giovedì 23 aprile 2020

ZAGOR (2)


[101-102-103] TRAGICO CARNEVALE - I RIBELLI DELLA LOUISIANA - I CONGIURATI (Nolitta/Donatelli)
Comincia col turismo folkloristico, Zagor che bacia le sconosciute durante il Mardi Gras, prosegue con l'andirivieni nella palude, finisce come lotta di classe antileghista. Tutta memorabile.

[104-105-106-107] IL BUONO E IL CATTIVO - LE MONTAGNE SELVAGGE - TERRE BRUCIATE (Nolitta/Ferri)
Una scommessa che diventa una gara tragica, la burla che si fa dramma. E' copiata da qualche film, ma si fa leggere. La terza puntata non si dimentica (la omaggeranno tutti). Finale sciocco.
                                                                     
[107-108-109] RITORNO A DARKWOOD - ORA ZERO! - MINACCIA DALLO SPAZIO (Nolitta/Donatelli)
Ritorno a Darkwood, ritorno di Hellingen, terrorista sovietico. Storia epica nelle intenzioni, meno nei modi, ma la tensione regge. Compaiono il Presidente degli Stati Uniti (anonimo) e il Congresso di Washington, bombardati coi razzi. In televisione! Come dimenticarlo?

[110-111-112] 3 UOMINI IN PERICOLO - ACQUE MISTERIOSE - LA CAPANNA MALEDETTA (Nolitta/Donatelli)
E' il solito Mostro della laguna nera, ma con tutto un contorno appassionante e un paio di sequenze crude che si fanno ricordare. Atmosfere immersive.

[112-113-114-115-116] LA RADURA DELLE VOCI - MESSAGGI DI MORTE - LA MARCIA DELLA DISPERAZIONE - LA SABBIA E' ROSSA! - L'ULTIMA VITTIMA (Nolitta/Ferri-Bignotti)
Instant classic poco sgangherabile, funziona se la si legge tutta dall'inizio alla fine, perché è un romanzone d'altri tempi. Famosa perché Zagor bacia Frida, ma mica era asessuato prima.
Vale più per la lunghissima costruzione climatica che conduce alla soddisfacente catarsi finale.

[116-117-118] L'UOMO VENUTO DALL'ORIENTE - ARRIVANO I SAMURAI - LA SCURE E LA SCIABOLA (Nolitta/Bignotti)
E' uguale alla storia con l'arabo, ma col giapponese, ma strutturata meglio, ma perché i giapponesi permettono qualche sfumatura caratteriale in più.

[119-120-121-122] LA RABBIA DEGLI OSAGES - ARRESTATE BILLY BOY! - IL GIORNO DELLA GIUSTIZIA - ADDIO, FRATELLO ROSSO! (Nolitta/Donatelli)
Dramma non inedito, ma simbolicamente perfetto. Il mondo reale, in cui tutti sono carogne, sconfigge il mondo di fantasia di Zagor.

[Zagor Tay 279-280-281] ESRARENGIZ ADA (???????/???????)
Storia turca fuoriserie, per rallentare la ristampa autoctona. Non l'ho letta (e chissà se mai lo farò).

[122-123-124-125] SULLA PISTA DI UNION TOWN - L'AVVENTURIERO - ZAGOR CONTRO SUPERMIKE - LA SETTIMA PROVA (Nolitta/Ferri)
L'imitatore sbruffone di Zagor ne diventa la nemesi. E' un anime, lo scontro finale è una sfida agonistica. Adorabile.

[125-126-127-128] IL PRINCIPE ALEXIS - AGLI ORDINI DELLO ZAR - LA FOSSA DELLA MORTE - LA FINE DI UN TIRANNO (Nolitta/Donatelli)
Ed ecco la colonia russa. E' un romanzone d'avventure, è invernale fino al midollo, è un concentrato di un po' di tutto. Ecco perché l'ho amata molto.

[129-130-131-132-133] FOLLIA OMICIDA - IL FANTASMA DI STONE-HILL - KANDRAX IL MAGO - LA SESTA LUNA (Nolitta/Ferri-Bignotti)
La prima puntata è una simpatica storiella a parte, una specie di thriller-giallo-comico.
La vicenda di Kandrax vera e propria ha belle atmosfere horror anni '60, ma soggetto banalissimo.

[133-134-135-136] SANDY RIVER - SPEDIZIONE PUNITIVA - IL PALO DELLA TORTURA (Nolitta/Donatelli)
Altra bella storia del filone crudo-realista, anche se in realtà non la ricordo.

[136-137-138] TIGRE! - DHARMA LA STREGA - L'ORRENDA MAGIA (Nolitta/Ferri)
Si ricordano i flashback ambientati in India, che più esotici non si può, e le splendide copertine.
C'è anche l'uomo-tigre, che a me ricorda sempre il cartone, per cui vabbè.

[139-140-141] IL CAVALIERE MISTERIOSO - PERICOLO BIONDO - I DUE OSTAGGI (Nolitta-Canzio/Donatelli-Gamba)
Delizioso collage picaresco con due-tre avventurine flebilmente collegate.
Memorabili il "Don Chisciotte" pazzoide e la bandita erotica.

[141-142-143-144] LA MACCHIA VERDE - I CANNIBALI DI GREEN SPOT - MASAI KILLER - IL SIGNORE DEI SERPENTI (Nolitta/Segna)
Horror strampalato-vintage-trash dai disegni adorabili, regala l'indimenticabile sequenza allucinata dell'avvelenamento.

[144-145-146] INCONTRO NELLA FORESTA - PUGNI E PEPITE - ZAGOR SI SCATENA  (Canzio/Ferri)
Bel titolo (il secondo), eccellente per due terzi, un po' lenta nella terza parte. Gradevolissimo giallo domenicale con i trapper impazziti per l'oro. Immersivo finto-didascalismo che ci spiega come si cerca l'oro nei boschi.

[147-148] LA MINACCIA VERDE (Castelli/Donatelli)
Plagio dei Trifidi, si ricorda perché Castelli l'ha "pesantemente citata" nel secondo MM delirante di Za-Te-Nay.

[148-149-150] LA PROVA DEL FUOCO - GUERRIERO ROSSO - IL SEGNO DEL CORAGGIO (Nolitta/Tenenti-Ferri)
E ancora western crepuscolare, stavolta col figlio inetto del sergente deciso a riscattarsi.
Come non immedesimarsi? In Ken Parker c'è una storia uguale, di Castelli, il ché vuol dire che è un Classico (infatti è copiato da un qualche film).

[150-151-152] INTRIGO INTERNAZIONALE - LA FORTEZZA DI SMIRNOFF - MISSIONE COMPIUTA! (Castelli/Donatelli)
Buffa parodia made in Castelli, un po' Zenda un po' Aristocratici, dove tutto è classicamente inutile e beffardamente gustoso.

[152-153] IL MISTERO DI TAMPA TOWN - FANTASMI! (Castelli/Segna)
Plagio di Barks, e si ricorda solo per questo e per i disegni d'atmosfera e per il granchione trash.

[154-155-156-157] SENZA TREGUA - TROPICAL CORP - FEBBRE GIALLA (Nolitta/Donatelli-Gamba)
Ancora crudele realismo, stavolta il soggetto (epidemia scatenata da militari) supera la sceneggiatura, ma la lettura è sempre gradevole.
Andrebbe riscoperta.

[157-158-159-160-161] LA TAVERNA DEL GUFO - DELITTO A BORDO - L'IDOLO CINESE - IL SIGILLO DELL'IMPERATORE (Nolitta/Ferri)
Kolossal urbano-cinese e d'atmosfera, epicamente lungo, completo, avvincente.
   
[161-162-163-164-165] IL TIRANNO DEL LAGO - PATTUGLIA EROICA - AFFONDATE IL "DESTROYER"! - COLPO DI SCENA - LA RESA DEI CONTI  (Nolitta-Canzio/Donatelli-Gamba)
Altro kolossal, stavolta naturistico-bellico, interminabilmente avvincente, passionale, epico e completo.

[165-166-167] MORTE DI UNO SCERIFFO - INCENDIO A FORTE JERICHO - L'UOMO INVISIBILE (Canzio/Segna)
Canzio ripesca Verybad trasformandolo in personaggio da ripescare. Storiella minore, ma simpatica, con le ovvie gag sugli uomini invisibili. C'è anche una bella sequenza al cimitero.
                              
[Cico 1] CICO STORY (Nolitta/Ferri)
I parenti di Cico. Mi ricordo il finale, in cui Cico passa il confine Messico-USA illegalmente davanti a tutti.

[167-168-169] IL MESSAGGIO DEI MUNSEE - LA TRIBU' SCOMPARSA - IL VENDICATORE ALATO (Nolitta/Ferri)
Ultima storia seria di Nolitta, il ritorno del Re delle Aquile. E' uno di quei sequel migliori degli originali, che vale doppio perché l'originale in questione è una delle migliori della serie.
Storia ricca di elementi e sequenze cult, commovente, coinvolgente, intrigante, affascinante, completa.

[170-171-172] BANDITI SENZA VOLTO - VIAGGIO SENZA RITORNO - L'ULTIMO VIKINGO (Nolitta/Segna)
Delirio conclusivo nolittiano, col ritorno dei vichinghi, ma diventa subito una sarabanda di grottesco horror trash. Basti dire che ci sono i cerbiatti mannari e l'ameba gigante. Pini Segna completa il trip. E come te lo scordi?

[172-173-174] CICO VA ALLA PESCA - PICCOLI ASSASSINI - LA GRANDE PAURA (Castelli/Donatelli)
Esemplarmente castelliana, crea la tensione (mozzafiato) da presupposti frivoli (cattivi liberano piranha nel fiume, allora Zagor lo deve risalire fino alla diga-acquedotto-sorgente: adorabile).

[175-176] LA PISTA DEL WEST - SIERRA BLANCA (Pezzin/Gamba)
Cannibalismo tra i superstiti del disastro, un classico che mai stanca.

[177-178] IL RITORNO DI GUITAR JIM - L'ORCHIDEA ROSSA (Castelli/Donatelli)
Sceneggiatura a orologeria, personaggi sbeffeggiati senza pietà. L'unico intento di questa storia è sfottere Zagor, ma è un esercizio di stile fatto bene.

[Cico 2] AMERICAN CICO (Nolitta/Ferri)
Riprende da dove era terminato il n.1. Non ricordo altro.

[178-179-180-181-182] GUAI IN VISTA - HELLINGEN! - IL RAGGIO DELLA MORTE - TERRORE DAL SESTO PIANETA - MAGIA SENZA TEMPO (Nolitta/Ferri-Bignotti)
Fine simbolica della serie, ultimo Nolitta. Imperfetta, con qualche calo di tensione di troppo tra i vari stacchi narrativi. Memorabile per forza, in quanto ultracitata e fondamento di varie storie (migliori) successive.

[183-184] SFIDA AL CAMPIONE - LA PARTITA E' CHIUSA (Pezzin/Gamba)
Parentesi umoristica di Pezzin, che ripesca il pugile. Il cast della serie si presta anche a questo, quindi ci sta.

[184-185-186] STRANE SCOMPARSE - LA MONTAGNA DEGLI DEI (Sclavi/Donatelli)
Peplum sclaviano che anticipa MM (laboratorio sul monte Olimpo). Zagor deve affrontare le fatiche di Ercole, ma solo alcune, perché se no la storia dura 800 pagine. Vabbè.

[186-187-188-189] IL POPOLO DELLA NOTTE - IL RITORNO DEL VAMPIRO - IL REGNO DELLE TENEBRE - L'ORRENDO CONTAGIO (Castelli/Ferri)
La prima storia di Rakosi si rifaceva ai classici film Hammer, questa a Stephen King.
Atmosfere lugubri riuscite. Esordio di Metrelievic e figlia.

[189-190-191] LA TAVERNA DEL LUPO - LA VALLE DEGLI SPIRITI - L'UOMO ETERNO (Pezzin/Gamba)
Storia rimaneggiata, doveva essere il ritorno di Kandrax, è diventato l'avvento di un alchimista tedesco, che poi ucciderà Burattini.

[Cico 3] UN PELLEROSSA CHIAMATO CICO (Nolitta/Ferri)
Comica ovvia alla Raimondo Vianello, passabile. Prosegue il #2.

[191-192-193-194] UNA NOTTE MOVIMENTATA - I TAGLIATORI DI TESTE - ZAGOR L'IMMORTALE (Sclavi/Donatelli)
Sclavi postmoderno, gli indios amazzonici a Darkwood, con tutte le conseguenze del caso.

[194-195-196] IL TESCHIO DI FUOCO - IL SIGNORE NERO - L'ORDA DEL MALE (Sclavi/Donatelli)
Fantasy nudo e crudo di Sclavi, diventerà il prologo di Dylan Dog (ufficialmente!). Belle atmosfere à la Jim Henson e Sam Raimi (in anticipo o suppergiù).

[196-197-198] IL MAGO DELLA PIOGGIA - THUNDER MAN! (Sclavi/Gamba)
Omaggio ai supereroi che non piace a nessuno (a parte Burattini). Frivola e non proprio brillante, ma c'è di peggio.

[198-199] LUPO SOLITARIO - IL CERCHIO DELLA VITA (Sclavi/Donatelli)
Dramma esistenziale sclaviano invernale, coinvolgente fino a un certo punto. Ufo di Mister No, che è uguale, è venuta meglio.

[200] IL TESORO MALEDETTO (Sclavi/Ferri) *a colori*
Virtuosismo sclaviano estivo (??), diventerà il prologo di Dylan Dog (ufficialmente!) pure questo (galeone e sostanza che sveglia i morti).

(2019)

ZAGOR (1)


[1-2] LA FORESTA DEGLI AGGUATI - TERRORE (Nolitta/Ferri)
Introduttiva. Memorabile l'incipit, per ovvi motivi.

[2] IL TOTEM MISTERIOSO (Ferri)
Non l'ho letta.

[2-3] L'UOMO VOLANTE (Ferri)
Vabbé, giusto perché Markus poi torna. Però è simpaticamente vintage, coi nanetti (che tornano pure loro).

[3] L'ORO DEL FIUME (Ferri)
 Non l'ho letta.

[3-4] LA VALLE PROIBITA - CORVO GIALLO (Ferri)
Non l'ho letta.

[4-5] ZAGOR CONTRO ZAGOR - I DUE SOSIA (Ferri)
Vintage, simpatica, Botegovsky poi torna.

[5] L'IMPRONTA MISTERIOSA (Ferri)
Non l'ho letta.

[5-6] IL MISTERO DEGLI UOMINI SCOMPARSI (Ferri)
Non l'ho letta.

[6-7] LA LANCIA SPEZZATA - IL POPOLO DELLA PALUDE (G.L.Bonelli/Ferri)
Non l'ho letta.

[7-8] L'IDOLO ONEIDA - LA VENDETTA DI ZAGOR (G.L.Bonelli/Ferri)
 Non l'ho letta.

[8] I PREDONI DEL BIG RIVER (G.L.Bonelli/Ferri)
Non l'ho letta.

[8-9] I RINNEGATI - LA LEGGE ROSSA (G.L.Bonelli/Ferri)
Non l'ho letta.

[9-10] LA STREGA DELLA PALUDE NERA - LA DANZA DELLA SCURE (G.L.Bonelli/Ferri)
L'ho letta? Se sì, non la ricordo. Strega tipo quella di Tex.

[10] IL PICCOLO POPOLO (G.L.Bonelli/Ferri)
Sequel (!) della precedente. Scopriamo da dove veniva l'alleato della strega.
Non la ricordo bene, la confondo sempre con la storia dei preistorici.

[10-11] UNO STRANO "VIOLINISTA" (Nolitta/Ferri)
Dimenticata.

[Kiwi Special 15] LE SACHEM SANS PLUMES (Navarro(?)/Charlas-Galep(?)*) [*riciclati]
Storiella francese fuoriserie, abiurata da Nolitta. Non letta.

[11-12] L'URAGANO - SULLE ORME DI TITAN (Nolitta/Ferri)
Helligen e Titan, un omaggio a Virus. Ha i suoi momenti fascinosamente vintage.

[12] IL CERVO SACRO (Nolitta/E.-A.Chiomenti)
Coi disegni particolari e il safari nei boschi. Vabbé, comunque niente di che.

[13] L'ABISSO VERDE (G.L.Bonelli/Ferri)
Niente di che, un dinosauro sfigato, ma Burattini l'ha resa importante con la retcon.

[13-14] IL MESSAGGIO TRAGICO (G.L.Bonelli/Ferri)
Che ridere i dialoghi di G.L.Bonelli. Storia simpatica, coi mormoni morti, lo stregone bullo interrato, la palude, Zagor spaccone.

[14] IL MISTERO DEL MULINO (Nolitta/Ferri)
Chi esordisce qui? Timber Bill? Vabbè.

[14-15] LO SQUADRONE FANTASMA (Nolitta/Ferri)
Dimenticata.

[15] IRON MAN (Nolitta/Ferri)
La prima sconfitta di Zagor, contro il tizio con la cotta e l'elmetto, si fa ricordare.

[15-16] GENTILUOMO... MA NON TROPPO! (Nolitta/Ferri)
La casa lussuosa! In mezzo al nulla? Boh. Simpatica.

[16] LA PORTA DEL FUOCO (Nolitta/Ferri)
Uomini preistorici (indiani??) rimasti isolati chissà come (ce lo spiegherà Burattini). Simpatica.

[16-17] MISSIONE SPECIALE - CONDANNA A MORTE (Nolitta/Ferri)
Dimenticata.

[17] I PREDONI DELLA MONTAGNA (Nolitta/Cubbino)
Non me la ricordo. Disegni inferiori a Ferri.

[17-18] UN NIDO DI VIPERE (Nolitta/Ferri)
L'esordio di Bimbo Sullivan? Mi pare.

[18] OMBRE! (Nolitta/Ferri)
Robson, i cinesi travestiti da uomini-pesce, la battaglia sugli scogli sulla spiaggia. Sganghe-cult.

[18-19] UN TRAGICO PATTO (Nolitta/Ferri)
Dimenticata.

[19-20] TERRITORIO INDIANO (Nolitta/Ferri)
Non la ricordo.

[20-21] UNA TRAGICA MISSIONE {L'INFERNO DEI VIVI} (Nolitta/Ferri)
La prima storia minimamente epica, ancorché molto elementare.

[21] LA FURIA DI ZAGOR (Nolitta/Ferri)
Sequel della precedente, ma autonoma. Con Tawar e Mister-Mister, indiano civilizzato, villain strambo e pertanto memorabile.

[21-22] L'AGGUATO {GLI ADORATORI DEL SOLE} (Nolitta/Ferri)
La mitica storia con gli antichi egizi, neppure rovinata dal sequel di Burattini. Il vero omaggio a Virus (più di Hellingen), la prima vera avventura vagamente epica, la prima trasferta, la prima follia multidimensionale.

[22] "SMILING" JOE (Nolitta/Ferri)
Un cortometraggio col memorabile flaneur Smiling Joe.

[22] IL COLLE DEI GUFI (Nolitta/Ferri)
Dimenticata.

[22-23] L'AVVOLTOIO - LA LUNGA NOTTE (Nolitta/Ferri)
Prima nemesi complessata memorabile, omaggio a Disney-Marvel (!).

[23] IL RICATTO (Nolitta/Ferri)
Una tizia rapita, un manigoldo. Mi pare. Boh.

[23-24-25] ALLARME A DARKWOOD - LE JENE DEL MARE (Nolitta/Ferri)
Prima tripla, prima avventura trasognante con Digging Bill, che qui è "cattivo". Una parodia delle cacce al tesoro, e una caccia al tesoro dietro l'angolo di casa. Pietro l'Olonese. Un gioiellino.

