lunedì 20 aprile 2020

DAMPYR (2)

Dampyr #51: Tre vecchie signore (Boselli/Roi)

La celebrazione prosegue nel primo numero della nuova cinquantina, il quale va a costituire col Dottor Cinderella una sorta di bilogia fuori dal tempo. Se il nucleo operativo dei nostri è Praga, il nucleo tout court è il protagonista, quell'Harlan di cui, in fondo, non si sa poi molto. Questo numero viene dunque dedicato tutto a lui e al suo passato. Già nei #1 e #21/22 gli erano ritornate in mente le sue tre zie, le tre vecchie signore del titolo, e già nelle loro poche apparizioni esse avevano dato modo di mostrare la loro sovrannaturalità. Ebbene, con questo numero viene più o meno formalizzato il loro status: esse sono sostanzialmente le tre Moire, solo che non si capisce se le tre Moire tout court o solo quelle preposte a tessere la vita di Harlan. Ad ogni modo, Aysha, Chloe e Vivien sono le tre controllore dell'Equilibrio e del rispetto della Legge, Legge che garantisce la protezione di Harlan. Con quest'ultima clausola viene spiegata la non interferenza nella formazione del dampyr da parte di Draka e soprattutto di Nergal, il Maestro della Notte alleato cogl' inferi. Nergal che, però, dopo tanto tempo, perde la pazienza: è infatti lui a minacciare le tre sorelle, accusandole di avere violato l'Equilibrio alterando una morte quando le tre facevano le batt...dame di compagnia nella Bruges del 1917. Boselli mostra in diretta il misfatto con uno dei suoi consueti e bei flashback storici, ma non dice come e perché Nergal abbia scovato il cavillo solo ora. Comunque, nel duemilaeboh (2003, probabilmente, dato che viene citato come evento recente il #50), le tre, bisognose di aiuto, influenzano Hanneke, la poliziotta fiamminga del #25, e giocando sulla di lei cotta per Harlan, portano a Bruges il "figlio del diavolo". La vicenda principale si gioca però nel passato, in un indefinito momento degli anni '60, quando un tredicenne Harlan è costretto a combattere con dei bulli e ad assistere per la prima volta al potere del proprio sangue, quando uno di quei bulli, Rade, viene tramutato in non-morto da Nergal e lo attacca. Nel flashback il legame fra Nergal e Samael non viene specificato: il secondo, principe dei seduttori, si limita a provarci con Vivien, mentre è il primo a mettersi in gioco ordinando ai suoi Nephidim, angeli ibridi, di portare Harlan verso la squadra del Male. Un tentativo proibito dalla Legge e che, nel presente, gli costa il ricatto delle tre zie e dell'Harlan ormai memore di una parte del suo passato. Messo alle strette, Nergal, tramutato in drago (dunque tutti i Maestri sono draghi?), rivendica il diritto alla propria agibilità politica e dichiara decaduta la protezione della Legge nei confronti di Harlan. Questo punto Boselli non lo approfondisce, dato che si trova a fine albo, e dunque non è chiaro se sia solo una dichiarazione dovuta alla perdita di pazienza da parte di Nergal o l'effettiva conseguenza dello sblocco delle memorie di Harlan da parte delle sue protettrici. Ad ogni modo, la bilogia della celebrazione termina con un buon numero, meno ponderoso del solito ma reso intrigante anche dai disegni della guest Corrado Roi.

Dampyr #52/53: La maledizione di Varney/I misteri di Napoli (Boselli/Andreucci)

Dopo la celebrativa pausa "fuori dal tempo", la saga dampyriana riprende la propria marcia. Marcia trionfale, magniloquente, aristocratica. Boselli costruisce un altro dei suoi lunghi flashback che da un lato omaggiano un certo tipo di narrativa e di weltanschaunng e dall'altro permettono di mostrare spaccati di continuity altrimenti irraggiungibili. Protagonisti sono stavolta Lord Byron e John Polidori, ben accompagnati da svariati comprimari: dai coniugi Shelley ai camorristi ottocenteschi, dai cacciatori di vampiri del passato a nientemeno che Draka in persona, mai così attivo in cinquanta e più numeri. Se nel presente gli appunti di Dolly McLaine ottenuti nei #43/44 e la chiamata di Don Raffaele, collaboratore napoletano di Caleb Lost, conducono Harlan e Kurjak su e giù per la città della pizza e del mandolino alla caccia del fantasma Monacello, è nel passato che Boselli scatena come di consueto il suo letale mix di cultura e mistero che lo rende l'erede dei grandi narratori del passato. E questa avventura d'epoca è, fra le tante viste fin qui, probabilmente la più sentita e dunque la migliore. Il tormentato rapporto di disprezzo/amicizia che slega e lega Polidori e Byron è alquanto vivido e capace di toccare le corde del lettore, almeno di quello che un rapporto così l'ha vissuto sulla propria pelle. E se è vero che fu nel periodo di uscita di questi numeri che il lunatico Colombo lasciò la curatela della serie portando all'esaurimento il suo amico Boselli, costretto su due piedi a dover fare tutto (un buco che probabilmente ha portato allo svarione del #50), allora nel rapporto tra il poeta beffardo e il medico frustrato è leggibile anche qualcosa in più a quello che la Storia tramanda. Il parallelismo si fa poi triplo se si legge in Kurjak una certa invidia, ancorché benevola, per l'amico dampyr, e addirittura quadruplo quando emerge, con fare feuilletonesco, la vera relazione fra Draka e Sir Varney, il non-morto ogm creato da Draka per essere un Maestro e divenuto invece un essere tormentato dal destino tragico. Tragico come i destini di Byron, di Polidori, del Monacello... è un vero e proprio drammone dal sapore romantico quello orchestrato da Boselli in questa sentitissima storia doppia, drammone che appassiona e non sfrange i maroni, dato che non tralascia azione, mistero (e costruire una storia d'azione e mistero nella Napoli post 2000 non è roba da poco) e nemmeno continuity, stando alla rivelazione a sorpresa coinvolgente Lord Marsden (#45), che pare abbia portato alla morte Byron perché amico dell'odiato Draka. Insomma, dopo la doppia celebrazione naif, ecco una doppia storia piena di vita (ed è una storia di vampiri!), di personaggi, anche secondari, che rimangono impressi (la vecchia e il Monacello sono davvero dolci) e capace di trasportare chi legge da Napoli alla Scozia alla Svizzera alla Grecia e di nuovo a Napoli, facendogli vedere tutto senza farlo morire. Che è, guarda caso, il potere di un Maestro.

Fuoriserie: Vampiri di sabbia  (Boselli/Dotti)

Prima storia fuoriserie dampyriana, edita in un albetto per RiminiComix 2004. La storiella, di 12 tavole, è ambientata a Rimini solo pro forma, ed è, fin dal titolo, un seguito del #3. Il Maestro della Notte di quella storia, Kostacki, è morto da tempo in Cornovaglia, ma a Rimini alcuni pezzi del suo corpo riemergono, così i mostriciattoli suoi scagnozzi ne approfittano per ritornare sulla scena, farsi cacciare dal dampyr e trovare finalmente la pace nella morte. Non è chiaro perché quelle che nel #3 sembravano essere illusioni generate da Kostacki qui sono creature vere e proprie, ma data la natura pubblicitaria della storia (l'albetto è anche il catalogo della mostra contestualmente dedicata alla serie) ci si passa sopra. Il resto dell'albetto è occupato da un breve saggio di Davide Barzi che ripercorre le quattro storie vampiresche vissute da Zagor, delle quali le ultime due scritte, non a caso, da Boselli.

