giovedì 20 aprile 2023

I CLISTERI DI CLYSTÈRE (2)

 

Commenti umorali e scorretti, allo scopo non di criticare una serie a fumetti, ma di rappresentare il decadimento psico-fisico di un lettore, condotto all'esaurimento dalle avversità della vita


MM #373: Incubi! (Castelli/Ongaro-Sforza)

MM #374: Il ritorno della Dea(Recagno-Castelli/Romanini-Sforza-Mangiantini)

Un cerchio si chiude: nel 2005, in occasione dell'uscita di MM 379 "Ritorno ad Atlantide", o qualcosa del genere, in una memorabile intervista a TgCom24 (il canale di Blackman), l'autore di Martin Mystère promise che, con il rilancio bimestrale, le storie le avrebbe scritte "tutte lui" e che con quel rilancio avremmo goduto di avventure squisitamente mysteriane, mica Gli uomini del blues, salvo pubblicare, un anno dopo, Il pavone dell'imperatore. Povero pavone, quante gliene abbiamo dette. Ma chi immaginava che la serie avrebbe finito per pavoneggiarsi in un decennio di vacua - e voluta - ignoranza del suo stesso passato? 

I veri segni premonitori risalgono, comunque, al 2007, allorquando, nel 12° Albo Gigante - che l'estensore di queste righe lesse a ridosso della SBE -, non avendo abbastanza spazio per riassumere tutte le dieci piaghe di Morales (le storie fino ad allora sceneggiate), la rubrica scelse di presentare, a mo' di ventaglio pubblicitario, alcune sottotrame aperte, accuratamente selezionate, con il preciso proposito di riprenderle e portarle a compimento. Martin il marinaio, senza perle nere del Pacifico, però, le promesse non le mantiene per definizione (è noto per far impazzire gli editor) e di quelle trame non ne abbiamo mai vista una fino ad oggi. Eppure, poche settimane più tardi, Carlo Recagno in persona stilizzata, rassicurò agli utenti del forum Agarthi - che l'estensore di queste righe lesse a ridosso del PC - come due di quei buoni propositi sarebbero ben presto - alla peggio, un anno più tardi - divenuti realtà. Si trattava, nello specifico, dei ritorni di Mister Jinx e del Teschio di Cristallo. 

Ma qualcuno tramava alla luce della lampada della redazione, qualcuno che aveva deciso che Java avrebbe avuto un grave malore e che, in preda al mestruo, avrebbe vissuto una di quelle avventure "clickbait" nello stile della morte di Superman; qualcuno molto amato dal pubblico e per il quale gli stessi curatori di MM cominciavano a nutrire un sentimento più forte della tolleranza. Sul calare del 2007 fu, così, mandato allo sbaraglio un filotto di albi firmati Recagno e Castelli, allo scopo di nauseare il pubblico di aficionados, che di questi autori ne aveva le tasche piene dal 1982. La reazione dei lettori speciali fu chiara, non unanime ma evidente. Preso atto del risultato del "crash test", la redazione preferì accantonare le due storie di Jinx e del Teschio e dare il via libera all'originale proposta di Morales: un'appassionante storia doppia fasulla, con due albi autoconclusivi collegati alla bell'e meglio, in cui Java, da un giorno all'altro, si rompe i coglioni e va via con la fidanzata, che poi muore. Il titolo è Java, addio, ma a salutare, in realtà, sono Martin e la redazione. Tracce di come gli eventi si svolsero in tempi relativamente rapidi si trovano nella seconda puntata, dedicata a tutt'altri argomenti e copiata da un romanzo. Fu, questa, l'unica storia "in due puntate" del Martin Mystère Bimestrale. 

Il resto è storia nota: l'avversione del pubblico al n.300, l'abbandono della continuità per fare un dispetto a De Rosa Aldo, il declino senile di autori lettori e personaggi, l'avvento di autori lettori e personaggi nuovi ma già declinati allo stesso modo, l'esplosione di retcon ed errori di ogni tipo, l'implosione della formula bimestrale, fortunatamente ignorata da TgCom24 (in quanto oggi legge solo in digitale, e le scan non si trovano). Snobbata perfino dai troll del web, oggi alla redazione di MM non pare vero di poter sfruttare l'ottuagenario genetliaco della Casa Editrice per anticipare il rilancio di un anno rispetto ai tempi previsti. Ma le giacenze cominciano a scarseggiare, altre avventure del Cristallo con le Zampette non si trovano, all'improvviso Lotti non ha più idee. Fortunatamente, tra le molteplici attività di Castelli, vi è anche quella di Archeologo della Carta Stampata. Ed è dal fondo di quel cassetto dimenticato, tutto pieno di polvere sebbene chiuso da un decennio, che spuntano quelle due storie innocentemente abbozzate, una con Mister Jinx e Java che muore ma è un sosia buffo, l'altra con il seguito di un Classico tra i più amati e in più Erickson e quella cosa lì, come si chiamava?, conseguità?, ah sì!, continuità. Le storie sono in buona parte già disegnate, ma entrambe sono incomplete. Cosa fare? Lampante, riaffiora alla mente la grande lezione del Maestro Morales: abborracciare, mentire, improvvisare, tanto i lettori si bevono tutto. Ecco, dunque, una nuova storia "in due puntate", la seconda e ultima con gli albi formato Bimestrale. L'approccio è lo stesso di Java, addio. Due trame che non c'azzeccano nulla l'una con l'altra vengono fuse in una unica lunga e ambiziosa vicenda "definitiva" dopo la quale tutto sarà prima, tranne un dettaglio. Ma, privi della capacità di Morales di far amare ai lettori storie di cui poi non ricorderanno nulla (fateci caso: delle trame di Morales vengono ricordati solo Maria nuda e la loro natura intrinseca di capolavoro, altri dettagli più precisi appaiono confusi alla memoria dei fans), Castelli e Recagno sono costretti a giocare sporco e a tradirsi. Nell'arco dei due albi ricompaiono, in stretta sequenza, dando quasi l'impressione che l'universo narrativo sia lo stesso in entrambi i mesi, personaggi quali Blackman, Erickson, Jinx, Zulma, Cristallo con Gli Arti Completi, Uomini in Nero, con numerosi riferimenti ad albi precedenti (fortunatamente nascosti in un angolino su sfondo nero). Di più! Cosa sono "Martin che scopre di essere il Capo dei MiB" e "Jinx Capo di alcuni MiB" se non infantile, genuino, fanzinaro fanservice? 

Questa esplosione di concetti si riversa fluvialmente sui lettori indifesi, che rimangono vittime di un fenomeno di dejà vu di massa. Poco importa che le sceneggiature siano piene di errori omissioni e riscritture: a tutti loro, tutto questo ricorda qualcosa. Qualcosa che addirittura, in un tempo remoto, quando erano quarantenni elegantemente vestiti, gli piaceva pure, almeno in parte. Ma oggi gli anni sono ottanta e la moda è avere le pezze al cu.., così molti si dichiarano delusi (oppure scaricano l'app con cui lo certificano). Perché Maria ha dovuto morire e Java no?, si chiedono. Che, è sessista? Se non ora, quando?, ripetono. Altri, meno inclini alle polemiche, invocano Atlantide e Mu, se non in questa storia, almeno in un'altra, non troppe volte però, perché poi stufano. Diversi i fortunati che confondono i due albi con quelli di Morales e gridano al capolavoro senza sapere bene il perché, ma non fanno testo. Come riferirà lo stesso Castelli: è il mercato a dettare le regole, non la frutta. Eppure, tutti costoro avrebbero molto su cui recriminare. A partire dall'escamotage del sosia, copiato da un albo vecchio (non citato, giacché Castelli non lo rammenta) e sceneggiato come un fumetto del Corriere dei Ragazzi. E per quale motivo Smith non è Peter Forman? La dabbenaggine più eclatante è, senza dubbio, quella, ormai celebre, della pazzia di Smith autoretrodatantesi. Ma l'elenco è lungo. Martin dichiara di non aver voluto Altrove tra i piedi, ma da quando in qua Altrove fa quello che dice lui? E ancora: Java è notoriamente un uomo di Neanderthal, ma pure se non fosse notorio (ma lo è, perché gli dedicano i realities), come è possibile che nessuno gli faccia un'autopsia come si deve? E ancora: come fa a rimpatriare come se nulla fosse, se è un vip ritenuto morto? La vertigine della lista ci obnubila e pure noi finiamo per dimenticarci il resto dell'elenco. Gli autori possono tirare un sospiro di sollievo: tutto è cambiato per non cambiare, tirem innanz, meno male che Mario c'è. 

Resta, dietro le quinte di questa baracconata, un tizio, un po' più intelligente degli altri, che si soffia sul dito: è colui che, in questo cumulo di cianfrusaglie ha visto qualcosa che per molti è sembrato come un dettaglio secondario, perso nel dejà vu. Il talento. Quello innato, che prevale sul mestiere. La capacità di creare immagini o situazioni subito iconiche e memorabili. Travis serio e autorevole. Jinx al tavolo coi MiB. Martin disperato per i vicini. Martin disperato per tutto. Il teschio di Magnus. Silvio Blackman che si scusa. Erickson dopo duemila anni. Quello splendido set Lego che è la casa di Smith. E, soprattutto, Smith stesso. Personaggio sorprendente nel primo albo, entra nell'iconografia di Babele quando, nel secondo albo, si scopre che è uno sfigato qualunque, che gira sempre travestito da MM con la barba. Quante avventure avrà da raccontare, questo personaggio, che ritroviamo sulla copertina della prima edizione italiana di Dracula? Vogliamo leggerle tutte.

Così come la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca, ma la conosciamo tutti, e tutti ci ricordiamo la scalinata, ecco che lo stesso accade per questa dignitosa ciofeca, questo catalogo infinito di errori pedestri e bambinate, questo funebre portfolio artistico shakerato non mescolato, che tuttavia ci regala perle istantenee, subito indimenticabili. Una storia-meme che ricorderemo tutti ("meme" deriva da "imitazione", ma sputateci in un occhio se la radice non sembra "memoria", d'altronde si imita per essere ricordati), e con affetto intediamo, e che assurgerà a simbolo di un'epoca.

Brutta, ma per cui proveremo nostalgia quando anche noi, come Martin e i suoi autori, saremo vecchi e imprigionati in un tempo peggiore di quelli precedenti. 


MM #375: Ottant'anni fa (Castelli/Filippucci)

Per un fumetto capace di rendere credibile il plagio di un robottone e l'accostamento fumetto=marijuana, in storie ricche e memorabili, celebrare il compleanno della Casa Editrice che lo pubblica non può che essere un giuoco da vigorosi balilla. Se non fosse che è lo stesso fumetto che, quando si è trattato di festeggiare il proprio trentennale, è stato colto da alzheimer e non ha saputo offrire di meglio che what if random e retcon di sé stesso, e che da allora non si è più ripreso. Ma l'occasione è troppo ghiotta per essere sprecata, e comunque "Anni 80" è stato già fatto negli anni 80. Ritorna, dunque, una vecchia conoscenza della serie, l'Uomo con la Barba, che annovera, fra le interpretazioni più amate, il cameo nei pressi della SBE in MM #139. Viene anche ripescato un concetto più volte ribadito in altre occasioni (fra cui il succitato trentennale), per il quale il fumetto "Martin Mystère" esiste realmente nell'universo narrativo di Martin Mystère. Insomma, laddove in Nathan Never vi è l'universo olonomico, MM si fa forte del suo universo ergonomico, chiamato così perché fa comodo agli autori. Da presupposti coerenti si sviluppa una trama classica, con il ritmo dei racconti brevi promozionali e dai dialoghi visibilmente scritti da una persona brillante ma ormai anziana. Non c'è la sorpresa di vedere Martin con in mano un fumetto di antiquariato (MM #274) o interagire con il suo biografo ufficiale (MM Presenta #6 e #8); non è una novità veder comparire una figura proveniente dal passato, presentata in modo sinistro ma la cui identità è palese fin da subito (MM #130, MM Presenta #6, rubrica di Storie da Altrove #22); l'apparato storiografico stuzzica ed intriga, ma era già stato annunciato da sinossi e preview. Cosa resta, dunque? Una lettura leggera ma non demente, che soltanto alla fine sbraca un poco. Non è un problema l'ennesima "piega dimensionale", giacché siamo grosso modo dalle parti de L'amuleto di Tin Hinan, che era uguale. Non è da darsi troppo peso al Tardigrade e al robottino, personaggi simili li abbiamo visti in altre occasioni. Non è un guaio l'aver ripescato pour parler Adam e Korg proprio dopo averli dichiarati morti il mese prima (è comunque curioso che Martin li rammenti immediatamente). Non è certamente un misfatto l'ennesimo incontro-scontro metafumettistico con un eroe del passato, l'intera serie si basa su queste cose. Cosa c'è che non va, allora? Forse il tardigrade viene sconfitto con modalità davvero frivole (e già viste, MM #268) e, pur con tutto l'approccio metatestuale che il lettore può mettere di sua sponte, l'"esplosione di fantasia" appare davvero come la prima cosa che è venuta in mente allo sceneggiatore stanco. Col senno di poi, ha una sua logica, giacché il tardigrade è l'autore/lettore di strette vedute, mentre Martin e l'Inafferrabile rappresentano quelli "speciali" (o è il contrario, oggi non si capisce più bene). Ma è un ragionamento che può emergere solo a posteriori, in fuga dai commenti trancianti, mentre, riponendo l'albo sullo scaffale, e osservando la discrasia coi bimestrali, si esclama "Per tutti i diavoli dell'inferno, che ci stiano ancora, le costole?". 