[25-26] CACCIA AL LADRO (Nolitta/Ferri)
Esordio di Verybad? Quando faceva il bombarolo, se non erro. Non la ricordo bene.

[26] IL NEMICO NELL'OMBRA (Melloncelli/Bignotti)
Doppio esordio riempitivo. Scordata.

[26-27-28] IL MESSAGGIO - ZAGOR ATTACCA (Nolitta/Ferri)
L'esordio di Icaro La Plume e dei frati Serafino-Gelsomino e di One Eyed Jack. Avventura pura anni '60, piacevole film domenicale. Si ricorda il volo di Cico in mongolfiera.

[28-29] CLARK CITY (Melloncelli/Bignotti)
Western non di Nolitta, e si nota.

[29-30] TRAPPERS - LA PREDA UMANA (Nolitta/Ferri)
Il primo Classico, cinico e crudele. L'epilogo con l'esordio di Guitar Jim è una ministoria a parte.
Manuale su come si fa un plagio (è copiata da un film, preso da un romanzo). Nolitta l'aveva già fatta sul Piccolo Ranger; ne farà un altro remake su Mister No, e sarà un manuale pure quello.
Vanta almeno altri tre rifacimenti di altri autori: due di Capone, di cui uno su Lazarus Ledd, e un intero episodio di Coliandro, bellissimo omaggio.

[30-31-32] VIOLENZA A DARKWOOD - GUERRA! - IL FUGGIASCO (Nolitta/Ferri)
Il secondo Classico. Zagor contro le camicie nere. Con la precedente costituisce l'inizio vero e proprio della saga. In più arriva Molti Occhi.

[32-33-34] IL VILLAGGIO DELLA PAURA - LA CASA DEL TERRORE (Nolitta/Ferri)
Per molti è un Classico pure questo, a me annoia un po'. Ha la sua atmosfera, una geografia un po' improbabile, e torna Bimbo Sullivan, ma tutto è molto elementare.

[34-35] UNA GIORNATA NERA {GLI SCIACALLI DELLA FORESTA} (Nolitta/Ferri)
Indimenticabile la gag del vecchietto che non riesce a dormire perché Zagor e Cico gli piombano ripetutamente nella casa sul fiume.

[35-36-37] I RICATTATORI - SOLO CONTRO TUTTI - L'ULTIMA SFIDA (Nolitta/Bignotti-Ferri)
Meglio nota come "Zagor va in città", con tutti i clichés relativi. Simpaticamente classica e domenicabile, tant'è che finisce ai giardinetti. Ben costruita/congegnata, rilassante.

[37-38] I DISERTORI - PRIGIONIERO (Nolitta/Donatelli)
Il ritorno di One Eyed Jack, che si fa il bagno. Soldati deviati corrotti, ma c'è di meglio.

[39-40-41] ODIO! - LO SPETTRO DEL PASSATO - VITTORIA! (Nolitta/Donatelli)
Torna Hellingen e arriva Fishleg, con una memorabile ciurma di casi umani che memorabilmente viene sterminata subito. Si ricorda per il sottomarino e la morte di Hellingen arpionato al cuore, su cui Nolitta farà lo gnorri. Prima storia non a strisce.
                                                                                 
[41-42-43] LA STREGA ROSSA - IL MOSTRO DELLA LAGUNA (Nolitta/Ferri)
Avventura marinaresca con echi di Segar, in parte comica (è la storia del Pisum Alatum) ma non surreale. Nell'ultima puntata si fa anche abbastanza crudele. E' l'inizio della prima trasferta della serie.                             

[43-44-45] UN'AVVENTURA IN FLORIDA {SEMINOLES} - I VENDICATORI (Nolitta/Donatelli)
La storia che fa da pretesto per la trasferta, le vicende dei Seminoles segregati in Florida.
Manetola-Osceola, come non ricordarlo? Vicenda statica e malinconica, ma aperta.

[45] UN EROE RITORNA (Nolitta/Donatelli)
Titolo a doppio senso. Cortometraggio buffo con la cittadina dei discendenti di Daniel Boone.

[45-46] SATKO! (Nolitta/Ferri)
L'esordio dell'avvocato Cherokee civilizzato, classico romanzetto d'amore ottocentesco.

[46-47-48] IL FANTE DI PICCHE - LA PISTA DI SANGUE (Nolitta/Ferri)
Giallo di cui rammento la prima copertina, ma non la storia.

[48-49] BELVE! - L'UOMO LUPO (Nolitta/Donatelli)
La storia dell'uomo lupo. Atmosfere notturne, ma in verità non mi ha colpito molto.

[50-51] LA CITTA' NASCOSTA (Melloncelli/Donatelli)
Inserimento posticcio di Melloncelli. E' uguale alla storia degli egizi, ma con gli aztechi e meno verve. Divertente gag di Cico, che Burattini ha poi copiato. Finisce la trasferta.
                                                                                 
[51-52-53] GLI EVASI - MORTE SUL FIUME (Nolitta/Ferri)
Ritorno e morte di Iron Man, in borghese. Zagor contro due-tre avversari contemporaneamente, sebbene uno-due siano estemporanei. Bei disegni.

[53-54] LA DEA NERA (Nolitta/Donatelli)
Niente di trascendentale, ma ci sono i Thugs quindi va bene.

[54] NATALE CALIBRO 45 (Nolitta/Donatelli)
Banditi vestiti da Babbo Natale, una fiabetta-action zagoriana.

[55-56] ZAGOR RACCONTA... - IL RE DI DARKWOOD (Nolitta/Ferri)
Il Grande Classico con le origini dell'eroe. Piove, Zagor e Cico sono bloccati nella capanna, allora Zagor racconta una storia. Che meraviglia. Confortevole, coinvolgente, triste e avvincente. Burattini ama moltissimo questa avventura, allora ha deciso di distruggerla. Ma è destinato al fallimento.

[56-57-58] SENZA PIETA' - MOHICAN JACK - LA CARICA SUICIDA (Nolitta/Donatelli)
Il giornalista che crea una guerra indiana per vendere più copie. Sesso e potere trent'anni prima. Che roba. L'inizio del filone "drammatico (ma non patetico)".

[58-59-60] I TRE ASSASSINI - SERVIZIO SEGRETO - FUCILAZIONE! (Nolitta/Ferri)
Molto curata, ma noiosetta. Con gli inglesi reazionari.

[61-62] L'ARCIERE ROSSO - LA FRECCIA MORTALE (Nolitta/Donatelli)
Giallo "alla Zagor" con Robin Hood malvagio. Non la ricordo bene.

[62-63-64-65] VERSO IL MAINE - SFIDA ALL'IGNOTO - RAMATH, IL FAKIRO - LA NAVE PIRATA (Nolitta/Ferri-Donatelli)
Mini-trasferta autonoma. La ciurma definitiva di Fishleg, i vichinghi di Gudrun (non poi così amichevoli). In verità è una successione di tre disavventure, l'ultima ridondante.
Viaggio in mare = avventura, sempre.

[65-66] RIVER POINT - "MAGIC BAT" (Melloncelli/Donatelli)
Ultimo Melloncelli, ancora prestigiatori cattivi. Ricordo il battello e il riferimento di Donald Destry a un evento del passato di Cico mai raccontato, che poi racconterà Burattini.

[66-67-68] LA SIRENA DEL CIRCO - IL RE DELLE AQUILE - LO SPETTRO! (Nolitta/Ferri)
Esordio di Ben Stevens, villain originale e marveliano. Panorami insoliti, scene-cult, l'aquila gigante, i picchi. Tutta memorabile. Ultima storia a strisce.

[68-69-70] AVVENTURA A KINGSTON - I SEI DELLA "BLUE STAR" - FIAMME NELLA NOTTE (Nolitta/Ferri)
La storia rappresentativa di tutta la serie, a mio giudizio. Premesse bislacche (convention di anziani marinai), svolgimento coerente, miscela di umorismo surreale, equivoci e dramma tipo Barks-Hergé, caccia al tesoro nella nave perduta nella palude, briganti e indiani sconosciuti. C'è tutto Zagor. Digging Bill passa da quasi-cattivo a quasi-buono.

[70-71-72] WATANKA RIVER - IL FIORE CHE UCCIDE - TERRA SENZA LEGGE (Nolitta/Donatelli)
Per salvarsi Zagor fa trucidare una popolazione autoctona deviando una diga. Insolita.
Diciamo che ricordo solo questo.

[72-73] IL GRANDE FIUME - LO STRANO MISTER SMITH (Nolitta/Ferri)
Deludente? Non ricordo.

[73-74] "PARADISE GATE" - LA STELLA DI LATTA (Nolitta/Donatelli-Bignotti)
Western crepuscolare, come si suol dire. I film del genere non mi piacciono, i fumetti come questo sì.

[75-76] LA MANO DI ALLAH - LO SCEICCO NERO (Nolitta/Ferri)
Il titolo è un gioiello (letterale), inquietantemente simpatico. Zagor contro l'arabo, è simpatica perché oggi non si può più fare, per il resto c'è di meglio.

[76-77] IL DIO DEI GHIACCI - MOLOK! (Castelli/Bignotti)
Castelli e Bignotti, entrambi al loro meglio (il primo in versione giovanile copiona). E' straclassica fino alla nausea, ma anche inusuale perché è il seguito del romanzo originale (come la futura storia di MM). Bei disegni carichi.

[78-79] I FALCHI DELLE NEVI - ESKIMO (Nolitta/Donatelli)
Che caspita di atmosfere invernali. Prime pagine capolavoro, poi è sempre immersiva. E' tutto bello, anche l'inseguimento copiato da James Bond (che a me non piace).

[79-80-81] UNO STRANO VISITATORE - ZAGOR STORY - LA RIVOLTA DEI TRAPPERS (Nolitta/Bignotti)
L'autore di dime novels che vuole crearne una per vendere, ed è il fumetto che leggiamo.
Metanarrativa prima di tutti gli altri. Un po' noiosetta, ma intelligente.

[82-83] LA STRADA DI FERRO - LA MASCHERA BIANCA (Nolitta/Donatelli)
La prima tavola è magia. Torna Robson, con la ferrovia anacronistica, e gli anacronismi ci piacciono.

[84] INDIAN CIRCUS (Nolitta/Ferri) *a colori*
Albo celebrativo a colori, diciamo che è il vero "numero cento". Col collezionista di indiani, un tentativo abbozzato di classificarli.

[85-86-87] ANGOSCIA! - ZAGOR CONTRO IL VAMPIRO - ALBA TRAGICA (Nolitta/Ferri)
In parte uno dei millemila film di Dracula, in parte "Fracchia contro Dracula" dodici anni prima.          Molto classica.
                                                                                 
[87-88-89] UN'IMPRESA DISPERATA - ODISSEA AMERICANA - LA NEBBIA INFERNALE (Nolitta/Ferri)
La seconda o terza storia-simbolo della serie, una parodia, un viaggio epico in miniatura, un concentrato di Avventura. Eppure è solo la prima storia della trasferta eponima.

[89-90-91-92] ASSALTO ALLA BANCA - ZAGOR, IL RIBELLE - LIBERTA' O MORTE - ALL'ULTIMO SANGUE (Nolitta/Donatelli)
Torna Manetola, solo per morire. Ma c'è Liberty Sam, che si salva (ma lo scopriamo molto dopo). Zagor sconfitto. Memorabile assedio nel fortino sul mare.

[92-93-94-95] TEMPESTA SU HAITI - VUDU! - LA NOTTE DEI MAGHI - ZOMBI! (Nolitta/Bignotti)
Gita ad Haiti, tutta gironzolata in su e in giù, con finale horror folkloristico. Ha il fascino del filmato sbiadito delle vacanze che riguardiamo con la nostalgia per un tempo in cui si potevano ancora fare vacanze di questo tipo.

[95-96-97-98-99] UNA CROCIERA MISTERIOSA - HAMMAD L'EGIZIANO - OCEANO - BANDIERA NERA - CAPITAN SERPENTE (Nolitta/Ferri-Donatelli)
E' famosissima, la preferita di quasi tutti. A parer mio, è troppo classicamente piratesca e lunga per meritare questo. A me ricorda gli episodi col nonno pirata di Pippi Calzelunghe, quindi mi ricorda l'infanzia, quindi mi piace. Comprendo l'epos dello Zagor palombaro. Mare e isolotti funzionano sempre, ma anche il lungo incipit ad Haiti col mafioso egiziano non è male (anche perché Hammad se lo portano dietro fino alla fine).

[99] PUERTO JUAREZ (Nolitta/Donatelli)
Riempitivo memorabile, in Messico. Un concentrato di luoghi comuni che fanno sempre ridere.

[100] IL MIO AMICO "GUITAR" JIM (Nolitta/Ferri) *a colori* *+30 pagg.*
30 pagine in più, forse inutilmente. Omaggio a Tex, ambientato in Texas.

(2019)


lunedì 20 aprile 2020

DAMPYR (2)

Dampyr #51: Tre vecchie signore (Boselli/Roi)

La celebrazione prosegue nel primo numero della nuova cinquantina, il quale va a costituire col Dottor Cinderella una sorta di bilogia fuori dal tempo. Se il nucleo operativo dei nostri è Praga, il nucleo tout court è il protagonista, quell'Harlan di cui, in fondo, non si sa poi molto. Questo numero viene dunque dedicato tutto a lui e al suo passato. Già nei #1 e #21/22 gli erano ritornate in mente le sue tre zie, le tre vecchie signore del titolo, e già nelle loro poche apparizioni esse avevano dato modo di mostrare la loro sovrannaturalità. Ebbene, con questo numero viene più o meno formalizzato il loro status: esse sono sostanzialmente le tre Moire, solo che non si capisce se le tre Moire tout court o solo quelle preposte a tessere la vita di Harlan. Ad ogni modo, Aysha, Chloe e Vivien sono le tre controllore dell'Equilibrio e del rispetto della Legge, Legge che garantisce la protezione di Harlan. Con quest'ultima clausola viene spiegata la non interferenza nella formazione del dampyr da parte di Draka e soprattutto di Nergal, il Maestro della Notte alleato cogl' inferi. Nergal che, però, dopo tanto tempo, perde la pazienza: è infatti lui a minacciare le tre sorelle, accusandole di avere violato l'Equilibrio alterando una morte quando le tre facevano le batt...dame di compagnia nella Bruges del 1917. Boselli mostra in diretta il misfatto con uno dei suoi consueti e bei flashback storici, ma non dice come e perché Nergal abbia scovato il cavillo solo ora. Comunque, nel duemilaeboh (2003, probabilmente, dato che viene citato come evento recente il #50), le tre, bisognose di aiuto, influenzano Hanneke, la poliziotta fiamminga del #25, e giocando sulla di lei cotta per Harlan, portano a Bruges il "figlio del diavolo". La vicenda principale si gioca però nel passato, in un indefinito momento degli anni '60, quando un tredicenne Harlan è costretto a combattere con dei bulli e ad assistere per la prima volta al potere del proprio sangue, quando uno di quei bulli, Rade, viene tramutato in non-morto da Nergal e lo attacca. Nel flashback il legame fra Nergal e Samael non viene specificato: il secondo, principe dei seduttori, si limita a provarci con Vivien, mentre è il primo a mettersi in gioco ordinando ai suoi Nephidim, angeli ibridi, di portare Harlan verso la squadra del Male. Un tentativo proibito dalla Legge e che, nel presente, gli costa il ricatto delle tre zie e dell'Harlan ormai memore di una parte del suo passato. Messo alle strette, Nergal, tramutato in drago (dunque tutti i Maestri sono draghi?), rivendica il diritto alla propria agibilità politica e dichiara decaduta la protezione della Legge nei confronti di Harlan. Questo punto Boselli non lo approfondisce, dato che si trova a fine albo, e dunque non è chiaro se sia solo una dichiarazione dovuta alla perdita di pazienza da parte di Nergal o l'effettiva conseguenza dello sblocco delle memorie di Harlan da parte delle sue protettrici. Ad ogni modo, la bilogia della celebrazione termina con un buon numero, meno ponderoso del solito ma reso intrigante anche dai disegni della guest Corrado Roi.

Dampyr #52/53: La maledizione di Varney/I misteri di Napoli (Boselli/Andreucci)

Dopo la celebrativa pausa "fuori dal tempo", la saga dampyriana riprende la propria marcia. Marcia trionfale, magniloquente, aristocratica. Boselli costruisce un altro dei suoi lunghi flashback che da un lato omaggiano un certo tipo di narrativa e di weltanschaunng e dall'altro permettono di mostrare spaccati di continuity altrimenti irraggiungibili. Protagonisti sono stavolta Lord Byron e John Polidori, ben accompagnati da svariati comprimari: dai coniugi Shelley ai camorristi ottocenteschi, dai cacciatori di vampiri del passato a nientemeno che Draka in persona, mai così attivo in cinquanta e più numeri. Se nel presente gli appunti di Dolly McLaine ottenuti nei #43/44 e la chiamata di Don Raffaele, collaboratore napoletano di Caleb Lost, conducono Harlan e Kurjak su e giù per la città della pizza e del mandolino alla caccia del fantasma Monacello, è nel passato che Boselli scatena come di consueto il suo letale mix di cultura e mistero che lo rende l'erede dei grandi narratori del passato. E questa avventura d'epoca è, fra le tante viste fin qui, probabilmente la più sentita e dunque la migliore. Il tormentato rapporto di disprezzo/amicizia che slega e lega Polidori e Byron è alquanto vivido e capace di toccare le corde del lettore, almeno di quello che un rapporto così l'ha vissuto sulla propria pelle. E se è vero che fu nel periodo di uscita di questi numeri che il lunatico Colombo lasciò la curatela della serie portando all'esaurimento il suo amico Boselli, costretto su due piedi a dover fare tutto (un buco che probabilmente ha portato allo svarione del #50), allora nel rapporto tra il poeta beffardo e il medico frustrato è leggibile anche qualcosa in più a quello che la Storia tramanda. Il parallelismo si fa poi triplo se si legge in Kurjak una certa invidia, ancorché benevola, per l'amico dampyr, e addirittura quadruplo quando emerge, con fare feuilletonesco, la vera relazione fra Draka e Sir Varney, il non-morto ogm creato da Draka per essere un Maestro e divenuto invece un essere tormentato dal destino tragico. Tragico come i destini di Byron, di Polidori, del Monacello... è un vero e proprio drammone dal sapore romantico quello orchestrato da Boselli in questa sentitissima storia doppia, drammone che appassiona e non sfrange i maroni, dato che non tralascia azione, mistero (e costruire una storia d'azione e mistero nella Napoli post 2000 non è roba da poco) e nemmeno continuity, stando alla rivelazione a sorpresa coinvolgente Lord Marsden (#45), che pare abbia portato alla morte Byron perché amico dell'odiato Draka. Insomma, dopo la doppia celebrazione naif, ecco una doppia storia piena di vita (ed è una storia di vampiri!), di personaggi, anche secondari, che rimangono impressi (la vecchia e il Monacello sono davvero dolci) e capace di trasportare chi legge da Napoli alla Scozia alla Svizzera alla Grecia e di nuovo a Napoli, facendogli vedere tutto senza farlo morire. Che è, guarda caso, il potere di un Maestro.