Dampyr #54: Il Teatro dei Passi Perduti (Boselli/Dotti)

Per anni, su svariate pagine della posta, Boselli ha ponderato, progettato, annunciato questa storia melomane, che un po' a sorpresa viene piazzata qua, dove poco si lega alla precedente e alla successiva. E' una sorta di #50bis, questo #54 ambientato quasi tutto dentro il Teatro, base operativa dei nostri e casa di Caleb. Sempre a sorpresa è il casus belli che dà l'avvio alla vicenda, se vicenda si vuole chiamarla: le "alte sfere" (col senno di poi alquanto johndoeiane), ossia le sfere celesti e quelle infernali, vogliono assistere ad una rappresentazione de Le contes d'Hoffman di Offenbach nella sua versione originale, che nella realtà extradampyriana è andata perduta. Non solo: vogliono che tale rappresentazione sia il più realistica possibile, così pretendono che ad interpretarla siano sì noti vocalisti, ma accompagnati da creature d'ogni tipo, e dallo stesso Offenbach in veste di direttore d'orchestra. La tregua fra Caleb e Samael permette tutto questo, ma Nergal è deciso a farla cadere e fa in modo che i poveri tenori e soprano vengano posseduti o portati alla follia. Ad Harlan, Tesla e Kurjak il compito di vegliare su di loro, e di trarsi qualche piccolo sassolino dalla scarpa: perché se Harlan nei suoi viaggi solitari è libero di frequentare ragazze assortite, allora sono liberi di svagarsi anche Tesla e Kurjak. Lei soprattutto, che di Harlan è inutilmente invaghita (com'è noto, non può toccarlo) e a causa della frustrazione rischia sempre di cadere nella tentazione di Samael. Insomma, una storia che è un'opera lirica e teatrale a fumetti: non il massimo del brio, ma culturalmente ponderosa.

Dampyr #55: Spettri a Cambridge (Boselli/F.Russo)

Secondo filler consecutivo e prima apparizione per l'ottimo Fabrizio Russo, scippato da Dampyr al mio amato Martin Mystère. Proprio con lo zio Marty Russo aveva dimostrato di saperci fare con le atmosfere mysteriose, così Boselli gli affida la seconda avventura dei ghost hunters dell'Università di York. L'ottimo #35 aveva avuto un discreto successo non solo tra i fan dampyriani, ma anche tra gli autori stessi, tant'è che l'avventura di Haversham Priory risultava essere una delle più citate nelle storie scritte da Boselli. Quelle citazioni si sfogano finalmente in un albo che è quasi il prologo ad uno spin-off. Harlan è infatti solo uno dei membri della squadra di cacciatori guidata dal prof. Richards e in trasferta a Cambridge per indagare nel celebre campus universitario. Boselli non concede al suo eroe un ruolo predominante, ma lo equipara agli altri, al prof. Richards, alla sensitiva Maud, alla giovane Nicole. E Boselli è talmente appassionato di fantasmi che conduce la narrazione in modo da far dimenticare che questa è una serie incentrata sui vampiri, anche se il fan intento nella lettura ogni tanto finisce lo stesso per domandarsi se la trama verticale avrà un qualche legame o meno con la trama orizzontale, rischiando così di sbuffare. Il problema, però, se lo pone anche Boselli, che ad un certo punto metaforizza il fantasma chiamandolo "fantasma-vampiro" e, durante l'eliminazione dello stesso, fa usare ad Harlan il proprio sangue perché non si sa mai. Ma non ce ne era bisogno, primo perché come potrà mai agire il sangue di dampyr su uno spettro e secondo perché la storia comunque funzionava bene. Nel frattempo, la posta annuncia il futuro ritorno di Colombo, che però non sarà mai definitivo.

Dampyr #56: I vampiri della città fantasma (Mignacco/Andreucci)

Harlan, Tesla e Kurjak vengono inviati al confine fra USA e Mexico per indagare sulla sparizione del detective Arbogast, aka Bob Hoskins, collaboratore di Caleb. Il detective è caduto vittima del gruppo di non-morti che si sono impadroniti di High Moon, città abbandonata nel deserto. I non-morti, con l'aiuto del benzinaio locale e della sua figlia sordomuta, importano illegalmente immigrati messicani per mangiarseli. Così, il dinamico trio ne approfitta per sgominare la banda di malfattori a suon di sangue dampiro. Questa debole trama, accompagnata dai disegni meno gradevoli visti sin qui, è solo un tappabuco inserito da Boselli per introdurre la doppia successiva, nella quale i nostri torneranno a dare la caccia a Ixtlàn. Però ha il pregio di abbigliare lo sceriffo dei non-morti come Tex e caratterizzarlo come una carogna :P .

Dampyr #57/58: Il paese del sogno/I segreti di Dreamland (Boselli/Genzianella)

Dopo tre filler dalla qualità media complessiva buona ma dai diversi difetti, si torna a fare sul serio con una nuova doppia. Come indicato nel numero precedente, si torna in America per dare la caccia a Ixtlàn. Il #56, sornione, conteneva un easter egg, una rivista sensazionalistica con un articolo sull'Area 51, che anticipava i contenuti di questa storia, nella quale Harlan & Co. raggiungono il detective, ora privato, Lenny Meyer e il suo ex collega, il tenente Jim Pajella, entrambi provenienti dal #30. Con l'aiuto dell'ufologo "Desert Dog" i cinque indagano sulla famosa Area 51, detta Dreamland, che com'è noto contiene qualcosa di mysterioso. Cosa? Ovvio, Ixtlàn e i suoi non-morti. Ma attenzione: non c'è attrito con la continuity di Martin Mystère, sia perché Boselli, chiamando la base con un doppio nome (Area 51 e Dreamland), riesce a non essere troppo pignolo, sia perché Castelli nell'universo mysteriano aveva già fatto in modo di lasciare "libero" l'argomento limitandosi a chiamare Area 51 una sezione deviata di Altrove (che poteva benissimo aver copiato un nome famoso per delirio di onnipotenza); non solo, i graffiti rupestri a tema alieno che Boselli infila di soppiatto sono un segno che in Dampyr di MM non ci si scorda mai anche se si ha voglia di parlare d'altro. Un rispetto per la continuity da sogno, che i tanti autori seriali italiani dovrebbero imparare. Un rispetto che non è fine a sé stesso, dato che, a parte questi pochi riferimenti, l'avventura non ha nulla di mysterioso ma si dipana come un avvincente action, e, anzi, esalta come mai finora questa componente arrivando finalmente a mostrare una vera e propria guerra contro i non-morti, nel senso che questi ultimi sono alleati con un ramo dell'esercito USA e bombardano Harlan e soci con missili nucleari! :D Boselli fa il Colombo, dunque, ma verso la fine torna a sbrogliare le matasse come solo lui sa fare. In uno dei più bei climax che la serie ricordi, un ribaltone si alterna all'altro, e così si assiste alla trasformazione di Pajella in non-morto; allo scontro finale fra Harlan e Ixtlàn, trifocato a causa della presenza del colonnello complice (ed è un signor scontro, giocato volutamente sul troppo tempo trascorso dall'ultima eliminazione di un Maestro); alla presenza della Temsek e alla rivelazione dell'alleanza fra Ixtlàn e Mardsen; alla morte di Ixtlàn, con conseguente liberazione di Pajella, che resta non-morto ma "buono" come Tesla; all'ulteriore rivelazione che dietro a Mardsen c'è un altro Maestro (il capo della Temsek?). E nonostante l'accumularsi di cotanto materiale, nessun personaggio viene ridimensionato (giusto Meyer un pochino) e ciascuno ha il suo momento di gloria, in particolare Pajella che nella sua nuova veste promette una rivincita morale per la quale, se si sta dalla parte giusta, è inevitabile fare il tifo. Perché è vero che Boselli fa ancora una volta capire che i Maestri della Notte sono solo alieni, nel senso stretto del termine (provengono da un'altra dimensione), ma i mafiosi e i corrotti no, sono proprio carogne.

Dampyr #59: Le Terminatrici (Boselli/Majo)

A terminare la decade cinquantina torna la coppia genitrice della testata, di nuovo in trasferta nel Paese del Sole, o meglio, della Luna, vista la grande mole di leggende e mysteri (e misteri con la 'i') che costellano lo Stivale. Come ricorda pure la posta, che svela la genesi del soggetto dell'albo ma dimentica di citare lo zio Martin, che in Italia ci è stato più volte e ci ha pure vissuto per due anni. Peccato perché anche Le Terminatrici, come le migliori storie dampyriane, è una storia molto mysteriosa che svela l'ignoto dietro alla quotidianità. Ed è una storia italiana ma non italiota: è raccontata con un approccio moderno e colto, fatto di rispetto per la tradizione, ma senza la venerazione abitudinaria che una narrazione da fiction avrebbe rischiato di portare seco. E' se è vero che nelle sequenze contemporanee di azione non ve ne è molta (ma in compenso i tanti dialoghi sono brillanti), nei flashback la Storia, pasionaria come sempre, si mescola all'occulto, permettendo a Boselli di parlare indifferentemente di mafia e di stregoneria, di ribellione e paganesimo, di lotte fratricide e malocchi, di carnevale e accabadoras. Con un apparato grafico eccellente, erede delle mitiche La colonna infernale e I Lupi Mannari, questa storia sarda viene emblematicamente scelta per apparire nell'unico Oscar Mondadori dampyriano, un "only Majo" uscito nel 2010 in occasione del decennale della serie, accanto ai #1,#2,#35, oltre che, appunto, ai Lupi Mannari.

