Dampyr #0: Dampyr (Boselli-Colombo/vari)
La serie viene presentata in anteprima alla Comiconvention milanese del 1999. Il progetto è ancora in evoluzione, tant'è che il logo non è ancora quello definitivo. Viene comunque approntato un albetto contenente quella che formalmente è una storia breve, ma che di fatto è una passerella per i disegnatori, al momento dell'uscita giovani promettenti (oggi colonne portanti) dal tratto fresco e bonellianamente nuovo. La storia non ha una trama vera e propria, è una sorta di teaser della serie, che mostra un po' di location e personaggi e lascia intravedere sia azione che introspezione.
Dampyr #1: Il figlio del diavolo (Boselli-Colombo/Majo) [1di2]
Nel 2000 la nuova serie infinita della Bonelli fa il suo esordio. Ed è un buon esordio. La guerra balcanica era appena terminata/ancora in corso e l'atmosfera decadente e inconcepibile di quelle martoriate terre si respira pienamente. E' evidente il tentativo di rinnovare il mito del vampiro e il mondo del soprannaturale allacciandoli alla cruda realtà, in una sorta di aggiornamento dell'operazione che imbastì Alan Moore con Swamp Thing quindici anni prima. Il risultato è riuscito ma non ancora pienamente maturo. In questo e nei primi numeri della serie l'approccio ai testi di Boselli è ancora "zagoriano" e abbastanza sempliciotto. La volontà di maturare però si percepisce, e le storie future faranno ampiamente perdonare la fase di rodaggio.
Dampyr #2: La stirpe della notte (Boselli-Colombo/Majo) [2di2]
Informale parte seconda dell'episodio pilota, vede Harlan e Kurjak fronteggiare temporaneamente Tesla (soggiogata dal Maestro della Notte Gorla) ed eliminare Gorla nella biblioteca di Sarajevo. Al termine il trio di protagonisti di costituisce e Harlan si mette sulle tracce del padre.
Parlando d'altro, è da ricordare come gli albi dampyriani siano contornati da ben due rubriche. Privilegio prima concesso soltanto a Martin Mystère tra gli anni '80 e '90 e poi a Magico Vento quando diventerà bimestrale. E proprio a MM (che non per niente per un certo periodo fu co-curato da Boselli) Dampyr contenderà per un decennio la palma di serie più colta/documentata/curata della Bonelli, in un letterale e continuo testa-a-testa nei premi Ayaaak, che però, meritoriamente, vedrà prevalere sempre MM, a maggior ragione quando anche lui diventerà bimestrale e alla posta riaffiancherà "I mysteri di Mystère". Il Premio Ayaaaak poi si scioglierà e non farà in tempo ad attestarlo, ma successivamente (grossomodo dal 2010/11) Dampyr riuscirà a sorpassare il BVZM in fatto di cultura/nozionismo/rispetto per il fan. Tornando al passato, le due rubriche dampyriane sono Dal buio..., la posta, zeppa di segnalazioni libresche/cinefile/musicali molto interessanti (in quanto quasi sempre di nicchia), e Il Manuale del Vampirologo, una cronologia del vampirismo e del suo mito non poco dettagliata e raccontata in modo gradevole e mai pedante. L'iniziativa segue "Il manuale del vampirologo" curato sempre da Boselli (esperto dell'argomento) e uscito sul 3° Almanacco della Paura dylandoghiano nel 1993 (a sua volta approfondimento del 2° Dizionario dei Misteri martinmysteriano - Spettri, mostri e creature -, anch'esso di fattura boselliana).
Dampyr #3: Fantasmi di sabbia (Boselli/L.Rossi)
La storia Motel sulla spiaggia del Dylan Dog Color Fest #9 (2012), opera dello stesso duo di autori, è una sorta di remake di questo numero. In Cornovaglia Harlan incontra una donna ambigua, come capiterà al Dylan del suddetto Color Fest. Solo che questa donna è ambigua perché è la Maestra della Notte Amber Tremayne, che in passato collaborò col padre di Harlan. C'è spazio anche per il luna park lugubre e il paesello sulla spiaggia tutt'altro che pieno di vita. Buona atmosfera salmastra.
Dampyr #4: Notturno in rosso (Colombo/Dotti)
Sorta di omaggio a un certo filone della cinematografia trash (di cui Colombo è cultore, come ben sa chi legge gli Almanacchi bonelliani), che onestamente ho trovato noioso. Un Maestro della Notte e un mafioso russo si alleano contro il Dampyr.
Dampyr #5: Sotto il ponte di pietra (Boselli/L.Rossi)
Prima delle tante storie praghesi della serie, più o meno unanimemente riconosciute come le migliori della serie. La già collaudata coppia di autori confeziona una storia "blue jazz" dall'atmosfera palpabile e giocata sul filo del sogno, nella quale esordiscono Caleb Lost, "angelo" del Bene e padrone del Teatro dei Passi Perduti (un teatro che c'è e non c'è, come il Safarà di DD), e del suo cordiale nemico Nikolaus (un altro "angelo", si suppone, ma alleato con il Male).
Dampyr #6/7: La costa degli scheletri/Zona proibita (Boselli/Dotti)
Prima doppia della serie, che come i primi due numeri cerca di presentare uno dei filoni del fumetto, quello action. In Namibia, Harlan e soci affrontano due Maestri della Notte nemici, Jan Vathek e Omulu (il "dio della pestilenza"). Fra un rat-tat-tat-tat e l'altro, Vathek si salva e giura vendetta.
Dampyr #8: Dalle tenebre (Boselli-Colombo/Genzianella)
Questo numero mostra l'altro filone della serie, quello europeo-gotico. Un città europea insolita per il mondo del fumetto italiano, una ragazza naif, bella, colta e disinibita, un qualcosa di oscuro che si aggira per l'urbe di turno: questi gli ingredienti di questa e delle altre storie del filone eurogotico della serie. In questo caso, a Friburgo, Harlan e la studentessa Sophie Mutter sono sulle tracce del grimorio "De profundis".
Dampyr #9: Lamiah (Colombo/L.Rossi)
Finisce il primo anno solare della serie ed è tempo di un primo giro di boa. Per l'occasione, viene subito rivelato il passato di uno dei tre coprotagonisti, la vampira Tesla. Flashback: a Berlino che giorno è?, diceva Garbo. Siamo nel 1989 nei pressi della caduta del muro: la giovane Tesla è parte di un gruppo di "rivoluzionari" fin quando non viene infettata dal Maestro della Notte Shrek. Nel presente, il suo ex ragazzo ha l'Aids e Shrek è ancora vivo. Harlan e Kurjak la aiuteranno ad affrontare entrambi.
Ristampata a colori nei Classici di Repubblica Serie Oro, assieme a Transylvanian Express (vedi sotto).
Dampyr #10: Casa di sangue (Colombo/Baggi)
Storia eurogotica-domotica, appartenente ad uno dei filoni principali della serie. A Parigi, Harlan affronta l'oscura Maison Enfer, dimora di un Maestro della Notte, per salvare un'altra Maestra della Notte (dormiente).