MM #376: Come ai vecchi tempi (Recagno/Grimaldi)

Al termine di un pasto interminabile e ricco di portate - ben quattro mesi e tre albi - è inevitabile, per i commensali arrivati alla frutta, scambiarsi ricordi in preda all'abbiocco diuretico e all'estasi alcolica. Il nuovo ciclo di MM si apre così, con un albo dal titolo programmatico, che fa di tutto per rievocare momenti gloriosi e rispolverare vecchiume dimenticato, ma finisce per ripetere le solite chiacchiere, abbondando di ellissi e salti logici e mancando di sottolineare le cose importanti. Dalle risate ebbre si passa presto alla pennichella sul divano. Bacco, tabacco e Venere riducono l'uomo in cenere. Basta prendere in considerazione la chiave di volta dell'episodio: il villain rapisce l'eroe al solo scopo di farlo parlare e tenerlo lontano dall'azione; appena lo libera, se lo ritrova invischiato nella stessa azione da cui voleva tenerlo lontano, e ne ride. Un certo signore, molto tempo fa, avrebbe detto: "ma è demente?". Certo, la rivelazione conclusiva sulla sua identità ci suggerisce che probabilmente lo è, ma giocare sulla complicità del lettore (che si trova nella medesima situazione) equivale a giocare sporco. E non sempre funziona: sorprendentemente non pochi hanno storto il naso dinanzi alla sequenza (ormai di culto) della spada ciulata dalle mani con la corda, con un elicottero silenziato che appare dal nulla in modalità stealth mentre Martin porta il cimelio ancestrale e pericoloso a fare una passeggiata. Come ai vecchi tempi? Se persino i lettori speciali hanno avuto un guizzo di lucidità, evidentemente sì. Ma la sceneggiatura appare più quella dei tempi recenti, a meno che dieci anni non siano già da considerare passato remoto, e forse per il pubblico che si intende inseguire è così. A salvare capra e cavoli (cioè lettori ed eventi) interviene, fortunatamente, la mitologia nipponica. Una saga sempre ricca e affascinante, fonte inesauribile di spunti e mysteri, e forse per questo poco esplorata dagli autori. Anche in questo caso, giacché la storia di Susanoo viene rinsecchita e riassunta fin troppo in fretta (il mostro ha due teste, ma sembra che ne abbia otto, non poteva averne quattro allora?) e, soprattutto, il parallelismo esplicito fra gli eventi del passato remotissimo e del tempo presente - una tradizione di MM questa sì, come ai vecchi tempi - viene sottolineato soltanto da due grassetti e da un cambio di inquadratura, e infatti sfugge anche ai recensori. Ma è chiaro che le dinamiche tra Izanagi, Amaterasu e Susanoo, come quelle tra Mark, Martin e Sergej - padre, figlio e spirito affranto - sono sovrapponibili. Il padre protettore, l'ambizioso diplomatico, il ribelle incattivito. In questo Recagno sembra effettivamente essersi ricordato di quando era l'ambizioso diplomatico, anziché il ribelle incattivito degli ultimi anni... o è il contrario? Boh. Insomma, oh Susanoo non piangere perché ho lasciato là la lama per tornare al fu Mystère. E ci commuove sapere che la telenovela non è ancora conclusa, un po' come quando vediamo che in Beautyful c'è ancora Eric Forrester, ultimo residuato dei vecchi tempi. E allora passi l'Orloff di nuovo macchietta, passi la finto Morgana passeggiatrice, passi Kut Humi che o mente o non ha aggiornato l'Akaschi. Ci va bene tutto, "purché se ne parli". Deludente, invece, l'autoanalisi interiore di Martin, che non sembra mai essere davvero convinto di essere cambiato e gli basta vedere il padre due secondi per pentirsi di tutto. Va bene che non è Dylan Dog, ma è pur sempre quello che, quando era sulla sedia a rotelle, ha rimuginato per duecento pagine. A proposito, il disegnatore è lo stesso di quella volta: lì ha fatto solo gli sfondi, qui purtroppo anche il resto. Per concludere: un nuovo ciclo ha inizio, e noi maschietti ormai sappiamo che in questi frangenti è meglio non avanzare troppe pretese. 


MM #377/378: Il vampiro di Vienna/Gli Uomini in Rosso (Barzi/W.Venturi)

Concluse le celebrazioni per il trentanovennale, il "nuovo corso" della testata entra nel vivo, pardon, non-morto. Ma l'occasione per protrarre il party in mascherina è ghiotta: in contemporanea a questa vicenda, Zagor - nel suo mensile - si reca in Europa per sconfiggere un vampiro, e precisamente a Vienna, e il disegnatore è lo stesso; il cross-over è dunque servito su di un piatto d'argento, ma l'argento è nefasto per i licantropi, e licantropi o vampiri, sempre mostri sono, come evidenza il frontespizio della seconda parte; quindi niente, il rimando a Zagor lo fa Dylan Dog. Il redattore Barzi ha, invece, ricevuto l'imbeccata di rovinare un altro vecchio Classico, quello del Vampiro a NY, sulla scia di quanto perpetrato da Lotti negli ultimi anni, in un contesto (ma nessuno lo contesta) di "innovazione nel segno del tradimento". Senza che la cosa scalfisca più di tanto il protagonista della serie né i suoi lettori, scopriamo, così, che Herman Strauss (ma per noi resterà sempre "Stephen Queen"), prima dei romanzi commerciali, è stato compulsivo autore di libretti d'opera e di cinema popolare, arrivando a sceneggiare quasi tutto lui, mentre gli altri vampiri facevano da truccatori, scenografi, sarti, elettricisti, cassieri, venditori di pop corn. L'idea appare coerente con uno dei postulati bonelliani, il "Vivono tra noi" dylandoghiano, nonché con La notte dei non-morti (#271/272), pustola mysteriana ripudiata un po' da tutti. In quell'episodio, che il nostro autolesionismo ci ha impedito di dimenticare, i vampiri collegati a Strauss erano emo e bimbominkia, curiosamente il pubblico inseguito oggi. I vampiri di Barzi sono, invece, Amish e cosplay: qual è la differenza? Beh, in effetti, nessuna. Teoricamente, il fumetto presenta elementi decisamente dampyriani, e nella connotazione gerarchica e folkloristica dei non-morti, e nella pesante cinefilìa e frivolezza della narrazione. Ma a nessuno sembra importare qualcosa di questo "Dampyr", né il Colonnello appare all'altezza di cattivi dampyriani quali Rubicante e Zarema. No, il tono della vicenda è quello caciarone di Supernatural, che proprio quest'anno abbiamo integralmente rivisto e finalmente concluso, una serie tv solo recentemente scoperta dagli autori di soprannaturale (sorprendente l'elogio fattone da Maurizio Colombo). Le silly faces, i poliziotti buffi, l'andirivieni, il nozionismo spiccio, le armi spantega, la retcon fregna, il villain sfighiz, le citazioni pulp. Non manca nulla. L'artista, sempre serioso e precisino su Zagor, può sbizzarrirsi nel cartoonizzare Java e personaggi reali come la youtuber, mentre il volto del cattivo se lo trova già pronto. Il mystero alla base della trama è niente più di una sinossi e la foliazione delle due parti è di 156 pagine: solo un detrattore può pensare che si tratti di una giacenza dei bimestrali. Oltre alla scelta dei vampiri, da sempre desiderosi di nascondersi agli occhi dell'opinione pubblica, di fare una strage in un cinema, ciò che resta più impressa è la striscia di presentazione conclusiva della prima puntata, modellata su quelle storiche che accompagnavano le testate Bonelli dei tempi d'oro, ma che MM non aveva mai potuto sfoggiare. Una piccola chicca, subito degradata dal titolo sbagliato del secondo albo, così da accontentare sia gli intenditori (di poche parole) che i commentatori (di destra).


"Nuovo corso" anche per lo Special, che dopo 34 anni saluta Altrove e combriccola per darsi al riempitivo puro. L'episodio portante è 

MM Special #38: Fiamme sulla laguna (Artusi-Zilio/Ongaro/ col. Ongaro)

è la novelizescion a fumètts (nelle ex canoniche 94 tavole) del racconto in prosa Non si scherza con il fuoco di Alberto Toso Fei, provvidamente proposto gratuitamente sul sito della SBE. Leggendolo (il racconto in prosa), si ha l'impressione che si tratti di una vecchia giacenza, realizzata quando l'universo narrativo di MM era ancora credibile. La versione a fumetti, fortunatamente, visti gli autori, non tradisce i contenuti del racconto, limitandosi solo a ripresentarli con una sequenzialità leggermente diversa, e con un paio di semplificazioni che tuttavia non vanno a rovinare il soggetto: l'analisi grafologica, su cui il fumetto sorvola, e la nota di azione conclusiva, che però serve a dare un senso alle scenette di Java con la gondoliera, che invece nella prosa si perdono nel nulla. La differenza più grossa, apparentemente, è data dalla collocazione cronologica: la prosa situa l'azione nel 2003, il fumetto nel 2021; ma noi sappiamo che ormai è come dire "ieri l'altro" o "ieri". In definitiva, in ambo le versioni, siamo dalle parti del "mystero italiano" riempitivo degli anni 1990, dunque con una corroborante dose di nozioni e collegamenti mentali a sopperire i cincischiamenti del protagonista della serie, preso più dalla gita turistica che da altro. L'arte di Ongaro è la solita, ma stavolta si presenta colorata, e riesce, così, a non infastidire.  

MM Presenta #17: Pape Satan Aleppe! (Castelli/Mangiantini)

è un nuovo raccontino turistico-promozionale, di 16 tavole: ai tempi d'oro, lo avremmo dovuto faticosamente reperire in un qualche volume o catalogo prestigioso e costoso, per poi implorare Castelli di ristamparcelo economicamente da qualche parte. Ora ce lo troviamo infilato qui, come tappabuchi, allo scopo di non diminuire la foliazione. Castelli celebra, giustamente, l'anno dantesco alla sua maniera, mostrandoci il Dante meno noto, quasi demistificato, quindi barbuto e guerriero. Per l'occasione, si tenta di risolvere il mystero della famosa frase, quella che dà il titolo all'episodio, riconducendola al cavallo Satàn a cui Durante sarebbe stato affezionato: è un'idea di fantasia, scaturita dalla volontà di omaggiare Tex nella copertina, ma che è inserita in un contesto storico e che dunque appare credibile. Certo, a "Pape" e "Aleppe" bisogna arrivarci per deduzione. Quasi tutta la storiella è un flashback: Mystère compare soltanto per contratto, a Ravenna, dove abita quel nostro amico, e dove l'autore non manca di infilare l'ennesima fantasmagoria di pura invenzione. Al fumetto è abbinata anche la "Fantasmagoria" vera (la rubrica), ma delle due pagine una è dedicata a Virgilio e ai suoi misteri, tra i quali, guarda caso, la testa parlante di cui si occuperà una storia successiva. Il fumetto, non si sa bene per quale motivo, avrebbe dovuto essere illustrato da una prestigiosa guest star, Aldo Di Gennaro. Visto il colore della "storia lunga", forse l'intenzione era di trasformare lo Speciale in un volume di lusso. Grazie al Covid ci è toccato Mangiantini: da tempo sosteniamo la necessità di avere in squadra artisti "vecchio stile", veloci ed "industriali" ma sempre leggibili, alla Bignotti; l'arte di M.M. risponde a questi requisiti; ma, se si migliorasse un po', non ci offenderebbe di certo. Infine, 

Il cimitero dei computer (Castelli/Montanari-Piccoli) e La scintilla (Castelli/Della Monica) sono vecchie glorie rievocative di epoche ormai scomparse.


MM #379: A Nord da Nord-Ovest (Badino/Velardi)

Primo albo da "Nuova Era Mensile" a tutti gli effetti, appare quasi una dichiarazione programmatica: Martin Mystère, picchiato da un razzista, si domanda quale senso abbia ancora viaggiare ed esplorare, e, viaggiando ed esplorando, scopre che dietro al mystero della sparizione delle due navi Terror ed Erebron non v'era alcun mystero, ma solo storie di razzismo a catena: gli eschimesi odiano i vichinghi che odiano gli inglesi che odiano gli americani che odiano gli indiani che odiano i cowboys che odiano il nozionismo. "Gli Uomini in Bianco", ricordate? Tutto questo appare realisticamente e drasticamente coerente: oggi Martin è un indefesso piddino ed è logico che le sue avventure siano adeguate ai tempi correnti. A Badino, poi, va dato atto di aver imparato lo schema delle storie mysteriane post Segreto di San Nicola, anche se alternare tra flashback e presente ogni due pagine è un poco eccessivo e confusionario (ma anche questo è coerente, con il pubblico). Le intenzioni sono lodevoli: una riflessione ad ampio raggio sul ruolo del mystero e di Martin in questi tempi tristi e mistificanti è ciò che da tempo chiediamo (e forse è proprio per questo che ci hanno ciulato l'idea); così come il concetto di Martin esploratore del mondo, anziché mero fruitore di aerei e taxi, necessita quanto mai di una rispolverata; la risoluzione esoterico-ancestrale di una questione sociologica attuale è una ricetta classica della serie; e non stona del tutto nemmeno la demistificazione della scomparsa delle due navi, in quanto trattasi di realtà storica, essendo state ritrovate di recente. Non mancano nemmeno situazioni ficcanti dal sapore prosperiano: da "Ho conosciuto Anja Soengard" - "Non conosco", squisita battuta razzista rivolta da Martin all'esquimese, a Java che se la scopa, l'esquimese, unendo le due culiture. Il tutto, però, risulta, in qualche modo artefatto, centrosinistrorso, e non aiutano certo i disegni di livello GaL!. Tant'è che tutto comincia con Martin che chiede acqua "da asporto" e si conclude con la citazione letterale moralesiana, passando per una pedissequa esposizione storiografico-televisiva della storia dell'esplorazione Franklin, dove i personaggi hanno i volti degli attori della serie tv e dove i dati storici vengono poi ripetuti pari pari nella rubrica, per un albo in cui pure il titolo è una circonlocuzione. 


MM #380/381: La Ballata di Thomas il Rimatore/Tutta la verità (Lotti&Mainardi/Orlandi)

Secondo episodio doppio della nuova serie mensile, ma niente striscia di presentazione al termine della prima parte: ci era piaciuta, perché dovremmo volerne altre? Meglio troncare di netto e dare l'impressione che la storia sia una giacenza dei vecchi bimestrali, così da dare ai complottisti pretesti da rinfacciare loro in seguito. In realtà, le due parti sono davvero distinte: i dialoghi piatti, le vignette inutili mute o in cui si ripetono cose già dette prima, l'informatica for dummies, la cicciona e lo spionaggio spiccio rivelano platealmente l'identità dello sceneggiatore della seconda puntata. La prima, di contro, parrebbesi di Mainardi, l'autore della NAAC meno illeggibile, e infatti è più leggibile della seconda. Certo, la trama delle previsioni del futuro scatenate dal luogo ancestrale - no, dalla chiesa, no, dall'altare, no, dai parassiti - trasportato nel centro commerciale da Trump baffuto, è una trama che nemmeno il giovane Castelli saprebbe rendere credibile. E quindi anche l'identità dell'autore del soggetto è chiara, soprattutto considerando che quel canovaccio di cui sopra viene messo da parte e sostituito da una spy comedy e quindi da un viaggio in Florida "che fa tanto una vecchia storia" (e in fondo, tra previsioni del futuro e di attentati, abbondiamo di remake allusivi). Ma l'elemento che più inchioda il co-autore di Mainardi appare quello buttato lì alla fine, la continuity improvvisata col #375, il primo della nuova serie. Scopriamo, infatti, che di tardigradi ce ne sono tanti, sono tutti senzienti e gestiscono l'intera rete di psicobubbola casistica che fa da supporto a Gaia (e non devono tassativamente avvicinarsi agli esseri viventi, anche se è impossibile). D'altronde, l'accenno, nel primo albo, al tardigrade spaziale, poteva sfuggire solo a un lettore disattento (o di grado tardo, appunto). Ma perché a Gaia dovrebbe fottere qualcosa di predire il futuro? Il Genius Loti non ce lo dice, lasciandoci dispregustare futuri sviluppi. Non è l'unica innovazione del fumetto: appuriamo che in Italia Java si è appassionato al giuoco del calcio, ma segue con piacere anche il baseball; che a Martin i centri commerciali danno fastidio, anche se poi, se proprio deve, ci va pure lui; che Diana si arrabbia quando i cantieri le bloccano la strada e non le fanno aiutare i bambini poveri in pace. Le numerose frasi in antico gaelico, riportate fedelmente, ci danno modo di leggere qualcosa che non leggiamo tutti i giorni (in quest'ottica è da intendersi anche la rubrica dedicata alle mele, che non c'entrano una mazza col tema della storia, che pure non c'è).