Dampyr #60: La miniera di Zyarne (Cajelli/Baggi)

Tra i fan dampyriani dei primi mesi del 2005 c'era chi le abbuffate di Storia servite da Boselli le apprezzava sì, ma a fatica, e necessitava di avventure più semplici, di modo da riprendere il fiato. Rottasi l'alternanza Boselli-Colombo dopo una trentina di numeri, il lato più tamarro della serie era invece andato sparendo, per la gioia mia ma non dei fan di cui sopra. Per loro fortuna accorre in soccorso Diego Cajelli, che appunto si sobbarca l'incarico di occuparsi di togliere dalla serie la patina elitaria che la cultura inevitabilmente porta seco e deposita. Tuttavia, azione e tamarrate non equivalgono in automatico a sciocchezze e frivolaggini, come il Cajelli aveva già dimostrato nella sua unica apparizione sulla testata, quel #40 piuttosto coinvolgente e capace anche di far riflettere. In questa sua seconda incursione il Cajelli compie una operazione opposta a quella imbastita con il #40, e offre una storia che all'inizio contiene pure degli spunti sociali interessanti e alla fine diventa una tamarrata voluta ed esplicita. D'altronde la presenza della sensitiva Ann Jurging lo pone in stretta relazione con il numero più tamarro della serie (il #13), ma questo non basta a giustificare la trasformazione del monaco invasato nel mostro insettoide nascosto nella miniera e prelevato da un qualche film di serie Z. Peccato perché che Cajelli sappia sceneggiare è pacifico, ed infatti il montaggio figo e sbruffone rende la lettura piuttosto divertente, complice pure le cospicue deroghe alla gabbia bonelliana, e il dramma che vive Ann Jurging è ben reso, ma razionalmente nulla è spiegato e questo in una serie di Boselli non va bene.

Dampyr #61: La foto che urla (Cajelli/L.Rossi)

A distanza ravvicinata ecco la terza storia di Cajelli, scritta invece a molta distanza dalla precedente. Una storia, La foto che urla, in cui Cajelli va come sempre per la sua strada onde perseguire il proprio unico... obiettivo (che bufo!): fare un horror. E, aiutato da uno straordinario Luca Rossi, fa un horror. Semplice, vecchia maniera, incentrato su uno spunto classico (pure King l'ha usato per Quattro dopo mezzanotte), cioé la foto maledetta da cui la creatura maligna vuole uscire. Alla fine, vabbé, la creatura maligna esce e dice "rrraagh", "grrowl" e "devi morire", ma pazienza perché prima i due autori avevano costruito una storia lugubre e paciosa molto gradevole che non poteva che finire come poi finisce. Belli i flashback barocchi, bello il cameo di Aleister Crowley, bello lo spunto che vuole la strega spaventata dagli Amesha, bel filler. Nota: nella posta viene presentata l'edizione USA della serie, copertinata da Ashley Wood.

Dampyr #62: I dannati di Praga (Boselli/Bocci)

Nella posta un lettore si lamenta perché la continuity s'é fatta grande e non ci sono più storie d'azione con i vampiri. Puah. Boselli gli risponde per le rime, e lo fa sia nella stessa posta che con la storia di turno, un altro eccellente tassello del puzzle dampyriano. Il numero in questione è infatti il punto di incontro tra la sottotrama praghese e quella di Foster e Vera Bendix, gli agenti del SOE mancanti dal #46. I flashback storici proseguono gli eventi del Castello di Barbablù e raccontano la vita di Vera durante il suo trasferimento nella Praga nazista, Con l'aiuto di Nikolaus e di Caleb, la spia riesce ad infiltrarsi tra i russi alleati dei nazi ma che odiano i nazi. Un'altra occasione, dunque, per Boselli, di ricordare che le cose non sono mai semplici come dovrebbero essere. Nel presente, la vecchia Vera ritrova i suoi amici, e con essi ne ritrova altri, ovvero i suoi vecchi commilitoni trasformati in non-morti da Nergal e riesumati per attirare in trappola Harlan e soci (come si ricorderà, Nergal aveva promesso battaglie nel #51). Il ché permette a Boselli di imbastire un avvincente pedinamento sui tetti praghesi che altro non è se non azione con i vampiri! Tié, lettore, becca. La storia si risolve come al solito nelle ultime due-tre tavole, e nel modo più "giusto", ma Nergal fa la solita figuraccia. E su questo aspetto, in effetti, qualche critica al Maestro Boselli la si può fare. Nergal sembra ormai Gambadilegno. Ma si perdona perché la Storia è bella e magistra vitae.

Dampyr #63: L'ombra del male (Colombo/Andreucci)

Colombo returns con un albo che più stralunato non si può. Sulle Alpi Carniche (non si sa con esattezza dove) Harlan e il partigiano Giulio affrontano la minaccia della strega Leonarda (non si sa con esattezza chi sia, perché sia una strega, chi sia il Signore Nero cui è devota) e della sua figlia rediviva (col senno di poi sembra la trama di Grendel al contrario). Un paese disabitato (quando?), un convento abitato da suore che non si capisce se siano mostri o no, una giovane, Alessandra, spuntata da chissà dove e incinta di un violentatore malefico che conosce Harlan ma che non viene mostrato: questi gli ingredienti di una storia bislacca e sempliciona dove succedono poche cose e senza un perché. Nulla a che vedere con albi italiani accuratissimi come Le terminatric... ah, no, la posta rivela che il carnevale sardo mostrato in quella storia era un frullato di carnevali sardi.

Dampyr #64: I sogni di Lisa (Boselli/Lozzi)

L'albo che vede Lozzi esordire su Dampyr è considerato uno dei più belli della serie. Classificazione a mio avviso esagerata, vista la discrasia fra la lentezza di tre quarti dell'albo e il finale convulso. Sia chiaro: sicuramente il numero è ottimo ed è la decimillesima dimostrazione della bravura di Boselli, uno degli ultimi fumettisti seriali in circolazione. Solo lui, infatti, poteva riuscire in un sol colpo a: - costruire una ennesima storia praghese d'atmosfera; - inserire una nuova fiamma per Harlan e progredire il triangolo/quadrilatero soap con Tesla e Kurjak; - riprendere una abbozzatissima sottotrama di Colombo e renderla figa; - ribaltare dei cliché attraverso il colpo di scena più incisivo di questi 64 numeri. Classe. Peccato soltanto, come detto, per il solito finale in cui tutto si sbriga in quattro pagine, ma d'altro canto l'apertura contemporanea di ben due nuove sottotrame, da sommare al ripescaggio di una sottotrama abbandonata da tempo, impreziosisce al contempo albo e serie tutta. E tuttavia, sebbene io non mi senta di definirla una delle 4-5 storie più belle di tutta la collana, che bella questa storia di Lisa, l'immatura e dolce Lisa, polacca che vede la gente morta, che alla fine si scopre essere la piccola Ljuba, convertita dal Signore Nero Thorke al Male, cresciuta forzatamente e in modo barbaro e bramosa di vendetta nei confronti di Harlan? Eh sì, proprio sul più bello questo numero 64 si rivela essere, a sorpresa, il doppio della sua metà, quel #32 in cui Lisa e sua madre Rose (le cui, rispettivamente, dannazione e morte costituiscono ancor di più l'unico, grande fallimento della carriera di Harlan) erano state rapite da Thorke, quest'ultimo poi riapparso, ora lo possiamo dire, nello scorso numero, pur senza mai mostrarsi (e ora sappiamo anche perché non si è mostrato). Ad accrescere l'adrenalina, il gesto di Caleb, che si allontana da Praga per salvare i suoi amici, violando una Regola e rischiando, ora, grosse ammonizioni.

Dampyr #65: L'angelo ribelle (Boselli/Lozzi)

La coppia d'autori è la stessa del numero precedente, ma la trama è indipendente da quella: "come un telefilm, a fumetti!" (cit. Lazarus Ledd). Indipendente fino a un certo punto: Harlan mostra di non aver affatto digerito la storia di Lisa ed è tormentato dagli incubi. Intanto, Kurjak e Tesla finalmente scopacchiano senza pudori. Nel frattempo, a Las Vegas Lenny Meyer è stato reintegrato in polizia e Jim Pajella porta avanti l'indagine su Dreamland e citando il Maestro della Notte sconosciuto dà il là ad una saga prossima ventura. Quanti contorni apparecchia Boselli attorno alla trama verticale del numero! Così si fa. Il piatto dell'albo, poi, è abbastanza succulento: una lotta fra angeli e nephidim che, toccando creature celesti, è molto Supernatural e poco didascalica, ma va bene così. Peccato solo per i disegni di Lozzi, di qualità sicuramente inferiore rispetto al #64.

