Bonelli attuale non si può mai sapere. Sanna ritorna ad essere pedante, forse perché Sophie ora sembra essere di stanza a Bressanone, e fa freddo, e gli manca il mare, e infatti ripete sempre che, se fosse per lui, sarebbe già tornato a casa - ed è verosimile, in quanto è ciò che chiunque ripete quando è costretto ad andare a trovare i parenti durante le feste (per poi cambiare idea una volta ritrovati i vicini di casa). 

Dampyr #238: Roxana (Di Gregorio/Gualandris)

Inizia il 2020, l'anno in cui la serie compie 20 anni, e quindi sotto la testata compare un bel 20 e Giusfredi viene accreditato ufficialmente come co-curatore. Per l'occasione, Riboldi sforna la sua migliore copertina di sempre, un'illustrazione molto curata, ma ingannatrice: la vignetta omologa all'interno dell'albo è molto più castigata, e il pigiama della tipa non è davvero trasparente. Anche l'arte di Gualandris è complessivamente molto curata, fatte salve un paio di frettolosità trascurabili. Insomma, i festeggiamenti iniziano alla grande. L'unico neo è che la storia è un altro riempitivo noioso e dimenticabile, ma, a quanto pare, i truccatori del film - ormai in postproduzione - fanno miracoli nel coprire i nei. L'albo è sostanzialmente uno spin-off dei cacciatori di fantasmi di (old) York, che ad ogni apparizione aumentano di numero allo scopo di avere delle comparse da far morire, come accade all'ignoto Adrian in questo episodio, tanto si sa che il lettore si ricorda solo Maud Nightindale (gli altri vecchi sono assenti). Ma l'albergo non è infestato dai fantasmi, bensì dai non-morti della Maestra Roxana Dragoste, l'amica di Vlatna mai sentita prima nominare (riuscito parallelismo). Come segnalato dal redattore della rubrica, si ripropone dunque il curioso cortocircuito di questa serie, nata nel 2000, e, ciò nonostante, ancora popolata di cattivi geniali e spietati cui giunge nuova la presenza di questi tre tizi che li combattono da vent'anni.
Saluto commosso di Boselli a Federico Memola, a cui scopriamo di dovere il nome Gambit (la trombanemica di Zagor) e l'idea che Dampyr non dovesse essere pubblicato su Zona X per non oscurare La stirpe di Elan.

Dampyr #239: Il condottiero di Calabria (Falco/De Stena)

Seguito dello Special #13. Vrana è riparato in Calabria, ove nei secoli scorsi era noto come Cavaliere d'Altafoglia. Cos'è un Cavaliere in Italia? Un mafioso. La particolarità di questo Maestro sta, infatti, nel suo essere un mafioso, di quelli che non vogliono sporcarsi le mani e preferiscono nascondersi. E infatti non vuole combattere col dampyr, e alla fine non muore, e si rinchiude nel bunker, lasciando libero il suo non-morto (così c'è un altro riempitivo già pronto). Per raccontarci questo, Falco non lesina su nessuno degli ingredienti che hanno reso famosa questa serie fra le minor cinematografiche: il flashback storico, le sparatorie, i mostri che ringhiano, i giustizieri, il boss che mangia gli spaghetti, lo scagnozzo che dice "muto devi stare", il canto popolare, la battuta sui migranti, la sagra del paese, il pensionato che dirige il piccolo museo, la bella che non si piega, il maresciallo e l'appuntato, il professor Harlan Draka, le esclamazioni texiane biaccate e sostituite dalle parolacce, i disegni dell'ennesima scoperta di Ade Capone adottata da Boselli (o da chi ne fa le veci) nello stesso stile degli altri (quelli che sono rimasti).