Fuoriserie: Vampiri di sabbia  (Boselli/Dotti)

Prima storia fuoriserie dampyriana, edita in un albetto per RiminiComix 2004. La storiella, di 12 tavole, è ambientata a Rimini solo pro forma, ed è, fin dal titolo, un seguito del #3. Il Maestro della Notte di quella storia, Kostacki, è morto da tempo in Cornovaglia, ma a Rimini alcuni pezzi del suo corpo riemergono, così i mostriciattoli suoi scagnozzi ne approfittano per ritornare sulla scena, farsi cacciare dal dampyr e trovare finalmente la pace nella morte. Non è chiaro perché quelle che nel #3 sembravano essere illusioni generate da Kostacki qui sono creature vere e proprie, ma data la natura pubblicitaria della storia (l'albetto è anche il catalogo della mostra contestualmente dedicata alla serie) ci si passa sopra. Il resto dell'albetto è occupato da un breve saggio di Davide Barzi che ripercorre le quattro storie vampiresche vissute da Zagor, delle quali le ultime due scritte, non a caso, da Boselli.

Dampyr #54: Il Teatro dei Passi Perduti (Boselli/Dotti)

Per anni, su svariate pagine della posta, Boselli ha ponderato, progettato, annunciato questa storia melomane, che un po' a sorpresa viene piazzata qua, dove poco si lega alla precedente e alla successiva. E' una sorta di #50bis, questo #54 ambientato quasi tutto dentro il Teatro, base operativa dei nostri e casa di Caleb. Sempre a sorpresa è il casus belli che dà l'avvio alla vicenda, se vicenda si vuole chiamarla: le "alte sfere" (col senno di poi alquanto johndoeiane), ossia le sfere celesti e quelle infernali, vogliono assistere ad una rappresentazione de Le contes d'Hoffman di Offenbach nella sua versione originale, che nella realtà extradampyriana è andata perduta. Non solo: vogliono che tale rappresentazione sia il più realistica possibile, così pretendono che ad interpretarla siano sì noti vocalisti, ma accompagnati da creature d'ogni tipo, e dallo stesso Offenbach in veste di direttore d'orchestra. La tregua fra Caleb e Samael permette tutto questo, ma Nergal è deciso a farla cadere e fa in modo che i poveri tenori e soprano vengano posseduti o portati alla follia. Ad Harlan, Tesla e Kurjak il compito di vegliare su di loro, e di trarsi qualche piccolo sassolino dalla scarpa: perché se Harlan nei suoi viaggi solitari è libero di frequentare ragazze assortite, allora sono liberi di svagarsi anche Tesla e Kurjak. Lei soprattutto, che di Harlan è inutilmente invaghita (com'è noto, non può toccarlo) e a causa della frustrazione rischia sempre di cadere nella tentazione di Samael. Insomma, una storia che è un'opera lirica e teatrale a fumetti: non il massimo del brio, ma culturalmente ponderosa.

Dampyr #55: Spettri a Cambridge (Boselli/F.Russo)

Secondo filler consecutivo e prima apparizione per l'ottimo Fabrizio Russo, scippato da Dampyr al mio amato Martin Mystère. Proprio con lo zio Marty Russo aveva dimostrato di saperci fare con le atmosfere mysteriose, così Boselli gli affida la seconda avventura dei ghost hunters dell'Università di York. L'ottimo #35 aveva avuto un discreto successo non solo tra i fan dampyriani, ma anche tra gli autori stessi, tant'è che l'avventura di Haversham Priory risultava essere una delle più citate nelle storie scritte da Boselli. Quelle citazioni si sfogano finalmente in un albo che è quasi il prologo ad uno spin-off. Harlan è infatti solo uno dei membri della squadra di cacciatori guidata dal prof. Richards e in trasferta a Cambridge per indagare nel celebre campus universitario. Boselli non concede al suo eroe un ruolo predominante, ma lo equipara agli altri, al prof. Richards, alla sensitiva Maud, alla giovane Nicole. E Boselli è talmente appassionato di fantasmi che conduce la narrazione in modo da far dimenticare che questa è una serie incentrata sui vampiri, anche se il fan intento nella lettura ogni tanto finisce lo stesso per domandarsi se la trama verticale avrà un qualche legame o meno con la trama orizzontale, rischiando così di sbuffare. Il problema, però, se lo pone anche Boselli, che ad un certo punto metaforizza il fantasma chiamandolo "fantasma-vampiro" e, durante l'eliminazione dello stesso, fa usare ad Harlan il proprio sangue perché non si sa mai. Ma non ce ne era bisogno, primo perché come potrà mai agire il sangue di dampyr su uno spettro e secondo perché la storia comunque funzionava bene. Nel frattempo, la posta annuncia il futuro ritorno di Colombo, che però non sarà mai definitivo.

Dampyr #56: I vampiri della città fantasma (Mignacco/Andreucci)

Harlan, Tesla e Kurjak vengono inviati al confine fra USA e Mexico per indagare sulla sparizione del detective Arbogast, aka Bob Hoskins, collaboratore di Caleb. Il detective è caduto vittima del gruppo di non-morti che si sono impadroniti di High Moon, città abbandonata nel deserto. I non-morti, con l'aiuto del benzinaio locale e della sua figlia sordomuta, importano illegalmente immigrati messicani per mangiarseli. Così, il dinamico trio ne approfitta per sgominare la banda di malfattori a suon di sangue dampiro. Questa debole trama, accompagnata dai disegni meno gradevoli visti sin qui, è solo un tappabuco inserito da Boselli per introdurre la doppia successiva, nella quale i nostri torneranno a dare la caccia a Ixtlàn. Però ha il pregio di abbigliare lo sceriffo dei non-morti come Tex e caratterizzarlo come una carogna :P .

Dampyr #57/58: Il paese del sogno/I segreti di Dreamland (Boselli/Genzianella)

Dopo tre filler dalla qualità media complessiva buona ma dai diversi difetti, si torna a fare sul serio con una nuova doppia. Come indicato nel numero precedente, si torna in America per dare la caccia a Ixtlàn. Il #56, sornione, conteneva un easter egg, una rivista sensazionalistica con un articolo sull'Area 51, che anticipava i contenuti di questa storia, nella quale Harlan & Co. raggiungono il detective, ora privato, Lenny Meyer e il suo ex collega, il tenente Jim Pajella, entrambi provenienti dal #30. Con l'aiuto dell'ufologo "Desert Dog" i cinque indagano sulla famosa Area 51, detta Dreamland, che com'è noto contiene qualcosa di mysterioso. Cosa? Ovvio, Ixtlàn e i suoi non-morti. Ma attenzione: non c'è attrito con la continuity di Martin Mystère, sia perché Boselli, chiamando la base con un doppio nome (Area 51 e Dreamland), riesce a non essere troppo pignolo, sia perché Castelli nell'universo mysteriano aveva già fatto in modo di lasciare "libero" l'argomento limitandosi a chiamare Area 51 una sezione deviata di Altrove (che poteva benissimo aver copiato un nome famoso per delirio di onnipotenza); non solo, i graffiti rupestri a tema alieno che Boselli infila di soppiatto sono un segno che in Dampyr di MM non ci si scorda mai anche se si ha voglia di parlare d'altro. Un rispetto per la continuity da sogno, che i tanti autori seriali italiani dovrebbero imparare. Un rispetto che non è fine a sé stesso, dato che, a parte questi pochi riferimenti, l'avventura non ha nulla di mysterioso ma si dipana come un avvincente action, e, anzi, esalta come mai finora questa componente arrivando finalmente a mostrare una vera e propria guerra contro i non-morti, nel senso che questi ultimi sono alleati con un ramo dell'esercito USA e bombardano Harlan e soci con missili nucleari! :D Boselli fa il Colombo, dunque, ma verso la fine torna a sbrogliare le matasse come solo lui sa fare. In uno dei più bei climax che la serie ricordi, un ribaltone si alterna all'altro, e così si assiste alla trasformazione di Pajella in non-morto; allo scontro finale fra Harlan e Ixtlàn, trifocato a causa della presenza del colonnello complice (ed è un signor scontro, giocato volutamente sul troppo tempo trascorso dall'ultima eliminazione di un Maestro); alla presenza della Temsek e alla rivelazione dell'alleanza fra Ixtlàn e Mardsen; alla morte di Ixtlàn, con conseguente liberazione di Pajella, che resta non-morto ma "buono" come Tesla; all'ulteriore rivelazione che dietro a Mardsen c'è un altro Maestro (il capo della Temsek?). E nonostante l'accumularsi di cotanto materiale, nessun personaggio viene ridimensionato (giusto Meyer un pochino) e ciascuno ha il suo momento di gloria, in particolare Pajella che nella sua nuova veste promette una rivincita morale per la quale, se si sta dalla parte giusta, è inevitabile fare il tifo. Perché è vero che Boselli fa ancora una volta capire che i Maestri della Notte sono solo alieni, nel senso stretto del termine (provengono da un'altra dimensione), ma i mafiosi e i corrotti no, sono proprio carogne.

Dampyr #59: Le Terminatrici (Boselli/Majo)

A terminare la decade cinquantina torna la coppia genitrice della testata, di nuovo in trasferta nel Paese del Sole, o meglio, della Luna, vista la grande mole di leggende e mysteri (e misteri con la 'i') che costellano lo Stivale. Come ricorda pure la posta, che svela la genesi del soggetto dell'albo ma dimentica di citare lo zio Martin, che in Italia ci è stato più volte e ci ha pure vissuto per due anni. Peccato perché anche Le Terminatrici, come le migliori storie dampyriane, è una storia molto mysteriosa che svela l'ignoto dietro alla quotidianità. Ed è una storia italiana ma non italiota: è raccontata con un approccio moderno e colto, fatto di rispetto per la tradizione, ma senza la venerazione abitudinaria che una narrazione da fiction avrebbe rischiato di portare seco. E' se è vero che nelle sequenze contemporanee di azione non ve ne è molta (ma in compenso i tanti dialoghi sono brillanti), nei flashback la Storia, pasionaria come sempre, si mescola all'occulto, permettendo a Boselli di parlare indifferentemente di mafia e di stregoneria, di ribellione e paganesimo, di lotte fratricide e malocchi, di carnevale e accabadoras. Con un apparato grafico eccellente, erede delle mitiche La colonna infernale e I Lupi Mannari, questa storia sarda viene emblematicamente scelta per apparire nell'unico Oscar Mondadori dampyriano, un "only Majo" uscito nel 2010 in occasione del decennale della serie, accanto ai #1,#2,#35, oltre che, appunto, ai Lupi Mannari.

Dampyr #60: La miniera di Zyarne (Cajelli/Baggi)

Tra i fan dampyriani dei primi mesi del 2005 c'era chi le abbuffate di Storia servite da Boselli le apprezzava sì, ma a fatica, e necessitava di avventure più semplici, di modo da riprendere il fiato. Rottasi l'alternanza Boselli-Colombo dopo una trentina di numeri, il lato più tamarro della serie era invece andato sparendo, per la gioia mia ma non dei fan di cui sopra. Per loro fortuna accorre in soccorso Diego Cajelli, che appunto si sobbarca l'incarico di occuparsi di togliere dalla serie la patina elitaria che la cultura inevitabilmente porta seco e deposita. Tuttavia, azione e tamarrate non equivalgono in automatico a sciocchezze e frivolaggini, come il Cajelli aveva già dimostrato nella sua unica apparizione sulla testata, quel #40 piuttosto coinvolgente e capace anche di far riflettere. In questa sua seconda incursione il Cajelli compie una operazione opposta a quella imbastita con il #40, e offre una storia che all'inizio contiene pure degli spunti sociali interessanti e alla fine diventa una tamarrata voluta ed esplicita. D'altronde la presenza della sensitiva Ann Jurging lo pone in stretta relazione con il numero più tamarro della serie (il #13), ma questo non basta a giustificare la trasformazione del monaco invasato nel mostro insettoide nascosto nella miniera e prelevato da un qualche film di serie Z. Peccato perché che Cajelli sappia sceneggiare è pacifico, ed infatti il montaggio figo e sbruffone rende la lettura piuttosto divertente, complice pure le cospicue deroghe alla gabbia bonelliana, e il dramma che vive Ann Jurging è ben reso, ma razionalmente nulla è spiegato e questo in una serie di Boselli non va bene.

Dampyr #61: La foto che urla (Cajelli/L.Rossi)

A distanza ravvicinata ecco la terza storia di Cajelli, scritta invece a molta distanza dalla precedente. Una storia, La foto che urla, in cui Cajelli va come sempre per la sua strada onde perseguire il proprio unico... obiettivo (che bufo!): fare un horror. E, aiutato da uno straordinario Luca Rossi, fa un horror. Semplice, vecchia maniera, incentrato su uno spunto classico (pure King l'ha usato per Quattro dopo mezzanotte), cioé la foto maledetta da cui la creatura maligna vuole uscire. Alla fine, vabbé, la creatura maligna esce e dice "rrraagh", "grrowl" e "devi morire", ma pazienza perché prima i due autori avevano costruito una storia lugubre e paciosa molto gradevole che non poteva che finire come poi finisce. Belli i flashback barocchi, bello il cameo di Aleister Crowley, bello lo spunto che vuole la strega spaventata dagli Amesha, bel filler. Nota: nella posta viene presentata l'edizione USA della serie, copertinata da Ashley Wood.

Dampyr #62: I dannati di Praga (Boselli/Bocci)

Nella posta un lettore si lamenta perché la continuity s'é fatta grande e non ci sono più storie d'azione con i vampiri. Puah. Boselli gli risponde per le rime, e lo fa sia nella stessa posta che con la storia di turno, un altro eccellente tassello del puzzle dampyriano. Il numero in questione è infatti il punto di incontro tra la sottotrama praghese e quella di Foster e Vera Bendix, gli agenti del SOE mancanti dal #46. I flashback storici proseguono gli eventi del Castello di Barbablù e raccontano la vita di Vera durante il suo trasferimento nella Praga nazista, Con l'aiuto di Nikolaus e di Caleb, la spia riesce ad infiltrarsi tra i russi alleati dei nazi ma che odiano i nazi. Un'altra occasione, dunque, per Boselli, di ricordare che le cose non sono mai semplici come dovrebbero essere. Nel presente, la vecchia Vera ritrova i suoi amici, e con essi ne ritrova altri, ovvero i suoi vecchi commilitoni trasformati in non-morti da Nergal e riesumati per attirare in trappola Harlan e soci (come si ricorderà, Nergal aveva promesso battaglie nel #51). Il ché permette a Boselli di imbastire un avvincente pedinamento sui tetti praghesi che altro non è se non azione con i vampiri! Tié, lettore, becca. La storia si risolve come al solito nelle ultime due-tre tavole, e nel modo più "giusto", ma Nergal fa la solita figuraccia. E su questo aspetto, in effetti, qualche critica al Maestro Boselli la si può fare. Nergal sembra ormai Gambadilegno. Ma si perdona perché la Storia è bella e magistra vitae.

Dampyr #63: L'ombra del male (Colombo/Andreucci)

Colombo returns con un albo che più stralunato non si può. Sulle Alpi Carniche (non si sa con esattezza dove) Harlan e il partigiano Giulio affrontano la minaccia della strega Leonarda (non si sa con esattezza chi sia, perché sia una strega, chi sia il Signore Nero cui è devota) e della sua figlia rediviva (col senno di poi sembra la trama di Grendel al contrario). Un paese disabitato (quando?), un convento abitato da suore che non si capisce se siano mostri o no, una giovane, Alessandra, spuntata da chissà dove e incinta di un violentatore malefico che conosce Harlan ma che non viene mostrato: questi gli ingredienti di una storia bislacca e sempliciona dove succedono poche cose e senza un perché. Nulla a che vedere con albi italiani accuratissimi come Le terminatric... ah, no, la posta rivela che il carnevale sardo mostrato in quella storia era un frullato di carnevali sardi.

Dampyr #64: I sogni di Lisa (Boselli/Lozzi)

L'albo che vede Lozzi esordire su Dampyr è considerato uno dei più belli della serie. Classificazione a mio avviso esagerata, vista la discrasia fra la lentezza di tre quarti dell'albo e il finale convulso. Sia chiaro: sicuramente il numero è ottimo ed è la decimillesima dimostrazione della bravura di Boselli, uno degli ultimi fumettisti seriali in circolazione. Solo lui, infatti, poteva riuscire in un sol colpo a: - costruire una ennesima storia praghese d'atmosfera; - inserire una nuova fiamma per Harlan e progredire il triangolo/quadrilatero soap con Tesla e Kurjak; - riprendere una abbozzatissima sottotrama di Colombo e renderla figa; - ribaltare dei cliché attraverso il colpo di scena più incisivo di questi 64 numeri. Classe. Peccato soltanto, come detto, per il solito finale in cui tutto si sbriga in quattro pagine, ma d'altro canto l'apertura contemporanea di ben due nuove sottotrame, da sommare al ripescaggio di una sottotrama abbandonata da tempo, impreziosisce al contempo albo e serie tutta. E tuttavia, sebbene io non mi senta di definirla una delle 4-5 storie più belle di tutta la collana, che bella questa storia di Lisa, l'immatura e dolce Lisa, polacca che vede la gente morta, che alla fine si scopre essere la piccola Ljuba, convertita dal Signore Nero Thorke al Male, cresciuta forzatamente e in modo barbaro e bramosa di vendetta nei confronti di Harlan? Eh sì, proprio sul più bello questo numero 64 si rivela essere, a sorpresa, il doppio della sua metà, quel #32 in cui Lisa e sua madre Rose (le cui, rispettivamente, dannazione e morte costituiscono ancor di più l'unico, grande fallimento della carriera di Harlan) erano state rapite da Thorke, quest'ultimo poi riapparso, ora lo possiamo dire, nello scorso numero, pur senza mai mostrarsi (e ora sappiamo anche perché non si è mostrato). Ad accrescere l'adrenalina, il gesto di Caleb, che si allontana da Praga per salvare i suoi amici, violando una Regola e rischiando, ora, grosse ammonizioni.

Dampyr #65: L'angelo ribelle (Boselli/Lozzi)

La coppia d'autori è la stessa del numero precedente, ma la trama è indipendente da quella: "come un telefilm, a fumetti!" (cit. Lazarus Ledd). Indipendente fino a un certo punto: Harlan mostra di non aver affatto digerito la storia di Lisa ed è tormentato dagli incubi. Intanto, Kurjak e Tesla finalmente scopacchiano senza pudori. Nel frattempo, a Las Vegas Lenny Meyer è stato reintegrato in polizia e Jim Pajella porta avanti l'indagine su Dreamland e citando il Maestro della Notte sconosciuto dà il là ad una saga prossima ventura. Quanti contorni apparecchia Boselli attorno alla trama verticale del numero! Così si fa. Il piatto dell'albo, poi, è abbastanza succulento: una lotta fra angeli e nephidim che, toccando creature celesti, è molto Supernatural e poco didascalica, ma va bene così. Peccato solo per i disegni di Lozzi, di qualità sicuramente inferiore rispetto al #64.

Dampyr #66: Il grande fiume (Boselli/Majo)

Nuovo "mystero italiano", ambientato, come i primi mysteri italiani "veri" (quelli di MM) nella salmastra pianura padana. In questo caso Harlan si trova nella bassa parmense, ma al posto di Ortolani incappa in una serie di misteriosi delitti. Misteriosi con la 'i', giacché il soprannaturale in questa storia si rivela essere solo un contorno, seppur presente nell'allucinazione finale. Un albo abbastanza "classico", con la bella (che ovviamente la dà), il matto, i vecchi, il dialetto, il buon cibo di campagna. Ma l'effetto non è noioso, grazie al solito Majo capace di rendere espressivi anche i sassi.