Dampyr #66: Il grande fiume (Boselli/Majo)

Nuovo "mystero italiano", ambientato, come i primi mysteri italiani "veri" (quelli di MM) nella salmastra pianura padana. In questo caso Harlan si trova nella bassa parmense, ma al posto di Ortolani incappa in una serie di misteriosi delitti. Misteriosi con la 'i', giacché il soprannaturale in questa storia si rivela essere solo un contorno, seppur presente nell'allucinazione finale. Un albo abbastanza "classico", con la bella (che ovviamente la dà), il matto, i vecchi, il dialetto, il buon cibo di campagna. Ma l'effetto non è noioso, grazie al solito Majo capace di rendere espressivi anche i sassi.

Dampyr Special #1: Dracula Park (Boselli/Andreucci)

E arrivò il tempo del primo Speciale. Richiesto fin dai primi numeri, annunciato da almeno tre anni, Dracula Park è un "extra" a tutti gli effetti, un "di più" di non fondamentale importanza ma tutto dedicato ai fans dampyriani e dell'horror gotico tout court. Molte sono le trovate fanservice che Boselli apparecchia nelle 176 tavole dell'albo: dall'ampliamento della classico intro con i turisti sbranati (che qui viene "ufficializzata" nella visita al Parco compiuta da giornalisti, politici e affaristi) alla compresenza di varie forme di vampiro provenienti da ogni parte del globo, dal ripescaggio della prima location importante per la continuity (il castello di Vlatna del #20) alla carismatica presenza del richiestissimo Draka. Ma se l'idea stessa del parco dei "divertimenti" vampiresco, in cui inserire tutto quel che si può sul tema, è una sfiziosa idea "meta", al termine della storia poco si smuove sul fronte seriale. Viene solamente ufficializzato - e solo nelle ultimissime tavole, giacché Boselli nemmeno in quest'occasione rinuncia al finale rapido - quanto era già noto, ovvero che Draka ha sfornato Harlan per avere un'arma contro i suoi simili, mentre lo stesso Harlan ottiene soltanto una foto di sua madre (un presagio per il futuro?). Per il resto, l'episodio, pur godibile, rimane fine a sé stesso, così come il circoscritto ritorno del proprietario del castello, un Vlatna tutto smembrato.

Dampyr #67: Danza con la morte (Faggella/F.Russo)

Guest ai testi: il - come è scritto nella posta - "colto e raffinato scrittore e musicista" Mario Faggella, redattore Bonelli che, per una volta nelle vesti di sceneggiatore, "riversa la sua conoscenza della storia argentina" nel numero di turno. La Storia argentina e la conoscenza ci sono, ma a dire il vero non è che si vedano più di tanto. Infatti l'albo si occupa di desaparecidos, voli della morte e vari carnefici collaboratori della famigerata dittatura argentina. Insomma, a voler essere brutali, le 'solite cose'. Il mio cinismo tuttavia non inganni: l'albo è di gradevolissima lettura e mi sono indignato abbastanza nel leggerlo, sia collocandolo mentalmente nel mese di uscita (ottobre 2005) che leggendolo come se oggi fosse oggi. Segno che tutto cambia, niente cambia, ma anche che l'albo è buono. Il merito va anche agli ottimi disegni dell'ottimo Russo, benché il suo Harlan talvolta abbia i labbroni e assomigli a Joseph Fiennes anziché al fratello Ralph. Inoltre come al solito Boselli non rinunzia a mettere le sue zampe sui soggetti altrui e stavolta ne approfitta per sfruttare l'albo come prologo alla trasferta sudamericana dei prossimi numeri, mostrando per la prima volta il Condor, il Maestro della Notte sudamericano, intravisto per una vignetta ai tempi di Dreamland al fianco di Mardsen.

Dampyr #68: I cacciatori di licantropi (Piani/Bartolini)

La trasferta sudamericana inizia con un filler, subdola trovata del Boselli per non sprecare un soggetto e al contempo concedere a Piani la possibilità di poter usare le atmosfere soprannaturali della serie per raccontare una storia "alla Borges" (o "alla Cortazar"). E per l'ennesima volta Piani dimostra di trovarsi molto più a suo agio nel mondo Bonelli che nel mondo Disney. Se su PK non combina granché, su NN e Legs aveva fatto buone cose e anche su Dampyr non si dimostra da meno. La storia, sicuramente poco "boselliana", dunque molto action e sfrondata da nozioni, non è certamente povera, o meglio, lo è come lo è l'Argentina, quella bella (non quella di Papa Frankie): poche cose materiali, ma tanta umanità. Dunque licantropi, inseguimenti, sparatorie sì, ma anche giocosi riferimenti "meta-argentini", e soprattutto interessanti personaggi. Insomma, la sensazione che l'albo lascia non è quella delle storie di Colombo, dove l'horror è fine a sé stesso. In più, con questi cacciatori di licantropi tutt'altro che santi (ma comunque non cattivi tout court), Piani si inserisce con nonchalance in un filone già consolidato della serie (vedi cacciatori di fantasmi, vampiri, ecc.).

Dampyr #69/70: I giorni del Condor/Nel deserto di Atacama (Boselli/Dotti)

La trasferta sudamericana si enuclea nella doppia che vede Harlan affrontare e sconfiggere il Condor. Si tratta probabilmente del primo mezzo passo falso del Boselli, che dopo aver hypeggiato a dismisura con il Condor (mostrandolo di soppiatto ai tempi di Dreamland) e poi con la trasferta, sbriga la faccenda in soli due albi, di cui uno dedicato alla sola preparazione (addirittura la prima metà del #69 vede agire il solo Kurjak). Lo scontro finale tra il dampyr e il Maestro che partecipò al golpe cileno del '73 occupa le penultime pagine del #70 e l'ultima tavola è, come al solito, deputata a sciogliere la tensione. Insomma, la vicenda viene risolta in modo standard, ma quel che sorprende è che il Condor viene regredito a Maestro qualunque (mentre la sua prima fugace apparizione alle spalle di Mardsen lasciava presagire che si trattasse di un Maestro altolocato). Non che le 188 tavole complessivamente siano da buttare via, sono di godibile lettura e qualcosa di buono lo contengono, in particolare le più o meno tormentate figure legate al suddetto golpe, come ad esempio Erwin Rogers. Tuttavia l'altrettanto suddetto hype aveva portato a pregustare ben di più di qualche mitragliata con un gruppo di non-morti e di una pistolettata al cuore del Condor. Stavolta la sensazione è che la montagna abbia partorito il topolino.

Dampyr #71: I massacratori delle Ande (Faggella/Dotti)

La trasferta sudamericana si chiude con la sommatoria dei tre albi che l'hanno iniziata ed enucleata. Ai disegni rimane Dotti, ma ai testi torna Faggella (alla sua ultima apparizione: morirà pochi mesi dopo). Ed è un'altra buona comparsata, quella del redattore napoletano, sebbene meno "ponderosa" della precedente. Questo numero, infatti, è sostanzialmente una storia d'azione in cui i nostri vengono chiamati dall'amico di Milius di turno ad affrontare un po' di "mostri rraagh". Sembra poco, ma un gradevole flashback nel Perù di fine '700 che vede agire nientemeno che Thorke contribuisce a diffondere un certo interesse nel lettore. A proposito di Thorke, è ufficiale: non è un Maestro.

Dampyr #72: La dea egizia (Ruju/F.Russo)

Se Thorke non è un Maestro, lo è invece Bastet aka Sekhmet, introdotta dal torinese Ruju in questo filler ("continuizzato" come sempre da Boselli) ambientato nella sua città. L'albo è il primo Dampyr ch'io abbia mai letto e inaugurò un breve periodo in cui seguii la serie in tempo reale. All'epoca, diciottenne, non rimasi granché affascinato dalla serie: questo numero mi sembrò facilone e dei successivi non capii nulla. Così mollai dopo 5-6 numeri. Ora, forte di maturità e lettura cronologica della serie, che dire? Questo numero mi sembra ancora facilone, almeno in parte, ma più che di Ruju la colpa è da attribuire a una società depressa che va a puttane e impedisce di fantasticare più di tanto (il tempio sotto Torino è assurdone, nemmeno MM era arrivato a tanto). Non a caso Bastet salva le prostitute ma con metodi che sostanzialmente la rendono un'altra magnaccia. Però per il momento la Maestra è alleata di Harlan e non muore, segno sicuro di un futuro ritorno.