Dampyr #240: Possessione! (Piani/Belardo)

In piena emergenza coronavirus esce un albo che parla di una sorta di contagio. Contagio porno, copiato dai romanzi di Grabiński (chi non lo conosce, a parte Google?). Che ridere.
Vabbé. Tolto questo, è un albo crononauta, proveniente direttamente dagli anni 1990: testi piatti, disegni standard, protagonista bonelliano qualunque che indaga in solitaria su un giallo, mostriciattolo ringhiante a caso, puttana triste cattiva controvoglia, adolescenti coglioni, un suicidio strappalacrime. È uno di quei riempitivi che Bonelli pubblicava nelle testate in difficoltà per mandarle avanti. Il ché è indicativo della situazione in cui si è cacciato Dampyr (anche se questo si legge in dieci minuti, mentre i riempitivi di una volta erano dei mattoni). Il passato che si riflette sul presente (con l'aggiunta del sesso).

Dampyr #241: Il Cavaliere di Roccabruna (Boselli/Majo/ col. Matteo Vattani)

Vent'anni di vampiri! Il coronavirus non compromette il festeggiamento. Lunghezza più ampia (sedici pagine in più, il prologo e l'epilogo), il ritorno di Majo, i colori soffusi, la Transilvania (più o meno; ci sono Vlatna e Dorka, la serva del #228): da quando lessi Transylvanian Express sul Classico di Repubblica Serie Oro #47 sembra non sia cambiato nulla (a proposito, che bello vedersi menzionati - più o meno - nella rubrica).
In realtà è cambiato quasi tutto, in duecento e passa numeri (come dimostra la dida sbagliata, un tempo impensabile), e un episodio colto e rilassato, epico e romantico, come questo, che nei primi cinquanta era quasi la norma, oggi è una eccezione tra una pistolettata e un universo alternativo. Ma prendiamola per quella che è, questa storia "a solo" di Draka (annunciata fin dal #107), che si prende anche la copertina, e ci racconta di come generò un aborto di dampyr con Fortunata - la sfortunata che morirà subito nel #27 - e di come inventò i lanciafiamme nel 1624. Harlan racconta questa storia a Saugrénes, nella libreria con Kavka, in un felice (ma breve) ritorno alle atmosfere che tanto ci piacevano e che oggi non si presentano più, e annuncia di non volerci raccontare la storia di sua madre, ma noi bonelliani della vecchia guardia sappiamo che è un caso di preterizione. E mentre ci domandiamo a cosa servano i film, se i fumetti sono sceneggiati e disegnati e colorati così, veniamo a sapere qualcosa che il detective dell'impossibile Harlan Draka ignora, nella più pura tradizione del fumetto bonelliano dell'epoca d'oro: Caleb e Draka erano d'accordo fin dall'inizio (ma, per qualche strano motivo, io lo sapevo già). 

Dampyr #242: Il pittore della Scuola Nera (Venanzetti/Cropera)

A questo punto, avrei voluto cogliere l'occasione per rileggere qualche vecchio classico della serie, ma non ho avuto modo di coglierla; la vita è fatta così: o si coglie, o si è cogli... . A vent'anni compiuti, inizia la fase 2 della serie, cioè all'incirca la 4, ma potremmo azzardare anche 5 (e perché non 6?), e lo fa con il seguito dell'amatissimo Special #9. Riecco dunque Haborym, Adar Melek, Pitìr PanCiokk, GiumGium Putisgnàrr e tutti i mostriciattoli buffi che hanno reso Dampyr appetibile a Hollywood. Non è vero: ci sono soltanto Haborym e Adar Melek, ma sono sufficienti per ricordarci perché quello Special, a nostro avviso, è un pelino (di lupetto) sopravvalutato. A suo modo, l'incipit è celebrativo, giacché è nel 1999 (l'anno di uscita del #0) che Adam Weber, il pittore di Wittenberg, viene circuito da Haborym e condotto alla Scuola Nera. Venti anni più tardi, Adam è corrotto da Abigor, e dipinge quadri spaventosi perfino per i demoni. Il materiale di partenza, insomma, sembra interessante: c'è Ann che torna controvoglia a Berlino, c'è Cropera che può sbizzarrirsi coi chiaroscuri e i mostriciattoli. La cosa, però, dura poco: a pagina 30 e rotti siamo già al videogioco nel castello maledetto, coi mostri che ringhiano, che naturalmente non può che concludersi con Ann Jurging che spara raggi di fuoco dalle mani; a sorprenderci sono soltanto  la capacità dell'autore di tirare per altre 60 pagine a suon di tigri di martini e la rivelazione del vero scopo dell'albo, cioè far sembrare anche Abigor un povero cogli...tore di occasioni mancate (l'episodio si conclude con Haborym che lo sgrida: se fa di nuovo il demone senza avvertire l'inferno, sono capperi acidi). Cropera si sforza di accontentare lo sceneggiatore e i suoi dettatori/dittatori, cercando di disegnare con il massimo impegno la sfilza di immagini esageratamente grottesche che gli viene proposta (tra le quali spicca il cimitero cannibale coi denti-lapidi); per vendicarsi, in alcune (poche) vignette normali non si impegna.
"Abigor!" "Gran figlio di troia!"
Nota: questo albo è uscito contemporaneamente a Topolino e la casa dei dipinti che fingono di Casty.

