martedì 30 agosto 2022

Gli Albori (5)

Riecco gli albi delle mie origini.

Per scusarci dell'intervallo di un anno dalla puntata precedente, oggi schieriamo alcuni pezzi da novanta (il decennio di pubblicazione): i Classici Disney (seconda serie) acquistati "in diretta" in quell'epoca di ristoranti pieni e sciali energetici.



Agosto 1994. Una memorabile copertina - è il n.213 - celebra il nuovo Governo italiano. Lo diciamo subito: Paperino e la vena aurifera (Barossi/Chierchini), Topolino e il campione di Kung-Fu (Martina/Asteriti), Zio Paperone e i residuati di guerra (Dalmasso/Chierchini), Nocciola e il titolo accademico (Chendi/Bottaro) sono storie di cui, al momento, non ricordiamo molto; giusto fugaci e sfuggenti flash. Di Paperino e il consulto gratis (Pier Carpi/Gatto) rammentiamo, a grandi linee, il canovaccio. Paperino e il ferro portafortuna (Cimino/Cavazzano), invece, ha avuto l'onore di essere riletta in tempi più recenti, e di guadagnarsi, dunque, qualche cenno di memorabilità in più.

Meglio è andata a Zio Paperone e il Dollaro da semina (Chendi/Bottaro), breve short di cui ci sono sempre rimasti impressi l'idea di fondo e il buffo alieno beccuto. 

Paperino e il... piede sinistro (Barossi/De Vita M.) è, invece, trascolorato nella leggenda, trasformandosi, nella nostra mente imberbe ed influenzabile, in un tormentone. È dal '94 che scendiamo sempre col piede destro, grazie alla saggezza appresa dai fumetti Disney.

Salendo ancora il podio, Topolino e la macchinazione di Macchinisto (Barossi/De Vita M.) è stata una delle primissime incursioni nella fantascienza dei nostri occhietti ancora non corrosi dalla miopia. Un fumetto molto semplice, adattissimo per insegnare ad un piccolo nerd a diffidare sempre dei dittatori. Un altro titolo divenuto per noi proverbiale.

Ma il vero tesoro di questo glorioso albo è Pippo e l'apatia volontaria (Chendi/Scarpa-Cavazzano). Un fumetto che ricordiamo a memoria da allora e che, ancora oggi, consideriamo uno dei veri e propri capolavori del fumetto italiano. Di più: a nostro dire, è una delle rarissime storie a fumetti che toccano la perfezione, nei testi come nei disegni, nella recitazione dei personaggi come nel soggetto. 




Nello stesso anno, ma nel periodo freddo, ecco il n.216 sfoggiare nientepopodimeno che una copertina di Romano Scarpa. Lì per lì ancora non colleghiamo questo disegno allo stile dell'artista dell'Apatia volontaria (vedi sopra), ma lo faremo non molto tempo dopo.

Immancabilmente, il volume ospita episodi che abbiamo dimenticato: Gambadilegno e l'attacco fatale (Missaglia/Asteriti), Topolino e il dipinto rivelatore (idem), e la doppietta del Diario di Paperina di Chendi e Gatto: Serata romantica e Balli moderni.

Discorso a parte per Zio Paperone e la rapina dell'altro secolo (Cimino/Cavazzano): a suo tempo non ci convinse, e questa impressione ci restò sul gargarozzo. Riletta con la dovuta intelligenza in tempi più recenti, abbiamo saporitamente digerito. Ringraziamo gli odori.

C'è un terzo episodio del Diario di Paperina: è L'anello di brillanti (Chendi/Gatto), che non ci è rimasto impresso semplicemente perché l'albo ospita anche Paperino e l'anello perduto (Chendi/Bottaro), e nella nostra mente dislessica i due titoli sono rimasti inestricabilmente intrecciati. In realtà, è la seconda storia quella che rammentiamo con dovizia di particolari.

Un'altra marachella da avanspettacolo che ricordiamo con affetto è Paperino salvatore salvato (Chendi/G.B.Carpi). Mentre Sgrizzo, il più balzano papero del mondo (Scarpa con Cavazzano) è divenuto poi un celebre classico.