Dampyr #73: Il mistero di Loch Torridon (Boselli/L.Rossi)

Boselli si concede un filler (ma non diteglielo, che si offende!) ambientato in una delle sue location favorite, le nebbiose Highlands scozzesi, incentrato su uno dei topoi della narrativa horrorifica e folkloristica, il bambino "posseduto" dal Piccolo Popolo, e disegnato da uno dei disegnatori più amati, Luca Rossi. Dopo diversi numeri si rivedono Milius e Maud, e con essi l'andamento dell'episodio torna ad avere quel ritmo cadenzato assente da parecchi numeri. L'albo non si rivela essere certamente uno dei più originali visti fin qui, ma con la "cornice" narrativa che a suo modo ribalta il classico incipit del turista "moderno" sperduto e incappato nel mistero di turno Boselli prova a rigirare la zuppa in modo diverso.

Dampyr #74: Il giorno della fenice (Cajelli/Baggi)

La copertina di questo filler è una delle migliori della serie. I disegni sono i migliori di Baggi visti fin qui. La sceneggiatura è buona, come sempre quando si tratta di Cajelli, soprattutto sul piano del dinamismo. Graficamente e visivamente gradevole, l'albo è pur tuttavia non fra i migliori, né fra quelli di Cajelli né fra tutti gli altri. Quando lo lessi per la prima volta nel 2006 non ci capii un kaiser ed ora la situazione non è che sia diversa. La quaestio è che l'approccio è lo stesso visto nella storia di Zyarne, ovvero "creo una storia suggestiva ma non spiego una ceppa". Ebbene, Dampyr non è Le Storie: lì un "Mexican standoff" ci può stare, qui un "German standoff" no. Non si capisce niente del numero: cosa sia la dimensione parallela, se sia parallela o interiore, perché il pittore vi acceda, perché il suo sangue gli permetta di accedervi, perché la figlia è pirocinetica, perché i mostri escano dalle tele, chi o cosa siano questi mostri, che legami abbiano con la progenie cui appartiene Nikolaus. Boh. Però c'è la suggestione. Ah vabbé, allora. Non è che io abbia in odio questo approccio, sia ben chiaro, e di Cajelli ho stima. Ma insomma, c'è momento e momento, c'è luogo e luogo, spacconate del genere in una serie come Dampyr servono a poco o nulla.

Dampyr #75: Lo sposo della vampira (Boselli/Bocci)

Non mi ricordavo nulla di questo numero, se non qualche sequenza che si è ripresentata nella mia memoria solo mentre si ripresentava anche dinanzi ai miei occhi. Avevo dimenticato che era scritto da Boselli, e dunque con tante belle nozioni interessanti, avevo dimenticato che era disegnato da Bocci, e dunque con tante belle vignette affascinanti, e avevo dimenticato che introduceva un nuovo Maestro delle Tenebre, lo sposo arabo della vampira, che però non è arabo e forse è uno dei Maestri già noti. Un colpetto di scena mica male, neh. Per il resto interessante numero cinefilo, che fatto seguire ad un episodio di Boris, come capitato a me, lascia anche un certo retrogusto beffardo.

Dampyr #76: La spada senza tempo (Mignacco/F.Russo)

L'ennesimo Russo degli ultimi mesi illustra con la consueta bravura un albo di Mignacco che, clamorosamente, sembra di Boselli. Qualcosa che non va del tutto c'è, dalle due licantropesse (che imho avrebbero dovuto essere semplici lupe) al ritorno (momentaneo) di Belyalis (che non si capisce come possa liberarsi e perché lo faccia a Venezia) alla Gemma Nera che apre i varchi (che fa tanto mystero, ma non è spiegata). Tuttavia si tratta di piccolezze: il resto è una Sirat Al Bunduqiyyah appassionante, mysteriosa, nozionistica ma non noiosa, riuscitissimo omaggio all'omonima Favola di Pratt, con qualche spruzzata d'eros e glamour. Come se ciò non bastasse, sulle rotte di Marco Polo l'albo veneziano costituisce un prologo alla successiva doppia giappa.

Dampyr #77/78: Kwaidan/Il castello dei mille soli (Boselli/Genzianella)

Doppia giappa giappa fino al midollo: ore e ore di film, kwaidan e mitologie giapponesi (più yakuza, suv, té, kimoni, eccetera) riversate in due albi. Un concentrato veramente tosto di nipposerie. Io non sono particolarmente amante dei cliché del Sol Levante sicché non mi sono impressionato particolarmente con questa storia che Boselli sulla posta aveva definito molto importante. Psst, detto fra noi, ma non ditelo in giro, Genzianella c'ha messo del suo nel non esaltarmi, con le sue anatomie abbozzate. E, ma questo ditelo pure senza patemi, c'ha messo del suo pure Boselli: ok I lupi mannari, ok la citazione, ma il viaggio nel tempo di Harlan mi è parso alquanto inverosimile, nel contesto della serie ovviamente; e questa caterva di mostri e creature leggendarie giappe che si riunisce tutta nello stesso luogo, a mo' di Dracula Park, per far combattere il Saemon e il dampyr? Chi glielo fa fare? Non ci sono vampiri nella storia, non ci sono Maestri, c'è solo il mostro-piovra: il quale dev'essere un Grande Antico, altrimenti mi sembra che tutta la vicenda abbia poco senso (come i cliché del Sol Levante). Ho fiducia che sia così, ma imho Boselli avrebbe dovuto almeno farlo capire, magari con un riferimento al #37.

Dampyr #79: Nazikian l'Oscuro (Colombo/Lozzi)

La posta è triste e ospita l'accalorato coccodrillo con cui Boselli rimpiange lo scomparso Faggella. Il fumetto invece è buffo e ospita il sequel dei #19 e #63. Viene rivelata l'identità del Signore Oscuro che mise incinta Alessandra nel Friuli: è Nazikian l'Oscuro, proveniente dalla dimensione della Luce Nera. Sorpresetta, ganzo. Però Alessandra, che all'inizio sta a Roma, viene costretta/convinta ad andare a Marrakesh, e da lì nel deserto ove partorisce con l'aiuto di un ragazzino-leopardo. Nel frattempo Harlan e soci sgominano dei mafiosi autoctoni e quando tutti si ritrovano Nazikian l'Oscuro, apparentemente imbattibile, viene sconfitto dal sorriso innocente del figlio ancora illibato. E muore. Ehm. Dunque, a me va bene, lo yin&yang com'è noto mi piace, tuttavia credo che un bel "roftl" ci stia dentro di brutto.

Dampyr Special #2: Gli orrori di Londra (Boselli/Freghieri)

Se il primo Special era stato un divertissement, alias un bluff, il secondo Special è un doppio bluff. Universalmente noto come il team-up mancato con Dylan Dog, non presenta nulla, nella trama, in grado di giustificare una possibile presenza dell'indagatore dell'incubo. L'assistente di Matthew Shady, che la guest Freghieri dipinge in una sola vignetta come identico a Dylan, era già membro del cast della serie e avrebbe potuto benissimo essere utilizzato anche assieme a Dylan. Insomma, con Dylan la storia sarebbe stata totalmente diversa, a differenza di quanto accaduto con l'altro team-up stoppato da Sergio Bonelli a inizio millennio, quello fra Martin Mystère e Zagor che invece Castelli aveva poi semplicemente riadattato con un geniale e salomonico stratagemma. Il secondo bluff dell'albo è tuttavia ben più sostanzioso: nelle previews e financo nella prefazione dell'albo stesso, l'episodio era stato descritto come fondamentale per come avrebbe riannodato i fili londinesi della serie e per le rivelazioni che avrebbe contenuto in merito a Lord Marsden, la Nea e la Temsek. Invece ciccia: un paio di fili riguardanti la morte di Lord Byron vengono riannodati, ma in un modo abbastanza forzato e privo di scioltezza; ed è vero che Lord Marsden fa qui la sua prima apparizione dinanzi al dampyr, ma solo come ologramma e dando l'arrivederci alla prossima sfida; quanto alla Temsek, vengono ripescati i soldati mostri visti sul Lago d'Aral, che poi muoiono, e viene arbitrariamente stabilito, da Harlan, che Marsden ne è il capo. Insomma, niente di che. Come mai un Boselli così sprecone? Il motivo diviene lampante quanto ci si accorge che il vero leit-motiv dell'episodio consiste nel Multiverso, la cui (scontata, ma necessaria) presenza in un sol colpo riannoda i fili dei vari universi paralleli visti nel mensile e apre a nuove possibilità, soprattutto in merito all'universo di provenienza dei Maestri. E quando ci si accorge di questo secondo bluff, ecco che il primo torna ad assumere significato: perché il modo in cui Boselli descrive gli universi paralleli e il meccanismo con cui vengono aperti i varchi sono perfettamente coerenti con quanto stabilito nelle serie bonelliane, su tutte Martin Mystère e Dylan Dog. E in quei bambini che sognano di fuggire dal pietoso orfanotrofio e con l'empatia aprono i wormholes si avvertono diversi echi di Tiziano Sclavi.