Dampyr Special #1: Dracula Park (Boselli/Andreucci)

E arrivò il tempo del primo Speciale. Richiesto fin dai primi numeri, annunciato da almeno tre anni, Dracula Park è un "extra" a tutti gli effetti, un "di più" di non fondamentale importanza ma tutto dedicato ai fans dampyriani e dell'horror gotico tout court. Molte sono le trovate fanservice che Boselli apparecchia nelle 176 tavole dell'albo: dall'ampliamento della classico intro con i turisti sbranati (che qui viene "ufficializzata" nella visita al Parco compiuta da giornalisti, politici e affaristi) alla compresenza di varie forme di vampiro provenienti da ogni parte del globo, dal ripescaggio della prima location importante per la continuity (il castello di Vlatna del #20) alla carismatica presenza del richiestissimo Draka. Ma se l'idea stessa del parco dei "divertimenti" vampiresco, in cui inserire tutto quel che si può sul tema, è una sfiziosa idea "meta", al termine della storia poco si smuove sul fronte seriale. Viene solamente ufficializzato - e solo nelle ultimissime tavole, giacché Boselli nemmeno in quest'occasione rinuncia al finale rapido - quanto era già noto, ovvero che Draka ha sfornato Harlan per avere un'arma contro i suoi simili, mentre lo stesso Harlan ottiene soltanto una foto di sua madre (un presagio per il futuro?). Per il resto, l'episodio, pur godibile, rimane fine a sé stesso, così come il circoscritto ritorno del proprietario del castello, un Vlatna tutto smembrato.

Dampyr #67: Danza con la morte (Faggella/F.Russo)

Guest ai testi: il - come è scritto nella posta - "colto e raffinato scrittore e musicista" Mario Faggella, redattore Bonelli che, per una volta nelle vesti di sceneggiatore, "riversa la sua conoscenza della storia argentina" nel numero di turno. La Storia argentina e la conoscenza ci sono, ma a dire il vero non è che si vedano più di tanto. Infatti l'albo si occupa di desaparecidos, voli della morte e vari carnefici collaboratori della famigerata dittatura argentina. Insomma, a voler essere brutali, le 'solite cose'. Il mio cinismo tuttavia non inganni: l'albo è di gradevolissima lettura e mi sono indignato abbastanza nel leggerlo, sia collocandolo mentalmente nel mese di uscita (ottobre 2005) che leggendolo come se oggi fosse oggi. Segno che tutto cambia, niente cambia, ma anche che l'albo è buono. Il merito va anche agli ottimi disegni dell'ottimo Russo, benché il suo Harlan talvolta abbia i labbroni e assomigli a Joseph Fiennes anziché al fratello Ralph. Inoltre come al solito Boselli non rinunzia a mettere le sue zampe sui soggetti altrui e stavolta ne approfitta per sfruttare l'albo come prologo alla trasferta sudamericana dei prossimi numeri, mostrando per la prima volta il Condor, il Maestro della Notte sudamericano, intravisto per una vignetta ai tempi di Dreamland al fianco di Mardsen.

Dampyr #68: I cacciatori di licantropi (Piani/Bartolini)

La trasferta sudamericana inizia con un filler, subdola trovata del Boselli per non sprecare un soggetto e al contempo concedere a Piani la possibilità di poter usare le atmosfere soprannaturali della serie per raccontare una storia "alla Borges" (o "alla Cortazar"). E per l'ennesima volta Piani dimostra di trovarsi molto più a suo agio nel mondo Bonelli che nel mondo Disney. Se su PK non combina granché, su NN e Legs aveva fatto buone cose e anche su Dampyr non si dimostra da meno. La storia, sicuramente poco "boselliana", dunque molto action e sfrondata da nozioni, non è certamente povera, o meglio, lo è come lo è l'Argentina, quella bella (non quella di Papa Frankie): poche cose materiali, ma tanta umanità. Dunque licantropi, inseguimenti, sparatorie sì, ma anche giocosi riferimenti "meta-argentini", e soprattutto interessanti personaggi. Insomma, la sensazione che l'albo lascia non è quella delle storie di Colombo, dove l'horror è fine a sé stesso. In più, con questi cacciatori di licantropi tutt'altro che santi (ma comunque non cattivi tout court), Piani si inserisce con nonchalance in un filone già consolidato della serie (vedi cacciatori di fantasmi, vampiri, ecc.).

Dampyr #69/70: I giorni del Condor/Nel deserto di Atacama (Boselli/Dotti)

La trasferta sudamericana si enuclea nella doppia che vede Harlan affrontare e sconfiggere il Condor. Si tratta probabilmente del primo mezzo passo falso del Boselli, che dopo aver hypeggiato a dismisura con il Condor (mostrandolo di soppiatto ai tempi di Dreamland) e poi con la trasferta, sbriga la faccenda in soli due albi, di cui uno dedicato alla sola preparazione (addirittura la prima metà del #69 vede agire il solo Kurjak). Lo scontro finale tra il dampyr e il Maestro che partecipò al golpe cileno del '73 occupa le penultime pagine del #70 e l'ultima tavola è, come al solito, deputata a sciogliere la tensione. Insomma, la vicenda viene risolta in modo standard, ma quel che sorprende è che il Condor viene regredito a Maestro qualunque (mentre la sua prima fugace apparizione alle spalle di Mardsen lasciava presagire che si trattasse di un Maestro altolocato). Non che le 188 tavole complessivamente siano da buttare via, sono di godibile lettura e qualcosa di buono lo contengono, in particolare le più o meno tormentate figure legate al suddetto golpe, come ad esempio Erwin Rogers. Tuttavia l'altrettanto suddetto hype aveva portato a pregustare ben di più di qualche mitragliata con un gruppo di non-morti e di una pistolettata al cuore del Condor. Stavolta la sensazione è che la montagna abbia partorito il topolino.

Dampyr #71: I massacratori delle Ande (Faggella/Dotti)

La trasferta sudamericana si chiude con la sommatoria dei tre albi che l'hanno iniziata ed enucleata. Ai disegni rimane Dotti, ma ai testi torna Faggella (alla sua ultima apparizione: morirà pochi mesi dopo). Ed è un'altra buona comparsata, quella del redattore napoletano, sebbene meno "ponderosa" della precedente. Questo numero, infatti, è sostanzialmente una storia d'azione in cui i nostri vengono chiamati dall'amico di Milius di turno ad affrontare un po' di "mostri rraagh". Sembra poco, ma un gradevole flashback nel Perù di fine '700 che vede agire nientemeno che Thorke contribuisce a diffondere un certo interesse nel lettore. A proposito di Thorke, è ufficiale: non è un Maestro.

Dampyr #72: La dea egizia (Ruju/F.Russo)

Se Thorke non è un Maestro, lo è invece Bastet aka Sekhmet, introdotta dal torinese Ruju in questo filler ("continuizzato" come sempre da Boselli) ambientato nella sua città. L'albo è il primo Dampyr ch'io abbia mai letto e inaugurò un breve periodo in cui seguii la serie in tempo reale. All'epoca, diciottenne, non rimasi granché affascinato dalla serie: questo numero mi sembrò facilone e dei successivi non capii nulla. Così mollai dopo 5-6 numeri. Ora, forte di maturità e lettura cronologica della serie, che dire? Questo numero mi sembra ancora facilone, almeno in parte, ma più che di Ruju la colpa è da attribuire a una società depressa che va a puttane e impedisce di fantasticare più di tanto (il tempio sotto Torino è assurdone, nemmeno MM era arrivato a tanto). Non a caso Bastet salva le prostitute ma con metodi che sostanzialmente la rendono un'altra magnaccia. Però per il momento la Maestra è alleata di Harlan e non muore, segno sicuro di un futuro ritorno.

Dampyr #73: Il mistero di Loch Torridon (Boselli/L.Rossi)

Boselli si concede un filler (ma non diteglielo, che si offende!) ambientato in una delle sue location favorite, le nebbiose Highlands scozzesi, incentrato su uno dei topoi della narrativa horrorifica e folkloristica, il bambino "posseduto" dal Piccolo Popolo, e disegnato da uno dei disegnatori più amati, Luca Rossi. Dopo diversi numeri si rivedono Milius e Maud, e con essi l'andamento dell'episodio torna ad avere quel ritmo cadenzato assente da parecchi numeri. L'albo non si rivela essere certamente uno dei più originali visti fin qui, ma con la "cornice" narrativa che a suo modo ribalta il classico incipit del turista "moderno" sperduto e incappato nel mistero di turno Boselli prova a rigirare la zuppa in modo diverso.

Dampyr #74: Il giorno della fenice (Cajelli/Baggi)

La copertina di questo filler è una delle migliori della serie. I disegni sono i migliori di Baggi visti fin qui. La sceneggiatura è buona, come sempre quando si tratta di Cajelli, soprattutto sul piano del dinamismo. Graficamente e visivamente gradevole, l'albo è pur tuttavia non fra i migliori, né fra quelli di Cajelli né fra tutti gli altri. Quando lo lessi per la prima volta nel 2006 non ci capii un kaiser ed ora la situazione non è che sia diversa. La quaestio è che l'approccio è lo stesso visto nella storia di Zyarne, ovvero "creo una storia suggestiva ma non spiego una ceppa". Ebbene, Dampyr non è Le Storie: lì un "Mexican standoff" ci può stare, qui un "German standoff" no. Non si capisce niente del numero: cosa sia la dimensione parallela, se sia parallela o interiore, perché il pittore vi acceda, perché il suo sangue gli permetta di accedervi, perché la figlia è pirocinetica, perché i mostri escano dalle tele, chi o cosa siano questi mostri, che legami abbiano con la progenie cui appartiene Nikolaus. Boh. Però c'è la suggestione. Ah vabbé, allora. Non è che io abbia in odio questo approccio, sia ben chiaro, e di Cajelli ho stima. Ma insomma, c'è momento e momento, c'è luogo e luogo, spacconate del genere in una serie come Dampyr servono a poco o nulla.

Dampyr #75: Lo sposo della vampira (Boselli/Bocci)

Non mi ricordavo nulla di questo numero, se non qualche sequenza che si è ripresentata nella mia memoria solo mentre si ripresentava anche dinanzi ai miei occhi. Avevo dimenticato che era scritto da Boselli, e dunque con tante belle nozioni interessanti, avevo dimenticato che era disegnato da Bocci, e dunque con tante belle vignette affascinanti, e avevo dimenticato che introduceva un nuovo Maestro delle Tenebre, lo sposo arabo della vampira, che però non è arabo e forse è uno dei Maestri già noti. Un colpetto di scena mica male, neh. Per il resto interessante numero cinefilo, che fatto seguire ad un episodio di Boris, come capitato a me, lascia anche un certo retrogusto beffardo.

Dampyr #76: La spada senza tempo (Mignacco/F.Russo)

L'ennesimo Russo degli ultimi mesi illustra con la consueta bravura un albo di Mignacco che, clamorosamente, sembra di Boselli. Qualcosa che non va del tutto c'è, dalle due licantropesse (che imho avrebbero dovuto essere semplici lupe) al ritorno (momentaneo) di Belyalis (che non si capisce come possa liberarsi e perché lo faccia a Venezia) alla Gemma Nera che apre i varchi (che fa tanto mystero, ma non è spiegata). Tuttavia si tratta di piccolezze: il resto è una Sirat Al Bunduqiyyah appassionante, mysteriosa, nozionistica ma non noiosa, riuscitissimo omaggio all'omonima Favola di Pratt, con qualche spruzzata d'eros e glamour. Come se ciò non bastasse, sulle rotte di Marco Polo l'albo veneziano costituisce un prologo alla successiva doppia giappa.

Dampyr #77/78: Kwaidan/Il castello dei mille soli (Boselli/Genzianella)

Doppia giappa giappa fino al midollo: ore e ore di film, kwaidan e mitologie giapponesi (più yakuza, suv, té, kimoni, eccetera) riversate in due albi. Un concentrato veramente tosto di nipposerie. Io non sono particolarmente amante dei cliché del Sol Levante sicché non mi sono impressionato particolarmente con questa storia che Boselli sulla posta aveva definito molto importante. Psst, detto fra noi, ma non ditelo in giro, Genzianella c'ha messo del suo nel non esaltarmi, con le sue anatomie abbozzate. E, ma questo ditelo pure senza patemi, c'ha messo del suo pure Boselli: ok I lupi mannari, ok la citazione, ma il viaggio nel tempo di Harlan mi è parso alquanto inverosimile, nel contesto della serie ovviamente; e questa caterva di mostri e creature leggendarie giappe che si riunisce tutta nello stesso luogo, a mo' di Dracula Park, per far combattere il Saemon e il dampyr? Chi glielo fa fare? Non ci sono vampiri nella storia, non ci sono Maestri, c'è solo il mostro-piovra: il quale dev'essere un Grande Antico, altrimenti mi sembra che tutta la vicenda abbia poco senso (come i cliché del Sol Levante). Ho fiducia che sia così, ma imho Boselli avrebbe dovuto almeno farlo capire, magari con un riferimento al #37.

Dampyr #79: Nazikian l'Oscuro (Colombo/Lozzi)

La posta è triste e ospita l'accalorato coccodrillo con cui Boselli rimpiange lo scomparso Faggella. Il fumetto invece è buffo e ospita il sequel dei #19 e #63. Viene rivelata l'identità del Signore Oscuro che mise incinta Alessandra nel Friuli: è Nazikian l'Oscuro, proveniente dalla dimensione della Luce Nera. Sorpresetta, ganzo. Però Alessandra, che all'inizio sta a Roma, viene costretta/convinta ad andare a Marrakesh, e da lì nel deserto ove partorisce con l'aiuto di un ragazzino-leopardo. Nel frattempo Harlan e soci sgominano dei mafiosi autoctoni e quando tutti si ritrovano Nazikian l'Oscuro, apparentemente imbattibile, viene sconfitto dal sorriso innocente del figlio ancora illibato. E muore. Ehm. Dunque, a me va bene, lo yin&yang com'è noto mi piace, tuttavia credo che un bel "roftl" ci stia dentro di brutto.

Dampyr Special #2: Gli orrori di Londra (Boselli/Freghieri)

Se il primo Special era stato un divertissement, alias un bluff, il secondo Special è un doppio bluff. Universalmente noto come il team-up mancato con Dylan Dog, non presenta nulla, nella trama, in grado di giustificare una possibile presenza dell'indagatore dell'incubo. L'assistente di Matthew Shady, che la guest Freghieri dipinge in una sola vignetta come identico a Dylan, era già membro del cast della serie e avrebbe potuto benissimo essere utilizzato anche assieme a Dylan. Insomma, con Dylan la storia sarebbe stata totalmente diversa, a differenza di quanto accaduto con l'altro team-up stoppato da Sergio Bonelli a inizio millennio, quello fra Martin Mystère e Zagor che invece Castelli aveva poi semplicemente riadattato con un geniale e salomonico stratagemma. Il secondo bluff dell'albo è tuttavia ben più sostanzioso: nelle previews e financo nella prefazione dell'albo stesso, l'episodio era stato descritto come fondamentale per come avrebbe riannodato i fili londinesi della serie e per le rivelazioni che avrebbe contenuto in merito a Lord Marsden, la Nea e la Temsek. Invece ciccia: un paio di fili riguardanti la morte di Lord Byron vengono riannodati, ma in un modo abbastanza forzato e privo di scioltezza; ed è vero che Lord Marsden fa qui la sua prima apparizione dinanzi al dampyr, ma solo come ologramma e dando l'arrivederci alla prossima sfida; quanto alla Temsek, vengono ripescati i soldati mostri visti sul Lago d'Aral, che poi muoiono, e viene arbitrariamente stabilito, da Harlan, che Marsden ne è il capo. Insomma, niente di che. Come mai un Boselli così sprecone? Il motivo diviene lampante quanto ci si accorge che il vero leit-motiv dell'episodio consiste nel Multiverso, la cui (scontata, ma necessaria) presenza in un sol colpo riannoda i fili dei vari universi paralleli visti nel mensile e apre a nuove possibilità, soprattutto in merito all'universo di provenienza dei Maestri. E quando ci si accorge di questo secondo bluff, ecco che il primo torna ad assumere significato: perché il modo in cui Boselli descrive gli universi paralleli e il meccanismo con cui vengono aperti i varchi sono perfettamente coerenti con quanto stabilito nelle serie bonelliane, su tutte Martin Mystère e Dylan Dog. E in quei bambini che sognano di fuggire dal pietoso orfanotrofio e con l'empatia aprono i wormholes si avvertono diversi echi di Tiziano Sclavi.

Dampyr #80: Il signore delle maschere (Di Gregorio/Dotti)

Ennesimo esordio sceneggiatorio: stavolta tocca a Di Gregorio, all'epoca veramente esordiente (aveva all'attivo solo una storia di DyD). Oggi, dopo avere letto tante storie dylandoghiane dell'autore, e averne con difficoltà trovata qualcuna interessante, leggere questa sua comparsata dampyriana fa un po' effetto: il coltissimo e vitalissimo sceneggiatore, che mai sembra colto e pieno di vita nelle sue storie, si trova subito a suo agio con Harlan e il clima della di lui serie. Un bilancio è d'obbligo: visto che ogni sceneggiatore ospite di Dampyr è parso subito veterano del mensile è evidente l'abilità del Boselli anche nella veste di editor. Intendiamoci: l'episodio messo in scena da Di Gregorio non è particolarmente innovativo, anzi segue passo passo il Manuale dell'Albo di Dampyr. Tuttavia ha dei pregi: non annoia minimamente e alterna sapientemente sequenze dialogiche e d'azione (e Dotti ci mette del suo illustrando il tutto con perizia); mette in scena personaggi abbastanza stereotipati ma li fa parlare con scioltezza e li inserisce in un contesto politico-sociale che può lasciare indifferenti solo dei cinici; sfrutta abilmente una leggenda vera (il ché fa cadere la maggior parte delle critiche lette sul Dampyr Forum) anche se la mantiene circoscritta nelle 94 pagine del fumetto. Insomma, l'ennesimo esordio sceneggiatorio si conferma essere esordio solo per la statistica.

Dampyr #81: Harlequin (Boselli/Cropera)

Ennesimo esordio, disegnatorio però: arriva Cropera e con il suo affascinante stile "vittoriano" è l'uomo giusto per illustrare (più che disegnare) una storia che è un mix delle due precedenti, dato che è british al 100% (più di quanto lo fosse lo Special) e si occupa del signore delle maschere per definizione. E con Arlecchino riecco Erlik Khan e la fida bestia Kagyr, entrambi in forma smagliante. Boselli riesce a non banalizzare il ritorno e con un guizzo dei suoi getta nella mischia un altro Harlequin, un demone ultradimensionale rubanomi, che proprio con Erlik va a scontrarsi in una delle sequenze più fighe della serie. Ma alla fine, con gli attori Jonathan e Jack Gann, gli arlecchini in azione sono addirittura quattro! Nel finale volutamente "caotico", come caotico è il dio delle maschere, balza all'occhio il primo utilizzo che Boselli fa del "nuovo" status quo post Orrori di Londra, nel quale il Multiverso è un punto fermo: e si può dire che, oltre ad essere come sempre coerente con la continuity multibonelliana, la messa in scena del Boselli, con il ritorno dei bimbi sperduti, si conclude con un tocco di poesia che fa dell'albo un albo puramente dampyriano ma al contempo romantico e raffinato.

Dampyr #82: Via del sortilegio (Boselli/Majo)

Scrivi Majo e leggi fascino. I creatori "veri" della serie tornano insieme e lo fanno a Parigi, con Araxe e Victor e il cast dei Sotterranei di Parigi di mignacchesca memoria. Dichiarato omaggio a/rifacimento di Rue de Maléfices di Jacques Yonnet, l'albo mette in scena una Parigi mysteriosa e meravigliosa e un riuscitissimo Victor, soppiantato nel cuore di Araxe da un solo nominato chirurgo bretone. I novelli misteri di Parigi che vedono da un lato Harlan e soci e dall'altro il perfido Maitre Abel correre su e giù per i luoghi magici (snodi leys) della città offrono piccole chicche di continuity, come gli scorci dell'universo natìo dei Maestri descritti da Abel, ma soprattutto la possibilità di perdersi fra tormenti storici e patemi personali e di diventare, grazie al vivido tratto di Majo, flaneurs a tutti gli effetti come il buon, vecchio Victor.