Dampyr #11: Nemesis (Colombo/Piccininno)
Numero doppiamente particolare. In primis è l'esordio "realistico" del disegnatore, prima specializzato nel fumetto umoristico. In secundis vampiri e mostri passano in secondo piano: il nemico di turno è il gas Nemesis, creato dalla Temsek, che sta decimando il villaggio natale di Kurjak, nei Balcani postguerra.
Dampyr #12: Anima persa (Boselli/L.Rossi)
Boselli, Luca Rossi e Praga: fascino assicurato. Nikolaus non sa chi è, così prova a sfruttare un Dybbuk, che non è il mio soprannome ai tempi della scuola (anche se ci assomiglia), ma è un'anima sospesa fra il Bene e il Male. In questo caso, quella di un boia dei tempi della rivolta boema. Il Maestro della Notte Nergal, capo di Nikolaus, non è d'accordo. Harlan si ritrova in mezzo.
Dampyr #13: L'isola della strega (Colombo/Andreucci)
Altra storia trash, troppo però. Già il plot, Harlan e una vecchia veggente vs una strega su un'isola greca, non è granché. Ma la sceneggiatura eccessivamente sempliciotta non aiuta.
Dampyr #14: I ribelli (Boselli/Casini)
Unica comparsata dampyriana del nathanneveriano Stefano Casini, comparsata molto particolare. Come e più del #11, vampiri e mostri passano in secondo piano. Al punto che non compaiono minimamente. La storia, infatti, è una cruda, normale storia di guerra, in cui i mostri sono perfettamente umani.
Dampyr #15/16: Nato nella palude/Delta blues (Boselli/Dotti)
Seconda doppia della serie. Blues + Mississippi = cantanti vampiri. Piena di riferimenti musicali che non ho colto, mi ha annoiato un po'. Si parla della leggenda di Robert Johnson, il cantante blues che fece un patto con il diavolo, di cui due anni e qualcosa dopo si occuperà MM (MM #261/262).
Dampyr #17: Il Conte Magnus (Boselli/Torricelli)
Ritorna l'eurogotico domotico. Stavolta siamo in Norvegia, ad Alesund, ove il Conte Magnus Oland viene riportato alla vita. Come Harlan scoprirà, il Conte vuole solo ridare bellezza alla sua defunta amata. Certo, togliendola alla ragazza/amante-di-Harlan di turno, ma che sarà mai. Storia che non so come valutare. E' tragica, in qualche modo romantica, ma non mi commuove molto. Forse perché l'equazione Magnus+donne=pornazzi di Magnus (il disegnatore) continua a ronzarmi nella testa :P. Anche se l'albo è un omaggio a Montague James.
Dampyr #18: Lo schermo demoniaco (Colombo/L.Rossi)
Una storia trash finalmente riuscita. Forse perché dedicata al cinema horror, grande passione dell'almanacchiano Colombo. E' lui il Maestro della Notte regista pazzo?
Dampyr #19: La luce nera (Colombo/Genzianella)
Storia meno trash ma incentrata ancora sulla narrativa, stavolta letteraria. Quattro scrittori celebri (Hemingway e altri) evocano a Marrakesh Kyazar, il demone narratore. Vent'anni dopo Kyazar torna e se li pappa tutti. La "luce nera" del titolo è un wormhole, ergo nel mondo di Dampyr esistono universi paralleli. Bene.
Dampyr #20: Il castello dei Carpazi (Boselli/Piccininno)
Numero so and so. Di fatto non un granché, una lotta contro i vampiri che fanno rraagh. Teoricamente è un albo importante, che fa anche da prologo alla bilogia successiva. Harlan incappa in Grigor Vlatna, Maestro della Notte pedofilo (più o meno). Un non-morto, Tomsa, rivela che Vlatna è da tempo in guerra con Draka, il padre di Harlan. Sorge un quesito: non è che Harlan è solo un burattino nelle mani del padre?
Dampyr #21/22: Transylvanian Express/Il segreto delle sette città (Boselli/Majo)
Ed eccola qua, la (doppia) storia che fa fare il salto di qualità a Dampyr. Da qui in poi anche Dampyr può essere considerata una serie importante e degna di stima. A cavallo fra il secondo e il terzo anno solare della serie, e passata la boa della ventina di numeri, Boselli sceglie di cominciare a squarciare un po' il velo naif che aleggiava sul protagonista e sul suo universo narrativo fin dal #1. Con l'introduzione di Dolly McLaine, scrittrice scomparsa e autrice del romanzo rosa "Transylvanian Express", capace di rimanere impressa pur apparendo in una sola storia grazie alla storia d'amore fra lei e Draka raccontata nel romanzo, la serie mostra di essere in grado di offrire più del solito duello Harlan vs Maestro della Notte o Harlan vs mostro di turno. E lo dimostra ancor di più con l'introduzione dell'elmo dei cambiaforma (creato da una "civiltà perduta") e della leggenda delle Siebenburgen sassoni, che tanto ricordano le sette città di Cibola nelle versioni raccontate da Barks e dallo stesso Boselli in una famosa storia di Zagor. Insomma finalmente anche in Dampyr fanno il loro ingresso il mystero e l'avventura. Il mondo dampyriano improvvisamente sembra essere più vasto ed interessante.
Dampyr #23: L'elisir del diavolo (Boselli/Genzianella)
Trascorsi quasi due anni dall'inizio della serie, è tempo di far accadere qualcosa di imprevisto. Questo qualcosa accade quando Nergal trasforma Harlan in un Maestro della Notte cattivo. Nikolaus interviene e rimette tutto a posto, saldando così il debito del #12, ma dopo questo e i due numeri precedenti l'impressione è che in ogni numero possa succedere qualunque cosa. Che è il miglior modo che una serie ha di tenere vivo l'interesse.
Dampyr #24: La milizia oscura (Colombo/Genzianella)
Il biennale della serie viene festeggiato con un altro numero trash. Dopo il trittico precedente, però, che mi ha portato ad affezionarmi al fumetto, sono ben disposto a prescindere verso la serie, così sono in grado di apprezzare anche storie come questa. Insomma, nella sua stereotipicità questo numero mi è piaciuto. E Ixtlàn, il Maestro della Notte che ha trasformato un narcotrafficante colombiano in non-morto, è ancora vivo.
Dampyr #25: Incubo fiammingo (Boselli/L.Rossi)
Boselli-Luca Rossi, ma niente Praga. Stavolta siamo a Gand, in Belgio, ove Adriaen De Kremer è in realtà una creatura proveniente da un'altra dimensione. Atmosfera lovecraftiana (anche se l'ispirazione proviene da Jean Ray) straordinariamente palpabile, ottimi flashback a mezzatinta. Horror urbano e avventura esotica al contempo. Gran bel numero.
Per la prima volta salta Il manuale del vampirologo.