Dampyr #80: Il signore delle maschere (Di Gregorio/Dotti)

Ennesimo esordio sceneggiatorio: stavolta tocca a Di Gregorio, all'epoca veramente esordiente (aveva all'attivo solo una storia di DyD). Oggi, dopo avere letto tante storie dylandoghiane dell'autore, e averne con difficoltà trovata qualcuna interessante, leggere questa sua comparsata dampyriana fa un po' effetto: il coltissimo e vitalissimo sceneggiatore, che mai sembra colto e pieno di vita nelle sue storie, si trova subito a suo agio con Harlan e il clima della di lui serie. Un bilancio è d'obbligo: visto che ogni sceneggiatore ospite di Dampyr è parso subito veterano del mensile è evidente l'abilità del Boselli anche nella veste di editor. Intendiamoci: l'episodio messo in scena da Di Gregorio non è particolarmente innovativo, anzi segue passo passo il Manuale dell'Albo di Dampyr. Tuttavia ha dei pregi: non annoia minimamente e alterna sapientemente sequenze dialogiche e d'azione (e Dotti ci mette del suo illustrando il tutto con perizia); mette in scena personaggi abbastanza stereotipati ma li fa parlare con scioltezza e li inserisce in un contesto politico-sociale che può lasciare indifferenti solo dei cinici; sfrutta abilmente una leggenda vera (il ché fa cadere la maggior parte delle critiche lette sul Dampyr Forum) anche se la mantiene circoscritta nelle 94 pagine del fumetto. Insomma, l'ennesimo esordio sceneggiatorio si conferma essere esordio solo per la statistica.

Dampyr #81: Harlequin (Boselli/Cropera)

Ennesimo esordio, disegnatorio però: arriva Cropera e con il suo affascinante stile "vittoriano" è l'uomo giusto per illustrare (più che disegnare) una storia che è un mix delle due precedenti, dato che è british al 100% (più di quanto lo fosse lo Special) e si occupa del signore delle maschere per definizione. E con Arlecchino riecco Erlik Khan e la fida bestia Kagyr, entrambi in forma smagliante. Boselli riesce a non banalizzare il ritorno e con un guizzo dei suoi getta nella mischia un altro Harlequin, un demone ultradimensionale rubanomi, che proprio con Erlik va a scontrarsi in una delle sequenze più fighe della serie. Ma alla fine, con gli attori Jonathan e Jack Gann, gli arlecchini in azione sono addirittura quattro! Nel finale volutamente "caotico", come caotico è il dio delle maschere, balza all'occhio il primo utilizzo che Boselli fa del "nuovo" status quo post Orrori di Londra, nel quale il Multiverso è un punto fermo: e si può dire che, oltre ad essere come sempre coerente con la continuity multibonelliana, la messa in scena del Boselli, con il ritorno dei bimbi sperduti, si conclude con un tocco di poesia che fa dell'albo un albo puramente dampyriano ma al contempo romantico e raffinato.

Dampyr #82: Via del sortilegio (Boselli/Majo)

Scrivi Majo e leggi fascino. I creatori "veri" della serie tornano insieme e lo fanno a Parigi, con Araxe e Victor e il cast dei Sotterranei di Parigi di mignacchesca memoria. Dichiarato omaggio a/rifacimento di Rue de Maléfices di Jacques Yonnet, l'albo mette in scena una Parigi mysteriosa e meravigliosa e un riuscitissimo Victor, soppiantato nel cuore di Araxe da un solo nominato chirurgo bretone. I novelli misteri di Parigi che vedono da un lato Harlan e soci e dall'altro il perfido Maitre Abel correre su e giù per i luoghi magici (snodi leys) della città offrono piccole chicche di continuity, come gli scorci dell'universo natìo dei Maestri descritti da Abel, ma soprattutto la possibilità di perdersi fra tormenti storici e patemi personali e di diventare, grazie al vivido tratto di Majo, flaneurs a tutti gli effetti come il buon, vecchio Victor.

Dampyr #83: L'aviatore fantasma (Mignacco/F.Russo)

Una storia su Brumovski? No. Su Vera Bendix. Ma Mignacco va altrove, fillera e inventa un amore (a trois) perduto per l'anziana ex spia. Coerentemente con gli sfasamenti spaziotemporali degli ultimi tempi, conduce anche lei, Harlan al seguito, nel passato e ricongiunge l'anziana alla giovane. Ma col passato prima o poi bisogna chiudere i conti e i ponti, e così tutto nasce e muore nell'albo. Beh, proprio tutto in realtà no, dato che lo spok di Nigel Grant, proveniente dal mitico #46, preannuncia ritorno. Cos'ha in mente Nikolaus? Rispondere non è compito di Mignacco, così egli colombeggia e con il set che ricostruisce proprio l'incipit del #46 gioca col metacinema e trolla i flashback boselliani.

Dampyr #84: La congrega della Luna Calante (Boselli/Lozzi)

#37+#41+#64=#84. Marvin ed Esther (da ora coppia) + la strega + Thorke e Lisa = una buona storia del New England con la Grande Madre e i riti nudisti di Wicca (unico culto che personalmente riesco a tollerare). Una storia fino a un certo punto piuttosto erotica, ma che poi diventa un poco più sempliciona, con i personaggi che d'un tratto cominciano a parlare di sé in terza persona e ad autoincensarsi ad ogni battuta: Boselli, va' che non sei su Tex. Ulteriori difettini, se vogliamo, la totale assenza del Grande Antico visto nel #37 e l'ennesima sconfitta di Thorke che sembra definitiva ma forse-anche-no. Buona è invece la gestione del rapporto tormentato e ambiguo fra Lisa e Harlan, mentre il temporaneo sdoppiamento fra Lisa e Ljuba lascia qualche uhm per il modo facilone con cui ne viene spiegato il funzionamento (una che c'ha i poteri) .

Dampyr #85: Occhi di gelo (Cajelli/Bartolini)

Lo stile di Cajelli, a differenza di quello di Recchioni, è poppeppulp (pop e pulp) ma fine a sé stesso. Mentre Recchioni scrive quel che gli piace per farlo piacere a chi di solito non se lo fila, Cajelli scrive quel che gli piace per sé stesso e per coloro che già lo seguono. Ecco il motivo per cui questo numero è stato abbastanza denigrato: la maggior parte di coloro che lo hanno letto non ama i pastiches postmoderni zeppi di citazioni mainstream. E qui, dai bambini del Villaggio dei dannati a La Cosa, dagli attori famosi ai dialoghi da film americano, di roba già vista ce ne è molta. Ma, grazie soprattutto ad uno straordinario Bartolini, e all'ottima cura editoriale di Boselli (capace di legare l'albo al precedente in modo logico) quel pulp..etùn di cui sopra riesce a non annoiare. Anzi. A parte un finale da horroruccio millenarista di fine anni '90, l'atmosfera è una delle più prettamente horrorifiche mai respirate sulla serie.

Dampyr #86: La casa sull'orlo del mondo (Boselli/L.Rossi)

Come non detto. Dopo una delle storie più prettamente horrorifiche della serie, ecco quella che forse è LA storia più horrorifica della serie. Un'idea e uno svolgimento fra i più semplici e banali che si possano trovare - una casa che conduce su vari universi paralleli - ma che un Boselli che tiene a freno la verbosità degli ultimi numeri e un Luca Rossi MOSTRUOSO (che sforna il suo Capolavoro) trasformano nell'albo che più mi ha tenuto incollato dai tempi della Colonna infernale (I sogni di Lisa dopo l'effetto sorpresa perde qualcosina). E con gli squarci sul mondo dei Maestri, l'introduzione del nemico sconosciuto, e un cambio di status quo (il ringiovanimento di Ann Jurging) passato senza enfasi, ecco la gestione perfetta delle 98 pagine. Nel complesso un numero magistrale.