Dampyr #243/244: Silverpilen/Harlan contro Sho-Huan (Eccher-Boselli/Lozzi)

Soggetto di Eccher cui Boselli ha voluto dare importanza, rimodellandolo su di una sottotrama portante: lo scontro finale con Sho-Huan!
Ma il primo albo è farina di Eccher, in parte sotto dettatura, certo, ma comunque è il classico horror con la metropolitana demoniaca e multiversale. Novanta pagine di introduzione, con dentro un'altra Bobash che muore.
Con un delirante cliffhanger Boselli si prende la sceneggiatura, ed ecco un secondo albo che si rifà, in miniatura, all'epopea dei #177/178, ma con dei dialoghi (anche di pensiero) capaci di raggiungere vette di inusitato kitsch, talmente brutti da fare il giro e diventare di culto. Stracciato il record di Zagor con Kandrax e Morrigan.
Ma non solo: dopo il cartone animato di Wile il coyone e Bip Bip alle sorgenti dei mongoli, scopriamo che Ann Jurging aspettava da tre mesi che i due dementi si facessero vivi, per sconfiggere il nemico del suo amico con i fulmini manulari. 
"Nemico mio! Ti voglio male!". Peccato che questa frase non ci sia.
Lozzi meno fotorealista e più fumettoso? Così sembra. O forse ha solo ritenuto giusto adeguarsi alla scemeggiatura.
Nonostante tutto, questo secondo albo è importante perché le ombre del #86 minacciano di diventare ricorrenti e perché spiega l'assenza del covid-19 dal mondo dampyriano.
Il mondo del grano anticipa R.E.Howard?

Dampyr #245: Sangue sulla Siria (Falco/Del Campo)

Riempitivo estivo con copertina scandalistica (donne nudissime squartatissime) e attualità romanzata (vedi titolo): episodio perbenino (una tettina e una gola tagliata, di sfuggita), tutto sparatorie e bla bla artefatti (una sequenza di 4 vignette scritta coi proverbi), e in cui la Siria è un Paese come un altro (come dice un personaggio, "c'è la guerra qui come c'è la guerra altrove"). Ma, attezione: Ningirsu - il Maestro di turno - era amico di Nergal, quindi in un flashback rivediamo il baffuto arcinemico decidere di allearsi coi demoni, e per qualche secondo possiamo dubitare dell'identità del cattivo del #237. Tutto questo, però, non è sufficiente ad evitare a Ningirsu una morte subitanea, anche perché Harlan ora ha le visioni di Vapula, che gli ricordano meglio le mosse di karate (d'altro canto l'eroe deve farsi perdonare la figuraccia della storia precedente, i produttori americani ci tengono a 'ste cose). 
Arte con qualche gioco di inchiostri in più rispetto a prima, comunque adeguatamente riconoscibile.
La rubrica ci rispiega l'immunità di Harlan al coronavirus (e, di riflesso, di Tesla; non di Kurjak, almeno per adesso) e riempie la pagina con disegni vecchi. 
Nel fumetto torna, oltre all'onnipresente T-Rex e al redivivo Arno, un personaggio dei numeri #123/124, che all'epoca ci erano parsi discreti, ma che abbiamo completamente rimosso: un presagio di quanto accadrà a questo?