Martin Mystère #382: Gli Spiriti del Natale (Lotti&Mainardi/Sforza)

L'annata si conclude in bellezza: dopo due mesi di Lotti&Mainardi, eccone subito un terzo. La strana coppia di sceneggiatori (nel senso che è strano siano sceneggiatori professionisti) stavolta coglie la palla al balzo (albo dicembrino) per rovinare il ricordo omaggiare i Classici a tema della serie: Nostra Terra dei Mysteri per la foliazione e l'idea dell'albo-strenna favolistica; Generazioni per Dickens e i suoi derivati. Il tutto con i toni dello Speciale estivo, che in estate ha fatto lo gnorri, quindi l'appuntamento non è del tutto saltato. Purtroppo il livello è davvero tiramollesco (per non dire sempre topolinesco). Ad Altrove è entrato un gatto e gli altroviani lo hanno adottato. E questo già basterebbe, ma il gatto, non pago, viene posseduto da un "plasma cacciatore" sfuggito ad un esperimento di due altroviani goffi, i quali odiano il Natale. Il plasma - cacciatore, come i cacciatori di taglie cristallini e cavatappici (ce li ricordiamo, vero?) - riceve dunque la missione di cancellare il Natale: e questa è la trama. Angie trova il gatto, lo appioppa a Martin, smanioso di fare il remake di Manny Gould (altro Classico rovinato omaggiato): e questo è lo svolgimento. Per impedire a Martin di ricordare cos'è il Natale, il plasma imprigiona nel Sondo del Mogno gli Spiriti del Natale dickensiani, ma Martin lo convince che il Natale è bello e l'amore vince su tutto: e questa è la conclusione. In realtà, il plasma ha cambiato idea solo perché gli piaceva Angie (s)vestita da Babba Natala: e questo è un fumetto che viene pubblicato dal 1982, e che ora ha il frontespizio mezzo a colori mezzo in b/n.


Nathan Never: Uniti per il Pianeta (Vigna/Bonazzi,Foderà,Grimaldi/ col. Cerchi)

Volume cartonato uscito solo nelle migliori librerie (migliori nel senso del governo correlato, Cingolani sponsorizza). Cross-over basato sui presupposti di Nathan Never #300 e #359, in cui Nathan viaggia tra gli universi bonelliani e incontra Mister No e Martin Mystère. Il primo, in realtà, lo aveva già intravisto di sfuggita, mentre il secondo, nei succitati albi, non era in casa. Stavolta ci sono tutti. Fumetto un po' troppo didascalico, anche la minaccia dei Pretoriani appare un po' esagerata (liberare la CO2 stoccata nel sottosuolo è sufficiente a sconquassare il clima su tutto il mondo? A meno che non abbiamo capito male e le alterazioni atmosferiche colpiscono solo la Costa Est. Ma poi si dice che vogliono distruggere il Pianeta, e d'altronde il titolo è indicativo). Alcuni errori ci fanno inarcare tutte le sopracciglia (quante ne abbiamo?). Tanto per cominciare, Nathan spiffera a tutti questo suo segreto tecnobubboloso, e addirittura, alla fine, Legs sentenzia che le "fa sempre un certo effetto" vedere le persone fare i salti quantici; ma quando mai le ha viste? Qui, fino a dieci  pagine dalla fine, non sa nemmeno chi siano tutti questi anziani brizzolati o tinti di cui si circonda il suo collega. La stessa Legs ci regala poi la battuta più divertente dell'episodio, quando chiama "vecchia lattina" il sciùr Mystère, scambiandolo per il robot... e lo stesso Nathan, schiaffeggiandosi enfaticamente la fronte, d'improvviso si ricorda dell'esistenza di quel suo amico, il ché contraddice platealmente l'universo vignesco, in cui il Martin robotico non esiste, oltre che gli episodi precedenti di questo stesso filone "quantum leap", dato che, come detto, Nathan e Brohme avevano vanamente suonato il campanello a Washington Mews (evento che viene pure ricordato!) senza che all'Agente Alfa il cognome "Mystère" dicesse alcun ché. Boh. Lo stesso Mystère, inoltre, non associa il Mister No dinanzi a lui a quell'anzianotto che ha incontrato in un paio di circostanze, gli pare solo una somiglianza. Infine, non ci risulta che nel 1986 Washington Mews fosse già sbarrata dal cancello. E questo è quanto può interessare un consumista come il lettore (speciale e non), giacché il tema ecologico non è poi così approfondito. Prendiamo per buona la notizia degli stoccaggi di anidride carbonica, ma di più non possiamo fare. Mica possiamo imbrattare i monumenti. La foliazione di 64 tavole costringe l'autore a stringere quanto più possibile; ciò nonostante, ciascun personaggio ha il suo momento di gloria: non solo i tre protagonisti, ma anche Brohme e Greta Suzuki (sic!). La premessa, posta nei citati albi di NN, per la quale la base di Brohme si trova nell'Amazzonia degli anni 1950 ('52, scopriamo qui), a posteriori pare studiata a tavolino per dare il via a una storia del genere; l'interazione con Mister No è gradevole nelle sue brevità e semplicità, nei testi come nei disegni (di Foderà). C'è tutto quanto il repertorio: l'alcol, le notti, gli indios, il Piper. Grimaldi disegna la sequenza nella New York del 1986: di puramente mysterioso non c'è nulla, Martin vi compare più in quanto divulgatore tuttologo (e vecchio amico di cui ci eravamo dimenticati, vedi sopra). Serve solo a raccontare il trivia del vulcano Tambora, che ha causato diversi eventi storici. Compare quasi più Aaron nell'epilogo che Java.  Bonazzi, ovviamente, illustra le sequenze futuristiche: nell'ultima, in cui agiscono anche i due ospiti del team-up, ha difficoltà nel disegnare i volti di Jerry e Martin. Drake e Mystère rubano la scena proprio nel futuro, mettendosi avventatamente nei guai con i mutati marziani nella fazenda. Curiosamente, i raggi del Murchchdana e dell'arma generica di Never hanno la stessa foggia. Comunque, la presenza risolutiva del triumvirato si limita al rubare il barile di CO2. Nell'epilogo ritroviamo pure il Darver insensatamente canuto e persino il Presidente (di quale che sia ora l'Ente governativo nel Nuovo Ordine Vignano), e veniamo gentilmente invitati a fare di più per preservare il Pianeta, o almeno l'Amazzonia, o almeno quel che ci capita a tiro. Copertina di Sergio Giardo.


Martin Mystère #383/384: Ritorno a Slumberland/Riscatto a Quattro Dimensioni (Eccher/Piacentini)

"Il camion è fermo sulla linea di mezzarìa" - "State calmo, sta spostandosi sulla destra, permettendoci di inserirci nell'altra corsia". Si apre così questa nuova giacenza del bimestrale: "dialoghi chirurgici" (cit.), che vanno dritto al punto, lasciandoci all'istante in coma. D'altronde ci troviamo nel dichiarato seguito de La Sindrome di Matusalemme (Gigante #13), il Classico di riferimento per le nuove generazioni di autori ultraquarantenni. Finalmente le questioni rimaste aperte in quella vicenda (Marmor, il "regalo", la stessa Slumberland) vengono chiuse? No. Perché? Non è meglio l'invasione di generici mostri oltremondani, che non vediamo mai e che possiedono demonicamente le persone? Dopotutto, quello era il Gigante in cui Castelli se la tirò e fece venire l'ictus al suo alter ego: lo sceneggiatore suo erede (assieme agli altri che puntano a spartirsi la torta del vecchio), giustamente presenta una storia capace di procurare lo stesso effetto. Eppure, per qualche strano allineamento d'astri, il primo albo risulta revisionato. Palese è l'indicazione del Direttore Responsabile di mischiare le pagine come un mazzo di carte da illusionisti, e mostrare gli eventi in ordine cronologico sparso, a spizzichi e bocconi, per aumentare la suspence. Altrettanto redazionale è l'ennesima gag sugli haters del BVZM, e quasi sfacciata è l'introduzione paternalistica con cui Martin apre la puntata del suo show televisivo (dopo due anni di editoriali, finalmente tocca al fumetto). Ma, soprattutto, è la sequenza colla medium a presentare inserti di continuità posticciamente eterogenei, tra "il Docteur Mystère che conosce Orloff" e Martin che è ancora fermo al #330. Rivelazioni che Martin prende con filosofia, limitandosi ad accusare l'imbonitrice nascondendole la droga in casa, e poi arrivando ad augurare la morte agli spacciatori. Il mix di questi elementi sgangherati è costruito con tale furbizia (l'autore, in fondo, è lo stesso che ha creato la nuova squadra ellegibitì plàs di Nick Raider) da portare la vicenda ad essere seguita per tutto il primo albo, sino al grottesco cliffhanger coi pupazzetti (che, tuttavia, col senno di poi, non inquieta manco per sbaglio e si rivela essere solo una parentesi clickbait). Esilarante l'apertura del secondo albo: dopo un moderno "prologo" in medias res, si è tramortiti dalla didascalona riassuntiva appiccicata sopra le vignette rimpicciolite. Questo a indicare che non si tratta affatto di una giacenza. Ma è una giacenza, dato che da questo punto in poi tutto scema nella solita azione da film americano di spionaggio, con Martin che ripete in continuazione di voler indagare, ma non comincia mai, e d'improvviso compie violazione di domicilio in tenuta da mercenario; con il mystero degradato a parodia (l'insider trading oltremondano, che è come gli avvocati del multiverso del #339, o le merendine di Lotti); con le parodie delle citazioni (l'attacco degli anziani al cantiere, copiato sia da film che da MM stesso); e con la conclusione che, per spaventarci, non conclude nulla e minaccia ulteriori prosecuzioni (puro jump scare). Ad avvalorare la nostra ipotesi di un'Altrove in Nero è l'accusa, buttata lì tra le righe, a Tower, forse a conoscenza della secret invasion e non intervenuto nella civil war (noi, comunque, preferiremmo avere torto e non saperne più nulla). Ma da dove vengono questi malvagi baccelloni invisibili? Dal Sondo del Mogno? Dallo Orizzonte degli Eventi? Martin ipotizza il Superspettro (Speciale #26 e #315), essendo la connessione tra i due casi meno logica. Del resto, senza la vicina suicida, senza Travis a consentirgli indagini private, senza la vecchia a mandarsi in coma da sola, senza Flip, senza la memoria fotografica di roboDiana, senza Java a mo' di giubbetto antiproiettile, senza lo yuppie autocommiserante, e senza il tacco di acciaio delle geox col quale sbriciolare l'hard disk (e dire che noi ne usiamo uno mezzo smontato da anni), il nostro eroe sarebbe rimasto a guardare una morta e due comatosi. L'arte accompagna tutto questo con la sua classe, la 5° B.


Martin Mystère #385: L'ombra di Michelangelo (Matteuzzi/Da Sacco)

Prosegue il "nuovo corso" mysteriano, che poi è quello vecchio che era affibbiato a Lotti, mentre ora viene sbolognato a esordienti o affini. Qui ne abbiamo due in colpo solo. La richiesta delle alte sfere è chiara: rifare storie vecchie fingendo che siano nuove, riciclando idee già sfruttate, magari sperando in un'imbeccata che permetta loro di essere ulteriormente sviluppate (ma questo finora non è ancora successo). Stavolta tocca a due "classici moderni" semidimenticati, quali Il segreto di Robin Hood e La pietra caduta dal cielo: dalla prima provengono gli alberi della conoscenza di origine ancestrale e cooptati dagli Uomini in Nero del passato; dalla seconda è copiato il finale in cui il cattivo si sparaflasha di onniscienza e crepa di overdose cerebrale. Non solo: dalla seconda proviene anche Le Centre, che proprio in quella storia esordì, e che qui è presente con due agenti social warriors che, però, tirano in ballo sempre Tower (per noi è giusto: è il Capo degli UiN, come fatto implicitamente notare anche dalla tiritera conclusiva: "anche lui sarebbe d'accordo" ad agire in puro stile UiN). Lo spunto, fornito da Castelli, è quello già usato nel racconto breve Lo Spirito di Raffaello (Speciale #37), il quale, a dispetto del titolo, si occupava più di Michelangelo. Lo sceneggiatore, ringalluzzito dal contratto con la major, sa di non poter sbagliare - anche se su MM i precedenti indicano che è richiesto il contrario - e, di conseguenza, va sull'usato sicuro, proponendo un canovaccio "turistico" a metà tra il Mystero Italiano degli anni 1990 e il raccontino promozionale. Eccoci, dunque, subito a Roma, subito con l'ennesimo compagno di studi coetaneo di Martin e altrettanto giovanile (e dire che proprio nello Spirito di Raffaello compariva il loro prof. di quando erano giovani), subito col mistero già mezzo risolto, subito con gli UiN all'attacco, subito con Martin pronto a scattare foto col cell e a bluthoottarle sul compiute, taac!, ed ecco subito il corposo flashback che subito svela gli altarini (letteralmente). Dunque, quello che nel raccontino era uno scherzone metafumettistico (la cosa della Creazione), qui assume più verosimilmente una connotazione storico-filosofica, con la scoperta di come Michelangelo si iscrisse alla Compagnia Nera e poi ne fu cacciato per intemperanze. A questa intuizione viene innestata la sottotrama dell'Albero dell'Eden richiesta dalla redazione, che non può che condurre in Turchia, a creare un virtuale teaser per l'importante albo successivo. L'episodio Ritorno all'Eden dell'Almanacco 1992 viene così cancellato, e l'Eden ricondotto alla solita Atlantide prevista dal contratto, badando bene ovviamente a non contraddire le altre Eden viste nella serie, visto che gli alberi debbono essere almeno sette. Matteuzzi si arrabatta come può tra l'esuberanza di chi vuole attirare l'attenzione e le pretese redazionali, sfruttando il ritmo accelerato dei fumettini fuori serie e diluendolo furbescamente con due flashback molto lunghi, confezionati all'uopo per non lasciare spazio a sparatorie e inseguimenti in auto (l'azione, invece, è presente nel passato!). La velocità rende inevitabili diverse forzature e sciocchezze: non solo Michelangelo e il suo superiore cospirano ad alta voce in un luogo dove l'eco rimbomba, ma le agenti di Le Centre fanno lo stesso in trattoria a Trastevere (introvabile), e poco dopo tutto il gruppetto ripete la cosa in aereo. "Fatece largo che passamo noi, sti giovanotti de st'Altrove bella, semo regazzi fatti cor pennello e la china, e li mysteri annamo a disvelà". Naturalmente, gli Uomini in Nero che agiscono nel tempo corrente della vicenda sono più inetti delle loro controparti positive, come ai tempi d'oro. Un episodio dal ritmo "topolinesco", ma con una accezione quasi positiva del termine, che ci ricorda vagamente un paio di classici di Massimo De Vita coevi dei primi MM, anche nei dialoghi meno piatti del solito e in piccole arguzie quali l'ingresso all'Eden a forma di serpente tentatore. La copertina cita quella del #1, ma con le pretese artistiche di quelle del #222 o #285: la realizzazione non è a quei livelli, ma apprezziamo l'impegno. L'artista si presenta con una prova anch'essa  figlia degli anni 1990, dal sapore industriale, tra momenti solidi ed altri rivedibili. Qual è la vera natura dei Neanderthal, accennata dall'Onnisciente in Nero? Dobbiamo per forza connettere questo indizio a quello del Cervello Quantico