Dampyr #83: L'aviatore fantasma (Mignacco/F.Russo)

Una storia su Brumovski? No. Su Vera Bendix. Ma Mignacco va altrove, fillera e inventa un amore (a trois) perduto per l'anziana ex spia. Coerentemente con gli sfasamenti spaziotemporali degli ultimi tempi, conduce anche lei, Harlan al seguito, nel passato e ricongiunge l'anziana alla giovane. Ma col passato prima o poi bisogna chiudere i conti e i ponti, e così tutto nasce e muore nell'albo. Beh, proprio tutto in realtà no, dato che lo spok di Nigel Grant, proveniente dal mitico #46, preannuncia ritorno. Cos'ha in mente Nikolaus? Rispondere non è compito di Mignacco, così egli colombeggia e con il set che ricostruisce proprio l'incipit del #46 gioca col metacinema e trolla i flashback boselliani.

Dampyr #84: La congrega della Luna Calante (Boselli/Lozzi)

#37+#41+#64=#84. Marvin ed Esther (da ora coppia) + la strega + Thorke e Lisa = una buona storia del New England con la Grande Madre e i riti nudisti di Wicca (unico culto che personalmente riesco a tollerare). Una storia fino a un certo punto piuttosto erotica, ma che poi diventa un poco più sempliciona, con i personaggi che d'un tratto cominciano a parlare di sé in terza persona e ad autoincensarsi ad ogni battuta: Boselli, va' che non sei su Tex. Ulteriori difettini, se vogliamo, la totale assenza del Grande Antico visto nel #37 e l'ennesima sconfitta di Thorke che sembra definitiva ma forse-anche-no. Buona è invece la gestione del rapporto tormentato e ambiguo fra Lisa e Harlan, mentre il temporaneo sdoppiamento fra Lisa e Ljuba lascia qualche uhm per il modo facilone con cui ne viene spiegato il funzionamento (una che c'ha i poteri) .

Dampyr #85: Occhi di gelo (Cajelli/Bartolini)

Lo stile di Cajelli, a differenza di quello di Recchioni, è poppeppulp (pop e pulp) ma fine a sé stesso. Mentre Recchioni scrive quel che gli piace per farlo piacere a chi di solito non se lo fila, Cajelli scrive quel che gli piace per sé stesso e per coloro che già lo seguono. Ecco il motivo per cui questo numero è stato abbastanza denigrato: la maggior parte di coloro che lo hanno letto non ama i pastiches postmoderni zeppi di citazioni mainstream. E qui, dai bambini del Villaggio dei dannati a La Cosa, dagli attori famosi ai dialoghi da film americano, di roba già vista ce ne è molta. Ma, grazie soprattutto ad uno straordinario Bartolini, e all'ottima cura editoriale di Boselli (capace di legare l'albo al precedente in modo logico) quel pulp..etùn di cui sopra riesce a non annoiare. Anzi. A parte un finale da horroruccio millenarista di fine anni '90, l'atmosfera è una delle più prettamente horrorifiche mai respirate sulla serie.

Dampyr #86: La casa sull'orlo del mondo (Boselli/L.Rossi)

Come non detto. Dopo una delle storie più prettamente horrorifiche della serie, ecco quella che forse è LA storia più horrorifica della serie. Un'idea e uno svolgimento fra i più semplici e banali che si possano trovare - una casa che conduce su vari universi paralleli - ma che un Boselli che tiene a freno la verbosità degli ultimi numeri e un Luca Rossi MOSTRUOSO (che sforna il suo Capolavoro) trasformano nell'albo che più mi ha tenuto incollato dai tempi della Colonna infernale (I sogni di Lisa dopo l'effetto sorpresa perde qualcosina). E con gli squarci sul mondo dei Maestri, l'introduzione del nemico sconosciuto, e un cambio di status quo (il ringiovanimento di Ann Jurging) passato senza enfasi, ecco la gestione perfetta delle 98 pagine. Nel complesso un numero magistrale.

Dampyr #87: Santerìa (Boselli/F.Russo)

Quanto disegna Russo? E come fa a non tirare mai via una vignetta? Ah, Martin, che disegnatore ti sei fatto sfuggire. Detto ciò, Boselli manda alle stampe un altro albo politico, uno di quelli in cui il Maestro è sostituito dalla merdaccia di turno. Solo che in questo caso le merdacce sono tante: siamo infatti a Ciudad Juarez, assurda città dell'assurdo Messico che assurdamente è ferma a prima del medioevo. E' roba vera, non l'ha inventata Boselli, lui si limita a mandarci Harlan e soci e il duo Jeff Carter/Ann Spade (in trasferta da Sheffield). L'albo forse non è nulla di straordinario, ma a me il Messico tocca particolarmente (Chitzen Itzà, forse assieme a Tiahuanaco, è l'unico luogo al mondo per cui muoverei il culo) e in più l'ho letta in un momento in cui ero già irritato per motivi "sociopolitici", perciò mi ha coinvolto non poco, forse più del dovuto.

Dampyr #88/89/90: La sovrana dei regni neri/La pattuglia del deserto/L'oasi perduta (Boselli/Andreucci)

Ed ecco la prima tripla di Dampyr, quella che svela l'(ovvia) identità del Maestro arabo del #75 e lo elimina. Per una storia così importante Boselli si prende per la prima volta ben tre numeri, ma è solo un antipasto di quel che farà con la famosa "saga del numero cento", un anno più tardi. Ma intanto è anche questa una storia fondamentale, in cui tutti gli ingredienti si completano a vicenda per comporre la storia dampyriana perfetta. Nel bene e nel male, dato che fra questi ingredienti c'è anche il finale affrettato dove in due sole tavole viene sbolognata una questione fondamentale come la morte di Vathek. Il resto è tuttavia eccellente, tutti i personaggi (e sono tanti) hanno il giusto carattere, dai membri del Medical Team agli archeologi Shady e Lagu, dal trio protagonista al soldato Cameron, da Vathek e il suo servo ottocentesco a Tesla e le varie donne africane, vive o non-morte che siano. Riflessioni geopolitiche e sociali, sequenze orrorifiche "vecchio stile" e splatter, divagazioni nozionistiche di indubbio fascino, continuity sia interna alla serie che esterna (l'azione si svolge in luoghi in cui Boselli qualche tempo prima aveva condotto Zagor) e tanta azione si alternano con sapienza e anche con una certa scioltezza nei dialoghi, che come da tradizione non mancano ma sostanzialmente non eccedono nella ridondanza. E nel leggere questa lunga avventura non pochi sono gli echi nolittiani, anzi, sergio bonelliani, che si avvertono. Il ché, per quanto mi riguarda, è senza dubbio un pregio.

Fuoriserie: Notte a Narni (Andreucci-Boselli/Andreucci)

Seconda storia fuoriserie dampyriana, edita in un albetto per Narnia Fumetto 2007. La storiella, di 12 tavole, è ambientata a Narni perché sì, ed è una sorta di extra aggiuntivo della doppia La maledizione di Varney/I misteri di Napoli (#52/53). In realtà si tratta di niente più che di un omaggio del disegnatore di quella storia, Andreucci, a sé stesso, alla serie e alla sua città d'adozione, Narni appunto. L'improvvisatissima e metanarrativa tramina vede lo "spirito" di Varney gironzolare per Narni e far impazzire lo stesso Andreucci, portandolo a resuscitare l'amante non-morta dell'ex non-morto ogm. Harlan e Kurjak, chiamati sul posto da qualcuno, eliminano la minaccia dinanzi all'incredulo disegnatore, sbigottito dall'avere incontrato i personaggi che di solito disegna. Ovviamente l'idea stessa dello spirito del non-morto non ha senso, ma tenendo presente anche l'insensatezza del primo albetto, quello riminese (curiosamente uscito a ridosso della doppia napoletana), appare chiaro come Boselli consideri questi albetti promozionali come uno svago e un'occasione per parodiare la propria serie.

Dampyr #91: I cacciatori del sogno (Boselli/Genzianella)

Ed ecco un'altra di quelle storie turistico-antropologiche che rendono la serie molto apprezzata fra i colti. Stavolta il teatro degli avvenimenti, tutto da scoprire per i profani e gli ignorantoni come me, è la Corsica, terra di mazzère e strani riti oltremondani. E' forse il mondo dei Maestri quello in cui Harlan e Sophie Mutter sconfiggono la strega cattiva di turno? Le rupi appuntite lo suggeriscono, ma pare che sia solo una Corsica primordiale. Il countdown verso la morte cui viene destinato Harlan farà da sfondo alla saga del numero cento? La speranza sulle prime sembra esserci, ma svanisce definitivamente nel finale in cui tutto torna a posto. Beh, a posto se non contiamo l'ultima tavola, che a dire il vero appare un poco forzata. Ma va bene così, ho imparato qualche altra cosa e visitato altri luoghi che non visiterò mai. Missione compiuta anche stavolta.

Dampyr Special #3: Soldati di ventura (Cajelli/F.Russo)

L'ottimo Russo stavolta è meno ottimo del solito, ma è comunque ottimo. Il visionario Cajelli stavolta è meno visionario del solito, ma è comunque godibile. L'idea del Berbalang adepto di Thorke è buona, l'atmosfera da action movie americano è gradevole: lo Special non offre altro, ma è promosso.

Dampyr #92: La macumba dei narcos (Mignacco/Raimondo)

Filler che, volontariamente o involontariamente, fa da tramite fra lo Special e l'albo successivo. Da un lato ritorna dunque Bobby Quintana, presenza aleatoria nella storia di Cajelli, e dall'altro la macumba apre virtualmente alla trasferta haitiana dei #93/94. I due legami sono comunque solo teorici, dato che Quintana non menziona neppure la trasferta vietnamita dello Special e che il rito che riporta in vita (più o meno) il narcotrafficante cattivone avviene in Colombia. A rendere vagamente interessante l'albo sono comunque altre cose, come il goffo cameo di Marsden e il tratto di Raimondo, così simile a quello di Brindisi da apparire atipico per una serie come Dampyr.

Dampyr #93/94: L'isola dei bucanieri/Lo stregone senza volto (Boselli/Dotti)

Il ritorno della coppia Boselli-Dotti coincide con il ritorno delle grandi doppie storico-politico-avventurose. Quante nozioni, quanto sense of wonder, quanta voglia di riscatto e di giustizia nei flashback pirateschi con Draka e nelle vicende odierne di New Orleans e di Haiti. E quanta continuity, con Jeff Carter che prima fa ripensare sotto un'altra ottica a Santerìa e poi diventa zombie (!) e con Draka che fa la sua seconda apparizione dinanzi ad Harlan di tutta la serie! Preludio alla "saga del numero cento"? Si vedrà. Nel frattempo, ecco un'ottima doppia, sia ai testi che ai disegni (ottime le splash pages a mezzatinta), la cui unica pecca è forse l'ovvia (almeno nella seconda parte) identità del villain di turno.

Dampyr #95: I vampiri di Nadvora (Cajelli/Piccininno)

Cajelli, dunque filler. Ma è davvero così? La presenza di Draka, che di nuovo si manifesta e invita Harlan ad eliminare un suo antico rivale (peraltro dicendogli senza problemi che deve fare quello che dice lui) fa pensare ad un sempre più vicino cambio di status quo nei rapporti fra il dampyr e suo padre. D'altronde il numero cento incalza. Dunque non pare certo un caso che Boselli infili questa storia qui, dopo la precedente e a ridosso del grande evento. Quel che comunque viene da pensare è che Cajelli non deve aver pensato molto alla continuity: se è vero che il Maestro della Notte preistorico è una idea molto interessante e per la prima volta amplia il raggio d'azione storico dei Maestri fino al passato più remoto, è vero altresì che dalle preview tale Maestro pareva dover diventare una nuova nemesi e invece dura non più di qualche pagina. Inoltre la caratterizzazione stereotipata, da cattivone d'altri tempi, e ancor di più lo stramboide look da robottone preistorico, con tanto di armatura di roccia, che Cajelli gli cuce addosso sottolineano decisamente di più il tono sarcastico e quasi parodistico dell'episodio che quello più legato alla continuità.

Dampyr #96: La porta degli incubi (Cajelli/Baggi)

Idem come sopra. Cajelli aka filler? Sì e no. Sì perché la storia dello scrittore pazzo dal sapore dylandoghiano è una scusa per far sbizzarrire il visionario Baggi, che peraltro in questa occasione sforna una prova meno visionaria del solito. No perché il legame (non so quanto voluto da Cajelli e quanto da Boselli) fra lo scrittore pazzo e la sempre introvabile Dolly McLaine, sulle cui tracce per di più si rivela essere pure Lord Marsden, àncora il plot alla continuity e forse fa da ulteriore prologhino alla lunga saga che inizia dal numero successivo.
Ciò detto, l'oggetto della McLaine da recuperare era la dolly o la macchina da scrivere?

Dampyr #97/98: Notte e nebbia/L'armata della morte (Boselli/Bocci)

Inizia la saga più attesa, e lo fa col botto. Continuity a manetta in questa meravigliosa doppia (Bocci regala un'atmosfera davvero affascinante, in particolare nella prima parte), diretto seguito delle migliori storie della serie, e cioè Transylvanian Express, Il castello di Barbablù e La colonna infernale. Lo scontro fra Harlan e i Lupi Azzurri si fa frontale e giunge al momento decisivo, con Martin De Vere che sgattaiola solo all'ultimo istante nel numero successivo. Ma tutti hanno un ruolo ben preciso, da Vera Bendix a Matthew Shady, passando per i Maestri Elrik Khan e soprattutto Draka e Marsden, unici assenti ma la cui presenza aleggia indiscutibilmente in ogni anfratto di quella che è a tutti gli effetti la storyline principale della serie: la ricerca della città perduta del Re del Mondo (cioè Agarthi), ove si trovano Draka, Foster, Sandy O'Sullivan e soprattutto Dolly McLaine, la quale fa qui le sue prime gustosissime apparizioni, seppure in forma eterea. Ma Martin Mystère insegna che Agarthi sorge sul principale snodo leys, i tunnel spaziotemporali, e così l'indagine sul multiverso iniziata sul secondo Special e proseguita nel #86 va ad intrecciarsi indelebilmente con quella esoterica, dal momento che la spirale trovata da Rudolph Hess si rivela essere una sorta di chiave per aprire i wormholes - il ché è deliziosamente coerente con quanto visto su MM, e specialmente nel #292 (Il Sole Nero) uscito pochi mesi prima di questo. Ma tutto questo sarebbe ancora nell'ordine delle cose se non fosse che Boselli riesce a infilarlo in una nuova deliziosa storia d'altri tempi, capace di parlare di amicizia e dell'orrore nazista in modo abbastanza insolito. E, secondo me (a quanto pare non è così ma io ho questa forte impressione), di rivelare nientemeno che le segrete origini di Caleb Lost. Wow.

Dampyr #99: Il villaggio incantato (Boselli/Majo)

Continua la saga più attesa. Con la consueta Maestria, Boselli mischia Storia e storie in un vortice fantastico che Majo sublima con il suo innato talento nel rendere espressivi tutti, dai protagonisti alle comparse, paesaggi inclusi. Certo, il villaggio "Brigadoon" fuori dal tempo non è una idea nuova, e soprattutto non spiega ancora il legame fra la nebbia che lo avvolge e quella che avvolge il Teatro dei Passi Perduti praghese (semplice "nebbia spaziotemporale"?), e pure pare saltare subito la possibile coincidenza fra il biondo Ephraim e Caleb Lost, dato che i nostri, al villaggio, lo incontrano che è ancora ragazzino (ma comunque parliamo di multiverso, per cui chissà). Tuttavia la declinazione yiddish che Boselli dà all'intera storia, con le riuscitissime figure dello "scemo del villaggio", del rabbi e degli abitanti, indecisi se sia stato un bene o un male autoisolarsi dalla Storia, dona quel tocco sagace a tutta la faccenda capace di renderla gradevole anche sotto il profilo estetico e ritmico. Ovviamente, oltre a tutto questo, l'albo è full continuity e con una perfezione inaudita riesce a far incontrare i flashback della doppia precedente e le vicende "ongoing" di Harlan e dei Lupi Azzurri, portando poi il tutto in una dimensione nuova... letteralmente. Quale cliffhanger migliore per il numero novantanove di una serie che non la sparizione del protagonista, della spalla e dell'antagonista nel multiverso? Sbav.

Dampyr #100: Il Re del Mondo (Boselli/Andreucci/colori Studio Tenderini)

La svolta. Quel che finora era stato solo menzionato ora è esplicito: Draka siede sul trono del Re del Mondo e da esso controlla ed accede al multiverso. Ma attenzione: sia lui che Foster e Sandy O' Sullivan risiedono a Shamballa, non ad Agarthi, che, anzi, qui si chiama Agarthi Nera ed è un regime dittatoriale di stampo "flashgordoniano". A mio avviso, tuttavia, tale rivelazione non cozza affatto con quanto è noto dell'Agarthi martinmysteriana, della quale, in fondo, Martin e i lettori hanno visitato solo una propaggine. Inoltre Boselli, per mezzo di Draka, conferma come il Re del Mondo abbia abbandonato il suo trono da tempo (in MM si parla della fine del 19°secolo) e che Draka lo usa in quanto abbandonato. Ma le rivelazioni contenute nel coloratissimo episodio corcernono anche la continuity interna alla serie, e così si scopre che Dolly McLaine non risiede a Shamballa ma è perduta da qualche parte (dalle sue parole si intuisce si trovi nella Roma Nera vista nei #43/44) e che la simpatica vecchina, che riesce comunque a fare una nuova comparsata ectoplasmatica, è l'ultima discendente di Aurelio Ambrosio, figlio di Amber Tremayne, la quale - altra rivelazione - è la sorella di Draka. Insomma, tutto il panegirico attorno alla scrittrice assume un significato nuovo e tutto da scoprire. Squarci vengono aperti anche sul passato di Harlan, prima con un interessante prologo "accelerato" narrante il periodo intercorso dall'incontro fra Draka e la futura madre di Harlan (Velma), nella Jugoslavia del 1942, alla nascita del dampyr, poi sottratto ai genitori dalle famose tre zie, dunque con dei flash, forse oltremondani?, che Harlan mostra di non gradire. Quel che come al solito è gradevole è che Boselli non si limita a sterili spieghini fanservice ma non rinuncia a raccontare quel che gli va: in questo caso una storia di fantascienza "ibrida" (indubbiamente estranea alle atmosfere ordinarie della serie), in parte mutuata dai classici degli anni '30 in parte da Moebius e in particolare dal suo Incal (entrambe scuole fumettistiche amate dallo sceneggiatore). Tanto più che la suddivisione abbastanza "brusca" fra una prima metà dell'albo esoterico e zeppo di rivelazioni (con l'arrivo di Harlan prima sul mondo dei Maestri e poi a Shamballa) e una seconda metà di pura azione sci-fi (con la ricerca di Martin De Vere e la lotta contro il regime dei Superni dell'Agarthi Nera) mi ha ricordato non poco la struttura della quarta storia di Blake et Mortimer, L'enigma di Atlantide (non a caso Harlan scambia Shamballa per "una specie di Atlantide"), a sua volta principiante come una moderna storia archeologica e terminante come una vecchia storia di fantascienza classica. Ma Boselli fa un ulteriore passo avanti rispetto a Jacobs e sceglie di non lasciare che l'omaggio rimanga semplicemente tale, così nel finale sfrutta le novità introdotte nella trasferta agarthiana per tenere viva la serie. In questo modo, se da un lato il "nuovo" Martin De Vere, potenziato dal Vril, si perde nuovamente in chissà quale universo, l'Harlan che, spiazzato dalla baraonda di novità nella quale si è ritrovato suo malgrado e colmo di rabbia verso il padre, tenta di uccidere Draka ma da lui viene nuovamente smaterializzato chissà dove, mostrano che la serie è tutt'altro che terminata e che, anzi, la fase più "semplice" è stata proprio quella di questi primi 100 numeri. E che è da qui, da questa svolta, che il bello deve ancora arrivare.