Dampyr #246/247: I sussurri nel buio/Il segreto di Robert Howard (Boselli/Genzianella)

La celebrazione per il ventennale e la possibilità di utilizzare liberamente Conan (libero in Europa), unite alla consapevolezza che proprio Conan avrebbe potuto essere pubblicato da Bonelli ai tempi d'oro, cadono a fagiuolo sullo sceneggiatore bonelliano più prolifico di tutti i tempi (traguardo raggiunto proprio questo mese, che caso), il quale ha finalmente l'occasione di omaggiare il suo autore preferito (o no? ogni tanto cambia idea): Robert Erwin Howard, già apparso nel #225, ma qui protagonista al punto da prendersi una copertina tutta per sé, uno strappo alla regola dal valore simbolico (c'era già stato Taliesin, ma Howard non è un dampyr). A chi non ha visto il film che se ne occupa, la storia di Howard non può non interessare, anche se, dopo un primo albo eccellente, il secondo la tira un po' per le lunghe, e alla fine, più che commossi (come il tenerone Kurjak, che ha smesso di fumare, e gli dà fastidio il fumo), ci si sente soddisfatti della circolarità degli eventi (cioè si ritiene giusto che sia morto). Molto graditi pure gli interventi di Lovecraft/Woody Allen e del suo amabile nonnino (che di secondo nome fa Van Buren, come il presidente), ai tempi del west decadente. L'indagine al tempo presente, fatta di conversazioni a proposito di letture di libri veri, e di una camminatina sul sentiero, sulla base di ipotesi portate avanti con cocciutaggine, alla faccia di Martin Mystère (nel corso delle recenti avventure Harlan si è ricordato dei #57/58 e ora vuole venirne a capo), è solamente un pretesto per togliere di mezzo i Mi-Go, ripugnanti e codardi al punto da creare ben due astronavi di plastica (una è quella di Dreamland) per svignarsela con quella vera (la quale assomiglia a quella dei Nephilim del #148, ma forse è meglio non accorgersene). La sensazione è che la saga dei Grandi Antichi non abbia molto altro da aggiungere, sebbene Nyarla sia vivo e Anyel abbia un sacco di domande da porre ai mostri alieni (ma non ci dice quali). Il ché vuol dire che sicuramente proseguirà. Un'altra sensazione è che la serie abbia da tempo seguito le orme della sua omologa Supernatural e abbia superato il punto di non ritorno, qualunque cosa questo possa significare (diciamo che, come abbiamo già rilevato in altre occasioni, gli angeli non sono più inquietanti). Una terza sensazione, infine, è che gli albi di Storie da Altrove #4 e #20 siano la versione comica di questa storia. La scusa di dover ridare un'occhiata al #58 ci porta inevitabilmente a confrontare lo stile di Genzianella di allora e di oggi: beh, sembra persino migliorato. Una prova notevole. Ultima chiosa sugli strampalati inserti con protagonisti Conan (nella prima parte) e quell'altro (nella seconda): simpatici, ma il secondo ci ha quasi tramortiti. 