Dampyr #26: Il giardino proibito (Baggi-Colombo/Baggi)
Primo (cioè terzo) autore ai testi diverso dai creatori della serie. E' Alessandro Baggi, il disegnatore che elabora un soggetto poi sceneggiato da Colombo. "Elabora" in realtà è una parola grossa. L'albo è per lo più il pretesto per raccontare la leggenda di Vaclav Aloysius, negromante praghese che fece un patto con un demone rattesco e trasformò i suoi tre aiutanti nelle tre statue che adornano la sua villa (circondata dal giardino del titolo). Attorno ad essa viene arrabattato uno scarno plot in cui le tre statue si risvegliano e uccidono gente a caso. L'interesse del lettore si sposta allora su Tesla, che in "serata filosofica" giunge a fare la morale al demone, ottenendo di scambiarsi temporaneamente di posto con Aloysius. Ma, Raimi e Chiaverotti insegnano, il Male non ha mai fine. Tesla a parte, storia fiappetta. In appendice torna Il manuale del vampirologo con "Carmilla" di Le Fanu e l'introduzione di Stoker.
Dampyr #27: I Lupi Mannari (Boselli/Majo)
Un altro signor numerone. Con un espediente molto simile - col senno di poi - a quello visto nella famosa 3x08 di Lost, Boselli conduce il lettore direttamente nel passato, portando Harlan a vivere parte del lungo flashback che occupa pressoché tutto l'albo. E' infatti attraverso un libro ottenuto da Nikolaus che Harlan apprende un particolare della vita di suo padre. Draka, in epoca seicentesca, era noto come il Cavaliere di Roccabruna ed ha preso parte alla guerra dei trent'anni (1618-1648). Boselli coglie allora l'occasione per romanzare un po' di Storia ed acculturare il lettore, mostrandogli la genesi dei Wehrwolfe - i Lupi Mannari, ovvero i ribelli stremati dalla guerra e determinati a vendicarsi di entrambi gli schieramenti - attraverso lo spaccato di vita di un allevatore comune che poi finisce per arruolarsi nei Lupi. A parte che alla base di tutto c'è un delizioso giochino, una serie horror con i Lupi Mannari che non sono tali, roba che può permettersi solo un narratore di razza (come solo un narratore di razza manovra senza intoppi una serie in cui il protagonista può essere messo temporanemente da parte senza che la narrazione ne risenta), l'albo, già di ottima fattura nel suo raccontare lo spaccato rurale seicentesco, acquista addirittura maggior pregio quando, attraverso lo stratagemma di cui sopra, porta Harlan a sovrapporsi a suo padre e a vivere in diretta il flashback. Permettendo al lettore, dunque, di conoscere meglio Draka, questo vampiro dotato di un codice etico che ne fa una figura decisamente interessante. Insomma, l'unico neo del numero è Il manuale del vampirologo che salta anche stavolta.
Dampyr #28/29: La banda dei morti viventi/Arizona Killers (Colombo-Boselli/Dotti)
Boselli, nella posta, mette subito in chiaro un concetto: questa doppia storia estiva è una vacanza. All'interno del fumetto Harlan lo ribadisce. E' una vacanza dettata da un motivo particolare: solo un mese prima Tex aveva festeggiato 500 numeri e, subito dopo, il ritorno di Mefisto e di Claudio Villa. Boselli, texiano dal '94, ne approfitta allora per portare Harlan e i suoi pards negli stessi scenari calcati da "Aquila della Notte". Con l'aiuto originario di Colombo (che firma fino a pag.48 del primo albo), Boselli costruisce un ardito omaggio ai B movies sia western che horror. E grazie soprattutto ai disegni pressoché perfetti di un Dotti in stato di grazia, tale omaggio risulta decisamente piacevole e accattivante. La sceneggiatura solida e fanfarona quanto basta permette anche a un nemico del concetto di "generi narrativi" come il sottoscritto di non annoiarsi in nessuna delle 188 pagine del fumetto. Va detto che comunque la trama è veramente semplice, una sorta di Cuore di tuono con i zombies senzienti, e che l'artificio che permette alla gang ottocentesca di resuscitare non è molto chiaro. In ogni caso, è interessante che Harlan riesca a sconfiggere i reincarnati solo tramite un esorcismo e non per mezzo di una qualche sua dote particolare. Poi, io non sono un esperto in materia, ma l'esorcismo è lo stesso usato in Supernatural e che per me è ormai culto, per cui gradisco e non mi faccio problemi. Per il resto, salta ancora il Manuale in entrambi i numeri, ma nel secondo è sostituito dalla campagna animalista del 2002 e dall'omaggio di Boselli e Colombo ai loro due cani.
Dampyr #30: Vegas! (Boselli/Genzianella)
Il Manuale torna, finalmente, e introduce il padre dei vampiri per antonomasia, Bram Stoker. Il fumetto, il primo plot che mi capitò sotto gli occhi (sul Giornale di Sergio Bonelli) quando iniziai la mia carriera di lettore bonelliano, e la cui copertina mi inquietò non poco, è in realtà un piccolo passo indietro qualitativo, per lo meno in quanto a scioltezza. Niente di troppo grave, sia chiaro. La continuity si smuove, rivelando che la doppia precedente è stata un incidente di percorso e che Harlan e soci già due numeri fa erano sulle tracce di Ixtlàn, il Maestro della Notte alleatosi coi mafiosi nel #24. Il quale, se pure stavolta riesce a sfuggire, lo fa impadronendosi indirettamente di Las Vegas, che così diventa terra bruciata per i protagonisti, a quanto pare costretti a stare alla larga dal Nevada per un po'. Per raccontare questo, Boselli inserisce svariate citazioni cinematografiche spacciandole per illusioni vampiresche, ed è simpatico vedergli fare una cosa idealmente più colombiana che boselliana. Peccato soltanto che nel farla egli ecceda in "zagorismi" e in cliché mafiosi (nel senso di cliché dei film di mafia), in fondo la trama poteva essere anche più interessante di come è alla fine venuta. Ma vabbè, insomma, numeri di passaggio così ogni tanto ci stanno. Tanto ci pensa la preview del numero successivo, che preannuncia continuity a manetta, a far salire l'acquolina in bocca.
Dampyr #31: Il mare della morte (Boselli/Bocci)
Esordio da paura per il leddiano Alessandro Bocci, che debutta alla grande in quella che è forse la storia più prettamente paurosa fino a questo punto. O che, comunque, presenta il Maestro più temibile, per aspetto e atteggiamento, fra quelli apparsi finora. Erlik Khan, il demone del deserto uzbeko (lo scrivo con lo "stile spieghino" di Boselli :P ), fa cagare sotto. Soprattutto per il modo in cui Boselli e Bocci ce lo presentano (atteggiamento e aspetto, appunto), apparentemente non mosso da alcuna motivazione, se non quella di starsene in pace a casa sua. A rendere ancora più angosciante la lettura è l'ardita trovata per la quale Boselli mette in campo in totale ben tre antagonisti (Erlik Khan più gli inviati della Temsek e i Lupi Azzurri di Martin Le Vere), che finiranno per sfidarsi a vicenda. La cosa figa è che una tale baraonda di continuity non viene mica messa giù così, alla carlona, ma viene servita in una storia d'azione dal ritmo frenetico, ma bene bilanciato, e molto avvincente. Alla fine Erlik prevale, com'è ovvio, sui comuni mortali, ma i Lupi Azzurri ripiegano e giurano vendetta. Sulla Temsek, invece, viene fatto aleggiare un curioso interrogativo: e se Draka ne fosse il capo? Insomma, uao. E il bello è che non c'è solo questo nelle 94 tavole del fumetto. No, c'è spazio pure per un ritorno positivo, quello del Medical Team, l'Emergency introdotto nel #14, il quale offre l'occasione per una ulteriore riflessione geopolitica, stavolta riferita all'area uzbeka. Last but not least, la posta rivela che i Maestri della Notte provengono da un altro universo, mentre il Manuale del vampirologo riesce a parlare di Bram Stoker pur occupandosi di Henry Irving, Arminius Vambèry e Richard Burton. In due colonne scarse. Applausoni.