Martin Mystère #386: I suoi primi quarant'anni (Castelli/Alessandrini,Orlandi,Torti)

Quarant'anni e sentirli tutti: così autori e personaggio si presentano all'invidiabile traguardo. Il mystero è stato svelato da tempo: lo ha detto Burattini, ma basta seguire Dylan Dog e in parte Nathan Never per rendersi conto di come l'Editore abbia chiesto alle redazioni di smaltire tutte le giacenze. Solo che per Castelli smaltire una giacenza è un'operazione oziosa, e deve necessariamente divenire l'occasione per fare qualcosa di diverso. Era già accaduto nei #373/374, e, oggi come allora, il riferimento era stato l'elenco programmatico del Gigante #12: tra le varie storie annunciate come di prossima uscita nel 2007 e dintorni vi era anche la genesi del famoso caso del "fantasma del Topcapè". Il prologo di questo nuovo albo è, infatti, illustrato da Alessandrini con lo stile degli anni 2000; uno stile già lontano dai tempi migliori, ma ancora solido; in seguito, emergono le imprecisioni dello stile degli anni 2020. Lo sappiamo: di fatto, gli unici albi veramente celebrativi ed autoreferenziali della serie - nella sua originaria incarnazione - sono il #241 e il #300. Successivamente, ogni pretesto è diventato buono per lodarsi ed imbrodarsi, e, di fatto, tutto l'universo mysteriano si è tramutato nella topolinesca caricatura metanarrativa di sé stesso. Sono, così, evidenti le difficoltà nel trovare nuovi spunti per farsi i complimenti: ecco perché questo quarto genetliaco ricicla elementi del primo (un mystero normale concluso scherzosamente), del secondo (la finta retcon dello status quo) e del terzo (un Martin "alternativo", secondo la definizione castelliana dello Speciale #37, in cui a ogni differente età Martin è "alternativo" a sé stesso). Non solo: le più recenti celebrazioni risalgono al '21, con la tripletta data dai già citati #373/374 e dal #375; da essi provengono l'ennesima riscrittura della realtà, sia endogena (cioè operata da Martin stesso) che esogena (frutto dei capricci di una creatura ancestrale e oltremondana). Naturalmente, la narrazione è quella tipica dei racconti brevi, il massimo che il Mahatma riesce ormai a gestire. Si parte, quindi, da premesse interessanti e godibili, intrecciate e sviluppate con talento ed esperienza (che è qualcosina in più del solito "mestiere"), ci si avviluppa da soli perdendosi in un bicchiere d'acqua, e si arriva al dunque con grossolano mestiere (sì, quello virgolettato prima). Uno schema ormai talmente consolidato, e funzionale quando la foliazione è davvero breve, da poter essere perdonato, tanto vi siamo quasi (quasi) affezionati. Ma insomma. Per rimanere soltanto al 2007 di cui sopra, i noi stessi di allora avremmo senz'altro guardato al bicchiere mezzo pieno: alla prima metà (e poco più) del fumetto, alla messe di nozionismo turistico e persino politico, al sempre irresistibile schema dei "racconti nei racconti", allo sfondo mediorientale (uno dei nostri favoriti), alle intuizioni salaci anche nei momenti più faciloni (pazienza se il collegamento tra Topkaki e Gobekli è tirato per i capelli, la sovrapposizione Dio/Djinn/Genio ci piace, anzi, è giusta), mettiamoci pure la sagace retcon della storia vecchia (come già Oak Island, anche il "fantasma" non è stato realmente tale); purtroppo, pure noi ci avviciniamo al quarantennale, e senza l'entusiasmo per i floppy di chi indossa fieramente maglioni a rombi. Di conseguenza, finiamo per essere infastiditi dalle numerose "topolineserie": i collegamenti di continuità errati (il caso del "fantasma" era avvenuto prima del 1982, l'Altrove a guida UiN bellamente ignorata) o tirati in ballo impropriamente (Amanda Janosz); la pretestuosità di certe forzature (perché il varco è nel Palazzo? "Boh, perché sì"; il Genio non esprimeva tre desideri? "Taci, sciocco"; e la parola "Djinn" compare solo nella rubrica); la conclusione esageratamente spaccona e sbrigativa (battaglia aerea nei cieli turchi, tutto insabbiato a parole, baci e abbracci); gli artisti usati mestamente come tappabuchi. E, curiosamente, è assente l'unica "topolineseria" che avremmo voluto, dato che tra i fumetti arabeggianti citati mancano proprio i Geni disneyani (di Gottfredson e del film d'animazione). E non è finita: se nel 2007 eravamo solo dei piccoli lettori speciali, o quantomeno allegati, in seguito siamo diventati pseudoautori; e questo episodio non soltanto rompe le scatole a ben due Get a Life!, ma anche al nostro ambizioso soggetto dedicato alle origini delle Mille e una Notte, che avrebbe voluto anche razionalizzare la Quivera dei #55/56. Fortunatamente, non lo abbiamo mai sviluppato a dovere, così dobbiamo cestinare soltanto una sinossi. Ma insomma, siamo al quarto o quinto soggetto cassato. A salvarci dalla depressione sono proprio l'argomento mediorientale e il trattamento al contempo dotto e surreale che Castelli gli applica: non siamo ai livelli irraggiungibili di Lawrence d'Arabia a Hegra, ma non possiamo resistere nemmeno allo Slumberland arabo e al Genio Demiurgo e Genius Loci. Alessandrini lo abbiamo già criticato: ma vogliamo ribadire che è l'unico artista che ci terremo volentieri fino alla morte. Orlandi illustra le paginette oniriche, mentre Torti spunta all'improvviso verso la fine, così, a mo' di cucùsettete. Facendo una media di pregi e difetti, l'episodio è senz'altro migliore degli scalcinati #373/374 e celebrativamente più  riuscito del #375. In fondo, il gigante Morales, con le sue riscritture e le sue storie arabeggianti grossolane, non aveva abbondantemente anticipato tutto questo?

DOC Robinson: Operazione Arca (Castelli/Ricci)

è la seconda versione del racconto poi divenuto il #3 della serie. La prima versione è quella pubblicata da AMyS un anno prima (nel 1981? No, nel 2021). L'incipit è differente da quello noto, che curiosamente ci stupiva per la sua inusualità (azione in medias res). Castelli ci fa sapere che, invece, il suo intento al tempo della creazione di MM, era proprio quello di rendere più dinamici e spettacolari i barbogi fumetti Daim Press. Per fortuna, "mestiere" ed "esperienza" ancora gli difettavano. Pochi anni orsono, Ricci ha realizzato una splendida illustrazione di Martin che porta a domandarci per quale diavolo di motivo non si possa riassumere nello staff.


Martin Mystère #375//386: Martin Mystère e il potere del Falco

è il romanzo in dodici puntate di Andrea Carlo Cappi, pubblicato nel corso dell'anno maggio 2021/aprile 2022. Una trovata che auspicavamo almeno dai tempi del Governo Monti e che è sopraggiunta con un tangibile ritardo, apparendo già quasi anacronistica e scontentando molti. Di questi ultimi possiamo anche fregarcene, non pubblicando noi la testata. Tuttavia, confessiamo che, leggendo le singole puntate a ragguardevole distanza di tempo l'una dall'altra, ci troviamo in difficoltà nel commentarne i dodici capitoli. Istintivamente, rammentiamo discretamente soltanto il capitolo metanarrativo con la rivista pulp fasulla (cioè castellianamente reale). La macrotrama si è rivelata, col passare dei mesi, tipicamente cappiana, con una prevalente dose di azione e spionaggio a scapito dell'elemento puramente mysteriano. Forse un passo indietro rispetto a La Pietra di Wolfram, forse persino ai due fumetti che Cappi sceneggiò con Pasini (uno dei quali prosegue in questo romanzo). Dovremmo rileggerlo interamente, ma non ne abbiamo il tempo, né tutta questa voglia.


MM #387: Lorem Ipsum (L.Barbieri/W.Venturi)

Entrati negli "'anta", ci si può lasciare andare al decadimento. L'equivalente mysteriano di birra gelata, canottiera e rutto libero è costituito da azione senza senso, mysteri inventati di sana pianta ed ennesima autocaricatura: il piatto viene servito freddo, per risparmiare sul gas (usato per suicidarci). Secondo riciclo in tre mesi per Il segreto di Robin Hood (Almanacco 2005): riecco il libro di narrativa di massa che rende ricco l'autore posticcio, ricreato sulla base di tecnobubbole atlantidee cooptate dagli UiN medievali. Gli sceneggiatori di MM si parlano fra loro o passano il tempo ad invidiare la vita economicamente agiata di Castelli? A quest'ultimo, è noto, non è che interessi molto il contenuto degli albi pubblicati; la forma invece sì, ed ecco che l'albo stesso diventa il suo contenuto: il frontespizio è sbagliato, nella sceneggiatura accadono eventi poco attinenti ai precedenti e ai successivi, il finale è ovviamente meta. Non è un delitto ricordare che, dietro ad alcuni Classici della testata, non si celino grandi mysteri ma soltanto pigre riflessioni: da Space Invaders ai primi Jinx alle barzellette eccetera. Ma è omicidio colposo, con l'aggravante della reiterazione del reato, costruire ogni episodio sull'ozio intellettuale. Ed è inclinazione naturale a delinquere ritenere che, se pigro è lo spunto iniziale, superficiale debba essere il mestiere impiegato per trasformare lo spunto in storia. Come in altre occasioni recenti, ci troviamo dalle parti del più piatto Topolino degli anni 1970-80, in un triste ibrido tra le astruserie di Siegel&affini e la piattezza dello Studio Program: cose prive di senso si susseguono sulla scia di dialoghi puerili e asincroni, con personaggi caricaturali che agiscono come in un cartone animato della Warner Bros [nell'ordine: c'è il demente dei sondaggi, poi gli analfabeti coi cartelli, citazione di un film non molto vecchio, quindi la notizia con le morti dei professori che rimane trama aperta, Martin non vuole leggere il libro, Java lo legge, Martin glielo strappa di mano e lo legge, Aaron lo chiama proprio in quel momento, il cattivo pure, questi è subito sgamato allora chiama al volo il rider dei libri, Martin giocherella col libro antico imprestatogli nello Speciale #38, irrompe una afroamericana che scompare subito e gli distrugge l'incunabolo (e vabbè pazienza), poi tocca alla tipa di Kill Bill, quindi ecco Lucy Liu, che ha il terzo occhio, e si accompagna a Erickson, che vive nel luna park abbandonato nel paesino col nome buffo, solo adesso Martin capisce che Lucy Liu è una Donna in Nero, breve nozionismo, l'unico possibile sul tema, con flashback ricostruiti con attori, quindi c'è da risolvere un codice come in New Atlantis, ma quello era un codice vero questo è inventato, lo si deduce da Erickson che non conosce i pianeti del sistema solare, scenetta di gelosia di Diana (invitata alla cospirazione) mentre Java lecca il lecca-lecca, stacco e assalto alla villa del cattivo, Java ferma Onofrio col lecca-lecca, il cattivo spara nel petto a tutti ma non becca nessuno, Lucy Liu non è davvero una UiNa ma ha falsificato il CV e vuole impadronirsi del libro magico per usarlo a suo piacimento, non come gli UiN che notoriamente salvano il mondo, Martin lo aveva capito subito, forse perché asiatica, e le aveva fatto il test trabocchetto (o le aveva fatto il test per capirlo, è uguale), Erickson imprigiona tutti, il cattivo è riabilitato, gli UiN fanno il contrario di Il ritorno di Billiken, Martin gli lascia il libro magico perché si fida di Erickson che assicura di averlo distrutto, ma non è vero, finale copiato]. Ora, se in ambito disneyano, in determinate situazioni, tale approccio può anche generare involontario e demenziale piacere, trovarselo in un Bonelli "ufficiale" lascia sempre un'impressione di artefatto: l'artista può anche trasformare tutti in cartoons - come accade in questo caso - ma questo non fa ridere, anzi intristisce. Ed è un peccato, dato che un fumetto con le premesse, per quanto fragili, di questo numero, poteva inserirsi in una tradizione mysterianamente consolidata negli anni 1990, ai tempi delle prime buffonerie (tipo La grande illusione; però, essendo le prime e precorrendo i tempi, non apparivano delle brutali idiozie). E sia chiaro che lo sceneggiatore in questione, scelto in quanto unico (o quasi) fra i redattori ad essere anche sceneggiatore (l'altro è Contro, ma l'ha preso Dampyr), nella disperata ricerca del "nuovo Burattini" (che è un po' come dire "agenda Draghi"), non ha fatto altro che prendere le sue passioni (l'editoria e il fantasy, è il curatore di Dragonero) e miscelarle (malamente). Ma insomma. Da parte nostra, potevamo scrivere tutto questo oppure "Diobuono" (frase riapparsa nei Dylan Dog recenti) e poi parole a vanvera. Ma, come si dice, de minimis non curiat editor. Sed lex, dura Tex. Terribilis est album iste. Comunque, vedere gli UiN "buoni" agire come Altrove corrobora la nostra idea di Tower capo occulto. E ci contraddiciamo: Martin che è entusiasta di collaborarvi è degno delle nostre parodie (e allora cosa critichiamo quelle altrui?).