Dampyr #87: Santerìa (Boselli/F.Russo)

Quanto disegna Russo? E come fa a non tirare mai via una vignetta? Ah, Martin, che disegnatore ti sei fatto sfuggire. Detto ciò, Boselli manda alle stampe un altro albo politico, uno di quelli in cui il Maestro è sostituito dalla merdaccia di turno. Solo che in questo caso le merdacce sono tante: siamo infatti a Ciudad Juarez, assurda città dell'assurdo Messico che assurdamente è ferma a prima del medioevo. E' roba vera, non l'ha inventata Boselli, lui si limita a mandarci Harlan e soci e il duo Jeff Carter/Ann Spade (in trasferta da Sheffield). L'albo forse non è nulla di straordinario, ma a me il Messico tocca particolarmente (Chitzen Itzà, forse assieme a Tiahuanaco, è l'unico luogo al mondo per cui muoverei il culo) e in più l'ho letta in un momento in cui ero già irritato per motivi "sociopolitici", perciò mi ha coinvolto non poco, forse più del dovuto.

Dampyr #88/89/90: La sovrana dei regni neri/La pattuglia del deserto/L'oasi perduta (Boselli/Andreucci)

Ed ecco la prima tripla di Dampyr, quella che svela l'(ovvia) identità del Maestro arabo del #75 e lo elimina. Per una storia così importante Boselli si prende per la prima volta ben tre numeri, ma è solo un antipasto di quel che farà con la famosa "saga del numero cento", un anno più tardi. Ma intanto è anche questa una storia fondamentale, in cui tutti gli ingredienti si completano a vicenda per comporre la storia dampyriana perfetta. Nel bene e nel male, dato che fra questi ingredienti c'è anche il finale affrettato dove in due sole tavole viene sbolognata una questione fondamentale come la morte di Vathek. Il resto è tuttavia eccellente, tutti i personaggi (e sono tanti) hanno il giusto carattere, dai membri del Medical Team agli archeologi Shady e Lagu, dal trio protagonista al soldato Cameron, da Vathek e il suo servo ottocentesco a Tesla e le varie donne africane, vive o non-morte che siano. Riflessioni geopolitiche e sociali, sequenze orrorifiche "vecchio stile" e splatter, divagazioni nozionistiche di indubbio fascino, continuity sia interna alla serie che esterna (l'azione si svolge in luoghi in cui Boselli qualche tempo prima aveva condotto Zagor) e tanta azione si alternano con sapienza e anche con una certa scioltezza nei dialoghi, che come da tradizione non mancano ma sostanzialmente non eccedono nella ridondanza. E nel leggere questa lunga avventura non pochi sono gli echi nolittiani, anzi, sergio bonelliani, che si avvertono. Il ché, per quanto mi riguarda, è senza dubbio un pregio.

Fuoriserie: Notte a Narni (Andreucci-Boselli/Andreucci)

Seconda storia fuoriserie dampyriana, edita in un albetto per Narnia Fumetto 2007. La storiella, di 12 tavole, è ambientata a Narni perché sì, ed è una sorta di extra aggiuntivo della doppia La maledizione di Varney/I misteri di Napoli (#52/53). In realtà si tratta di niente più che di un omaggio del disegnatore di quella storia, Andreucci, a sé stesso, alla serie e alla sua città d'adozione, Narni appunto. L'improvvisatissima e metanarrativa tramina vede lo "spirito" di Varney gironzolare per Narni e far impazzire lo stesso Andreucci, portandolo a resuscitare l'amante non-morta dell'ex non-morto ogm. Harlan e Kurjak, chiamati sul posto da qualcuno, eliminano la minaccia dinanzi all'incredulo disegnatore, sbigottito dall'avere incontrato i personaggi che di solito disegna. Ovviamente l'idea stessa dello spirito del non-morto non ha senso, ma tenendo presente anche l'insensatezza del primo albetto, quello riminese (curiosamente uscito a ridosso della doppia napoletana), appare chiaro come Boselli consideri questi albetti promozionali come uno svago e un'occasione per parodiare la propria serie.

Dampyr #91: I cacciatori del sogno (Boselli/Genzianella)

Ed ecco un'altra di quelle storie turistico-antropologiche che rendono la serie molto apprezzata fra i colti. Stavolta il teatro degli avvenimenti, tutto da scoprire per i profani e gli ignorantoni come me, è la Corsica, terra di mazzère e strani riti oltremondani. E' forse il mondo dei Maestri quello in cui Harlan e Sophie Mutter sconfiggono la strega cattiva di turno? Le rupi appuntite lo suggeriscono, ma pare che sia solo una Corsica primordiale. Il countdown verso la morte cui viene destinato Harlan farà da sfondo alla saga del numero cento? La speranza sulle prime sembra esserci, ma svanisce definitivamente nel finale in cui tutto torna a posto. Beh, a posto se non contiamo l'ultima tavola, che a dire il vero appare un poco forzata. Ma va bene così, ho imparato qualche altra cosa e visitato altri luoghi che non visiterò mai. Missione compiuta anche stavolta.

Dampyr Special #3: Soldati di ventura (Cajelli/F.Russo)

L'ottimo Russo stavolta è meno ottimo del solito, ma è comunque ottimo. Il visionario Cajelli stavolta è meno visionario del solito, ma è comunque godibile. L'idea del Berbalang adepto di Thorke è buona, l'atmosfera da action movie americano è gradevole: lo Special non offre altro, ma è promosso.

Dampyr #92: La macumba dei narcos (Mignacco/Raimondo)

Filler che, volontariamente o involontariamente, fa da tramite fra lo Special e l'albo successivo. Da un lato ritorna dunque Bobby Quintana, presenza aleatoria nella storia di Cajelli, e dall'altro la macumba apre virtualmente alla trasferta haitiana dei #93/94. I due legami sono comunque solo teorici, dato che Quintana non menziona neppure la trasferta vietnamita dello Special e che il rito che riporta in vita (più o meno) il narcotrafficante cattivone avviene in Colombia. A rendere vagamente interessante l'albo sono comunque altre cose, come il goffo cameo di Marsden e il tratto di Raimondo, così simile a quello di Brindisi da apparire atipico per una serie come Dampyr.

Dampyr #93/94: L'isola dei bucanieri/Lo stregone senza volto (Boselli/Dotti)

Il ritorno della coppia Boselli-Dotti coincide con il ritorno delle grandi doppie storico-politico-avventurose. Quante nozioni, quanto sense of wonder, quanta voglia di riscatto e di giustizia nei flashback pirateschi con Draka e nelle vicende odierne di New Orleans e di Haiti. E quanta continuity, con Jeff Carter che prima fa ripensare sotto un'altra ottica a Santerìa e poi diventa zombie (!) e con Draka che fa la sua seconda apparizione dinanzi ad Harlan di tutta la serie! Preludio alla "saga del numero cento"? Si vedrà. Nel frattempo, ecco un'ottima doppia, sia ai testi che ai disegni (ottime le splash pages a mezzatinta), la cui unica pecca è forse l'ovvia (almeno nella seconda parte) identità del villain di turno.

Dampyr #95: I vampiri di Nadvora (Cajelli/Piccininno)

Cajelli, dunque filler. Ma è davvero così? La presenza di Draka, che di nuovo si manifesta e invita Harlan ad eliminare un suo antico rivale (peraltro dicendogli senza problemi che deve fare quello che dice lui) fa pensare ad un sempre più vicino cambio di status quo nei rapporti fra il dampyr e suo padre. D'altronde il numero cento incalza. Dunque non pare certo un caso che Boselli infili questa storia qui, dopo la precedente e a ridosso del grande evento. Quel che comunque viene da pensare è che Cajelli non deve aver pensato molto alla continuity: se è vero che il Maestro della Notte preistorico è una idea molto interessante e per la prima volta amplia il raggio d'azione storico dei Maestri fino al passato più remoto, è vero altresì che dalle preview tale Maestro pareva dover diventare una nuova nemesi e invece dura non più di qualche pagina. Inoltre la caratterizzazione stereotipata, da cattivone d'altri tempi, e ancor di più lo stramboide look da robottone preistorico, con tanto di armatura di roccia, che Cajelli gli cuce addosso sottolineano decisamente di più il tono sarcastico e quasi parodistico dell'episodio che quello più legato alla continuità.