Dampyr #32: Gli insaziabili (Colombo/Piccininno)
Dopo la sbornia del numero precedente, questo può essere considerato un piccolo passo indietro. Oltre che del comunque immeritato confronto con Il mare della morte, soffre anche dell'assenza di Tesla e Kurjak e, volendo, anche dei Maestri della Notte. Ma, soprattutto, soffre del finale affrettato. A parte un flashback iniziale alpino (che, complice i buoni disegni, trasforma un fatto realmente accaduto in un incubo horror) e un altro con Caleb che presenta Thorke, demone della fame nemico degli Amesha, tutto l'albo è un only Harlan. Il quale si aggira per una fabbrica di carne svizzera che pare essere il covo del suddetto Thorke. E, in effetti, lo è. Così Thorke diventa un nuovo antagonista regular e una nuova sottotrama, se così si può chiamare, si apre. A parte questo l'albo non è indimenticabile, sebbene gli imprenditori tranquillamente cannibali trasmettano una certa inquietudine. Però, ecco, a parte un tentativo non troppo riuscito di parlare di immigrazione clandestina nel nord che lavùra, alla fin fine succede poco o nulla. Curiosamente, intanto, nella posta gli autori affermano di preferire storie indipendenti ma in continuity. Come questo numero? Vabbè.
Dampyr #33/34: Sotto il vulcano/La caverna dei Troll (Boselli/Dotti)
Torna la coppia e torna la doppia. Storia in due puntate di Boselli e Dotti: dal west si passa all'Islanda. Dotti ne risente? Non è precisissimo come l'altra volta. Comunque l'atmosfera riesce a crearla. Ma il merito è soprattutto di Boselli, appassionato di folklore nordico, di ghiacci e mari nebbiosi, di scalate e gastronomie rigeneranti. Lo si apprende molto chiaramente dall'andamento della storia. Il #33 è praticamente una guida turistica dell'Islanda. Il #34 contiene più azione, ma è comunque un'azione "nordica", dai ritmi piuttosto cadenzati e lugubri. Solo nel finale la storia subisce un'accelerata, e buffamente la creatura di turno, Gryla, ladvaetter e madre dei Troll, attorno alla quale ruotano un albo e tre quarti, compare in sole due pagine prima di scappare. Questo, però, non porti a idee sbagliate: la storia, nel suo essere quasi didattica come i Buoni Vecchi Martin Mystère dei tempi d'oro, è piuttosto deliziosa. L'unico dilemma riguarda la sottotrama parallela con Harlan e Kurjak che fanno il verso alle saghe nordiche: è solo metanarrativa? O i due sono reincarnazioni come suggerisce Gudrun? Per Harlan l'idea si può anche prendere in considerazione, ma Kurjak? A parte questa ulteriore aggiunta al sempre più interessante universo dampyriano, nei due numeri salta ancora il Manuale, ma nel secondo albo è presente una pagina di approfondimento tematico. Una versione dampyriana dei Buoni Vecchi Mysteri di Mystère. Slurp.
Dampyr #35: I cacciatori di fantasmi (Boselli/Majo)
L'erede di MM continua ad essere tale: ed ecco che l'infestata Haversham Priory sorge su uno snodo delle leys. In terza di copertina il Manuale è sostituito da un altro approfondimento tematico. In compenso di manuali ne viene citato a più riprese un altro, quello del Cacciatore di Fantasmi uscito sul Secondo Almanacco della Paura dylandoghiano (1992) e scritto da Boselli, che in passato è stato davvero un ghosthunter, seppure per hobby. E così, se già l'incipit del #33 non era altro che il resoconto di un viaggio da lui realmente compiuto, questo #35 più che scritto, pare quasi interpretato da lui. Ed è praticamente il Manuale del Cacciatore di Fantasmi in forma di fumetto. In una location tipica, vi agiscono spettri di vario tipo e un entourage di studiosi di varie discipline, tra i quali Harlan è l'esperto di folklore, come predisposto nel #8 (la continuity, come sempre, è usata in modo fruttuoso). E la continuity, come sempre, è usata in modo fruttuoso: difatti Harlan sconfigge i demoni interiori di Hugh Haversham usando il suo demone interiore, il lato vampiresco messo a tacere nel #23 e provvisoriamente manifestato con l'aiuto di una sensitiva. Majo illustra tutto questo e anche di più con la sua solenne espressività, capace di rendere anche questo numero un ottimo, onesto numero e un gradito omaggio ai maestri della 'haunting literature' del passato.
Dampyr #36: Gli ammazzavampiri (Boselli/L.Rossi)
Oltre al Manuale del Cacciatore di Fantasmi, Boselli ha scritto anche un noto Manuale del Cacciatore di Vampiri (sul Terzo Almanacco della Paura, 1993). Dieci anni dopo fumettizza anch'esso narrativizzandolo in una tipica storia di vampiri dell'era moderna. Ecco quindi dapprima i vampiri fighetti e festaioli, conditi però dal consueto ribaltino boselliano: non sono vampiri veri, bensì emo squinternati; a seguirli troviamo un gruppo di vampire haunters, più simili a John Constantine che a Van Helsing. Questi svolgono il ruolo degli studiosi del numero precedente, almeno nella figura del prof. loro leader, che spiega per benino come si ammazzano i vampiri. A differenza, però, del numero precedente, questo non ha a disposizione una affascinante location in cui creare mistero e morte: Boston non permette di andare oltre le atmosfere di Moonlight, guarda caso un telefilm il cui protagonista è molto simile ad Harlan. La storia, pur ben fatta, non è brillantissima. Questo fino metà del numero, quando la narrazione si sposta, con un deus ex machina (il vampirologo Hugo Markham), in una location completamente diversa, la penisola di Cape Cod. Quasi d'improvviso, dunque, ci si ritrova in una atmosfera puramente lovecraftiana ed in mezzo ad una gradevolissima accelerazione degli eventi. Ormai si può dire che questa dicotomia tra una prima metà rilassata e una seconda frenetica sia una cifra stilistica di Boselli. Il quale, comunque, stavolta se la prende comoda e si permette di rimandare il succo della trama al numero successivo. In questo, infatti, imbastisce una appassionante sfida a tre (e anche la sfida a tre è quasi un suo marchio di fabbrica) fra il duo Harlan-Tesla (a proposito: brioso e ottimamente caratterizzato), i cacciatori di vampiri ormai invasati e il Maestro della Notte sbucato all'improvviso, e sul più bello chiude l'albo. Il Maestro, in realtà, sbuca all'improvviso per modo di dire, dato che si nasconde sotto le fattezze del deus ex machina Markham. Ma l'astuto Boselli non si ferma qui e ne rivela l'identità: è Erlik Khan, in trasferta nel New England non si sa perché, ma la cui entrata in scena è sempre sopraffina. Ecco: quando l'adrenalina comincia a salire, l'autore trollone finisce la storia, e rimanda la caccia di Harlan e Tesla all'unico cacciatore sopravvissuto al #37. Confezionando, con abilità da narratore seriale consumato, una doppia a sorpresa e tenendo il lettore sulle corde ancora una volta.