Ecco dunque Topolino e l'enigma del campanile (Missaglia/De Vita M.), giallo di cui - per motivi insondabili - ci restò indelebilmente impressa la prima tavola. Rileggendolo proprio in questo fresco e sereno 2022, abbiamo risvegliato il ricordo delle rimanenti tavole.

Lo stesso è accaduto con Paperetta Yè Yè e il ricettario abbuffatorio (Scarpa con Cavazzano), anzi, in questo caso la riaccensione del ricordo ha coinciso con un miglioramento dello stesso. E comunque già il titolo è da antologia. 

All'albo è connotato pure un evento spiacevole, giacché ci rammenta come, quand'anche noialtri eravamo marmocchi, la persecuzione di marmocchi di età inferiore ci aveva già colpito con tutta la sua violenza. Nel caso in questione, il duenne parente alla molto lontana ci strappò la pagina del sommario: da quel momento, ad ogni sirena di "adunata parenti", non abbiamo mai lasciato un solo fumetto incustodito, ma siamo sempre corsi a nascondere il prezioso bene alla vista altrui.



Balziamo all'aprile 1995, n.221: ora il governo è tecnico, una bolla di sapone in cui il papero medio si crogiola mentre spreca acqua e infastidisce i vicini con la radio. 

Il volume ospita Zio Paperone e la collana della duchessa (Martina/Chierchini) e Zio Paperone e i germogli esplosivi (Cimino/Scarpa-Cavazzano-Capitanio). Con nostra somma vergogna, nonostante i nomi altisonanti coinvolti, i nostri ricordi di quelle due vecchie glorie sono labili e confusi.

Di Paperino cacciatore di aquile (Chendi/G.B.Carpi) e Paperino e la legge municipale (Barossi/Bottaro), pure, abbiamo ricordi confusi, ma almeno rammentiamo il canovaccio. Vogliamo qui confessare come il tema della prima storia, oggi, ci faccia leggermente inorridire. Ma confidiamo di potervi sorvolare imperiosamente in fase di eventuale rilettura.

Zio Paperone e il telesoggetto originale (Barossi/G.B.Carpi) è un altro fumetto di cui ricordiamo solo il canovaccio: la differenza dalle precedenti storie è che questa, in un momento imprecisato della nostra vita recente, l'abbiamo riletta... e immediatamente dimenticata una seconda volta.

Arriviamo al nostro podio. Ecco Topolino ferroviere d'assalto (Sisti/Gatto), giallo in due tempi che ci restò impresso per la sua inusuale ambientazione: un treno in corsa. Non avevamo ancora visto il celebre film cui è ispirato e i suoi numerosi remakes (anche televisivi). Memorabile, volenti o nolenti, il travestimento del cattivo.

Saliamo a Paperino e l'inseguimento senza fine (Salvagnini/Camboni), frenetica avventura comica di cui ci colpì pressoché tutto. Non è un capolavoro, ed è pure un fumetto già recente al momento della sua etichettatura a "Classico"; ma è ben disegnato ed è relativamente brillante.

Il pezzo forte dell'albo, tuttavia, è Zio Paperone e gli scherzi spazio-temporali (Concina/Zemolin). Da sempre appassionati di viaggi nel tempo, non riusciamo ad indicare con dovizia di particolari il casus belli che diede inizio a tale passione. Sicuramente, questa bislacca commedia affaristica è tra i candidati.




Soltanto un mese dopo, una memorabile copertina introduce il n.222.

Sorvoliamo subito le storie dimenticate: Topolino e l'Occhio del Drago (Amato/Gatto), Topolino e il frutto impossibile (Barossi/Asteriti), Topolino e il ciliegio dell'Imperatore (Saio-Repetto/Motta-Fedeli). Banalmente, i gialli. Con una annotazione: le influenze asiatiche non ci furono del tutto indifferenti.

Paper Ringo il trovatore (Martina/Gatto), episodio del ciclo C'era una volta... nel West, è un fumetto che abbiamo sostanzialmente rimosso, eccezion fatta per l'arguto titolo e per la vignettona conclusiva.