MM #388: Fantasmagoria (Barzi/Orlandi)

Potremmo semplicemente dire che la rubrica di Castelli si apre con la - storica - gag delle "correggie" di Gaddi e della sua "abundanzia di merda", e quindi insinuare come lo stesso creatore della serie abbia fornito una chiave di lettura del fumetto postfatto. Ma preferiamo glorificare l'ingegno del Mahatma, che ha scelto di proseguire le celebrazioni di Martinsalemme con un albo particolare, composto di pagine bianche e intitolato come la rubrica. Che idea! In questo modo, ogni lettore può immaginarselo come meglio crede. Ad esempio, uno che di MM ha solo sentito parlare, potrebbe riempirlo con una trama nonsense e con personaggi autistici, che si dipana tra dialoghi demenziali ed eventi ridicoli. In questo modo, dopo gli albi "alla Siegel", ne avremmo uno "alla Fanton". Il lettore di destra, che odia i rivoluzionari e li ritiene tutti indistintamente sanguinari criminali, calcando la mano sul tema, sarebbe soddisfatto, e con lui avrebbe di che godere anche l'appassionato di drammi emotivi da telenovela sudamericana ("roba che neanche Morales...", cit.), e persino a quello che non ritiene che i viaggi nel tempo sminuiscano la serie non resterebbe che leccarsi i baffi. Tutto questo, va da sé, non avrebbe motivo di essere disegnato bene, e dunque perché farlo? Un lettore dalle caratteristiche opposte alle succitate, invece, sognerebbe qualcosa di completamente diverso; ma, a conti fatti, si trova comunque a dover leggere un albo capace di far rimpiangere il famigerato Fantasmi a Malta. E a subirne il terrorismo cerealifero, proprio adesso che fa la dieta. E allora il prossimo che dice "immagina, puoi" lo ghigliottino.


MM #389: L'arma di Sansone (Matteuzzi/Foderà)

Fumetto demenziale, ma intriso di una sua laterale cultura, sulla falsa riga dei visionari dei tempi d'oro: Prosperino, Chiavecchioli, SegnaMerraVidda, Pedalini, Palombetti. Perché guardare a Castelli e Recagno, quando ci si può rifare a questi? L'intreccio tra Etiopia e Giamaica magari non frutta un dottorato, ma è simpatico, e sembra avere una sua coerenza interna; mentre che lo strumento musicale, nella realtà peruviano, sia quello di Sansone, è un'invenzione dell'autore; a questo punto, però, si poteva pure tirare in ballo l'arma di Caino, mica ci offendevamo. Se le basi hanno una parvenza di logica e dignità, e possono persino ispirare piccole riflessioni estemporanee, il canovaccio scelto per esporle è invece grottesco e caricaturale. Fin da subito, quando una scenetta da commediola disneyana (anche nei dialoghi) permette a Martin si lanciarsi all'avventura veramente per puro istinto, senza uno straccio di motivo valido. E la farsa prosegue poi con i tre rastoni di mezza età che articolano i flashback fantastorici in modo confuso, tanto che è lo stesso Mystère a farlo notare (eppure, la confusione dovrebbe essere il suo pane quotidiano): la vignetta in cui la mandibola viene mostrata - così, di botto - come un aggeggio tecnologico dall'aspetto anacronistico e futuristico, insinua il sospetto di una revisione in corso d'opera del soggetto e di una decurtazione dello stesso; in alternativa, è solo indice della confusione dell'autore. Ma il bello arriva dopo, quando, dopo le magie di Travis Anonymous Travis, l'ottuagenario presentatore e divulgatore sventa un colpo di Stato in un Parlamento realmente esistente in diretta televisiva, e poi la sfanga tranquillamente. Pensa se avesse combattuto Hitler nella WWII come Topolino, che dicevano i lettori. Per chiudere in bellezza e coerenza, Mystère decide di non distruggere la potente arma dalle origini ignote, ma di consegnarla ai suoi amici governativi, che, coerentemente, ritirano il pacco abbigliati interamente di nero. Come già accaduto per le pietre cantanti e la tv alchemica, una simile messe di discombabulazioni non poteva non ispirare uno, due, tre, tutti gli spin-off di Get a Life! che la Fantasia di un Tardigrade può generare; e un giorno, forse, anche i legami tra Sansone e Dagon verranno approfonditi. Finalmente esordisce un artista con un minimo di carriera alle spalle, peraltro di discreto livello: per non tirarsela, però, si traveste da esordiente e si lascia andare ad anatomie talvolta discutibili. Nella rubrica, Castelli si augura che i rasta si lavino i capelli, mentre questo romanzo di Cappi, a differenza del precedente, continua a non generare incroci tematici col fumetto, apparendo come un corpo estraneo all'albo; ma almeno questo episodio è decente.


MM Special #39: Il dado è tratto (Lotti&Mainardi/W.Venturi)

Pur concettualmente conclusa da anni, la collana Special continua ad essere pubblicata a fini statistici e in una versione degradata, sulla falsa riga dell'Unità negli ultimi tempi. L'episodio portante è però di foliazione mensile (78 tavole) ed è praticamente uguale al recente #382 natalizio (e il colore dello Speciale #38 è già stato tagliato dalla spending review, dunque senza ristampa sarebbe come un mensile senza rubriche ma col flip book). Da cui la domanda: fu quell'albo concepito per essere un extra o fu questo ad essere concepito per essere un riempitivo della collana-madre, o semplicemente entrambe furono concepite in modo standard, così da poter essere pubblicate alla prima occasione utile? Quel che ci importa è che, purtroppo, il concepimento c'è stato. Non è uno scandalo uno Special non sceneggiato da Castelli e Recagno: anzi, tra gli albi più amati dai Nipoti di Mystère c'è proprio l'episodio sceneggiato da Lotti e Pasini: qui Pasini non c'è, ma è un pasino lo stesso; che paos! Lo stesso Martin, ricordando il memorabile #382, lo definisce "strampalato"; d'altronde, è solo all'inizio di quest'altro e non può ancora averlo letto. Grazie al lavoro fatto dagli autori di Get a Life!, l'idea che Dampyr sia divenuto l'erede di MM comincia lentamente a farsi largo; ed ecco che il flashback è ambientato a Praga, alla corte di Rodolfo II, con i "veri" Dee e Kelly; ed ecco che l'editoriale subito ci svela tutti i colpi di scena, come un editoriale dampyriano. Quindi sappiamo subito che il deux ex machinae è Abramo Colorni, il mantovano che lavorò a quella corte, e che il McGuffin è lo stesso di Martin Mystère & Il Grande Zirmani, il Vril a forma di dodecaedro (la prima cosa che venne in mente allo sceneggiatore di quel fuori serie, associando un paio di vaghi ricordi). Il resto è farina del dinamico duo: sono i due autori odierni ad associare visivamente il dodecaedro al dado dei giochi di ruolo, e quindi ad attribuire a Colorni l'invenzione di un gioco di ruolo magitecnico ante-litteram. Questo è programmatico alla prossima pubblicazione del Gioco di Ruolo di Martin Mystère, come Dante si è lasciato sfuggire "sbadatamente" sul forum, ma non è sufficiente a riempire le quasi ottanta pagine. Fortunatamente, la collana Special si caratterizza, da sempre, per la sua forte impronta sarcastico-satirica, e d'altro canto Il Mondo di Escher divertì tutti con le buffe gag di Tower in vacanza, quindi basta trasformare tutto in un cartone animato e la storia è fatta. In fondo, vedere Martin impersonare Sam Spade, Lord Greystone e Don Chisciotte (nei vari set del gioco) non è certo più inusuale di vederlo indagare seriamente su di un mystero non inventato di sana pianta (anzi, questo sì che sarebbe strano). Ogni Martin è "alternativo", ha spiegato Castelli un paio d'anni fa, dunque ognuno può farne quel che più lo aggrada ("lo" è l'autore, non Martin). L'artista casca a maccherone come cacio sui fagiuoli per una vicenda "strampalata" come questa, con il suo stile cartoonesco e caricaturale, che a noi continua ad apparire estraneo ai propositi originali della serie, e lontano anche dalle sfumature meno seriose di Alessandrini e Torti, ma che certamente è utile quando si vuol rendere Angie una bimba dagli occhi da cucciola e dalle tettone siliconate, tirate fuori davanti a chiunque, o Martin la parodia di sé stesso, o Dee e Kelly due Animaniacs.  

MM presenta #18: Il Faraone ritrovato (Recagno/Orlandi) 

Il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon (cui è dedicato la breve "Fantasmagoria" fuori serie) è l'occasione per riempire altre sedici pagine con un altro fumetto impostato come un Get a Life! (versione breve): non un racconto, ma un racconto; cioè non una storia, con inizio svolgimento e fine, ma un autore che espone la sua tesi, come nel contenuto extra di un Dvd. In questo caso, lo sceneggiatore si toglie finalmente lo sfizio - e così facendo, lo toglie anche a noi - di ufficializzare la storia pubblicata sui #184/187 di Mister No. Ogni mysteriano la conosce da sempre: si tratta del famoso cross-over del 1990 con i MM #104/106, con il celebre doppio segreto dei seguaci di Amon. Eppure, ogni mysteriano, a quanto pare, l'ha sempre conosciuta soltanto di fama, e del resto, la stessa storia, fu menzionata solo nell'Uomo chiamato Mhosis. Si è poi scoperto che molti lettori speciali ignoravano quale fosse l'altro segreto - oltre all'Arca - degli Amoniaci. I presenti estensori, invece, conoscono bene la vicenda mozzafiato, capace di anticipare l'Isis di decenni e conclusasi con l'entusiasmante discesa di Mister No nel labirinto iniziatico, fino all'incontro con l'immortale Akhenaton (il segreto è quest'ultimo). Recagno propone, finalmente, questa nozione mysteriana, rimasta esclusa dalle pubblicazioni intitolate a Martin fino ad oggi, in un albo intitolato a Mystère, e per l'occasione offre a tutti la sua soluzione all'enigma della morte del figlio di Ekhnaton. Lo fa elidendo tutte le tappe narrative, semplicemente esponendo la tesi in flashback, mentre Martin fa nozionismo davanti ad Aaron (a cui è chiarita finalmente l'origine del nome, con un'altra associazione da sempre alla nostra portata, ma mai evidenziata nel fumetto). Lo stile di Orlandi è ancora lo stesso dai tempi di Lazarus Ledd: difetto o pregio? Non sapremo mai dare una risposta di tale portata. 

Visti i tempi, la riproposizione di Il Documento Lambda (Castelli/Crivello) appare quanto mai opportuna, se proprio si deve riproporre qualcosa. Certo, il fumetto è offerto scorciato dei camei "divisivi" e presentato enfaticamente come un divertissement immaginario da non prendere affatto sul serio, guai a noi se ci permettiamo. A dire il vero, è tirato in ballo soltanto perché vi compare la Crimea. Ma tant'è, il dado è tratto.    


MM #390: Cronache Marziane (Recagno/Grimaldi)

Sì, GaL, sorreggi Cristiàn. Da non crederci: finalmente un albo dignitoso. Non bello: c'è molta compressione e le parti migliori sono ancora prologhi di storie aleatorie, promesse che chissà se e quando verranno mantenute. È lo stesso errore commesso dal Nathan Never di Vigna, per un lustro - prima di diventare egemone - distillato con straziante vacuità tra decine di giacenze mediocri, con l'aggravante, per Recagno, dei quasi 5 anni tra Il matrimonio di Sergej Orloff e Le ombre di Camelot e dei 3 tra quest'ultimo e Come ai vecchi tempi che ancora devono esserci restituiti; praticamente nel frattempo è tornato Berlusconi, diteci voi se vi pare normale. Ad ogni modo, ci siamo: un episodio non avvilente fin da subito e che non sbraca sul più bello, capace di mantenere una sua dignità dall'inizio alla fine; un fumetto privo di inaccettabili idiozie, di dialoghi autistici e di scenette ridondanti; un albo che tratta di "grandi enigmi" e di questioni probanti e non di minchiatelle oziose o mortificanti. Quanto ce lo siamo sudati, quante umiliazioni ci sono state inflitte, quanta pazienza abbiamo dovuto avere. Certo, è un episodio del Nuovo Mystère, quello atemporale e riveduto&corretto dalle retcon aziendaliste: ci sono i Kundingas portatori di Doni e personaggi di età avanzata che nel 2022 sono identici a come erano nel 1995 (oltre ai protagonisti, intendiamo). Ma ci passiamo sopra: intanto, già solo rivedere i Rosa+Croce ci ha galvanizzati; quanto li abbiamo aspettati; certo, già in Contrappunto, scherzo e fuga la parola Rosa+Croce era accennata solo una volta, ora ce la possiamo tranquillamente scordare (sebbene la rivista sia ancora del Rosicultore). L'autore compie comunque una scelta azzeccata, mischiando questi tizi con le Colombe in Nero del Libro di Sabbia e inventandosi l'etichetta di Uomini in Grigio per spezzare il bipolarismo fasullo Altrove-UiN. Era ora. Ci voleva tanto? Boh. Dal #376 ritorna, poi, il nuovo status quo che vede Orloff agire secondo fini ignoti in parallelo alle remote vicende di Amaterasu. Rispetto al precedente episodio, però, dove i concetti erano stati espressi pigramente, senza sapere bene come occupare le pagine, stavolta l'autore sembra avere le idee chiare e la voglia di provare ad imbastire un discorso. In confronto ai classici del passato, il "caso verticale" (peraltro spoilerato dalla copertina) appare stringato ed elementare, ma dotato di un suo senso: la vicenda della ribellione nella base scientifica isolata non è riconducibile alla mera presa per i fondelli dei tantissimi complottisti speciali, ma è inquadrata nel discorso alla base dell'intero fumetto, sia ai tempi muviani che a quelli odierni: l'impossibilità di scindere correttamente tra realtà e fantasia - l'antitesi della filosofia dei redazionali! - in un mondo, da sempre, oggi come ieri, conteso tra chi manipola a suo uso e consumo e chi vorrebbe fare altrettanto (oppure non vorrebbe ma è costretto a farlo reattivamente). Dopo DIECI ANNI, dunque, ritornano i concetti di Congiura nei cieli, l'unico albo realmente innovativo del Mystère dello scorso decennio. Allora, l'universo mysteriano appariva ancora credibile, oggi è leggibile solo alla stregua di quello disneyano. Ma all'interno delle 78 pagine la compresenza complementare di Orloff, Spade, Amaterasu, Satiri marziani, poteri forti, viaggi spaziali e sedute spiritiche, arricchita da inedite connessioni (i Tecnomanti Pan), ricrea, per qualche istante, quella sensazione di sincretismo che aveva decretato la trentennale fortuna della serie tra noi sincretini. Tutto funziona, per il momento, senonché il patto narrativo assume - di nuovo - la natura di una cambiale in bianco: per sapere come Orloff andrà su Marte e cosa mostrerà l'Aleph, occorrerà l'ennesimo atto di fede nello sceneggiatore. Lo stesso che ci ha appena insegnato a diffidare di tutti (eccetto i virologi). L'artista scelto in virtù delle sue collaborazioni passate non è il più adatto ad illustrare questo ciclo, rendendolo più asettico del richiesto e faticando molto ad indovinare la fisionomia degli asiatici. Per bilanciare un fumetto complessivamente azzeccato, Zio Boris intristisce e il romanzo di Cappi tergiversa inutilmente: dagli e dagli, siamo riusciti ad avere Tex Mystère.