Dampyr #37: Il fiume dell'orrore (Boselli/Torricelli)
La caccia a Lammer, il cacciatore di vampiri sfuggito dal #36, prosegue in un numero dai svariati debiti narrativi. Per cominciare, la sequenza iniziale con il gruppo di canoisti e quella centrale speleologica sembrano proprio un altro aneddoto di vita di Boselli, realmente appassionato di cannottaggio e arrampicata. Anche la presenza di una versione degradata dei personaggi di Li'l Abner è da ricondurre ad una passione di Boselli, quella per il fumetto di Al Capp. Ma soprattutto, la storia straborda di aria lovecraftiana da tutte le pagine, condita da echi di Matheson e Poe. Al punto che un vero e proprio Grande Antico venuto presumibilmente dallo spazio è la chiave con cui Boselli rilegge la leggenda delle streghe di Salem. Va da sé che con tematiche del genere l'erede di MM non può che omaggiare il suo maestro: lo fa addirittura in due modi, sia citando direttamente il BVZM, sia dando a Marvin, uno dei comprimari, il volto di un giovane Martin (infatti in una vignetta viene erroneamente chiamato Martin). E io godo.
Dampyr #38: La signora della villa bianca (Boselli/Baggi)
D'improvviso Harlan è in Finlandia, impegnato in un horror domotico che ha il sapore dei primi numeri. E forse proprio a quei numeri era destinata questa storia: la firma del disegnatore Baggi in calce all'ultima tavola data i disegni al periodo '99-'01, e le sceneggiature, alla Bonelli, sono scritte ben prima del completamento della fase di disegno. Il fatto che questo sia il quarto numero consecutivo senza Kurjak resta comunque una particolarità da segnalare e non è giustificato dalla presunta retrodatazione della storia (Kurjak e Tesla sono introdotti già nel #1). Storia a suo modo gradevole, zeppa di atmosfera nordica, paciosa e lugubre al contempo, e condita da più di uno strappo alla gabbia bonelliana. Nella vicenda Harlan incappa per la prima volta in una Lamia, descritta prima come una vampira fantasma, poi come una vampira psicovora, poi grossomodo come una non-morta che si nutre di facoltà esper. Ma Lamiah era il titolo del #9, e lì la tizia era proprio una vampira. Nessun collegamento fra le due? Altra perplessità la lascia la pagina della posta, nella quale un lettore afferma di voler mordere i colli alle ragazze e gli autori gli rispondono che tale voglia è naturale e comprensibile. Il ché per quanto mi riguarda è vero, ma mi fa strano vederlo quasi consigliato :P.
Dampyr #39: L'ultima notte (Cajelli/Bartolini)
Risale all'estate di dieci anni fa il doppio esordio di Diego Cajelli e Fabio Bartolini. Il primo veniva da Napoleone, il secondo da Lazarus Ledd. Portavano seco i loro curricula fatti di azione, malavita, droga, dramma urbano. Tutti ingredienti riversati anche in questa loro prima uscita dampyriana. I presupposti per una felice coesione con la serie di Boselli&Colombo c'erano: già con la sottotrama di Ixtlàn s'era visto come il lato gangsta delle metropoli poteva sposarsi con un horror esplicito fatto di vampiri e mostri assortiti. L'ultima notte conferma la teoria: mafia e riciclaggio possono convivere con non morti e fantasmi. La trama imbastita da Cajelli è forse anche migliore delle avventure di Ixtlàn: il legame fra Adara e Yacek e il mito della strega di Vukrovec colpiscono, anche se la trasferta a Istanbul alla fine risulta abbastanza inutile (ma se serve a rendere l'idea della cosmopolia della serie, allora ok). Per il resto, il trio di protagonisti si riunisce dopo svariati numeri e viene ben reso dagli espressivi primi piani di Bartolini, il quale pecca soltanto nei piani americani (soprattutto è Tesla a rimetterci in sinuosità).
Dampyr #40: Vathek! (Boselli/Dotti)
Il titolo dice tutto: torna Vathek, il Maestro della Notte sudafricano visto nei lontani #6/7. Torna e stavolta agisce in Angola, ove spaccia un suo non-morto per il capo di un gruppo di ribelli. Torna anche il Medical Team, e con esso Arno, e con egli il Trio, e insieme a tutti costoro tornano le ponderose riflessioni sulla guerra. La copertina cita il Vietnam sebbene la location della storia sia tutt'altra: un modo per dire che ogni guerra è paese. Come ogni albo di Boselli/Dotti è un buon albo. Benché la nuova fuga di Vathek fa respirare aria di Gambadilegno. Intanto, il Manuale è ormai missing in action.
Dampyr #41: Casa di bambole (Boselli/Genzianella)
Il Manuale è missing in action, ma almeno stavolta la posta si sdoppia così da ospitare la consueta campagna Enpa estiva. In più annuncia la recente apertura del Dampyr Forum, uno dei primi forum bonelliani (se non il primo) ospitati su Forumfree. In estate si giocherella, ed allora calza all'uopo Casa di bambole, una solida storia tenebrosa appartenente al filone eurodomotico (stavolta siamo ad Arnstadt) nella quale, mentre Kurjak smaltisce le ferite africane del #40 e Tesla lo consola, Harlan svela l'enigma di una casa maledetta trasformata in casa di bambole. Il prof. Milius e Sophie Mutter, giunti dal #8, lo accompagnano in una vicenda a base di wormholes e bambine morte, nella quale Harlan dimostra di aver appreso qualcosa dall'avventura del #35. Una storia solida e, nonostante le varie sequenze oniriche, razionale. Una storia in cui lo stile di Boselli si palesa: e nell'ampio flashback iniziale, con conseguente entrata in scena di Harlan slittata a non prima di pag.40; e nel finale che si risolve solo nella penultima pagina, derogando alla sola ultima tavola il compito di sciogliere la tensione. Soluzione, quest'ultima, che sa molto di telefilm. Ovvero di prodotto seriale fatto bene.