Dampyr #96: La porta degli incubi (Cajelli/Baggi)

Idem come sopra. Cajelli aka filler? Sì e no. Sì perché la storia dello scrittore pazzo dal sapore dylandoghiano è una scusa per far sbizzarrire il visionario Baggi, che peraltro in questa occasione sforna una prova meno visionaria del solito. No perché il legame (non so quanto voluto da Cajelli e quanto da Boselli) fra lo scrittore pazzo e la sempre introvabile Dolly McLaine, sulle cui tracce per di più si rivela essere pure Lord Marsden, àncora il plot alla continuity e forse fa da ulteriore prologhino alla lunga saga che inizia dal numero successivo.
Ciò detto, l'oggetto della McLaine da recuperare era la dolly o la macchina da scrivere?

Dampyr #97/98: Notte e nebbia/L'armata della morte (Boselli/Bocci)

Inizia la saga più attesa, e lo fa col botto. Continuity a manetta in questa meravigliosa doppia (Bocci regala un'atmosfera davvero affascinante, in particolare nella prima parte), diretto seguito delle migliori storie della serie, e cioè Transylvanian Express, Il castello di Barbablù e La colonna infernale. Lo scontro fra Harlan e i Lupi Azzurri si fa frontale e giunge al momento decisivo, con Martin De Vere che sgattaiola solo all'ultimo istante nel numero successivo. Ma tutti hanno un ruolo ben preciso, da Vera Bendix a Matthew Shady, passando per i Maestri Elrik Khan e soprattutto Draka e Marsden, unici assenti ma la cui presenza aleggia indiscutibilmente in ogni anfratto di quella che è a tutti gli effetti la storyline principale della serie: la ricerca della città perduta del Re del Mondo (cioè Agarthi), ove si trovano Draka, Foster, Sandy O'Sullivan e soprattutto Dolly McLaine, la quale fa qui le sue prime gustosissime apparizioni, seppure in forma eterea. Ma Martin Mystère insegna che Agarthi sorge sul principale snodo leys, i tunnel spaziotemporali, e così l'indagine sul multiverso iniziata sul secondo Special e proseguita nel #86 va ad intrecciarsi indelebilmente con quella esoterica, dal momento che la spirale trovata da Rudolph Hess si rivela essere una sorta di chiave per aprire i wormholes - il ché è deliziosamente coerente con quanto visto su MM, e specialmente nel #292 (Il Sole Nero) uscito pochi mesi prima di questo. Ma tutto questo sarebbe ancora nell'ordine delle cose se non fosse che Boselli riesce a infilarlo in una nuova deliziosa storia d'altri tempi, capace di parlare di amicizia e dell'orrore nazista in modo abbastanza insolito. E, secondo me (a quanto pare non è così ma io ho questa forte impressione), di rivelare nientemeno che le segrete origini di Caleb Lost. Wow.

Dampyr #99: Il villaggio incantato (Boselli/Majo)

Continua la saga più attesa. Con la consueta Maestria, Boselli mischia Storia e storie in un vortice fantastico che Majo sublima con il suo innato talento nel rendere espressivi tutti, dai protagonisti alle comparse, paesaggi inclusi. Certo, il villaggio "Brigadoon" fuori dal tempo non è una idea nuova, e soprattutto non spiega ancora il legame fra la nebbia che lo avvolge e quella che avvolge il Teatro dei Passi Perduti praghese (semplice "nebbia spaziotemporale"?), e pure pare saltare subito la possibile coincidenza fra il biondo Ephraim e Caleb Lost, dato che i nostri, al villaggio, lo incontrano che è ancora ragazzino (ma comunque parliamo di multiverso, per cui chissà). Tuttavia la declinazione yiddish che Boselli dà all'intera storia, con le riuscitissime figure dello "scemo del villaggio", del rabbi e degli abitanti, indecisi se sia stato un bene o un male autoisolarsi dalla Storia, dona quel tocco sagace a tutta la faccenda capace di renderla gradevole anche sotto il profilo estetico e ritmico. Ovviamente, oltre a tutto questo, l'albo è full continuity e con una perfezione inaudita riesce a far incontrare i flashback della doppia precedente e le vicende "ongoing" di Harlan e dei Lupi Azzurri, portando poi il tutto in una dimensione nuova... letteralmente. Quale cliffhanger migliore per il numero novantanove di una serie che non la sparizione del protagonista, della spalla e dell'antagonista nel multiverso? Sbav.

Dampyr #100: Il Re del Mondo (Boselli/Andreucci/colori Studio Tenderini)

La svolta. Quel che finora era stato solo menzionato ora è esplicito: Draka siede sul trono del Re del Mondo e da esso controlla ed accede al multiverso. Ma attenzione: sia lui che Foster e Sandy O' Sullivan risiedono a Shamballa, non ad Agarthi, che, anzi, qui si chiama Agarthi Nera ed è un regime dittatoriale di stampo "flashgordoniano". A mio avviso, tuttavia, tale rivelazione non cozza affatto con quanto è noto dell'Agarthi martinmysteriana, della quale, in fondo, Martin e i lettori hanno visitato solo una propaggine. Inoltre Boselli, per mezzo di Draka, conferma come il Re del Mondo abbia abbandonato il suo trono da tempo (in MM si parla della fine del 19°secolo) e che Draka lo usa in quanto abbandonato. Ma le rivelazioni contenute nel coloratissimo episodio corcernono anche la continuity interna alla serie, e così si scopre che Dolly McLaine non risiede a Shamballa ma è perduta da qualche parte (dalle sue parole si intuisce si trovi nella Roma Nera vista nei #43/44) e che la simpatica vecchina, che riesce comunque a fare una nuova comparsata ectoplasmatica, è l'ultima discendente di Aurelio Ambrosio, figlio di Amber Tremayne, la quale - altra rivelazione - è la sorella di Draka. Insomma, tutto il panegirico attorno alla scrittrice assume un significato nuovo e tutto da scoprire. Squarci vengono aperti anche sul passato di Harlan, prima con un interessante prologo "accelerato" narrante il periodo intercorso dall'incontro fra Draka e la futura madre di Harlan (Velma), nella Jugoslavia del 1942, alla nascita del dampyr, poi sottratto ai genitori dalle famose tre zie, dunque con dei flash, forse oltremondani?, che Harlan mostra di non gradire. Quel che come al solito è gradevole è che Boselli non si limita a sterili spieghini fanservice ma non rinuncia a raccontare quel che gli va: in questo caso una storia di fantascienza "ibrida" (indubbiamente estranea alle atmosfere ordinarie della serie), in parte mutuata dai classici degli anni '30 in parte da Moebius e in particolare dal suo Incal (entrambe scuole fumettistiche amate dallo sceneggiatore). Tanto più che la suddivisione abbastanza "brusca" fra una prima metà dell'albo esoterico e zeppo di rivelazioni (con l'arrivo di Harlan prima sul mondo dei Maestri e poi a Shamballa) e una seconda metà di pura azione sci-fi (con la ricerca di Martin De Vere e la lotta contro il regime dei Superni dell'Agarthi Nera) mi ha ricordato non poco la struttura della quarta storia di Blake et Mortimer, L'enigma di Atlantide (non a caso Harlan scambia Shamballa per "una specie di Atlantide"), a sua volta principiante come una moderna storia archeologica e terminante come una vecchia storia di fantascienza classica. Ma Boselli fa un ulteriore passo avanti rispetto a Jacobs e sceglie di non lasciare che l'omaggio rimanga semplicemente tale, così nel finale sfrutta le novità introdotte nella trasferta agarthiana per tenere viva la serie. In questo modo, se da un lato il "nuovo" Martin De Vere, potenziato dal Vril, si perde nuovamente in chissà quale universo, l'Harlan che, spiazzato dalla baraonda di novità nella quale si è ritrovato suo malgrado e colmo di rabbia verso il padre, tenta di uccidere Draka ma da lui viene nuovamente smaterializzato chissà dove, mostrano che la serie è tutt'altro che terminata e che, anzi, la fase più "semplice" è stata proprio quella di questi primi 100 numeri. E che è da qui, da questa svolta, che il bello deve ancora arrivare.

(2013-2014)

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