(2013-2014)

DAMPYR (1)

Ideata suppergiù nel '93-94, Dampyr è - assieme a Julia, forse - la serie di maggior successo della Sergio Bonelli Editore moderna (quella che, appunto, si chiama Sergio Bonelli Editore e che da Nathan Never in poi rinnova e amplia il suo parco testate). Progettata inizialmente per la collana-ombrello Zona X, quando questa chiude a inizio 1999 viene promossa a serie ufficiale. Boselli e Colombo, redattori bonelliani proprio dal finire degli anni '80, quando la casa editrice si trasforma e aggiorna, hanno sviluppato negli anni '90 una cospicua esperienza e sono ormai tra i cardini della redazione. Boselli ha proseguito l'opera di G.L.Bonelli su Tex e ha rinnovato Zagor - ed in un certo senso ha compiuto una grande impresa - mentre Colombo è recensore ufficiale della Collana Almanacchi, collana vanto di Sergio Bonelli lui medesimo. Nel 2000, il terreno è così maturo per seminare Dampyr, prima serie regolare bonelliana non intitolata al protagonista della serie. Questi si chiama infatti Harlan Draka, e non è Dampyr, ma è un Dampyr, figlio di un Maestro della Notte e di un'umana. Fin dall'inizio si presume ce ne siano altri, almeno concettualmente, sebbene di fatto Harlan sarà veramente l'unico dampyr in circolazione per molti anni. Il sangue del Dampyr, per una sorta di contrappasso dantesco, è letale per i Maestri della Notte, una specie di "vampiri maestri", provenienti da un altro mondo, di fatto coloro che sfornano nuovi vampiri e non-morti. Ad accompagnare Harlan sono Kurjak, mercenario balcanico, e Tesla, vampira tedesca. Come da tradizione del feuilleton, i due vengono incontrati per caso a inizio serie dal protagonista, al quale si aggregano per motivi non solo umanitari ma anche personali.

Dampyr #0: Dampyr (Boselli-Colombo/vari)

La serie viene presentata in anteprima alla Comiconvention milanese del 1999. Il progetto è ancora in evoluzione, tant'è che il logo non è ancora quello definitivo. Viene comunque approntato un albetto contenente quella che formalmente è una storia breve, ma che di fatto è una passerella per i disegnatori, al momento dell'uscita giovani promettenti (oggi colonne portanti) dal tratto fresco e bonellianamente nuovo. La storia non ha una trama vera e propria, è una sorta di teaser della serie, che mostra un po' di location e personaggi e lascia intravedere sia azione che introspezione.

Dampyr #1: Il figlio del diavolo (Boselli-Colombo/Majo) [1di2]

Nel 2000 la nuova serie infinita della Bonelli fa il suo esordio. Ed è un buon esordio. La guerra balcanica era appena terminata/ancora in corso e l'atmosfera decadente e inconcepibile di quelle martoriate terre si respira pienamente. E' evidente il tentativo di rinnovare il mito del vampiro e il mondo del soprannaturale allacciandoli alla cruda realtà, in una sorta di aggiornamento dell'operazione che imbastì Alan Moore con Swamp Thing quindici anni prima. Il risultato è riuscito ma non ancora pienamente maturo. In questo e nei primi numeri della serie l'approccio ai testi di Boselli è ancora "zagoriano" e abbastanza sempliciotto. La volontà di maturare però si percepisce, e le storie future faranno ampiamente perdonare la fase di rodaggio.

Dampyr #2: La stirpe della notte (Boselli-Colombo/Majo) [2di2]

Informale parte seconda dell'episodio pilota, vede Harlan e Kurjak fronteggiare temporaneamente Tesla (soggiogata dal Maestro della Notte Gorla) ed eliminare Gorla nella biblioteca di Sarajevo. Al termine il trio di protagonisti di costituisce e Harlan si mette sulle tracce del padre.
Parlando d'altro, è da ricordare come gli albi dampyriani siano contornati da ben due rubriche. Privilegio prima concesso soltanto a Martin Mystère tra gli anni '80 e '90 e poi a Magico Vento quando diventerà bimestrale. E proprio a MM (che non per niente per un certo periodo fu co-curato da Boselli) Dampyr contenderà per un decennio la palma di serie più colta/documentata/curata della Bonelli, in un letterale e continuo testa-a-testa nei premi Ayaaak, che però, meritoriamente, vedrà prevalere sempre MM, a maggior ragione quando anche lui diventerà bimestrale e alla posta riaffiancherà "I mysteri di Mystère". Il Premio Ayaaaak poi si scioglierà e non farà in tempo ad attestarlo, ma successivamente (grossomodo dal 2010/11) Dampyr riuscirà a sorpassare il BVZM in fatto di cultura/nozionismo/rispetto per il fan. Tornando al passato, le due rubriche dampyriane sono Dal buio..., la posta, zeppa di segnalazioni libresche/cinefile/musicali molto interessanti (in quanto quasi sempre di nicchia), e Il Manuale del Vampirologo, una cronologia del vampirismo e del suo mito non poco dettagliata e raccontata in modo gradevole e mai pedante. L'iniziativa segue "Il manuale del vampirologo" curato sempre da Boselli (esperto dell'argomento) e uscito sul 3° Almanacco della Paura dylandoghiano nel 1993 (a sua volta approfondimento del 2° Dizionario dei Misteri martinmysteriano - Spettri, mostri e creature -, anch'esso di fattura boselliana).

Dampyr #3: Fantasmi di sabbia (Boselli/L.Rossi)

La storia Motel sulla spiaggia del Dylan Dog Color Fest #9 (2012), opera dello stesso duo di autori, è una sorta di remake di questo numero. In Cornovaglia Harlan incontra una donna ambigua, come capiterà al Dylan del suddetto Color Fest. Solo che questa donna è ambigua perché è la Maestra della Notte Amber Tremayne, che in passato collaborò col padre di Harlan. C'è spazio anche per il luna park lugubre e il paesello sulla spiaggia tutt'altro che pieno di vita. Buona atmosfera salmastra.

Dampyr #4: Notturno in rosso (Colombo/Dotti)

Sorta di omaggio a un certo filone della cinematografia trash (di cui Colombo è cultore, come ben sa chi legge gli Almanacchi bonelliani), che onestamente ho trovato noioso. Un Maestro della Notte e un mafioso russo si alleano contro il Dampyr.

Dampyr #5: Sotto il ponte di pietra (Boselli/L.Rossi)

Prima delle tante storie praghesi della serie, più o meno unanimemente riconosciute come le migliori della serie. La già collaudata coppia di autori confeziona una storia "blue jazz" dall'atmosfera palpabile e giocata sul filo del sogno, nella quale esordiscono Caleb Lost, "angelo" del Bene e padrone del Teatro dei Passi Perduti (un teatro che c'è e non c'è, come il Safarà di DD), e del suo cordiale nemico Nikolaus (un altro "angelo", si suppone, ma alleato con il Male).

Dampyr #6/7: La costa degli scheletri/Zona proibita (Boselli/Dotti)

Prima doppia della serie, che come i primi due numeri cerca di presentare uno dei filoni del fumetto, quello action. In Namibia, Harlan e soci affrontano due Maestri della Notte nemici, Jan Vathek e Omulu (il "dio della pestilenza"). Fra un rat-tat-tat-tat e l'altro, Vathek si salva e giura vendetta.

Dampyr #8: Dalle tenebre (Boselli-Colombo/Genzianella)

Questo numero mostra l'altro filone della serie, quello europeo-gotico. Un città europea insolita per il mondo del fumetto italiano, una ragazza naif, bella, colta e disinibita, un qualcosa di oscuro che si aggira per l'urbe di turno: questi gli ingredienti di questa e delle altre storie del filone eurogotico della serie. In questo caso, a Friburgo, Harlan e la studentessa Sophie Mutter sono sulle tracce del grimorio "De profundis".

Dampyr #9: Lamiah (Colombo/L.Rossi)

Finisce il primo anno solare della serie ed è tempo di un primo giro di boa. Per l'occasione, viene subito rivelato il passato di uno dei tre coprotagonisti, la vampira Tesla. Flashback: a Berlino che giorno è?, diceva Garbo. Siamo nel 1989 nei pressi della caduta del muro: la giovane Tesla è parte di un gruppo di "rivoluzionari" fin quando non viene infettata dal Maestro della Notte Shrek. Nel presente, il suo ex ragazzo ha l'Aids e Shrek è ancora vivo. Harlan e Kurjak la aiuteranno ad affrontare entrambi.
Ristampata a colori nei Classici di Repubblica Serie Oro, assieme a Transylvanian Express (vedi sotto).

Dampyr #10: Casa di sangue (Colombo/Baggi)

Storia eurogotica-domotica, appartenente ad uno dei filoni principali della serie. A Parigi, Harlan affronta l'oscura Maison Enfer, dimora di un Maestro della Notte, per salvare un'altra Maestra della Notte (dormiente).

Dampyr #11: Nemesis (Colombo/Piccininno)

Numero doppiamente particolare. In primis è l'esordio "realistico" del disegnatore, prima specializzato nel fumetto umoristico. In secundis vampiri e mostri passano in secondo piano: il nemico di turno è il gas Nemesis, creato dalla Temsek, che sta decimando il villaggio natale di Kurjak, nei Balcani postguerra.

Dampyr #12: Anima persa (Boselli/L.Rossi)

Boselli, Luca Rossi e Praga: fascino assicurato. Nikolaus non sa chi è, così prova a sfruttare un Dybbuk, che non è il mio soprannome ai tempi della scuola (anche se ci assomiglia), ma è un'anima sospesa fra il Bene e il Male. In questo caso, quella di un boia dei tempi della rivolta boema. Il Maestro della Notte Nergal, capo di Nikolaus, non è d'accordo. Harlan si ritrova in mezzo.

Dampyr #13: L'isola della strega (Colombo/Andreucci)

Altra storia trash, troppo però. Già il plot, Harlan e una vecchia veggente vs una strega su un'isola greca, non è granché. Ma la sceneggiatura eccessivamente sempliciotta non aiuta.

Dampyr #14: I ribelli (Boselli/Casini)

Unica comparsata dampyriana del nathanneveriano Stefano Casini, comparsata molto particolare. Come e più del #11, vampiri e mostri passano in secondo piano. Al punto che non compaiono minimamente. La storia, infatti, è una cruda, normale storia di guerra, in cui i mostri sono perfettamente umani.

Dampyr #15/16: Nato nella palude/Delta blues (Boselli/Dotti)

Seconda doppia della serie. Blues + Mississippi = cantanti vampiri. Piena di riferimenti musicali che non ho colto, mi ha annoiato un po'. Si parla della leggenda di Robert Johnson, il cantante blues che fece un patto con il diavolo, di cui due anni e qualcosa dopo si occuperà MM (MM #261/262).

Dampyr #17: Il Conte Magnus (Boselli/Torricelli)

Ritorna l'eurogotico domotico. Stavolta siamo in Norvegia, ad Alesund, ove il Conte Magnus Oland viene riportato alla vita. Come Harlan scoprirà, il Conte vuole solo ridare bellezza alla sua defunta amata. Certo, togliendola alla ragazza/amante-di-Harlan di turno, ma che sarà mai. Storia che non so come valutare. E' tragica, in qualche modo romantica, ma non mi commuove molto. Forse perché l'equazione Magnus+donne=pornazzi di Magnus (il disegnatore) continua a ronzarmi nella testa :P. Anche se l'albo è un omaggio a Montague James.

Dampyr #18: Lo schermo demoniaco (Colombo/L.Rossi)

Una storia trash finalmente riuscita. Forse perché dedicata al cinema horror, grande passione dell'almanacchiano Colombo. E' lui il Maestro della Notte regista pazzo?

Dampyr #19: La luce nera (Colombo/Genzianella)

Storia meno trash ma incentrata ancora sulla narrativa, stavolta letteraria. Quattro scrittori celebri (Hemingway e altri) evocano a Marrakesh Kyazar, il demone narratore. Vent'anni dopo Kyazar torna e se li pappa tutti. La "luce nera" del titolo è un wormhole, ergo nel mondo di Dampyr esistono universi paralleli. Bene.

Dampyr #20: Il castello dei Carpazi (Boselli/Piccininno)

Numero so and so. Di fatto non un granché, una lotta contro i vampiri che fanno rraagh. Teoricamente è un albo importante, che fa anche da prologo alla bilogia successiva. Harlan incappa in Grigor Vlatna, Maestro della Notte pedofilo (più o meno). Un non-morto, Tomsa, rivela che Vlatna è da tempo in guerra con Draka, il padre di Harlan. Sorge un quesito: non è che Harlan è solo un burattino nelle mani del padre?

Dampyr #21/22: Transylvanian Express/Il segreto delle sette città (Boselli/Majo)

Ed eccola qua, la (doppia) storia che fa fare il salto di qualità a Dampyr. Da qui in poi anche Dampyr può essere considerata una serie importante e degna di stima. A cavallo fra il secondo e il terzo anno solare della serie, e passata la boa della ventina di numeri, Boselli sceglie di cominciare a squarciare un po' il velo naif che aleggiava sul protagonista e sul suo universo narrativo fin dal #1. Con l'introduzione di Dolly McLaine, scrittrice scomparsa e autrice del romanzo rosa "Transylvanian Express", capace di rimanere impressa pur apparendo in una sola storia grazie alla storia d'amore fra lei e Draka raccontata nel romanzo, la serie mostra di essere in grado di offrire più del solito duello Harlan vs Maestro della Notte o Harlan vs mostro di turno. E lo dimostra ancor di più con l'introduzione dell'elmo dei cambiaforma (creato da una "civiltà perduta") e della leggenda delle Siebenburgen sassoni, che tanto ricordano le sette città di Cibola nelle versioni raccontate da Barks e dallo stesso Boselli in una famosa storia di Zagor. Insomma finalmente anche in Dampyr fanno il loro ingresso il mystero e l'avventura. Il mondo dampyriano improvvisamente sembra essere più vasto ed interessante.

Dampyr #23: L'elisir del diavolo (Boselli/Genzianella)

Trascorsi quasi due anni dall'inizio della serie, è tempo di far accadere qualcosa di imprevisto. Questo qualcosa accade quando Nergal trasforma Harlan in un Maestro della Notte cattivo. Nikolaus interviene e rimette tutto a posto, saldando così il debito del #12, ma dopo questo e i due numeri precedenti l'impressione è che in ogni numero possa succedere qualunque cosa. Che è il miglior modo che una serie ha di tenere vivo l'interesse.

Dampyr #24: La milizia oscura (Colombo/Genzianella)

Il biennale della serie viene festeggiato con un altro numero trash. Dopo il trittico precedente, però, che mi ha portato ad affezionarmi al fumetto, sono ben disposto a prescindere verso la serie, così sono in grado di apprezzare anche storie come questa. Insomma, nella sua stereotipicità questo numero mi è piaciuto. E Ixtlàn, il Maestro della Notte che ha trasformato un narcotrafficante colombiano in non-morto, è ancora vivo.

Dampyr #25: Incubo fiammingo (Boselli/L.Rossi)

Boselli-Luca Rossi, ma niente Praga. Stavolta siamo a Gand, in Belgio, ove Adriaen De Kremer è in realtà una creatura proveniente da un'altra dimensione. Atmosfera lovecraftiana (anche se l'ispirazione proviene da Jean Ray) straordinariamente palpabile, ottimi flashback a mezzatinta. Horror urbano e avventura esotica al contempo. Gran bel numero.
Per la prima volta salta Il manuale del vampirologo.

Dampyr #26: Il giardino proibito (Baggi-Colombo/Baggi)

Primo (cioè terzo) autore ai testi diverso dai creatori della serie. E' Alessandro Baggi, il disegnatore che elabora un soggetto poi sceneggiato da Colombo. "Elabora" in realtà è una parola grossa. L'albo è per lo più il pretesto per raccontare la leggenda di Vaclav Aloysius, negromante praghese che fece un patto con un demone rattesco e trasformò i suoi tre aiutanti nelle tre statue che adornano la sua villa (circondata dal giardino del titolo). Attorno ad essa viene arrabattato uno scarno plot in cui le tre statue si risvegliano e uccidono gente a caso. L'interesse del lettore si sposta allora su Tesla, che in "serata filosofica" giunge a fare la morale al demone, ottenendo di scambiarsi temporaneamente di posto con Aloysius. Ma, Raimi e Chiaverotti insegnano, il Male non ha mai fine. Tesla a parte, storia fiappetta. In appendice torna Il manuale del vampirologo con "Carmilla" di Le Fanu e l'introduzione di Stoker.

Dampyr #27: I Lupi Mannari (Boselli/Majo)

Un altro signor numerone. Con un espediente molto simile - col senno di poi - a quello visto nella famosa 3x08 di Lost, Boselli conduce il lettore direttamente nel passato, portando Harlan a vivere parte del lungo flashback che occupa pressoché tutto l'albo. E' infatti attraverso un libro ottenuto da Nikolaus che Harlan apprende un particolare della vita di suo padre. Draka, in epoca seicentesca, era noto come il Cavaliere di Roccabruna ed ha preso parte alla guerra dei trent'anni (1618-1648). Boselli coglie allora l'occasione per romanzare un po' di Storia ed acculturare il lettore, mostrandogli la genesi dei Wehrwolfe - i Lupi Mannari, ovvero i ribelli stremati dalla guerra e determinati a vendicarsi di entrambi gli schieramenti - attraverso lo spaccato di vita di un allevatore comune che poi finisce per arruolarsi nei Lupi. A parte che alla base di tutto c'è un delizioso giochino, una serie horror con i Lupi Mannari che non sono tali, roba che può permettersi solo un narratore di razza (come solo un narratore di razza manovra senza intoppi una serie in cui il protagonista può essere messo temporanemente da parte senza che la narrazione ne risenta), l'albo, già di ottima fattura nel suo raccontare lo spaccato rurale seicentesco, acquista addirittura maggior pregio quando, attraverso lo stratagemma di cui sopra, porta Harlan a sovrapporsi a suo padre e a vivere in diretta il flashback. Permettendo al lettore, dunque, di conoscere meglio Draka, questo vampiro dotato di un codice etico che ne fa una figura decisamente interessante. Insomma, l'unico neo del numero è Il manuale del vampirologo che salta anche stavolta.