Dampyr #42: L'uomo di Belfast (Ostini/Bruzzo)
Il neveriano e pikappico Ostini, che bene fa su NN e male fa su PK, da buon conoscitore d'Irlanda, si propone al tuttologo e cartografo Boselli. Egli, che pure ama la verde nemica d'Albione, concede di malavoglia la chance alla guest, ma alla fine non si pente della concessione. La sceneggiatura di Ostini, infatti, sembra quasi di Boselli: nel ritmo, nella semiridondanza dei dialoghi, nella scelta precisa e ponderata delle inquadrature, nel mix fra Storia e attualità, fra fascino del mystero e banalità del quotidiano, fra stasi e azione. Ad illustrare il tutto è un'altra guest, Giovanni Bruzzo, colui che da Mister No passerà poi a Brad Barron e che, come il suo compare sceneggiatore, si dimostra subito a suo agio con Dampyr. Se le anatomie non sempre sono il massimo, l'effetto complessivo è infatti abbastanza buono, soprattutto nelle numerose sequenze pluviane. Il pasionario plot urlato da Ostini attraverso il vecchio Heaney, prof. repubblicano di stanza però a Belfast, che tanto era bello vedere in edicola in tempi di guerra come quelli dell'A.D. 2003, funziona ancora dieci anni dopo, quando la situazione geopolitica fa ancora non poco schifo e nuovi tempi di guerra (non necessariamente armata) si profilano sornioni all'orizzonte. Forse è un po' didascalico il modo in cui Healey e Harlan disquisiscono di storia irlandese, soprattutto di quella recente, ma d'altronde i fatti sono i fatti e il prof. è pur sempre un prof.. Più esilina è la minaccia di Lester Caraher, il cattivo che prima pare un Maestro della Notte ma poi si rivela essere solo un non-morto (la novità, forse, è che è pluricentenario). Ma l'astuto Boselli, forse per appropriarsi un poco di una location a lui tanto cara, riesce ad agganciare la trama ad un'altra trama, quella che partirà il mese successivo. Così, se Lester muore, il suo Maestro delle Notte impomatato rimane nella sua magione londinese in attesa dell'arrivo del Dampyr. La saga inglese, da mesi annunciata nella posta, può così iniziare. A causa di una guest, quasi per caso. Come è naturale (verde!) che sia. In appendice torna finalmente il Manuale, dedicato ad un altro orrore moderno (nel senso dell'evo), Vlad Tepes.
Dampyr #43/44: La leggenda di Amber/Il Sigillo Nero (Boselli/Laurenti)
A dieci mesi di distanza dall'ultima doppia, eccone un'altra. Persino più importante della precedente: è una bolgia di continuity, mitologia e Storia dal fascino entusiasmante. Per godersela bene bisogna leggere tutte le 188 pagine dei due albi. Durante la prima metà, infatti, sembra che Boselli sia saltato di palo in frasca: dalla caccia al Maestro della Notte londinese ci si ritrova in Galles sulle tracce di Dolly McLaine, l'autrice di "Transilvanian Express". Con Amber Tremayne, che nel #3 stava in Cornovaglia. Wtf? Boselli, dal canto suo, se ne sbatte dei dubbi del lettore e prosegue nel suo racconto, che arriva addirittura a raccontare la storia di Amber attraverso corposi flashback ambientati nella Britannia Romana del 768 d.C.. Il mistero della cittadina gallese che con la Maestra collabora attivamente (interessante trovata!) si infittisce e per il lettore distratto la narrazione pare incartarsi. In realtà, leggendo il prosieguo della storia nella sua seconda parte, quel lettore può accorgersi di come tutti i nodi si sbriglino, si reintreccino e si sbriglino di nuovo attraverso il tempo e lo spazio, collegando antichi romani, streghe, draghi, archeologi, vampiri, folklore celtico, discendenti veri e presunti di Artù e universi paralleli. E persino Zagor e Martin Mystère, dato che la sequenza londinese (con le indagini di Kurjak che dimostrano che il salto dal palo alla frasca non c'è) al Globetrotters Club introduce con una citazione-cameo l'archeologo Dexter Green, collaboratore ottocentesco di Altrove le cui gesta Boselli narrerà a partire dall'anno successivo su Zagor. L'intreccio fra gli universi narrativi si manifesta anche attraverso leys, druidi, civiltà perdute dalle conoscenze dimenticate, equazioni fra magia e scienza che solo MM aveva prima offerto e la prima dimensione alternativa effettivamente visitata da Harlan e soci. A dire il vero dell'Annwn viene mostrata solo la "capitale", la Roma Nera, ma è comunque un ulteriore passo avanti nell'allargamento dell'universo dampyriano che fa seguito a quanto appreso nel #19. La storia è comunque magistrale per come riesce a gestire ed intrecciare almeno SETTE sottotrame diverse (Dolly McLaine, la storia di Amber, il possibile legame fra Artù e Harlan, il Piccolo Popolo, il multiverso, il Maestro londinese, e si potrebbe aggiungere anche la condizione esistenziale di Tesla) e ad essere piena di spunti ad ogni vignetta. Spunti che sono sia culturali (la storia è zeppa di Storia e mitologia), sia narrativi (l'orgia di continuity sopra descritta) che grafici, con ben due splash pages (la seconda della quale molto epica, con l'Harlan in groppa al drago rosso che si candida a proseguitore dell'epopea cavalleresca), presenze insolite su un Bonelli "medio", e con un omaggio quasi evidente al frontespizio di Dylan Dog nella sequenza dell'arrivo della Corte Maledetta in città. Come se tutto questo non bastasse, nella posta gli autori rendono nota la corposa bibliografia da loro utilizzata, mentre il Manuale prosegue il racconto delle fondamentali gesta di Vlad Tepes e poi analizza l'altrettanto fondamentale Nosferatu. Insomma, applausi.
Dampyr #45: Il vampiro di Highgate (Boselli/Piccininno)
La saga inglese volge al termine in quel di Londra, precisamente fra Notting Hill e il cimitero di Highgate. Un'altra sceneggiatura ad orologeria del Boselli permette ad Harlan e soci di incontrare finalmente (seppure per interposto ologramma) il Maestro della Notte londinese: Lord Mardsen, che a suo tempo frequentò Lord Byron e John Polidori. Un'altra sceneggiatura ad orologeria colla quale il Boselli alterna ancora una volta leggende orrorifiche locali, divagazioni didattiche, semplice pour parler, frenetica azione, escursione nel quotidiano (con gli speleologi urbani) e decisi tocchi di continuity. Questi ultimi sono rappresentati dall'interessante flashback con l'Harlan del 1970 e il suo primo, superficiale incontro con Mardsen, e dalle continue riflessioni in merito a Draka: è lui il capo della Temsek o no, è cattivo oppure no, eccetera. Non viene menzionato nulla riguardo al Taliesin dello scorso numero, le cui sembianze parevano proprio quelle di Draka: o non erano quelle di Draka, o la sua apparizione non è stata vista da Harlan e soci. Boh. In ogni caso la posta annuncia che tornerà. Nel frattempo quest'altra sceneggiatura ad orologeria del Boselli è anch'essa permeata da continui salti temporali e racconti nei racconti che sfumano e si intrecciano obbligando il lettore a stare attento e ad usare il cervello: un altro pregio, questo, delle sceneggiature ad orologeria che quasi sempre caratterizzano questa bella serie.