Dampyr Special #16: I vampiri di Mompracem (Boselli/M.Villa)

Storia annunciata da eoni, pubblicata a mo' di contentino celebrativo. Ma è la giusta e doverosa autocelebrazione di Boselli a sé stesso, che emerge soprattutto nell'esilarante introduzione; ed è impossibile evitare di confrontare questo pezzo di sbrodolato finto schernimento con la piattezza della rubrica del mensile (con tutto il rispetto per il co-curatore, che continua a sembrarci simpatico): abbiamo nostalgia pure delle recensioni dei libri scritti dagli amici, a 'sto punto. Salgari, lo sappiamo, è uno di questi: dal Gigante Morales Paolo al mitico Bacilieri Paolo anch'egli, tutti i grandi autori bonelliani hanno, prima o poi, avuto a che fare con il romanziere protobonellide. Tutti, tranne Castelli Alfredo, che non ha mai scritto due storie brillanti su questo argomento, forse perché non Paolo. Conditio sine qua non per poter sceneggiare Zagor, è storia nota, è stato, per molti anni, aver letto e imparato a memoria l'opus magnus salgariano e aver saputo distinguere uno Falpalang da un Singhesong, un Bananett da un Ciapalchiù; lo sanno bene Mignacco Luigi Paolo e Cajelli Diego Paolo. Ma finalmente, grazie a questo compendio, anche le più incolte moltitudini possono imparare a menadito la salgapedia e qualsiasi pirla potrà presentare i suoi soggetti allo Spirito con la Scure, ignorando, però, che l'esame d'ammissione ora verte sui tweet di Burattini Moreno Paolo. Scherzi a parte, lo Speciale torna finalmente ad essere tale, e soprendentemente si pone in relazione con quello dell'anno precedente, dai quali preleva Dean Barrymore e Jack Tarrant, per portarci, finalmente, a casa di Lord Marsden. Evidentemente, l'avventura dei #133/136 aveva portato Harlan Draka detto il Dampyr a dimenticarsi del suo atavico arcinemico, nonostante lo abbia combattuto in ben 4 storie su 270. Ma niente, Marsden è proprio preso da Netflix, quindi c'è il suo amico del cuore/fratellino Adso Von Klatna che inciampa nel laboratorio segreto del computer quadrimensionale che sintetizza la ionizzazione temporale traslandola nello spazio-tempo e finisce per sostituirsi ad Attila, così che Topolino e Pippo debbono subito essere inviati dal prof. Zapotek al suo recupero. Segue una classica avventura dampyriana con i suoi elementi fondanti: "bella fratellì", ragazze disinibite senza saperlo, buoni cattivi, cattivi buoni, i non-morti; assenti, per una volta, parolacce e sesso sadomaso, sostituite dalla ripetizione ossessiva stile lavaggio del cervello di un'ampia selezione di termini esotici. Alla fine è Sandokan ad uccidere il Maestro, cosa che serve a farci dire "adso, però": ma noi siamo certi che lo rivedremo in qualche flashback, dato che faceva il giannizzero, e Dago si presta volentieri ai team-up. E poi Sandokan si tiene i Tigrotti non-morti (non tutti, solo alcuni, perché è buono), e qualunque lettore giunto all'ultima pagina indottrinato non può non auspicare un'evoluzione dell'ambigua situazione. Saccarina! Billabong! Kualalumpur! In tutto questo, Kurjak e Yanez non fanno poi molto; invece l'artista, all'esordio "ufficiale", appare già un veterano o quasi. La casa editrice postsalgariana aveva proprio bisogno di nuovo disegnatore dallo stile genuinamente bonelliano. Infine, una nota con turbante (ah ah): lo sceneggiatore non mostra esplicitamente il rientro a casa del Dampyr Harlan Draka e del suo fratellino Kurjak, ma nessun forumista sembra esserne rimasto turbato. 