Zio Paperone e il petrolio lunare (Dalmasso/Perego) e I tre nipotini e i richiami marini (Pavese/De Vita M.) li abbiamo perfettamente dimenticati a metà: o, meglio, di entrambe rammentiamo bene alcune scene e male altre.

Di Paperino cacciatore di pellicce (Chendi/Bottaro), invece, idem. Ma come per le aquile del n.221, l'argomento provoca una leggera nausea.

E arriviamo finalmente al trittico da antologia. Paperino e il Venerdì 17 (Barossi/De Vita M.) fa il paio col "piede sinistro" di qualche numero fa (vedi sopra) e, più che un fumetto da rileggere, è divenuto uno dei nostri tormentoni.

Pippo salva la Terra (Pavese/De Vita P.L.) ha per noialtri lo stesso sapore di una commedia in bianco e nero degli anni 1950. Ci ha divertiti allora, nonostante i 40 anni di ritardo, e ci diverte ancora oggi, e per sempre.

Infine, Zio Paperone e la sirena d'Arabia (Cimino/Bordini) racchiude un po' tutte queste caratteristiche. Oltre ad uno dei twist narrativi che più hanno solleticato la nostra fantasia (non ci riferiamo al fatto che la sirena sia in bikini, ma alla sua natura di polena).



E dopo soli trenta giorni, arriva giugno, e con esso il n.223.

Salutiamo Topolino e la pasticca arabica (Pavese/Scala) e Zio Paperone e la voglia dell'Erba Voglio (Barossi/Chierchini) con l'aria di chi ricorda di aver già visto quel volto ma senza sapere bene chi fosse, e passiamo a Zio Paperone e l'amuleto su misura (Chendi/Scarpa-Cimino), l'esordio del nipote iettatore. Costui lo ricordiamo molto bene; un po' meno, o quasi nulla, degli eventi che lo vedono coinvolto.

Il resto del volumetto si compone di una quaterna indimenticabile, e infatti non l'abbiamo mai dimenticata.

Zio Paperone e il duello aereo (Siegel/De Vita M.), Topolino e l'instabile anniversario (Barossi/De Vita M.), Paperino e la fine del mondo (Bottaro), Topolino e il ferro d'oro (Scarpa con Del Conte). 

Quattro fumetti entrati nei nostri cuori. In particolare, le due coi paperi ancora oggi ci coinvolgono con efficacia.



Saltato il n.224, ecco il n.225. 

Di tutte le storie quivi pubblicate abbiamo almeno una vaga impressione rimastaci.

Ciò è valido, dunque, anche per fumetti di cui ricordiamo poco, come Zio Paperone e i fantasmautomi (Gazzarri/Chierchini), Paperino e il bricco briccone (Barossi/Gatto), Paperino e lo scopetto a strappo (Dalmasso/G.B.Carpi), e persino per Paperino maestro di guida (Langhans/Strobl-White), una delle indiscutibili elevazioni a "Classico" dei riempitivi dello Studio Program.

Una menzione a parte merita Topolino e la fantomatica F.O.L.P.O. (Pezzin/Asteriti): se il titolo e la pagina di apertura ci avevano colpiti, lo stesso non si era detto delle pagine interne. Fortunatamente, una provvidenziale rilettura recente ha provveduto (d'altronde era provvidenziale) a restaurare vivacemente ricordo e giudizio.

Non ci resta che entrare nella top three, dove troviamo Paperino e la fantastica sviolinata (Martina/Cavazzano): come dimenticare una tale bischerata, priva di una reale trama?

Al secondo posto, però, c'è Zio Paperone e il Deposito piramidale (Scarpa con Zemolin): e questa, davvero, non si poteva scordare.

Ma la storia-clou, capace di devastare i nostri neuroni e di imprimersi al loro interno, cortocircuitandoli per sempre, non poteva che essere Topolino e il Triangolo delle Bermude (Castelli/De Vita M.). E non c'è bisogno di spiegare perché.



Oplà! Due mesi dopo, è già tempo di n.227. 

Un numero quasi antitetico ai due precedenti: di questo abbiamo rimosso quasi tutto.