La Lettura #559 del 14-08-22: Supereroi di mezza età (Priarone/Leandri)

Due paginette psichedeliche che omaggiano Martin e "L'incredibile Hulke" (cit.), forse ricordando quel vecchio racconto breve lucchese, più probabilmente no. Non ha molto senso, però è sempre pubblicità aggratise. Nel 2021 ne era stato realizzato uno con Zagor e Spaidermen.


MM #391/392: Panarmonicon/La casa meccanica (Eccher/Vercelli)

Gli sbalzi umorali del Mahatma, che in un albo ci ordina perentoriamente di votare e nell'altro rimpiange la morte e celia sul costume italiano, ci regalano una nuova avventura in due puntate, che non è affatto da considerarsi una giacenza del bimestrale: d'altronde, nessuno lo ha mai confermato esplicitamente, quindi dev'essere vero. Fumetto meno tragicamente irritante e fastidioso di tanti altri che abbiamo dovuto subìre, è comunque una lettura elementare e disutile, ma si avvale di quei concetti che fanno la gioia del Mahatma di cui sopra: ritornano gli automi ottocenteschi, rendendo l giocatore di scacchi (più volte menzionato) quasi obsoleto (come se già non lo fosse), e quindi i flashback coi parrucconi, e l'IA meccanica si riduce ad una casa impazzita tipo Paperino di Pezzin e De Vita. Narrazione e arte viaggiano di pari passo, alternando - sia in termini di ritmo&dialoghi che di visualizzazione - momenti discreti ad altri (ormai tipicamente) dozzinali. L'arte è certamente in disfacimento, indecoroso ed irrefrenabile, però qualche vignetta riesce a ricordarci i tempi che furono, o semplicemente a rendere l'effetto scenico che voleva creare: pensiamo soprattutto alle panoramiche della casa nella notte in tempesta, o a certi, selezionati, primi piani dei protagonisti fissi. Lo sceneggiatore non ha molto da dire, e dunque, per tirarla per le lunghe, si affida ai mezzi tecnici di cui dispone: i flashback, gli stacchi, i depistaggi. Il lettore lo segue sapendo già dove andrà a parare, ma, essendo speciale, spera anche questa volta di sbagliarsi, e quindi non interrompe la lettura. Dietro al Panarmonicon, è noto, non si cela alcun mystero con la iuppsilon, come non se ne celavano dietro al "Turco Scacchista", e quindi la tradizione è rispettata: l'idea che, in entrambi casi, si nasconda un'Intelligenza Artificiale ante-litteram, è farina degli autori. Quella di Castellotti era atlantidea, questa è puramente meccanica, di proprietà di un personaggio di fantasia, che, nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto interagire con personaggi storici (Leschot e soci); ma gli eredi di questi avrebbero potuto offendersi (in Austria e Svizzera MM è un bestseller), e i loro nomi sono stati modificati topolinescamente. Della prima puntata restano il nuovo storico amico di Martin e famiglia, il riccone collezionista di automi, e la memorabile sequenza in cui Martin e J.Java, sull'auto a noleggio, sfondano due auto della polizia svizzera, chiedendosi come faranno a scamparla. Memorabile? Ah no, scusate. Nella seconda puntata Martin è chiuso nella casa maledetta per tutto l'albo, e alla fine se la ride col suo amico e il superstite privato d'un braccio. Evidentemente T. Anonymous T. agisce anche fuori scena. Tutta la sequenza nella magione degli orrori non va oltre il filmetto horror che intrattiene quel tanto che basta per non esserne disgustati, ma che non si avrà la voglia di rivedere, e peraltro la varietà di automi proposti è estremamente limitata: c'è quello col cannone, quello che spara fuoco e quella con le lame roteanti. L'autore si sforza sovrumanamente di rendere credibile che un complesso di ingranaggi possa sviluppare un pensiero senziente, e tutto sommato possiamo anche accettarlo, a patto di ricondurre al raziocinio certe superficialità dei vecchi classici (il televisore con l'amuleto magico dentro, per dirne una). Ma certo potevamo farne a meno. Per tranquillizzarci, Mystère ci spiega posticciamente che gli eventi del #390 non lo hanno turbato più di tanto. E chi si preoccupava, zìo?


MM #393: Il Talento di Stradivari (Perniola/Cipriani)

Mystero Italiano in puro stile anni 1990, con le bevute nel paesello, la Bassa Padana, i dialoghi da sceneggiato televisivo, un mystero non inventato di sana pianta ma comunque turistico e poco ambizioso, una robusta dose di nozioni annacquate nel solito intreccio finto giallistico, "svolte narrative" infantili tipiche di chi si è fatto approvare il soggetto durante una cena di gruppo, arte industriale ma almeno guardabile. E una copertina simpaticamente stravagante, oltre che spietatamente spoiler di tutta la trama. E quindi le due casalinghe sono streghe, ma per Martin non è insolito, così come l'Om Salvàdagh: capirai, dopo il Green Man del #349, perché dovrebbe soprendersi? A noi, però, sorprende che se ne ricordi. Va detto che dei Sasquatch del Nord Italia se ne parla (su MM) almeno dalle rubriche degli anni 1980: magari si poteva dedicargli un episodio un po' prima di quarant'anni dopo. Naturalmente, Stradivari non poteva essere morto come Storia comanda: doveva diventare un mostro ancora vivo nel secolo seguente (ma non in quello ancora dopo). Ma insomma, Martin ha biciclettato sul Po e Java ha munto la mucca: di più, davvero, non potevamo chiedere a questi signori. A Castelli poco cale di tutto ciò, mentre è genuinamente divertito dall'idea della variant cover e dall'uscita anticipata per Lucca Comici End Giuochi, tanto da dedicarvi editoriale e Boris. Intanto, scopriamo che esistono almeno altre due giacenze nei cassetti della Redazione. E allora, forse, invitare ripetutamente a cena il Direttore Editoriale per scucirgli qualcosa non è un'idea tanto peregrina. 


MM #394: Allarme Rosso (Lotti&Mainardi/Forlini&Avogadro)

Ogni buona azione non resta impunita: l'ancestrale passione di Castelli per le confezioni degli albi natalizi si è riverberata sul mondo di Mystère in una serie di episodi dapprima classici, in seguito innocui, infine tristi. È la medesima parabola che, in fondo, ha colpito la stessa festività, improvvisamente divenuta "cult" negli anni 1980 ed oggi insopportabile per chiunque. Chi scrive arrivò addirittura a trovare calorosa ed accogliente una roba come Magico Natale (MM #306), solamente perché allora in pieno lutto; oggi, invece, ha pure perso la ventennale voglia di rileggere i Disney a tema durante le feste. Da par suo, del tutto sconnesso dalla realtà, l'universo narrativo di Mystère ci propone nientemeno che il "bis" dello "Speciale Natale" dell'anno prima, in cui Angie ripiomba a Uoscinton Miùs Tre con una nuova stramberia da risolvere. Stavolta, a differenza del #382, il "mystero" non è un abominio nonsense partorito durante una seduta digestiva particolarmente molesta, ma poggia su uno dei tanti pilastri della cosmogonia mysteriana non ancora ridestrutturata da alcun bonus (malus, cioè maloox): gli autori, non si sa bene per quale motivo (forse è un omaggio a Umperio Bogarto del collega Badino), cercano fino all'ultimo istante di tenere segreta l'identità del tizio dietro le quinte al caso da risolvere, ma, se si hanno più di sei anni, pare chiaro fin da subito che il "colpevole" sia proprio quello de Il Virus Elettronico (MM #80/81) e che le misteriose visioni di "elementi volanti tratte dalle varie mitologie" siano coperture olografiche per le "slitte" di quel signore. Il tizio in questione, ai tempi d'oro, si presentò con nome e cognome e ci narrò le sue meravigliose e verosimili origini; oggi preferisce non fare nomi e, in doppiopetto come in un fumetto di Corrado Mastantuono, ci mostra la sua flotta di motoastronavi presa da una vecchia storia di Indiana Pipps (ma non avevamo detto che non rileggevamo più quella roba?). Non solo: se una volta il filantropo si accompagnava a ometti travestiti, ora pare circondarsi proprio di elfi, forse per accentuare il realismo di quella storia fantasiosa, in cui addirittura c'era il teletrasporto. O forse è il contrario: siamo nel '23 e ancora ci dà fastidio quando ci dicono di non usare le auto a benzina, il teletrasporto non è più credibile; ben vengano dunque delle astronavi radiocomandate, rese invisibili tramite ologrammi e falsi ricordi indotti nei destinatari. Una volta tanto, a Mystère non avevano cancellato i ricordi, al termine della storia vecchia; ma sarebbe stato banale ricordarsela, e Mystère detesta essere definito in quel modo, dunque se l'è dimenticata di sua sponte, per farci un dispetto. Tower, invece, ricorda bene il #382 e stavolta si fa trovare impegnato in un'altra missione; lo sostituisce Brody, che convoca Martin in una succursale di Altrove per chiedergli se la ricostruzione arbitraria e teorica dell'astronave che il suo software ha fatto può ricordargli qualcosa di atlantideo o muviano: non è sarcasmo, è proprio così. Chiaramente, agli autori interessava solo la credibile gag di Martin e Java travestiti da Babbi Natali per eludere eventuali spie, che però poi, si scopre, "evidentemente non sono cadute nel tranello" (cit. MM), e infatti si fanno trovare tutte all'appuntamento, in una eco del glorioso finale del capolavoro Il Tesoro di Didone dell'immortale, o quasi, Morales (questo di Lotti, però, è più credibile, tanto per rendere l'idea). Un fumetto infantile, in cui "tutti spiano tutti" (cit. Brody) e Altrove ha sotto controllo ogni dato registrato in qualunque database, ma non ha ritenuto di dover tenere conto del rapporto stilato dal pilota, perché non ha detto di aver visto Babbo Natale ma semplicemente un oggetto volante non identificato, e quindi non poteva essere correlato agli altri avvistamenti verificatisi nel medesimo istante. E in cui in Groenlandia c'è un fitto bosco (ma di questo non teniamo conto, perché lì c'è anche un canale di video comici per adulti: se è reale quello, lo sarà anche il bosco). Entrambe le arti sono note per la loro rigorosa industrialità: qui si presentano mescolate e difficilmente distinguibili, forse per via dell'approccio cartoonesco e "fumettoso". Degna di menzione la rubrica, in cui Castelli elenca i mostri legati al Natale, compresi quelli protagonisti del Dampyr in edicola contemporaneamente, indegno di pubblicità. 

 

(2021-2023)

sabato 15 aprile 2023

NATHAN NEVER (7)


Nathan Never Anno Zero #1--6: Giorni oscuri/L'inizio della notte/La vera fine di Ned Mace/Agenti Alfa/Crisi internazionale/L'ultima verità (Vigna/De Angelis)

Miniserie remake dei #18/19, in buona parte superiore a quel Classico. Fantascienza cospirazionista sporca e neverianissima. Inciampa un po' alla fine, quando decide di non essere una vera ret-con e la butta sul metanarrativo già visto (la serie di NN è un fumetto). Peccato. Rimane comunque una versione alternativa azzeccata, con intuizioni che Vigna ha già inglobato nella sua nuova run (cioè ha fatto la ret-con della ret-con).


NN #304: Dove muoiono le stelle (Medda/Bonazzi; col.Celestini)

Riempitivo autoconclusivo colorato (bene) e spacciato per celebrativo. Rappresenta il ritorno in pianta stabile di Medda e della sua cifra stilistica, di cui si sentiva la mancanza. Quindi è un riempitivo autoconclusivo, ma è fatto bene. I suoi albi saranno quasi tutti così. Gli uomini-animali e i livelli bassi della Città non sprofondati indicano che si tratta del nuovo universo post #302/303; o che, più probabilmente, all'autore non importava nulla delle storie vecchie.


Agenzia Alfa #38: I figli del Buio (A.Russo/Dall'Oglio)

Finale della Saga del Buio e di tutta la paccottiglia legata a Kay e alla Sorellanza Telepate, in realtà non finisce. Non solo perché Kay è l'Uni-Mente che si reincarna di tanto in tanto e quindi il suo esordio su AA #10 non era un vero esordio, ma anche perché, con un espediente già usato nei Giganti #8 e #9, l'albo contiene un flashback/flashforward di una storia passata ancora da raccontare (sarà lo Speciale #30). Finale che vira decisamente ed eccessivamente verso la supercazzola fantasy, e il fatto che sia tutto disegnato come un manga da un mangaka vero (che fa anche la copertina) fa piacere all'occhio ma non tanto alla mente, cui tutto questo sembra *altro* rispetto, non solo alle prime storie con Kay di Vietti, ma anche ai #31 e ai #35 della presente collana, con le giacenze riempitive degli altri autori. Per tacer di come la trama effettivamente esordì in Generazione Futuro (sì, tutto questo è lo spin-off dello spin-off dello spin-off dello spin-off). Insomma, meno male che 'sta saga si è conclusa. O quasi.


NN #305/306: Il viandante/Abisso di dolore (Secchi/Calcaterra,Giardo)

Inizia ufficialmente il nuovo corso della serie, la "settima stagione", con il nuovo universo introdotto da Serra nel suo finale. Ed è subito chiara la direzione intrapresa da questo nuovo corso: il remake delle storie vecchie, in chiave più cruda e al passo coi tempi. Premesse che si riveleranno discutibili, ma non qui. Perché questa storia fa il botto, è un capolavoro, o almeno la ricordo così. Addirittura, il primo albo, all'epoca, mi parve il più bello di TUTTA LA SERIE. In realtà, col senno di poi, rammento di più il secondo. Remake, dicevamo: in questo universo, Kwai Chen, il maestro shaolin di Nathan, non è morto nell'esplosione del tempio, ma è diventato un killer quasi disumano. Sullo sfondo, i sensi di colpa di Nathan-2 per gli eventi della tripla di Serra e per la fidanzata Angela, che sembra già sul punto di mollare (invece no). Storia eccezionale, cioè si rivelerà essere una eccezione. Il livello medio si riabbasserà presto quando sarà chiaro che il nuovo corso sarà solo parziale (e opinabile), e che molte saranno le giacenze di magazzino.


Universo Alfa #19: Le cronache di Marte #3 - La caduta di Cydonia (Vigna/Giéz)

Conclusione della trilogia marziano-futuristica. O futurista, visti i disegni frastagliati. Tutta la telenovela si conclude con un "Io sono tuo padre"! Che ridere. Chi sono, infatti, le creature molto simili ai Vriiku di Asteroide Argo venute da non si sa dove? Hanno qualcosa a che fare con gli insettoni del passato ancestrale di Marte versione NN? No, sono marziani del futuro, o del passato, boh, che hanno viaggiato nel tempo. Va bene. Tutto è bene quel che finisce bene, come diceva Garrone in Vacanze di Natale.