Dampyr #46: Il castello di Barbablù (Boselli/Bocci)
A dimostrazione del meccanismo ad orologeria con il quale Boselli ha costruito la sua creatura, con questo numero la saga inglese si scopre chiusa ma anche no. Gli ampi flashback che coprono circa il 75% dell'albo sono infatti ambientati prima a Londra, durante il bombardamento del Dicembre 1940, quindi nella tenuta dei De Vere, in iScozia. Proprio il Buchanan Castle, il "castello di Barbablù" del titolo, è il trait d'union fra passato e presente. Con quest'ultimo che però inizia ad Amburgo, segno che i nostri hanno ricominciato il loro tour. La caccia ai Lupi Azzurri li riporta tuttavia in UK, ove, nel suddetto castello, assistono a ritorni e regolamenti di conti a iosa. Così, sia il passato, narrante il complotto di taluni lord inglesi, i Lupi Azzurri e la Germania nazista celato dietro la famosa fuga di Rudolph Hess in UK, sia il presente, con la sfida definitiva fra il decano Christian De Vere e Draka, regalano un turbinio di continuity da lasciare senza fiato. Appassionante e degna di una spy story d'altri tempi è l'avventura ambientata nel 1941, aventi protagonisti il prof. Foster, tornato da Transilvanian Express, e le due spie, Vera e Nigel, la cui relazione amicale-affettuosa arriva pian piano a colpire chi legge. Complice, va detto, un ottimo Bocci, il cui unico difettino è trasformare la somiglianza fra Foster e Michael Caine suggerita da Majo nei #21/22 in un vero e proprio ricalco (Boselli, però, dice di averlo chiesto lui e se ne assume la colpa). Ma anche nel presente le sorprese non mancano, a partire dal ritorno del pilota non-morto Brumowski, passando per quello di Lester De Vere, ancora nella forma mostruosa con cui era stato dato per morto in Transilvania, ed arrivando a quello di Draka. Il cui cameo regala ad Harlan la conferma di essere un involontario burattino nelle mani del padre. Il quale forse s'è veramente appropriato del trono del Re del Mondo agarthiano, come suggerito fin dai suddetti #21/22. Anche se Christian De Vere e i Lupi Azzurri inseriscono nella partita anche Erlik Khan, la Temsek e i vari Maestri della Notte, mettendo tutti sullo stesso piano e ipotizzando qualcun altro al vertice supremo della gerarchia occulta. Ad ogni modo questa storia lascia in eredità un solo De Vere, Martin, e un sacco di dubbi, voluti sia chiaro, che rendono la mitologia dampyriana decisamente figa. Certo, al nerd viene naturale confrontare la storia di Rudolph Hess come è stata raccontata nel primo Martin Mystère Gigante e come la racconta Boselli e scoprire che non combaciano esattamente, ma se quel nerd è tale perché prima di tutto capace di divertirsi ad immaginare e collegare i fili il suo giudizio su Il castello di Barbablù non cambia. E comunque se 1) Hess dice di aver partecipato alla spedizione di Sven Hedin volta a trovare Agarthi, e 2) sia il sigillo a svastica visto in questo numero che il Libro dei Tre Saggi visto in MM, di cui Hess è stato in possesso, provengono da Agarthi o da Atlantide, allora 1) + 2) = 3) le due continuity sono più sovrapponibili di quanto può sembrare ad una prima impressione. Desta perplessità solo Lord Hamilton, la persona con cui Hess pare si sia veramente incontrato, e che Boselli rimpiazza con Roger De Vere senza nulla spiegare, lasciando così spazio ad ogni possibile soluzione.
Dampyr #47: I delitti di Sheffield (Boselli/Bartolini)
L'appendice alla saga inglese si conclude nella quarta città dello UK, ove si trova la sede della Temsek. La sede europea o il quartier generale vero e proprio non si sa. Come non si sa, alla fin fine, chi sia questo vero boss supremo. Boselli chiarisce soltanto che la Temsek è effettivamente in mano ad un Maestro della Notte, ma non dice quale. Ce lo mostra soltanto in collegamento video, sempre che sia lui e non un suo galoppino. Così, mentre Harlan e i suoi pards rimuginano sul da farsi, il Marco Travaglio britannico Jeff Carter, del "Sun", agisce e lascia parlare i fatti. Il suo lato b / killer seriale elimina i corrotti, meglio ancora se legati alla criminale Temsek. Anzi, già che c'è, elimina la stessa Temsek, facendo saltare in aria il "Pirellone" sheffieldino. Boselli sceglie di concludere la saga inglese con un sostanziale bluff, rinviando tutto a data da destinarsi. Come un narratore inglese, egli imbastisce un episodio che sembra tratto da un telefilm inglese, aiutandosi con un piacevole mix di procedural, thriller, commedia urbana e casi umani. Ma la sua tipica narrazione graduale che porta ad una grande accelerazione nelle pagine finali dell'albo e ad una brusca decelerazione nell'ultima tavola stavolta non riesce del tutto. Per poter mostrare i tanti personaggi in gioco, nelle ultime, concitate fasi della storia Boselli sottintende alcuni eventi che sarebbe stato più efficace mostrare: la fuga di Carter, che il lettore vede per l'ultima volta poco prima dell'esplosione e che alla fine viene dichiarato vivo dalla detective Spade; il ritrovamento della bomba da parte degli artificieri; l'annuncio dell'evacuazione generale, fatta non si sa da chi (che sia voluto? ma a che pro?); e pure la stessa fuga di Harlan, Kurjak e Tesla dopo la discesa in ascensore. Queste piccole mancanze fanno concludere una buona lettura con un sentore di affrettato e posticcio, che almeno lo svelamento dell'identità del fantomatico Maestro avrebbe colmato con effetto placebo. Invece ciccia. Per fortuna un signor Bartolini, a mio avviso non inferiore al Majo pluricelebrato nella posta, illustra il tutto con piglio inglese: ché se gli inglesi sanno fare i telefilm è per la cura dei dettagli che profondano nelle inquadrature, l'espressività che i loro personaggi manifestano, l'aria di casa e di ignoto che riescono a far convinvere, e per una resa visiva complessiva dei loro prodotti decisamente soddisfacente.