Topolino e la vernice generatrice (Vizzotto/De Vita P.L.) non ce la ricordiamo per niente. Di Zio Paperone e la scatola misteriosa (Siegel/Gatti) possediamo, forse, una labile traccia, mentre di Paperino direttore d'albergo (Studio Program), ci ricorda qualcosa, ma non sappiamo bene cosa. 

Di Paperino e la notte agitata (Chendi/Perego), invece, ce la ricordiamo abbastanza, ma forse perché l'abbiamo riletta. Al contrario, Zio Paperone e l'autogomma in serie (Chierchini) ce la ricordiamo abbastanza, ma non abbiamo voglia di rileggerla.

Zio Paperone e il debito d'onore (Cavazzano) è fumetto da riscoprire, ed è ciò che intendiamo fare quanto prima.

Un albo, dunque, senza storie capaci di rapirci e coinvolgerci? No, perché c'è ancora Topolino e la scorribanda nei canali (Michelini/Ubezio). Nonostante sia una sequela di marchette televisive, non tutte immediatamente comprensibili a pochi anni dalla prima pubblicazione (ad es. "Quelli della notte" era già passato remoto), l'atmosfera allucinata ai confini della realtà del viaggio di Topolino e Pippo ci lasciò diversi brividi di esaltante inquietudine.



Il numero del mese successivo, il n.228, è la copia quasi identica di quello del mese precedente al successivo.

Infornata di storie di cui abbiamo scordato tutto, tipo Topolino e i pescherecci sfondati (Sorrenti/Scala) e Paperino e la polvere magica (Chendi/Cavazzano) o di cui abbiamo fugaci flash, come Topolino e il cemento incollatutto (Howard/Jaime Diaz Studio), Pluto cane permaloso (Howard/Valenti), Paperino e l'autobiogradia (Nofziger/Strobl-Steere), Pippo e la corsa al bus (Howard/Jaime Diaz Studio), Paperino e la puntualità soprattutto (Dalmasso/Bargadà Studio).

Restano Zio Paperone e l'uovo conteso (Bordini): di questa ricordiamo il demenziale flashback. E Il terrore corre su quattro ruote (Chierchini): un fumetto che un tempo amavamo molto, ma che ora ci appare un poco sorpassato.

Come nel n.227, il solo pezzo forte è dato da un anomalo episodio in stile Twilight Zone: è Paperino e le concatenazioni imprevedibili (Salvagnini/Gottardo), la famosa storia coi personaggi che si leggono o si guardano in tv a vicenda.



Ci ritroviamo, dunque, ne 1996, con un albo acquistato senza un reale motivo. All'infuori del "Libretto" settimanale (e, in seguito, del PKNA), avevamo diritto ad un solo albo extra acquistabile durante la passeggiata domenicale. Ma non tutte le Domeniche trovavamo effettivamente albi capaci di entusiasmarci durante le nostre interminabili sfogliate dinanzi ai pazientissimi edicolanti. Così, in talune (poche) circostanze, ci siamo sentiti in dovere di dilapidare soldi altrui soltanto per sfizio.

Di questo volumetto, ad esempio, non ci colpì quasi nulla. Né Nocciola contro la banda a vela (Mandelli/Perego), né Paperino pericolo pubblico numero 6 (Barosso A.-Pavese/De Vita P.L.); né Topolino e il nasino francese (Concina/vari), né Topolino e il viaggio a Honolulu (Dalmasso/De Vita P.L.), e neppure Topolino e il ratto di Broadway (Siegel/De Vita P.L.).

Nemmeno Topolino forzuto per forza (Barossi/Asteriti), ad essere onesti. Una storiella che, tuttavia, è stata tra le prime ad essere incontrate nel momento in cui, adulti e vaccinati, ci siamo riaffacciati al mondo disneyano. E quindi si è salvata dall'anonimato.

A conti fatti, di questo n.232 soltanto due storie hanno bussato al nostro neurone: la demenziale e nonsense Zio Paperone e i fasti del Patè (Bellomi/Lostaffa) e il classico Paperino e la bistecca spray (Pezzin/Gatto). Almeno quest'ultima degna di menzione ed elogio.



Due mesi dopo, n.234, il copione si ripete.