Nathan Never Special #27: Gli spiriti della Terra (A.Russo/A.Russo-Chiereghin-Palomba)

Riempitivo-remake delle vecchie storie geoecologiste, tipo Terra ripubblicata nel Magazine. In chiave hollywoodiana e contemporanea, quindi ci sono gli animali mistici, lo sciamano, il militare negro cattivissimo, i mercenari bianchi, l'Onu, eccetera. Russo disegnatore si rifà a Morales, con troppi neri (ahah che razzismo). Palomba (o, come direbbe Serra, "la bella Palomba") rischiara il tutto.


NN #307/308/309: Figli della violenza/La scuola dell'odio/Il vero futuro (Secchi/Zoni,Barbati-Fabiani+Fusari,Stellato-Fusari)

Ben tre albi per una storia alla The Wire che ha la sua ragion d'essere nel terzo episodio, dal titolo che più simbolico ed esplicativo non si può. E metanarrativo, giacché all'epoca si pensava che Secchi sarebbe stato lo showrunner della testata, e invece questo è il suo addio, al punto da portarsi via anche Angela, fidanzata di Nathan per tre storie in totale. Vabbè. Storia forse un po' troppo lunga, però le ultime pagine sono in puro stile Medda. Passaggio di consegne dal sindaco Perkins, che nessuno ricordava, alla sindaca Thaler, che nessuno ricorderà. Tanto sono tutti uguali. Le tavole di Barbati sono postume. Belle cover, finto componibili.


Asteroide Argo #10: Oltre la porta del Tempo (Vigna/Bormida)

Si conclude (finalmente) lo spin-off. Il dottor Anderson muore e Jack O'Ryan rimane sulla Terra preistorica a sbattersi la troglodita gnocca, con cui darà origine all'umanità (?). Gli altri tornano ad Argo e lì rimangono, con Helen Sheldon che si scopre incinta dell'uomo preistorico che si è portata dietro. Conclusione mesta, tutti (ma proprio tutti, anche i detrattori) sognavamo un ritorno di April e Jack da Nathan e soci. D'altro canto, loro sembrano contenti così, per cui.


NN #310: Real History (Munarini-Gualdoni&Rigamonti/Resinanti-Vicari)

10 mani per un riempitivo che ci svela la vera storia del creatore di WhizzKids: è un agente di commercio. Splendida cover e disegni spettacolari, con punte alla De Angelis e dalla qualità costante abbastanza sorprendente. Nathan e Legs dentro a un videogiuoco in realtà virtuale, causata da due esper poverini, con tutte le epoche mischiate, quasi un preludio a Westworld. Insomma, tutto quel che piace al grande pubblico secondo gli agenti di commercio (o quasi, mancano i nudi espliciti). 


NN #311: Il seme della follia (A.Russo/Mandanici)

Toccata e fuga di Russo sul mensile. Riempitivo sulla psicanalisi horror, il solito blob. Kay appare a Nathan come Ann, coerentemente con le idee di Serra. Disegni un po' stitici, ma questo stile ci mancava: non tornerà. Finale corale, con tutti gli agenti tranne Link.


Maxi Nathan Never #13: Illusioni mortali; I cacciatori di Redemption(Perniola/Jannì; Eccher/D.Bastianoni)

La prima storia, di foliazione standard, è il seguito del #277: un episodio che, per motivi insondabili, ci è rimasto vagamente impresso (positivamente). La legge del sequel è rispettata: la magia non si ripete e ci annoiamo discretamente, nel seguire scazzottate e bla bla che con la realtà virtuale hanno poco o nulla a che vedere. Ci divertono i disegni, che ci ricordano i buffi pornazzi antico romani. Buffo anche il cameo dello sceneggiatore. La seconda storia è di foliazione doppia e riporta in scena una vecchia gloria - il disegnatore - cui ormai, per motivi a noi ignoti, sono affidate solo le giacenze. La trama tira in ballo le miniere, i robot, i poveracci del deserto, le multinazionali: tutto già visto e poco appetibile, soprattutto perché narrato come fosse una storia degli anni 1990 - e allora forse capiamo la cosa del disegnatore. Chi è questa Litva che Nathan e Branko già conoscevano? Non me la ricordo, dev'essere nuova. Come se tutto questo non fosse bastato, dal numero successivo la collana diventa semestrale.


NN #312: Il canto di Gaia (Alberti-Ostini/Alberti/ col.Denti)

Il ritorno di un grande ex, ora prestigiosa guest internazionale, è festeggiato con un albo a colori e una storia che ha tutti i crismi della storia neveriana: la Natura del futuro, la new age (il Ritmo Ancestrale caro a Clarke), il dramma, la geopolitica, Nathan in palla (buffo quando si traveste da hipster), impaginazione ariosa, arte espressiva, una bella copertina regular e una variant per il Comicon firmata dallo stesso Alberti. Eppure, tutto questo non è bastato a colpirmi particolarmente. 


Universo Alfa #20: Sezione Eurasia #4 - Phantom! (Ostini/Jannì)

Ultimo episodio dello spin-off di Asija. Sconfitto un deportato dei gulag incattivito, la Sezione viene smantellata (scopriamo che per Elania era una seccatura) e Asija va a surfare. L'artista sostituisce la Platano: non ha la di lei grazia, ma una dignità sì.


Nathan Never Rinascita #1--6: Ritorno alla Terra/Senza tregua/La tela del ragno/L'uomo e la macchina/Spettri/Il richiamo del sangue (Medda/Bonazzi)

Miniserie what if del 2017, secondo remake dei #18/19 e, in generale, delle storie principali dei primi anni della testata. Come Vigna, anche Medda ha seguito il flusso dei ricordi, senza badare puntigliosamente agli eventi, rifrullandoli a suo uso e consumo. Rispetto ad Anno Zero, tuttavia, il risultato è più asettico. Numerose le vecchie glorie che ricompaiono in ordine sparso, da Igor McNally ad Aaron N. Staak, da Andy a Randy, da Aldus a Sawyer, mentre il rapporto tra Ann e Mace viene riletto in chiave intimista, e il colpo di scena dovrebbe essere che Ann diventa autistica perché considerava Mace un padre, ma la cosa accade solo alla fine e non ha il tempo di sviscerarsi. La poca empatia è concentrata all'inizio, quando Nathan addestra i tre shaolin Tony, John e Mike (chissà chi sono). Tra le tre miniserie è la più dimenticabile, ma si tratta comunque di una storia di Medda, e le storie di Medda non sono mai da buttare via. Disegni non esaltati, ma adeguati alle formalità. Simpatiche copertine pacchiane.


NN #313/314/315: Il caso Rose/Il caso Hoover/Il caso Forbes (Vigna/Piccatto-Santaniello,Piccatto-Broccardo-Riccio-Valeri,Piccatto-Santaniello-Valeri)

Una delle pochissime storie-evento degli ultimi anni, tassello del puzzle quantistico-squinternato orchestrato dal Vigna recente. Remake non dichiarato di Anno Zero (remake del remake!), introduce nella continuity "ufficiale" il complottone dei potenti, con tanto di tossetta. Nei sotterranei dell'Agenzia Alfa c'è un Tempio ove è custodito un libro fenicio (?) che contiene la vera Storia dell'umanità! I potenti lo recuperano dopo aver costretto Nathan a bighellonare su e giù per il mondo, in una spy story originale ed intrigante, dove si passa dalle femme fatales agli zombi agli emuli di Lindbergh al Pendolo di Foucault. Una storia ermetica di quelle che piacciono a me, in cui non si capisce cosa c'azzecchi questo con quello, a partire dal prologo con l'esorcismo (!). Tra le altre cose, si scopre (finalmente) che esisteva un Darver negli anni '30 del '900. Arte di una guest in secolare declino, ma quanto è indovinata per una storia come questa? Esaltante. Titoli arrapanti.


Agenzia Alfa #39: On the road; La prima avventura di Betty; Il rapimento; Un mondo migliore (Piani/Barletta; Sammartino/Mattone; Sammartino/Perconti; Fissore/Martusciello-Pizzetti)

Copertina di Simona Denna. La prima storia è tipo The village, ma in strada e con gli automobilisti; l'artista esordisce con un sacco di auto e moto, ma questo dovrebbe essere il futuro. Nella seconda storia, il titolo dice già tutto; la moglie di Sigmund insulta il marito dicendogli tranquillamente che il collega è più figo. Nella terza storia ricompare il chip Neurovega (AA #7), per una classica storia di robot emotivi e inconsapevoli, condita da Luna e patemi vari; quando si dice "è copiare che è difficile!". La quarta è una storia breve turafalle, tra poliziotte corrotte ma poverine e cattivoni utili alla causa. 


Nathan Never Magazine 2017: Giochi di guerra; La ladra; I mille volti di Legs (Serra/De Angelis; Serra/Olivares; AAVV)

Only ristampe colorate all'uopo, di cui la seconda è un albetto di May allegato a uno Speciale Legs, e la terza proprio un albo di Legs (il cinquantesimo, quello tutto metafumetto, con Camboni e Ortolani). Quest'ultima, in particolare, vanta dei colori studiati per far risaltare le varie cifre fumettistiche. 


NN #316: Il dilemma (Ramella-Rigamonti/Forlini)

Giacenza di Agenzia Alfa? In effetti, dal #268, Morrigan collabora con l'Agenzia come procacciatore di agenti... eppure, nessuno lo sapeva, perché da allora era sparito. In questa sua toccata e fuga, ne scopriamo l'immancabile passato peccaminoso e ne assistiamo al riscatto, dopo aver sgominato il consueto ricatto del politico ex amico ora corrottissimo. Poi non lo rivedremo più, pazienza.


NN #317: Ciò che non muore (Rigamonti/Atzori)

Seguito non richiesto del #238, ripresenta l'esper vendicativo Herbert Loomis. Dopo essersi vendicato, viene preso in consegna da Darver: nasce lo spin-off, altrettanto non richiesto, ESP Files, l'ultimo di Universo Alfa. L'artista si rifà vivo dopo diverso tempo, con uno stile dietetico, privo delle generose rotondità a cui ci aveva abituati.


Maxi Nathan Never #14: Death Rally; Il terrore dei mari (Eccher/Vercelli; Eccher/Dakar Meli)

Primo numero semestrale: lo volevamo, eccolo. Nella prima storia, dalla foliazione doppia, Nathan fa da navigatore di scorta a un miliardarucolo viziato durante una Wacky Race. Non mancano sabotaggi e poveri ribelli. Persino Julia ha affrontato una trama simile, ma con ben altra profondità. La seconda storia, di foliazione standard, contiene un paio di sorprese: la prima è che è simpatica, dato che è il finto spin-off minacciato nel #294 con Blue Fever e Wolfman, stavolta imbarcati come pirati assieme alla spalla Nathan, alla ricerca del "forziere di Davy Jones"; la seconda è che nel forziere c'è un tecnodroide, che non si sa da dove arrivi. Dato che il caso rimane aperto e che il lettore sa chi solo aveva i tecnodroidi in casa, è facile ipotizzare possibili scenari. Che tuttavia sarà difficile vedere realizzati. Il disegnatore si è allenato, ma sembra uguale all'altra volta.


NN #318: Chi è senza peccato...] (Eccher/Bertolini)

Riempitivo dagli intenti apprezzabili, sebbene fuori tempo massimo. Un ex membro del Fronte di Liberazione dei Mutati si rifà vivo dopo decenni e mette nei guai Branko. Naturalmente sembra cattivo ma è buono e il tutto rimane autoconclusivo. Però la narrazione è raziocinante e si sforza di restare coerente con la continuity (#55,#63,le due guerre). Ma alla fine cos'ha in mano Branko? Non è il medaglione dell'Ingegnere. Vabbè, come dicono i suicidi, non si può avere tutto dalla vita. Arte elegante ed empatica, con una Città sporca e brulicante come la vorremmo sempre. Il santone che presenta l'e-book è così desueto da essere coerente.


Universo Alfa #21: Esp Files #1 - Paradiso perduto (Gualdoni-Rigamonti/Boccanfuso)

Ultimo spin-off della collana antologica, prossima alla chiusura. Nato dalle ceneri di NN #317, vede in scena l'esper Herbert Loomis, capace di rivedere gli ultimi istanti di vita dei morti, e la poliziotta Maria Reyes, dalla sorella terrorista condannata a morte. Entrambi, ricattati da Darver, indagano su Deep Space, una stazione spaziale privata di cui non avevamo mai sentito parlare. Essa nasconde un segreto: banale traffico esseri umani? No, perché la storia non finisce. 


NN #319: Oltre le linee nemiche (Perniola/Cascioli)

Discreto thriller con discreto colpo di scena, discretamente illustrato. Ma, se non sono indiscreto, non mi è chiaro se il soldato sia già un robot o se sia un clone o un poveraccio ricondizionato. Mica viene detto. 


Nathan Never Special #28: Assassini senza volto (Vigna/Fara)

Storia di uno dei due titolari della testata, ergo remake di un vecchio classico. Stavolta si tratta de La storia di Kathy Teller, NN #56, mischiata col capolavoro Sette piani di Buzzati e con la Morte dylandoghiana (c'è pure un abbozzo malriuscito di filastrocca sclaviana). Storia discreta, se vogliamo anche buona: è l'unica ad avermi spinto a rileggere gli originali, ma così ci ha rimesso, giacché ho potuto constatare che quelli sono di un livello superiore (Buzzati proprio di un altro pianeta). L'assassino Condor qui non è una consorteria di killers, ma l'IA a capo della stessa. Ops, spoiler. L'arte ritorna dopo tanti anni, migliorata.


NN #320: Black out (Gualdoni/M.Rossi)

Il demenziale incipit, con una Ekene particolarmente ritardata, porta il cattivo a causare un black out in tutta la Città Est. I suoi abitanti diventano subito degli animali sanguinari, così Nathan deve farsi ferire ed Ekene è costretta a farsi rapire, mentre girovagano in attesa che Legs salvi tutti. Per fortuna poi si scopre che solo una parte di Città è ottenebrata. Vabbè. Siamo sempre contenti di vedere al lavoro il Marietto Rossi.


Agenzia Alfa #40: Moth; Il fabbricante d'armi (Sammartino/Jacomelli; Piani/Gallo)

Copertina di Fabio Jacomelli. Il quale si fa notare, soprattutto, per la carica erotica delle tavole della prima storia. Trama discreta, inutilmente tenuta aperta in vista di seguiti non richiesti, con ennesimi alieni particellari che invadono gli ultracorpi. Ma quanto sesso! E tutte queste lesbiche che limonano, anche figa a figa, qualcuno pensi ai bambini! Peccato che Tanya sia davvero una zoccola (ci sono le Walkirie, qui). Il collegamento con la Guerra contro le Stazioni Orbitanti qui è abbastanza flebile, mentre è preponderante nella seconda storia. Di più: questa è proprio una giacenza di quegli anni, con Darver capo dell'Alfa e Nathan in completo scuro. Booh. Addirittura il disegnatore non si vedeva dai tempi di Legs. La foliazione è di due albi mensili, ma la cesura tra le due parti è netta, sono più due storie autonome collegate. La prima è discreta, Un giorno di ordinaria follia con inserti involontariamente comici, quali la bambina ciellina ("non si dicono le parolacce e le bugie") in violento contrasto con le troie di Jacomelli, e la morte dell'Agente Alfa Morrison ("mai visto prima", "eh, ormai siamo talmente tanti", AHAHAHAHAHAH). Nella seconda nonpuntata, comunque, il tutto sbrodola in un intrigo scontato e noioso per il quale ho perso interesse pagina dopo pagina, per la solita metanarrativata di Piani. Che albo stramboide. Da qui la collana torna semestrale, ma durerà poco.