Dampyr #248: Il licantropo di Matera (Giusfredi/Fortunato)

Riempitivo turistico-promozionale (Capitale della cultura 2019, ma c'è stato il covid, ah no qui non c'è), pubblicizzato con tanto di mostra e documentario. Seguito ideologico del #161, ma se l'autore non lo diceva non ce ne accorgevamo. Seguito materiale del #239: il licantropo fintovero è un non-morto di Vrana (il quale, pare, non vuole più farsi vedere, quindi andiamo a stuzzicarlo), il pagliaccio è un non-morto di Vrana, il licantropo verofinto è verovero ed è una setta tipo quella di Supernatural. Essendo un riempitivo, alla fine muoiono tutti, compreso l'altro non-morto di Vrana, quello che dovremmo avere già incontrato nelle storie precedenti, però di quest'ultimo non ce ne accorgiamo perché assomiglia a quell'altro, a Kurjak, ad Harlan, eccetera. Si salvano solo un po' di licantropi fuori schermo, per non far sembrare troppo cattivo l'eroe della serie. Nell'albo agisce Stuart Morrison, muscolosissimo e attorniato dalla fregna, ma nostalgico di Duncan McGillivray, che rivediamo nel ruffiano cameo onirico. Disegni nella media dell'autore, artistici e confusionari. Tutto sommato, Matera non è che si veda molto. Copertina ruffianamente citazionisto*-simpatica.  (*proprio così)

Dampyr #249: La casa sul lungofiume (Piani/Gualandris)

L'anno del covid e del bollino Anni 20 si chiude con una rubrica vecchio stile, in cui compaiono persino delle lettere dei lettori, e con un riempitivo in continuity per appassionati forti, appartenente al filone di Racoszy e Vassago. I due si scornano e scontrano, anche di persona in versione supersayan, per impadronirsi del Libro Nero nel quale sono state imprigionate la tipa di Racoszy e le vittime dei femminicidi sovietici (decisamente non è quello di Magic Patrol). Harlan e l'amico di Racoszy somigliante a Babbo Natale si schierano contro il demone, il quale sembra più cattivo delle altre volte e sfoggia sgherri gigeriani (non somigliano troppo ai Mi-Go?). Per comprendere appieno l'albo è necessario avere studiato un minimo la Storia della Russia, il ché lo eleva al di sopra dei consueti riempitivi, e sembra quasi basato su libri reali (ma questa suppongo sia una impressione). Naturalmente tutti gironzolano amabilmente senza mascherine, ma a mo' di giustificazione c'è una rubrica apposta. Disegni di scuola anni '90, un po' Rinaldi, un po' Bastianoni, un po' Filippucci, un po' brutti e legnosi.
 
Dampyr #250: Paradiso perduto (Venanzetti/Belardo)

Un nuovo bollino ci avverte che un nuovo anno è iniziato, tutto da celebrare come l'entusiasmante 2020: è il compleanno della SBE e in Italia il covid è stato debellato dall'opposizione. Albo gennaiense dedicato al Giorno della Memoria: per fortuna, in questo universo gli eventi del 1° Martin Mystère Gigante non sono mai avvenuti, così non dobbiamo ricordarceli. Puntatona di Supernatural post Uomini di Lettere: angeli e demoni che si accoltellano, l'angelo che si nasconde dagli angeli e fa il guaritore, il "re dell'inferno" cialtrone a rischio ammutinamento demoniaco, naphidim da tenere d'occhio, esoterismo nazi alla carlona, personaggi realmente esistiti ma divenuti leggendari ma demistificati, cronobubbole fantasy, i "fratellini" - uno sbruffone sofferente coi capelli corti, uno emo inguaiato coi capelli lunghi - (qui Charlie Bradbury buonacattiva è assente). C'è persino Gadriel. E c'è pure una morale che regge alle americanate e riesce a tornare e a coinvolgere il giusto (i catari, Rahn, il "paradiso"). Tutto questo è dieci, venti, duemilaeventi spanne sopra a "Maestro della Notte del Paese X che fa il mafioso bratbratbrat aaargh è morto ahah". Arte che inizialmente sembra di un Cropera stanco (ma pur sempre un Cropera), solo dopo capiamo che non è lui. Curiosamente, la rubrica ignora John Milton e gli preferisce John Luis Boneel. Bella cover.
 

(2017-2021)