Paperino e il premio galattico (Pavese/Gatto)? Topolino e il labirinto rivelatore (Missaglia/Capitanio)? Zio Paperone e la stangata dell'arcobaleno (Siegel/Perego)? E chi se le ricorda?

Vergognosamente, nemmeno Zio Paperone e il castello del Duca Pazzo (Barks) riesce a stimolare la nostra fantasia. Per fortuna, da grandi abbiamo colmato l'ignominiosa onta.

E Paperino e gli amuleti porta-iella (Barossi/Perego) e Topolino e l'Asso di Picche (Bramante)? D'accordo con quanto sopra esposto, non ci colpiscono. Ma lasciano una traccia sottesa, inintellegibile, soprattutto lo stile di Brahms.

Meno male che l'albo ospita Guido Martina. Zio Paperone e l'eredità indivisibile (Martina/Esposito) è una marachella che, senza un motivo particolare, si è lasciata ricordare.

L'amorosa istoria di PaperoMeo e Gioietta Paperina (Martina/Scarpa-Del Conte) è invece un Classico della Parodia e del fumetto italiano. Tutto qui? No, perché oggi, dopo attente analisi e riflessioni, abbiamo deciso che si tratta di un altro di quei rari fumetti prossimi alla perfezione, in questo caso se non altro nell'ambito disneyano.



Con il proliferare delle testate tematiche (PKNA, GM, Topomistery, ecc.), ai nostri occhi bramosi di novità i Classici perdono smalto. Gli acquisti si diradano.

Il n.237 lo acquistiamo solo ed esclusivamente per poter leggere Zio Paperone e il centenario (+1) bullonario (Concina/G.B.Carpi con Santillo), di cui non trovavamo il "Libretto" originale. Si tratta del famoso episodio con Agnelli (identico al vero) e l'Innominabile (completamente diverso), che, per motivo che non riusciamo a ricostruire, ci interessava davvero molto. Dopo attente riletture, non siamo in grado di spiegarcene il motivo. Però il titolo è davvero tra i più brillanti.

Anche Topolino nell'iperspazio (Concina/Dotta e Orazi)  ha goduto di un'analisi adulta e a posteriori, che ci ha portato a dequalificarne l'importanza storica. Ma almeno ha serbato una simpatia di fondo, se non altro per la sua involontaria dozzinalità.

Zio Paperone e la Crescirapida Precipitosa (Pezzin/Gorlero) non ci disse molto, mentre Zio Paperone e l'incubo predante (Michelini/Cavazzano) è il seguito di una storia cui teniamo molto, ma inferiore alla stessa. 

Di Zio Paperone e l'albergo sul picco (Cance/Cavazzano) rammentiamo il solo canovaccio. Leggermente migliore il ricordo di Paperino e il pollice d'ascolto (Salvagnini/Held) e Il club più... Più di Paperopoli del Diario di Paperina (Concina/Intini). Senonché quest'ultime due erano storie allora recenti, e la seconda l'avevamo già letta sul "Libretto".



E ora bariamo spudoratamente. Non acquistammo in diretta il n.239, ma lo recuperammo, anni dopo, all'usato. Senonché l'"anno dopo" fu comunque un "anno novanta" (l'ultimo): così rientra comunque nella categoria.

Acquistammo il volumetto per uno ed un solo motivo: Paperino e la leggenda dello "Scozzese Volante" (Scarpa con Gatto). Le cronologie di Luca Boschi ci avevano condotto alla follia delle mancoliste e della compartimentazione degli autori.

Ignorammo del tutto le altre storie, eccezion fatta per Gambadilegno e il ritorno a Leg City (Mezzavilla/Cavazzano), ma solo perché l'avevamo già sul "Libretto".




Medesimo discorso è da applicarsi al n.248, recuperato all'usato prima del nuovo millennio.

Casus belli è Topolino e gli enigmi del Tempo (Pezzin/De Vita M.), la prima storia del nostro ciclo favorito. Un fumetto che, col passare degli anni (i nostri), ha acquisito un valore estrinseco che supera quello effettivo. Oggi è uno dei nostri fumetti preferiti, per via di quella sua atmosfera a tratti gotica, a tratti nostalgica.