Dampyr #48: I sotterranei di Parigi (Mignacco/Piccininno)
La resa visiva complessiva è soddisfacente anche in questo numero, seppure meno rispetto al solito. Infatti anche in Dampyr irrompe Luigi Mignacco, factotum bonelliano che la casa editrice impiega come turafalle delle sue varie serie. Mignacco, che oggi ha all'attivo almeno una storia per tutti i personaggi bonelliani eccetto Julia e Magico Vento, nel 2004 esordisce sulla serie boselliana con un'avventura semifiller dai numerosi spunti ma dallo svolgimento banalotto. Tornano Araxe, la Maestra dormiente, e il suo tutore Victor, ma solo per fornire ad Harlan un quartier generale parigino. Il dampyr è infatti impegnato, per il secondo mese consecutivo, in una vicenda 'gialla', ma questa volta raccontata in stile dylandoghiano. Ai vari tizi qualunque scomparsi nel metrò parigino Mignacco regala dei piccoli spazi personali ove dar loro modo di autocommiserarsi e subire l'orrorifica punizione scelta in base al sistema del contrappasso (tipico dei Dylan Dog di Chiaverotti). A livello basico gli spunti non sono male: tra le stazioni metropolitane inesistenti compare roba come la Grande Mére, mentre il 'locus maleficus' "in cui i druidi celebravano i loro riti" e di cui Mignacco nulla spiega è adornato da un simbolo a spirale che Boselli ha insegnato (su Zagor) essere quello di Mu. A chi ha una infarinatura di mitologia ed esoterismo un simile materiale dice qualcosa. Mignacco, invece, non dice nulla e si limita ad una inspiegata associazione fra il mysterioso anfratto pagano e il Super-Io: inspiegata in termini concreti, giacché la sovrapposizione dei due concetti, stando a Mignacco, è concreta: cioè, perché scendendo in profondità si scatenano i mostri dell'inconscio? Nel girovagare tra i cunicoli non si notano né megaliti come quelli visti nei Nathan Never viettiani né un marchingegno muviano né un Grande Antico. Questo partendo dal presupposto che di Maestri, là sotto, non ve ne sono. Tornando al plot, le punizioni per contrappasso dei vari personaggi vengono riassunte in una generica lotta contro sé stessi, lotta alla quale partecipa Harlan stesso. L'occasione è ghiotta per mostrare un epico scontro tra il lato umano e quello vampiresco del dampyr, ma Mignacco se la fa sfuggire interrompendola sul più bello e poi raccontandola tramite flashback e didascalie. Non contento - ma qui bisogna chiedere a Boselli - retconizza il finale del #23 in quanto il suo lato vampiresco afferma di essersi realmente staccato da Harlan al termine de L'elisir del diavolo. Dunque era lui la causa delle allucinazioni? Pare di sì, perché Harlan afferma di essersi riunito a lui e di aver assorbito momentaneamente il potere dei Maestri. Ma poi dice "forse". E la confusione aumenta nel finale, quando i nostri, chiacchierando degli ultimi eventi, buttano lì una spiegazione "razionale" basata su dei funghi allucinogeni che nell'albo non si vedono mai ma che pretendono di retconizzare la retcon portando a riconsiderare l'Harlan vampiro come un'allucinazione. Quanti bei spunti sprecati! E vabbé, qualche volta sonnecchia anche il buon Omero.
Dampyr #49: La colonna infernale (Boselli/Majo)
A colmare alcune lacune del #48 arriva questo spettacolare #49, che con due tocchi sopraffini giustifica il risveglio di Araxe della storia di Mignacco e la presenza sul suolo francese dei nostri eroi: essi sono sulle tracce di Erlik Khan. A dire il vero, Boselli non dice perché Erlik si trova in Bretagna, ma per lo meno finalmente chiarisce una volta per tutte la sua posizione. Noto in alcune mitologie come Hellequin (Arlecchino), egli è il Maestro passato alla Storia come il Dio nomade dei morti, condottiero della brigata infernale (il che spiega perché lo abbiamo visto girare il mondo). Ed è obbligato a rispettare certi accordi stipulati con Draka. Questi i lasciti di continuity di questo numero, l'ultimo prima del da tempo atteso (nella posta) #50. Il pregio vero e proprio dell'albo è comunque l'essere una spettacolare storia d'altri tempi. Letteralmente: di nuovo con l'escamotage del flashback, Boselli racconta un altro spezzone di Storia nel quale confrontare l'orrore vero con gli orrori soprannaturali. Araxe, ormai rinvigorita e ringiovanita, racconta ad Harlan e ai proffi Milius e Richards le vicende che, nell'inverno 1793-94 e in piena guerra civile fra repubblicani francesi e Chouans bretoni, la portarono ad innamorarsi di un giovane repubblicano disertore e a collaborare con gli insorti, per poi veder finire tutti tra le file dell'esercito di Erlik Khan. L'appassionata sceneggiatura del cittadino Boselli e le splendide illustrazioni di Majo (il quale dà l'impressione di aver saccheggiato un numero indefinito di quadri e immagini d'epoca) regalano una avventura poco mysteriosa ma dal fascino quasi stupefacente, a suo modo pure commovente nel finale ambientato al presente nel quale Araxe riottiene da Khan i suoi amici e finalmente concede loro di andare nel regno dei più.
Dampyr #50: Il Dottor Cinderella (Boselli/L.Rossi)
E il #50 arrivò, e con esso il Caos. Con questo numero la collocazione temporale della serie subisce una brusca retrodatazione capace soltanto di produrre confusione. La celebrativa storia si svolge a casa dei nostri, in quel di Praga, e vede il ritorno del piccolo cast praghese, da Caleb a Kavka alle librerie antiquarie a Belyalis e Comenius, i cattivi dei #23, #5 e #12 (mancano solo Nergal e Samael, cui sarà dedicato il numero successivo). D'altronde, che celebrazione sarebbe senza i contraltari degli autori? Ma Colombo, di questi tempi, si è già allontanato dalla serie, e infatti Belyalis rimane sullo sfondo e poi viene punito ma boh, non si sa se in modo definitivo. Comenius-Boselli, invece, mette in seri guai Harlan e soci ma alla fine viene eliminato - così pare - una volta per tutte. La storia, zeppa d'atmosfera come tutte le storie praghesi, concede ai lettori piccoli sfizi quali la sanguinaria sfida-game fra Kurjak e varie creature mitologiche come la Chimera o la Gorgone, ma concede un piccolo sfizio anche a Boselli, dato che la storia ruota attorno al libro dei racconti di Nikolaus (che diventano realtà a causa di Comenius) ed è un omaggio sentito agli scrittori praghesi. Boselli però decide di strafare: volendo mostrare che Dampyr è ambientato nel mondo dei suoi lettori, ambienta il prologo nell'Agosto 2002, quando Praga subì una tremenda alluvione che devastò buona parte della città. Questa lodevole trovata è resa intrigante anche sul piano narrativo, dato che è l'alluvione a dare l'avvio alla vicenda, portando Nikolaus ad abbandonare la libreria di Frantisek (il precedente proprietario, morto nel #23) e liberando momentaneamente Belyalis e Comenius dalle rispettive prigionie. Succede però un patatrac, nel momento in cui il vivànt Saugrénes, prima che la libreria venga distrutta, si reca da Nikolaus alla ricerca del libro di racconti citando come già avvenuto un evento raccontato soltanto nel #41 (precisamente nella breve sequenza di quel numero in cui Saugrénes chiede ad Harlan il libro ed Harlan promette che lo chiederà a Nikolaus). Terminato il prologo, Boselli colloca la storia nel Settembre 2003, mentre l'albo è invece uscito nel Maggio 2004. Considerando che il #41 è dell'Agosto 2003, l'errore è assicurato. Perché il prologo del #50 è successivo a quanto visto nel #41, dunque o il #41 è stato un enorme flashback collocato nell'Agosto 2002, e non lo è stato, o l'alluvione che apre questo numero non è quella dell'Agosto 2002 (e così il delicato memorandum va a farsi friggere). Trattasi di un difetto sorpassabile considerando l'aria sfumata e surreale che pervade questa storia e tutto il ciclo praghese, ma trattasi pure di un difetto fastidioso considerata la grande cura a cui Boselli ha abituato il lettore. Cura che peraltro emerge anche in una pagina della posta veramente nerd in cui vengono citate tutte le sottotrame chiuse e aperte nei primi 49 numeri. Insomma, mentre il lettore apprezza ma sbuffa, il beffardo Dottor Cinderella, aka Comenius, aka Boselli, se la ride, sardonico, ma viene divorato dalla sua stessa creatura. :)
(2012-2013)
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