Dampyr #28/29: La banda dei morti viventi/Arizona Killers (Colombo-Boselli/Dotti)

Boselli, nella posta, mette subito in chiaro un concetto: questa doppia storia estiva è una vacanza. All'interno del fumetto Harlan lo ribadisce. E' una vacanza dettata da un motivo particolare: solo un mese prima Tex aveva festeggiato 500 numeri e, subito dopo, il ritorno di Mefisto e di Claudio Villa. Boselli, texiano dal '94, ne approfitta allora per portare Harlan e i suoi pards negli stessi scenari calcati da "Aquila della Notte". Con l'aiuto originario di Colombo (che firma fino a pag.48 del primo albo), Boselli costruisce un ardito omaggio ai B movies sia western che horror. E grazie soprattutto ai disegni pressoché perfetti di un Dotti in stato di grazia, tale omaggio risulta decisamente piacevole e accattivante. La sceneggiatura solida e fanfarona quanto basta permette anche a un nemico del concetto di "generi narrativi" come il sottoscritto di non annoiarsi in nessuna delle 188 pagine del fumetto. Va detto che comunque la trama è veramente semplice, una sorta di Cuore di tuono con i zombies senzienti, e che l'artificio che permette alla gang ottocentesca di resuscitare non è molto chiaro. In ogni caso, è interessante che Harlan riesca a sconfiggere i reincarnati solo tramite un esorcismo e non per mezzo di una qualche sua dote particolare. Poi, io non sono un esperto in materia, ma l'esorcismo è lo stesso usato in Supernatural e che per me è ormai culto, per cui gradisco e non mi faccio problemi. Per il resto, salta ancora il Manuale in entrambi i numeri, ma nel secondo è sostituito dalla campagna animalista del 2002 e dall'omaggio di Boselli e Colombo ai loro due cani.

Dampyr #30: Vegas! (Boselli/Genzianella)

Il Manuale torna, finalmente, e introduce il padre dei vampiri per antonomasia, Bram Stoker. Il fumetto, il primo plot che mi capitò sotto gli occhi (sul Giornale di Sergio Bonelli) quando iniziai la mia carriera di lettore bonelliano, e la cui copertina mi inquietò non poco, è in realtà un piccolo passo indietro qualitativo, per lo meno in quanto a scioltezza. Niente di troppo grave, sia chiaro. La continuity si smuove, rivelando che la doppia precedente è stata un incidente di percorso e che Harlan e soci già due numeri fa erano sulle tracce di Ixtlàn, il Maestro della Notte alleatosi coi mafiosi nel #24. Il quale, se pure stavolta riesce a sfuggire, lo fa impadronendosi indirettamente di Las Vegas, che così diventa terra bruciata per i protagonisti, a quanto pare costretti a stare alla larga dal Nevada per un po'. Per raccontare questo, Boselli inserisce svariate citazioni cinematografiche spacciandole per illusioni vampiresche, ed è simpatico vedergli fare una cosa idealmente più colombiana che boselliana. Peccato soltanto che nel farla egli ecceda in "zagorismi" e in cliché mafiosi (nel senso di cliché dei film di mafia), in fondo la trama poteva essere anche più interessante di come è alla fine venuta. Ma vabbè, insomma, numeri di passaggio così ogni tanto ci stanno. Tanto ci pensa la preview del numero successivo, che preannuncia continuity a manetta, a far salire l'acquolina in bocca.

Dampyr #31: Il mare della morte (Boselli/Bocci)

Esordio da paura per il leddiano Alessandro Bocci, che debutta alla grande in quella che è forse la storia più prettamente paurosa fino a questo punto. O che, comunque, presenta il Maestro più temibile, per aspetto e atteggiamento, fra quelli apparsi finora. Erlik Khan, il demone del deserto uzbeko (lo scrivo con lo "stile spieghino" di Boselli :P ), fa cagare sotto. Soprattutto per il modo in cui Boselli e Bocci ce lo presentano (atteggiamento e aspetto, appunto), apparentemente non mosso da alcuna motivazione, se non quella di starsene in pace a casa sua. A rendere ancora più angosciante la lettura è l'ardita trovata per la quale Boselli mette in campo in totale ben tre antagonisti (Erlik Khan più gli inviati della Temsek e i Lupi Azzurri di Martin Le Vere), che finiranno per sfidarsi a vicenda. La cosa figa è che una tale baraonda di continuity non viene mica messa giù così, alla carlona, ma viene servita in una storia d'azione dal ritmo frenetico, ma bene bilanciato, e molto avvincente. Alla fine Erlik prevale, com'è ovvio, sui comuni mortali, ma i Lupi Azzurri ripiegano e giurano vendetta. Sulla Temsek, invece, viene fatto aleggiare un curioso interrogativo: e se Draka ne fosse il capo? Insomma, uao. E il bello è che non c'è solo questo nelle 94 tavole del fumetto. No, c'è spazio pure per un ritorno positivo, quello del Medical Team, l'Emergency introdotto nel #14, il quale offre l'occasione per una ulteriore riflessione geopolitica, stavolta riferita all'area uzbeka. Last but not least, la posta rivela che i Maestri della Notte provengono da un altro universo, mentre il Manuale del vampirologo riesce a parlare di Bram Stoker pur occupandosi di Henry Irving, Arminius Vambèry e Richard Burton. In due colonne scarse. Applausoni.

Dampyr #32: Gli insaziabili (Colombo/Piccininno)

Dopo la sbornia del numero precedente, questo può essere considerato un piccolo passo indietro. Oltre che del comunque immeritato confronto con Il mare della morte, soffre anche dell'assenza di Tesla e Kurjak e, volendo, anche dei Maestri della Notte. Ma, soprattutto, soffre del finale affrettato. A parte un flashback iniziale alpino (che, complice i buoni disegni, trasforma un fatto realmente accaduto in un incubo horror) e un altro con Caleb che presenta Thorke, demone della fame nemico degli Amesha, tutto l'albo è un only Harlan. Il quale si aggira per una fabbrica di carne svizzera che pare essere il covo del suddetto Thorke. E, in effetti, lo è. Così Thorke diventa un nuovo antagonista regular e una nuova sottotrama, se così si può chiamare, si apre. A parte questo l'albo non è indimenticabile, sebbene gli imprenditori tranquillamente cannibali trasmettano una certa inquietudine. Però, ecco, a parte un tentativo non troppo riuscito di parlare di immigrazione clandestina nel nord che lavùra, alla fin fine succede poco o nulla. Curiosamente, intanto, nella posta gli autori affermano di preferire storie indipendenti ma in continuity. Come questo numero? Vabbè.

Dampyr #33/34: Sotto il vulcano/La caverna dei Troll (Boselli/Dotti)

Torna la coppia e torna la doppia. Storia in due puntate di Boselli e Dotti: dal west si passa all'Islanda. Dotti ne risente? Non è precisissimo come l'altra volta. Comunque l'atmosfera riesce a crearla. Ma il merito è soprattutto di Boselli, appassionato di folklore nordico, di ghiacci e mari nebbiosi, di scalate e gastronomie rigeneranti. Lo si apprende molto chiaramente dall'andamento della storia. Il #33 è praticamente una guida turistica dell'Islanda. Il #34 contiene più azione, ma è comunque un'azione "nordica", dai ritmi piuttosto cadenzati e lugubri. Solo nel finale la storia subisce un'accelerata, e buffamente la creatura di turno, Gryla, ladvaetter e madre dei Troll, attorno alla quale ruotano un albo e tre quarti, compare in sole due pagine prima di scappare. Questo, però, non porti a idee sbagliate: la storia, nel suo essere quasi didattica come i Buoni Vecchi Martin Mystère dei tempi d'oro, è piuttosto deliziosa. L'unico dilemma riguarda la sottotrama parallela con Harlan e Kurjak che fanno il verso alle saghe nordiche: è solo metanarrativa? O i due sono reincarnazioni come suggerisce Gudrun? Per Harlan l'idea si può anche prendere in considerazione, ma Kurjak? A parte questa ulteriore aggiunta al sempre più interessante universo dampyriano, nei due numeri salta ancora il Manuale, ma nel secondo albo è presente una pagina di approfondimento tematico. Una versione dampyriana dei Buoni Vecchi Mysteri di Mystère. Slurp.

Dampyr #35: I cacciatori di fantasmi (Boselli/Majo)

L'erede di MM continua ad essere tale: ed ecco che l'infestata Haversham Priory sorge su uno snodo delle leys. In terza di copertina il Manuale è sostituito da un altro approfondimento tematico. In compenso di manuali ne viene citato a più riprese un altro, quello del Cacciatore di Fantasmi uscito sul Secondo Almanacco della Paura dylandoghiano (1992) e scritto da Boselli, che in passato è stato davvero un ghosthunter, seppure per hobby. E così, se già l'incipit del #33 non era altro che il resoconto di un viaggio da lui realmente compiuto, questo #35 più che scritto, pare quasi interpretato da lui. Ed è praticamente il Manuale del Cacciatore di Fantasmi in forma di fumetto. In una location tipica, vi agiscono spettri di vario tipo e un entourage di studiosi di varie discipline, tra i quali Harlan è l'esperto di folklore, come predisposto nel #8 (la continuity, come sempre, è usata in modo fruttuoso). E la continuity, come sempre, è usata in modo fruttuoso: difatti Harlan sconfigge i demoni interiori di Hugh Haversham usando il suo demone interiore, il lato vampiresco messo a tacere nel #23 e provvisoriamente manifestato con l'aiuto di una sensitiva. Majo illustra tutto questo e anche di più con la sua solenne espressività, capace di rendere anche questo numero un ottimo, onesto numero e un gradito omaggio ai maestri della 'haunting literature' del passato.

Dampyr #36: Gli ammazzavampiri (Boselli/L.Rossi)

Oltre al Manuale del Cacciatore di Fantasmi, Boselli ha scritto anche un noto Manuale del Cacciatore di Vampiri (sul Terzo Almanacco della Paura, 1993). Dieci anni dopo fumettizza anch'esso narrativizzandolo in una tipica storia di vampiri dell'era moderna. Ecco quindi dapprima i vampiri fighetti e festaioli, conditi però dal consueto ribaltino boselliano: non sono vampiri veri, bensì emo squinternati; a seguirli troviamo un gruppo di vampire haunters, più simili a John Constantine che a Van Helsing. Questi svolgono il ruolo degli studiosi del numero precedente, almeno nella figura del prof. loro leader, che spiega per benino come si ammazzano i vampiri. A differenza, però, del numero precedente, questo non ha a disposizione una affascinante location in cui creare mistero e morte: Boston non permette di andare oltre le atmosfere di Moonlight, guarda caso un telefilm il cui protagonista è molto simile ad Harlan. La storia, pur ben fatta, non è brillantissima. Questo fino metà del numero, quando la narrazione si sposta, con un deus ex machina (il vampirologo Hugo Markham), in una location completamente diversa, la penisola di Cape Cod. Quasi d'improvviso, dunque, ci si ritrova in una atmosfera puramente lovecraftiana ed in mezzo ad una gradevolissima accelerazione degli eventi. Ormai si può dire che questa dicotomia tra una prima metà rilassata e una seconda frenetica sia una cifra stilistica di Boselli. Il quale, comunque, stavolta se la prende comoda e si permette di rimandare il succo della trama al numero successivo. In questo, infatti, imbastisce una appassionante sfida a tre (e anche la sfida a tre è quasi un suo marchio di fabbrica) fra il duo Harlan-Tesla (a proposito: brioso e ottimamente caratterizzato), i cacciatori di vampiri ormai invasati e il Maestro della Notte sbucato all'improvviso, e sul più bello chiude l'albo. Il Maestro, in realtà, sbuca all'improvviso per modo di dire, dato che si nasconde sotto le fattezze del deus ex machina Markham. Ma l'astuto Boselli non si ferma qui e ne rivela l'identità: è Erlik Khan, in trasferta nel New England non si sa perché, ma la cui entrata in scena è sempre sopraffina. Ecco: quando l'adrenalina comincia a salire, l'autore trollone finisce la storia, e rimanda la caccia di Harlan e Tesla all'unico cacciatore sopravvissuto al #37. Confezionando, con abilità da narratore seriale consumato, una doppia a sorpresa e tenendo il lettore sulle corde ancora una volta.

Dampyr #37: Il fiume dell'orrore (Boselli/Torricelli)

La caccia a Lammer, il cacciatore di vampiri sfuggito dal #36, prosegue in un numero dai svariati debiti narrativi. Per cominciare, la sequenza iniziale con il gruppo di canoisti e quella centrale speleologica sembrano proprio un altro aneddoto di vita di Boselli, realmente appassionato di cannottaggio e arrampicata. Anche la presenza di una versione degradata dei personaggi di Li'l Abner è da ricondurre ad una passione di Boselli, quella per il fumetto di Al Capp. Ma soprattutto, la storia straborda di aria lovecraftiana da tutte le pagine, condita da echi di Matheson e Poe. Al punto che un vero e proprio Grande Antico venuto presumibilmente dallo spazio è la chiave con cui Boselli rilegge la leggenda delle streghe di Salem. Va da sé che con tematiche del genere l'erede di MM non può che omaggiare il suo maestro: lo fa addirittura in due modi, sia citando direttamente il BVZM, sia dando a Marvin, uno dei comprimari, il volto di un giovane Martin (infatti in una vignetta viene erroneamente chiamato Martin). E io godo.

Dampyr #38: La signora della villa bianca (Boselli/Baggi)

D'improvviso Harlan è in Finlandia, impegnato in un horror domotico che ha il sapore dei primi numeri. E forse proprio a quei numeri era destinata questa storia: la firma del disegnatore Baggi in calce all'ultima tavola data i disegni al periodo '99-'01, e le sceneggiature, alla Bonelli, sono scritte ben prima del completamento della fase di disegno. Il fatto che questo sia il quarto numero consecutivo senza Kurjak resta comunque una particolarità da segnalare e non è giustificato dalla presunta retrodatazione della storia (Kurjak e Tesla sono introdotti già nel #1). Storia a suo modo gradevole, zeppa di atmosfera nordica, paciosa e lugubre al contempo, e condita da più di uno strappo alla gabbia bonelliana. Nella vicenda Harlan incappa per la prima volta in una Lamia, descritta prima come una vampira fantasma, poi come una vampira psicovora, poi grossomodo come una non-morta che si nutre di facoltà esper. Ma Lamiah era il titolo del #9, e lì la tizia era proprio una vampira. Nessun collegamento fra le due? Altra perplessità la lascia la pagina della posta, nella quale un lettore afferma di voler mordere i colli alle ragazze e gli autori gli rispondono che tale voglia è naturale e comprensibile. Il ché per quanto mi riguarda è vero, ma mi fa strano vederlo quasi consigliato :P.

Dampyr #39: L'ultima notte (Cajelli/Bartolini)

Risale all'estate di dieci anni fa il doppio esordio di Diego Cajelli e Fabio Bartolini. Il primo veniva da Napoleone, il secondo da Lazarus Ledd. Portavano seco i loro curricula fatti di azione, malavita, droga, dramma urbano. Tutti ingredienti riversati anche in questa loro prima uscita dampyriana. I presupposti per una felice coesione con la serie di Boselli&Colombo c'erano: già con la sottotrama di Ixtlàn s'era visto come il lato gangsta delle metropoli poteva sposarsi con un horror esplicito fatto di vampiri e mostri assortiti. L'ultima notte conferma la teoria: mafia e riciclaggio possono convivere con non morti e fantasmi. La trama imbastita da Cajelli è forse anche migliore delle avventure di Ixtlàn: il legame fra Adara e Yacek e il mito della strega di Vukrovec colpiscono, anche se la trasferta a Istanbul alla fine risulta abbastanza inutile (ma se serve a rendere l'idea della cosmopolia della serie, allora ok). Per il resto, il trio di protagonisti si riunisce dopo svariati numeri e viene ben reso dagli espressivi primi piani di Bartolini, il quale pecca soltanto nei piani americani (soprattutto è Tesla a rimetterci in sinuosità).

Dampyr #40: Vathek! (Boselli/Dotti)

Il titolo dice tutto: torna Vathek, il Maestro della Notte sudafricano visto nei lontani #6/7. Torna e stavolta agisce in Angola, ove spaccia un suo non-morto per il capo di un gruppo di ribelli. Torna anche il Medical Team, e con esso Arno, e con egli il Trio, e insieme a tutti costoro tornano le ponderose riflessioni sulla guerra. La copertina cita il Vietnam sebbene la location della storia sia tutt'altra: un modo per dire che ogni guerra è paese. Come ogni albo di Boselli/Dotti è un buon albo. Benché la nuova fuga di Vathek fa respirare aria di Gambadilegno. Intanto, il Manuale è ormai missing in action.

Dampyr #41: Casa di bambole (Boselli/Genzianella)

Il Manuale è missing in action, ma almeno stavolta la posta si sdoppia così da ospitare la consueta campagna Enpa estiva. In più annuncia la recente apertura del Dampyr Forum, uno dei primi forum bonelliani (se non il primo) ospitati su Forumfree. In estate si giocherella, ed allora calza all'uopo Casa di bambole, una solida storia tenebrosa appartenente al filone eurodomotico (stavolta siamo ad Arnstadt) nella quale, mentre Kurjak smaltisce le ferite africane del #40 e Tesla lo consola, Harlan svela l'enigma di una casa maledetta trasformata in casa di bambole. Il prof. Milius e Sophie Mutter, giunti dal #8, lo accompagnano in una vicenda a base di wormholes e bambine morte, nella quale Harlan dimostra di aver appreso qualcosa dall'avventura del #35. Una storia solida e, nonostante le varie sequenze oniriche, razionale. Una storia in cui lo stile di Boselli si palesa: e nell'ampio flashback iniziale, con conseguente entrata in scena di Harlan slittata a non prima di pag.40; e nel finale che si risolve solo nella penultima pagina, derogando alla sola ultima tavola il compito di sciogliere la tensione. Soluzione, quest'ultima, che sa molto di telefilm. Ovvero di prodotto seriale fatto bene.

Dampyr #42: L'uomo di Belfast (Ostini/Bruzzo)

Il neveriano e pikappico Ostini, che bene fa su NN e male fa su PK, da buon conoscitore d'Irlanda, si propone al tuttologo e cartografo Boselli. Egli, che pure ama la verde nemica d'Albione, concede di malavoglia la chance alla guest, ma alla fine non si pente della concessione. La sceneggiatura di Ostini, infatti, sembra quasi di Boselli: nel ritmo, nella semiridondanza dei dialoghi, nella scelta precisa e ponderata delle inquadrature, nel mix fra Storia e attualità, fra fascino del mystero e banalità del quotidiano, fra stasi e azione. Ad illustrare il tutto è un'altra guest, Giovanni Bruzzo, colui che da Mister No passerà poi a Brad Barron e che, come il suo compare sceneggiatore, si dimostra subito a suo agio con Dampyr. Se le anatomie non sempre sono il massimo, l'effetto complessivo è infatti abbastanza buono, soprattutto nelle numerose sequenze pluviane. Il pasionario plot urlato da Ostini attraverso il vecchio Heaney, prof. repubblicano di stanza però a Belfast, che tanto era bello vedere in edicola in tempi di guerra come quelli dell'A.D. 2003, funziona ancora dieci anni dopo, quando la situazione geopolitica fa ancora non poco schifo e nuovi tempi di guerra (non necessariamente armata) si profilano sornioni all'orizzonte. Forse è un po' didascalico il modo in cui Healey e Harlan disquisiscono di storia irlandese, soprattutto di quella recente, ma d'altronde i fatti sono i fatti e il prof. è pur sempre un prof.. Più esilina è la minaccia di Lester Caraher, il cattivo che prima pare un Maestro della Notte ma poi si rivela essere solo un non-morto (la novità, forse, è che è pluricentenario). Ma l'astuto Boselli, forse per appropriarsi un poco di una location a lui tanto cara, riesce ad agganciare la trama ad un'altra trama, quella che partirà il mese successivo. Così, se Lester muore, il suo Maestro delle Notte impomatato rimane nella sua magione londinese in attesa dell'arrivo del Dampyr. La saga inglese, da mesi annunciata nella posta, può così iniziare. A causa di una guest, quasi per caso. Come è naturale (verde!) che sia. In appendice torna finalmente il Manuale, dedicato ad un altro orrore moderno (nel senso dell'evo), Vlad Tepes.