Anche in questo caso, saltammo a pié pari gli altri episodi proposti. 

Eccezion fatta per Le GM e il "test" da detective (Dester/Scala). Un gialletto per bambini, e dunque alla nostra portata, e dunque da noi apprezzato.



Ed eccoci all'albo del mistero, il n.256. 

Dovete sapere che, da sempre, rammentiamo alla perfezione di aver letto - ma che diciamo? divorato con ansia - Zio Paperone e la Corrente del Golfo (Dalmasso/De Vita M.) prima a casa e poi a scuola, durante le lezioni. L'unica pubblicazione sulla quale potevamo averlo fatto è questo Classico... che, tuttavia, non rammentiamo di aver avuto, giacché ci pare di non aver posseduto nessuna delle altre storie proposte. Probabilmente le saltammo a pié pari. 

In realtà, qualche timida suggestione de Paperino e l'amplificatore elettrostereofonico (Missaglia/Chierchini) l'abbiamo, ma l'argomento oggi ci disgusta al punto da volerne dannare la memoria. 

Topolino e la voce nuova (Missaglia/Capitanio), invece, semplicemente ce la siamo ritrovata in un'altra pubblicazione.



Non misterioso, ma altrettanto particolare è l'immediato n.257.

Non lo acquistammo, ma lo leggemmo a scrocco da un amico.

Una lettura veloce e con i minuti contati. La nostra attenzione non poté che concentarsi su Qui Quo Qua e la macchina del tempo (forse Martina/Capitanio), celebre per il cameo dei personaggi Hanna&Barbera (al tempo in licenza da Mondadori anch'essi). Le stranezze non sono terminate: da adulti, un'attenta analisi ci ha portati ad attribuire ad ignoti la sceneggiatura, che degli stilemi martiniani non ne presenta alcuno. (Questo, a sua volta, ci ha portati a dubitare delle cronologie a cui ci siamo abbeverati per decenni, ma non è il caso di dilungarvisi.)




Saltiamo con i piedi di Pippo al n.260, acquistato esclusivamente per poter godere di Paperon De' Paperoni contro Mandracchio (Cimino/De Vita M. e P.L.), che Boschi ci indicò come "prima storia di De Vita figlio". Dovremmo rileggerla, così come pure Zio Paperone e la fabbrica di sogni (Crecchi/De Vita M.), l'unica altro fumetto proposto che non abbiamo obnubilato.



E il n.261, perché lo acquistammo?

Forse per Topolino e il diabolico Dottor Talos (Chierchini), giacché al tempo amavamo le sceneggiature di questo autore.




Sappiamo benissimo, invece, il motivo dell'acquisto del n.267.

Si tratta di Topolino e la guarnigione segreta (Pezzin/De Vita M.), secondo episodio del ciclo dei Signori della Galassia. Un'epopea che abbiamo pure riassaggiato di recente, apprezzandola come fosse la prima volta.

E, se Zio Paperone e il generoso benefattore (Martina/De Vita P.L.) non ci disse nulla, e di Paperino e la giornata del lavoro (Martina/Amendola) ci restò il canovaccio, il volume contiene finalmente un'altra storiella che abbiamo sempre ricordato: è Tap e il violino da poco (Chendi/Cavazzano).

E Zio Paperone e la campana della generosità (Cimino/Coppola)? Beh, l'avevamo già letta sul "Libretto".



Infine, il n.285: è già il 2000, e noi stiamo di nuovo forzando le regole da noi stessi imposte.

Ma l'acquisto ci fu, causa la presenza di Arriva Paperetta Yé Yé (Scarpa con Cavazzano)? Come potevamo non volerla leggere, dopo le indicazioni del Boschi nelle sue puntigliose cronologie?

Delle altre avventure, conoscevamo già Topolino rapito! (Damianovich/Gatto) e Zio Paperone e il cambio della guardia (Cavazzano), mentre le altre, al solito, le ignorammo con stolida sicumera.


Il resto è storia nota: il nuovo millennio, la crisi, le guerre, la Panini. Dice il saggio: "Il mondo è fatto a scale, impara a zoppicare".