Dampyr #43/44: La leggenda di Amber/Il Sigillo Nero (Boselli/Laurenti)

A dieci mesi di distanza dall'ultima doppia, eccone un'altra. Persino più importante della precedente: è una bolgia di continuity, mitologia e Storia dal fascino entusiasmante. Per godersela bene bisogna leggere tutte le 188 pagine dei due albi. Durante la prima metà, infatti, sembra che Boselli sia saltato di palo in frasca: dalla caccia al Maestro della Notte londinese ci si ritrova in Galles sulle tracce di Dolly McLaine, l'autrice di "Transilvanian Express". Con Amber Tremayne, che nel #3 stava in Cornovaglia. Wtf? Boselli, dal canto suo, se ne sbatte dei dubbi del lettore e prosegue nel suo racconto, che arriva addirittura a raccontare la storia di Amber attraverso corposi flashback ambientati nella Britannia Romana del 768 d.C.. Il mistero della cittadina gallese che con la Maestra collabora attivamente (interessante trovata!) si infittisce e per il lettore distratto la narrazione pare incartarsi. In realtà, leggendo il prosieguo della storia nella sua seconda parte, quel lettore può accorgersi di come tutti i nodi si sbriglino, si reintreccino e si sbriglino di nuovo attraverso il tempo e lo spazio, collegando antichi romani, streghe, draghi, archeologi, vampiri, folklore celtico, discendenti veri e presunti di Artù e universi paralleli. E persino Zagor e Martin Mystère, dato che la sequenza londinese (con le indagini di Kurjak che dimostrano che il salto dal palo alla frasca non c'è) al Globetrotters Club introduce con una citazione-cameo l'archeologo Dexter Green, collaboratore ottocentesco di Altrove le cui gesta Boselli narrerà a partire dall'anno successivo su Zagor. L'intreccio fra gli universi narrativi si manifesta anche attraverso leys, druidi, civiltà perdute dalle conoscenze dimenticate, equazioni fra magia e scienza che solo MM aveva prima offerto e la prima dimensione alternativa effettivamente visitata da Harlan e soci. A dire il vero dell'Annwn viene mostrata solo la "capitale", la Roma Nera, ma è comunque un ulteriore passo avanti nell'allargamento dell'universo dampyriano che fa seguito a quanto appreso nel #19. La storia è comunque magistrale per come riesce a gestire ed intrecciare almeno SETTE sottotrame diverse (Dolly McLaine, la storia di Amber, il possibile legame fra Artù e Harlan, il Piccolo Popolo, il multiverso, il Maestro londinese, e si potrebbe aggiungere anche la condizione esistenziale di Tesla) e ad essere piena di spunti ad ogni vignetta. Spunti che sono sia culturali (la storia è zeppa di Storia e mitologia), sia narrativi (l'orgia di continuity sopra descritta) che grafici, con ben due splash pages (la seconda della quale molto epica, con l'Harlan in groppa al drago rosso che si candida a proseguitore dell'epopea cavalleresca), presenze insolite su un Bonelli "medio", e con un omaggio quasi evidente al frontespizio di Dylan Dog nella sequenza dell'arrivo della Corte Maledetta in città. Come se tutto questo non bastasse, nella posta gli autori rendono nota la corposa bibliografia da loro utilizzata, mentre il Manuale prosegue il racconto delle fondamentali gesta di Vlad Tepes e poi analizza l'altrettanto fondamentale Nosferatu. Insomma, applausi.

Dampyr #45: Il vampiro di Highgate (Boselli/Piccininno)

La saga inglese volge al termine in quel di Londra, precisamente fra Notting Hill e il cimitero di Highgate. Un'altra sceneggiatura ad orologeria del Boselli permette ad Harlan e soci di incontrare finalmente (seppure per interposto ologramma) il Maestro della Notte londinese: Lord Mardsen, che a suo tempo frequentò Lord Byron e John Polidori. Un'altra sceneggiatura ad orologeria colla quale il Boselli alterna ancora una volta leggende orrorifiche locali, divagazioni didattiche, semplice pour parler, frenetica azione, escursione nel quotidiano (con gli speleologi urbani) e decisi tocchi di continuity. Questi ultimi sono rappresentati dall'interessante flashback con l'Harlan del 1970 e il suo primo, superficiale incontro con Mardsen, e dalle continue riflessioni in merito a Draka: è lui il capo della Temsek o no, è cattivo oppure no, eccetera. Non viene menzionato nulla riguardo al Taliesin dello scorso numero, le cui sembianze parevano proprio quelle di Draka: o non erano quelle di Draka, o la sua apparizione non è stata vista da Harlan e soci. Boh. In ogni caso la posta annuncia che tornerà. Nel frattempo quest'altra sceneggiatura ad orologeria del Boselli è anch'essa permeata da continui salti temporali e racconti nei racconti che sfumano e si intrecciano obbligando il lettore a stare attento e ad usare il cervello: un altro pregio, questo, delle sceneggiature ad orologeria che quasi sempre caratterizzano questa bella serie.

Dampyr #46: Il castello di Barbablù (Boselli/Bocci)

A dimostrazione del meccanismo ad orologeria con il quale Boselli ha costruito la sua creatura, con questo numero la saga inglese si scopre chiusa ma anche no. Gli ampi flashback che coprono circa il 75% dell'albo sono infatti ambientati prima a Londra, durante il bombardamento del Dicembre 1940, quindi nella tenuta dei De Vere, in iScozia. Proprio il Buchanan Castle, il "castello di Barbablù" del titolo, è il trait d'union fra passato e presente. Con quest'ultimo che però inizia ad Amburgo, segno che i nostri hanno ricominciato il loro tour. La caccia ai Lupi Azzurri li riporta tuttavia in UK, ove, nel suddetto castello, assistono a ritorni e regolamenti di conti a iosa. Così, sia il passato, narrante il complotto di taluni lord inglesi, i Lupi Azzurri e la Germania nazista celato dietro la famosa fuga di Rudolph Hess in UK, sia il presente, con la sfida definitiva fra il decano Christian De Vere e Draka, regalano un turbinio di continuity da lasciare senza fiato. Appassionante e degna di una spy story d'altri tempi è l'avventura ambientata nel 1941, aventi protagonisti il prof. Foster, tornato da Transilvanian Express, e le due spie, Vera e Nigel, la cui relazione amicale-affettuosa arriva pian piano a colpire chi legge. Complice, va detto, un ottimo Bocci, il cui unico difettino è trasformare la somiglianza fra Foster e Michael Caine suggerita da Majo nei #21/22 in un vero e proprio ricalco (Boselli, però, dice di averlo chiesto lui e se ne assume la colpa). Ma anche nel presente le sorprese non mancano, a partire dal ritorno del pilota non-morto Brumowski, passando per quello di Lester De Vere, ancora nella forma mostruosa con cui era stato dato per morto in Transilvania, ed arrivando a quello di Draka. Il cui cameo regala ad Harlan la conferma di essere un involontario burattino nelle mani del padre. Il quale forse s'è veramente appropriato del trono del Re del Mondo agarthiano, come suggerito fin dai suddetti #21/22. Anche se Christian De Vere e i Lupi Azzurri inseriscono nella partita anche Erlik Khan, la Temsek e i vari Maestri della Notte, mettendo tutti sullo stesso piano e ipotizzando qualcun altro al vertice supremo della gerarchia occulta. Ad ogni modo questa storia lascia in eredità un solo De Vere, Martin, e un sacco di dubbi, voluti sia chiaro, che rendono la mitologia dampyriana decisamente figa. Certo, al nerd viene naturale confrontare la storia di Rudolph Hess come è stata raccontata nel primo Martin Mystère Gigante e come la racconta Boselli e scoprire che non combaciano esattamente, ma se quel nerd è tale perché prima di tutto capace di divertirsi ad immaginare e collegare i fili il suo giudizio su Il castello di Barbablù non cambia. E comunque se 1) Hess dice di aver partecipato alla spedizione di Sven Hedin volta a trovare Agarthi, e 2) sia il sigillo a svastica visto in questo numero che il Libro dei Tre Saggi visto in MM, di cui Hess è stato in possesso, provengono da Agarthi o da Atlantide, allora 1) + 2) = 3) le due continuity sono più sovrapponibili di quanto può sembrare ad una prima impressione. Desta perplessità solo Lord Hamilton, la persona con cui Hess pare si sia veramente incontrato, e che Boselli rimpiazza con Roger De Vere senza nulla spiegare, lasciando così spazio ad ogni possibile soluzione.

Dampyr #47: I delitti di Sheffield (Boselli/Bartolini)

L'appendice alla saga inglese si conclude nella quarta città dello UK, ove si trova la sede della Temsek. La sede europea o il quartier generale vero e proprio non si sa. Come non si sa, alla fin fine, chi sia questo vero boss supremo. Boselli chiarisce soltanto che la Temsek è effettivamente in mano ad un Maestro della Notte, ma non dice quale. Ce lo mostra soltanto in collegamento video, sempre che sia lui e non un suo galoppino. Così, mentre Harlan e i suoi pards rimuginano sul da farsi, il Marco Travaglio britannico Jeff Carter, del "Sun", agisce e lascia parlare i fatti. Il suo lato b / killer seriale elimina i corrotti, meglio ancora se legati alla criminale Temsek. Anzi, già che c'è, elimina la stessa Temsek, facendo saltare in aria il "Pirellone" sheffieldino. Boselli sceglie di concludere la saga inglese con un sostanziale bluff, rinviando tutto a data da destinarsi. Come un narratore inglese, egli imbastisce un episodio che sembra tratto da un telefilm inglese, aiutandosi con un piacevole mix di procedural, thriller, commedia urbana e casi umani. Ma la sua tipica narrazione graduale che porta ad una grande accelerazione nelle pagine finali dell'albo e ad una brusca decelerazione nell'ultima tavola stavolta non riesce del tutto. Per poter mostrare i tanti personaggi in gioco, nelle ultime, concitate fasi della storia Boselli sottintende alcuni eventi che sarebbe stato più efficace mostrare: la fuga di Carter, che il lettore vede per l'ultima volta poco prima dell'esplosione e che alla fine viene dichiarato vivo dalla detective Spade; il ritrovamento della bomba da parte degli artificieri; l'annuncio dell'evacuazione generale, fatta non si sa da chi (che sia voluto? ma a che pro?); e pure la stessa fuga di Harlan, Kurjak e Tesla dopo la discesa in ascensore. Queste piccole mancanze fanno concludere una buona lettura con un sentore di affrettato e posticcio, che almeno lo svelamento dell'identità del fantomatico Maestro avrebbe colmato con effetto placebo. Invece ciccia. Per fortuna un signor Bartolini, a mio avviso non inferiore al Majo pluricelebrato nella posta, illustra il tutto con piglio inglese: ché se gli inglesi sanno fare i telefilm è per la cura dei dettagli che profondano nelle inquadrature, l'espressività che i loro personaggi manifestano, l'aria di casa e di ignoto che riescono a far convinvere, e per una resa visiva complessiva dei loro prodotti decisamente soddisfacente.

Dampyr #48: I sotterranei di Parigi (Mignacco/Piccininno)

La resa visiva complessiva è soddisfacente anche in questo numero, seppure meno rispetto al solito. Infatti anche in Dampyr irrompe Luigi Mignacco, factotum bonelliano che la casa editrice impiega come turafalle delle sue varie serie. Mignacco, che oggi ha all'attivo almeno una storia per tutti i personaggi bonelliani eccetto Julia e Magico Vento, nel 2004 esordisce sulla serie boselliana con un'avventura semifiller dai numerosi spunti ma dallo svolgimento banalotto. Tornano Araxe, la Maestra dormiente, e il suo tutore Victor, ma solo per fornire ad Harlan un quartier generale parigino. Il dampyr è infatti impegnato, per il secondo mese consecutivo, in una vicenda 'gialla', ma questa volta raccontata in stile dylandoghiano. Ai vari tizi qualunque scomparsi nel metrò parigino Mignacco regala dei piccoli spazi personali ove dar loro modo di autocommiserarsi e subire l'orrorifica punizione scelta in base al sistema del contrappasso (tipico dei Dylan Dog di Chiaverotti). A livello basico gli spunti non sono male: tra le stazioni metropolitane inesistenti compare roba come la Grande Mére, mentre il 'locus maleficus' "in cui i druidi celebravano i loro riti" e di cui Mignacco nulla spiega è adornato da un simbolo a spirale che Boselli ha insegnato (su Zagor) essere quello di Mu. A chi ha una infarinatura di mitologia ed esoterismo un simile materiale dice qualcosa. Mignacco, invece, non dice nulla e si limita ad una inspiegata associazione fra il mysterioso anfratto pagano e il Super-Io: inspiegata in termini concreti, giacché la sovrapposizione dei due concetti, stando a Mignacco, è concreta: cioè, perché scendendo in profondità si scatenano i mostri dell'inconscio? Nel girovagare tra i cunicoli non si notano né megaliti come quelli visti nei Nathan Never viettiani né un marchingegno muviano né un Grande Antico. Questo partendo dal presupposto che di Maestri, là sotto, non ve ne sono. Tornando al plot, le punizioni per contrappasso dei vari personaggi vengono riassunte in una generica lotta contro sé stessi, lotta alla quale partecipa Harlan stesso. L'occasione è ghiotta per mostrare un epico scontro tra il lato umano e quello vampiresco del dampyr, ma Mignacco se la fa sfuggire interrompendola sul più bello e poi raccontandola tramite flashback e didascalie. Non contento - ma qui bisogna chiedere a Boselli - retconizza il finale del #23 in quanto il suo lato vampiresco afferma di essersi realmente staccato da Harlan al termine de L'elisir del diavolo. Dunque era lui la causa delle allucinazioni? Pare di sì, perché Harlan afferma di essersi riunito a lui e di aver assorbito momentaneamente il potere dei Maestri. Ma poi dice "forse". E la confusione aumenta nel finale, quando i nostri, chiacchierando degli ultimi eventi, buttano lì una spiegazione "razionale" basata su dei funghi allucinogeni che nell'albo non si vedono mai ma che pretendono di retconizzare la retcon portando a riconsiderare l'Harlan vampiro come un'allucinazione. Quanti bei spunti sprecati! E vabbé, qualche volta sonnecchia anche il buon Omero.

Dampyr #49: La colonna infernale (Boselli/Majo)

A colmare alcune lacune del #48 arriva questo spettacolare #49, che con due tocchi sopraffini giustifica il risveglio di Araxe della storia di Mignacco e la presenza sul suolo francese dei nostri eroi: essi sono sulle tracce di Erlik Khan. A dire il vero, Boselli non dice perché Erlik si trova in Bretagna, ma per lo meno finalmente chiarisce una volta per tutte la sua posizione. Noto in alcune mitologie come Hellequin (Arlecchino), egli è il Maestro passato alla Storia come il Dio nomade dei morti, condottiero della brigata infernale (il che spiega perché lo abbiamo visto girare il mondo). Ed è obbligato a rispettare certi accordi stipulati con Draka. Questi i lasciti di continuity di questo numero, l'ultimo prima del da tempo atteso (nella posta) #50. Il pregio vero e proprio dell'albo è comunque l'essere una spettacolare storia d'altri tempi. Letteralmente: di nuovo con l'escamotage del flashback, Boselli racconta un altro spezzone di Storia nel quale confrontare l'orrore vero con gli orrori soprannaturali. Araxe, ormai rinvigorita e ringiovanita, racconta ad Harlan e ai proffi Milius e Richards le vicende che, nell'inverno 1793-94 e in piena guerra civile fra repubblicani francesi e Chouans bretoni, la portarono ad innamorarsi di un giovane repubblicano disertore e a collaborare con gli insorti, per poi veder finire tutti tra le file dell'esercito di Erlik Khan. L'appassionata sceneggiatura del cittadino Boselli e le splendide illustrazioni di Majo (il quale dà l'impressione di aver saccheggiato un numero indefinito di quadri e immagini d'epoca) regalano una avventura poco mysteriosa ma dal fascino quasi stupefacente, a suo modo pure commovente nel finale ambientato al presente nel quale Araxe riottiene da Khan i suoi amici e finalmente concede loro di andare nel regno dei più.

Dampyr #50: Il Dottor Cinderella (Boselli/L.Rossi)

E il #50 arrivò, e con esso il Caos. Con questo numero la collocazione temporale della serie subisce una brusca retrodatazione capace soltanto di produrre confusione. La celebrativa storia si svolge a casa dei nostri, in quel di Praga, e vede il ritorno del piccolo cast praghese, da Caleb a Kavka alle librerie antiquarie a Belyalis e Comenius, i cattivi dei #23, #5 e #12 (mancano solo Nergal e Samael, cui sarà dedicato il numero successivo). D'altronde, che celebrazione sarebbe senza i contraltari degli autori? Ma Colombo, di questi tempi, si è già allontanato dalla serie, e infatti Belyalis rimane sullo sfondo e poi viene punito ma boh, non si sa se in modo definitivo. Comenius-Boselli, invece, mette in seri guai Harlan e soci ma alla fine viene eliminato - così pare - una volta per tutte. La storia, zeppa d'atmosfera come tutte le storie praghesi, concede ai lettori piccoli sfizi quali la sanguinaria sfida-game fra Kurjak e varie creature mitologiche come la Chimera o la Gorgone, ma concede un piccolo sfizio anche a Boselli, dato che la storia ruota attorno al libro dei racconti di Nikolaus (che diventano realtà a causa di Comenius) ed è un omaggio sentito agli scrittori praghesi. Boselli però decide di strafare: volendo mostrare che Dampyr è ambientato nel mondo dei suoi lettori, ambienta il prologo nell'Agosto 2002, quando Praga subì una tremenda alluvione che devastò buona parte della città. Questa lodevole trovata è resa intrigante anche sul piano narrativo, dato che è l'alluvione a dare l'avvio alla vicenda, portando Nikolaus ad abbandonare la libreria di Frantisek (il precedente proprietario, morto nel #23) e liberando momentaneamente Belyalis e Comenius dalle rispettive prigionie. Succede però un patatrac, nel momento in cui il vivànt Saugrénes, prima che la libreria venga distrutta, si reca da Nikolaus alla ricerca del libro di racconti citando come già avvenuto un evento raccontato soltanto nel #41 (precisamente nella breve sequenza di quel numero in cui Saugrénes chiede ad Harlan il libro ed Harlan promette che lo chiederà a Nikolaus). Terminato il prologo, Boselli colloca la storia nel Settembre 2003, mentre l'albo è invece uscito nel Maggio 2004. Considerando che il #41 è dell'Agosto 2003, l'errore è assicurato. Perché il prologo del #50 è successivo a quanto visto nel #41, dunque o il #41 è stato un enorme flashback collocato nell'Agosto 2002, e non lo è stato, o l'alluvione che apre questo numero non è quella dell'Agosto 2002 (e così il delicato memorandum va a farsi friggere). Trattasi di un difetto sorpassabile considerando l'aria sfumata e surreale che pervade questa storia e tutto il ciclo praghese, ma trattasi pure di un difetto fastidioso considerata la grande cura a cui Boselli ha abituato il lettore. Cura che peraltro emerge anche in una pagina della posta veramente nerd in cui vengono citate tutte le sottotrame chiuse e aperte nei primi 49 numeri. Insomma, mentre il lettore apprezza ma sbuffa, il beffardo Dottor Cinderella, aka Comenius, aka Boselli, se la ride, sardonico, ma viene divorato dalla sua stessa creatura. :)

(2012-2013)