NN #321: Fuga da Europa (Pistoia/Toffanetti)

Seconda (in origine prima) prova per lo sceneggiatore, anche questa ruffianamente di attualità. Seguendo pedissequamente un libro (vero) d'inchiesta, Nathan si infiltra tra i profughi in fuga da Europa (il satellite) verso la Terra. Insomma, il messaggio è chiaro. Discreta lettura, ma da un fumetto di fantascienza uno cerca un minimo di allegoria, qua ci sono i camion e i mitra come ai tempi nostri. L'unica sequenza sci fi è spoilerata dalla copertina. 


NN #322/323: Sugli asteroidi/Missione per un amico (Vigna/Giardo)

Ennesimo remake ufficializzato, meno pedissequo di altri e più frullatone (ci sono la Fanteria dello Spazio dai #11/12 e Randy dal #29, ma forse anche il raccontino del Magazine 2015). Eppure si rivela essere una storia dallo svolgimento già visto, con tutte le tappe della "storia neveriana tipo". Un po' noiosetta. I due autori fanno le prove generali delle future storie per l'ASI, con tante tavole ariose e illustrative. Bell'omaggio sgargiante a Star Trek nella prima cover.


Maxi Nathan Never #15: Progetto Nemesi (Zamberletti/Gradin)

Ultimo Maxi a storia lunga, è di un esordiente, una delle spalle zagoriane. Avventura militaresca con la solita WWII e il nazismo esoterico, fasullo però: il mcguffin di turno è la spagnola. Vagonate di retini con qualche disegno: impossibile resistere. 


NN #324: Il segreto di Eve Lynam (Ostini/Pianta)

A questo numero è allegato il #0 di Generazioni. Per l'occasione, è allegato anche un episodio only for fans, dove ritorna lo scienziato del #139, il quale ha creato un biodroide migliore di quello dei #7/8. Non solo: si suggerisce, senza esplicitarlo troppo, che dietro a lui ci siano proprio gli Skotos. Tutto questo è bastato a mandare in brodo di giuggiole gli appassionati, ma non il sottoscritto, sempre più esigente e pretenzioso. Pur essendo un albo con tutti i crismi del buon albo neveriano, comprese la tragedia della povera vittima e i disegni curati di una vecchia gloria sparita per anni senza motivo, non mi ha particolarmente colpito. Ma poi, Evelina? Dai, su.


Nathan Never Generazioni #0: Generazioni (Serra-Barone/Dall'Oglio)

Albetto allegato a NN #324. Presenta il terzo what if del venticinquennale in differita (2016-2018), la miniserie più originale, in cui Serra rivisita tutta la saga di NN in chiave metafumettistica e multiversale. Barone ha rivelato che un elemento di questo prologo è stato poi ufficializzato: è il Mister Alfone mostruoso o la Tri-Mente creatrice di mondi? La seconda, supponiamo.Tutte le copertine sono degli autori degli episodi.

Nathan Never Generazioni #1: Hell City Blues (Serra-Eccher/A.Russo)

Episodio in stile Sin City, già omaggiato in Legs #50, di cui questa miniserie è un rifacimento all'ennesima potenza. Russo sguazza dentro Miller come un topo nel formaggio. L'albo ripercorre la vicenda di Ned Mace, dandogli come mandante Skotos, e riprendendo l'idea vignesca della Laura (qui bionda) vittima/complice del complotto. Si anticipano gli eventi del secondo e del quarto episodio. Andy e Sigmund si prestano bene al noir. Da segnalare la presenza del "City News" come negli anni 1990.

Nathan Never Generazioni #2: Il guerriero della polvere (Serra-Eccher/Corbetta-De Biase)

Episodio in stile Ken il guerriero. In realtà - ce lo ha detto Eccher - avrebbe dovuto essere un vero tankobon di 300 pagine disegnato come un manga, ma poi è tutto stato riportato in un alveo più bonelliano. Nathan ritrova Mace e Ann, mentre Skotos fugge con Laura. Arriva Legs e Sigmund diventa buono. Tutto sommato, non colpisce particolarmente; diverte soltanto il "jeet kuune dooo".

Nathan Never Generazioni #3: I dominatori del cosmo (Serra-Eccher/Bormida)

Episodio in stile Flash Gordon e Star Lord, giustamente disegnato dall'artista di Asteroide Argo. Ecco Branko, May e Link (che parla con i trattini tra le parole) ladri interplanetari assieme a Nathan e soci, arruolati dai reggenti Darver ed Elania (delegati del sovrano Alfa) per recuperare il cristallo della realtà dalle grinfie del "Kal" Skotos, con l'aiuto della traditrice Janet. A scriverlo, è simpatico. La storia, invece, è un po' moscetta, ma si legge. Il ruolo di Ann è misto a quello di Kay. Omega si attiva.

Nathan Never Generazioni #4: Base Lunare Alfa (Serra-Barone/Giardo)

Episodio in stile Jeff Hawke e Spazio 1999. Rifacimento degli eventi del #301, con Omega che assedia e attacca e lo sterminio dei buoni. Restano solo i quattro principali. Sulla Terra, con Elania, c'è Reiser al posto di Darver, forse perché le cose sono migliori? Mah. La cosa più suggestiva, naturalmente, è che la storia è a strisce e le pagine interne sono pubblicate in orizzontale, come le Yellow Stories di Topomistery. Ma il meccanismo delle strisce non è sfruttato granché, non hanno una grande autoconclusività interna, sono quasi tutte di due vignette. Pazienza, sono ben disegnate. Il finale è quello che speravamo e volevamo: Omega è Laura. 

Nathan Never Generazioni #5: L'era delle chimere (Serra-Barone/Raho)

Episodio steampunk, non ricordo esattamente cosa intenda omaggiare, ma diciamo che riprende alcuni elementi di Greystorm. Molti i riferimenti/rifacimenti, dai Link oscuri agli uomini-tigre (con i soliti Frankenstein e Moreau), passando per l'omicidio di Reiser stile Saga Alfa, con Legs offesa, ma soprattutto per la crescita di Ann e la sua trasformazione in tecnodroide, che rimanda all'epopea degli albi Giganti #6-7-8. E quando Laura/Omega rivela la sua natura, proprio di tecnodroide, abbiamo la conferma ufficiale di quanto ipotizzato nei #301/303, cioè di come la trama di Omega avesse dovuto essere, in origine, la trama dei tecnodroidi. Tutto è chiaro e lampante e soddisfacente, sebbene il fumetto in sé non sia entusiasmante, e questo ci basta. Arte pregna di esuberanza giovanile.

Nathan Never Generazioni #6: Gli Alfa e gli Omega (Serra-Barone/Dall'Oglio)

Episodio mangaka, disegnato dal mangaka vero. Ma con le correzioni italiane (formato, verso di lettura). Il riferimento è Knights of Sidonia. Nell'universo sono rimasti solo Nathan, col suo esercito di cloni di sé stesso, e Omega/Laura, tecnodroide onnipotente e divoratore, impegnati in una guerra atavica ed eterna. Ma in realtà ci sono anche Ann e Legs. L'albo soffre della mancanza di tutti i passaggi in cui Legs trova Ann, e anche quelli in cui la recupera e rinsavisce sono in modalità avanzamento veloce. Il finale è il più ovvio: i genitori devono morire, la figlia deve farsi la sua vita con l'amica del cuore. In sostanza, più che un episodio, un riassunto, ma bisogna dire che tutta la (o)megastoria di Serra, che parte dalla Fratellanza Ombra e arriva fino a qui, è stata degna di essere letta.


Universo Alfa #22: Esp Files #2 - I figli dell'Eden (Gualdoni-Rigamonti/Fiorelli)

Seconda e ultima parte dell'ultimo spin-off della collana, che qui si chiude (e finalmente, possiamo aggiungere). Ma è una truffa: la risoluzione del caso - dietro a tutto c'era un ex nemico di Darver, un telepate che aveva fondato uno Stato di banditi nel Territorio - si conclude con Darver che, in qualità di Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, espropria e si appropria di Deep Eden, minacciando di farne qualcosa. Cosa? Il curatore ci dice che lo sapremo, forse, chissà quando. Vabbè. Lo stile legsiano di Fiorelli batte quello sporco di Boccanfuso. Darver è amico di Samuel L. Jackson.


NN #325: I reduci di Mellow Shore (Eccher/Vitrano)

Riempitivo tecnicamente più che discreto, con disegni un po' schizzati ma neveriani e tanta "microcontinuity" (come la chiamano i fans, i lettori non steroidei). Ecco dunque i veterani della Guerra dei Mondi, abbandonati a loro stessi, ecco Nathan che fa la morale a Darver e viene zittito, ecco Nathan e Legs che deridono i complottisti, perché in questo universo non c'è Martin Mystère. Non essendoci Martin Mystère, ecco Springheeled Jack, anzi no, è un copycat (il gatto imitatore). Nonostante tutto il cucuzzaro, ci si annoia un po'. 


Agenzia Alfa #41: Nora; Il Signore del Buio (Garagiola/Bormida-Palomba,Regazzoni; A.Russo/A.Russo-Palomba)

Copertina di Alessandro Russo e Francesca Palomba, gli autori della seconda storia, la principale del volume. Dopo le rivelazioni del #38, alla saga della Guerra del Buio non resta che sistemare gli ultimi tasselli del puzzle, seguendo la spirale. In questo tassellone assistiamo all'ultimo risveglio di Kay, in un futurissimo in cui però sono ancora tutti vivi e reincarnati. Davvero esilarante scoprire chi è realmente il saggio Tsu, il santone manga che fa da mentore a Kay. La chiusura è di nuovo a cerchio, e all'ultimo risveglio segue il primo, quello dell'ormai remoto #10 della collana. Qualunque lettore con un minimo di accortezza sa che tutto questo romanzone di fantasy spiccio per giovani adulti non era certamente nei piani originali di Vietti, ma d'altro canto quello fa Dragonero, per cui chissà. Di certo è che, anche per un non appassionato di tutta questa paccottiglia, è difficile rimanere schifato dalla lettura di questa saga, in cui ogni episodio è collegato agli altri alla vecchia maniera, costringendo ad usare memoria ed intelletto per collegare i vari passaggi. La prima storia, invece, è il solito amore tragico e non binario di Legs (una ginoide comandata da una disabile moribonda), una scusa per riavvicinarla a Tanya; è divisa in due parti perché se no non potevamo leggerla al più presto.


NN #326: Il confine della realtà (Crippa/Martino)

Riempitivo sul tema videogiuochi e viuulenza. Sceneggiatore lecchese di respiro internazionale, esordiente. Disegnatore tornato dopo anni. Tutti a loro agio in una classica storia usa e getta dal titolo a effetto.


I Romanzi: Nathan Never (Miriam Dubini)

Romanzo della linea Young Adult della SBE, con Nathan ragazzino, in continuity (non si sa con quale universo, è a scelta). Non celo. Uscito postumo o quasi, l'autrice è morta qualche giorno dopo.


Nathan Never Magazine 2018: Fantasmi a Venezia (Serra/De Angelis)

Ristampa ricolorata del quarto Speciale. Tra i vari servizi, c'è anche il primo capitolo del romanzo della linea YA Bonelli di Myriam Dubini.


NN #327/328: Il poeta/Repliche umane (Vigna/Toffanetti)

Forse la storia più ambiziosa di sempre, il remake definitivo: quello di Blade Runner (il film), in competizione con quello di Verstappen, come si chiama?, Villeneuve. Tutta giuocata sul confine tra realtà e menzogna, tra raziocinio e allucinazione, tra eros e thanatos, la trama - che c'è - appare secondaria e sfuggente, come nel film di Scott, e in questo vince nettamente su BD 2049. Tuttavia, la lettura è meno armonica della visione del film del 1982, più frastagliata e scombinata, quasi ostica, ed è di difficile valutazione. Certo, è una storia da rileggere almeno una volta, ad averne l'occasione. Ricordando che è una storia multimediale, dato che si accompagna ad alcune poesie (musicate?) e ad alcune illustrazioni libere che i due autori realizzarono in contemporanea. Ad un fumetto così strettamente connesso al suo paratesto non può che accompagnarsi una doppia copertina componibile e un allegato metatestuale, le figurine per l'album di Tex, abbinate al #328. Nota di colore: nel più autoconclusivo dei Graphic Novel della serie compaiono vari riferimenti per iniziati, dai Pretoriani all'Omegalopoli di Mac (unicum, peraltro), e lo stesso Vengeance è un personaggio dei vecchi Almanacchi che non avevamo mai visto in faccia.


Maxi Nathan Never #16: Missione nel sottosuolo; Mercante di morte; Il destino di Keron (Gualdoni-Rigamonti/Busticchi&Paesani; Zamberletti/Santoro; Cajelli/Busticchi&Paesani-Jannì)

Da questo numero, la copertina è di Davide Gianfelice, anche se qui non è accreditata (cambiamento dell'ultimo minuto). Contiene le prime storie postume del compianto Busticchi. La prima è tutta disegnata da lui&consorte, ma sembra quasi di scorgervi Jannì. Una storia di fantascienza indie contemporanea, nello stile dei film indipendenti che poi diventano cult. Nulla di nuovo, ma buona. Nella terza, invece, è intervenuto davvero Jannì, ma non lo si nota. Trattasi della seconda prova neveriana di Cajelli: c'è il ritardato che diventa colto e soffre, tipo Algernon di Keyes (che era il topo, in realtà), i soliti banditi dei bassifondi, eccetera. Il finale è buono. Da segnalare buffi dialoghi scientifico-pignoli per laureati. La seconda storia è di altri autori, ma anche qui sono cose già viste, ed è il seguito tematico del #325 (menzionato). Troppi mitra e troppe moto, ma si fa notare per lo scazzo di Nathan al cinismo di Elania: is this a continuity reference? Peraltro, il colpevole la fa franca. Boh.


NN #329/330: Angelita/Le colpe dei padri (Perniola/Oskar)

Figurine allegate al #329, che vanta pure una bella copertina. Storia doppia vecchio stile, di stampo corale, con tutti gli Agenti che fanno qualcosa, Link utilizzato, piccole bugie tra amici. Elania complotta perché ricattata: è continuity? Origini tragiche pure per Mendoza, ora dotato di nipote ribelle tutto pepe. Niente entusiasmi e niente noia, la prima puntata è più interessante della seconda. Bei disegni di un'artista sottovalutato che sa usare vari stili. Insopportabile l'italo-spagnolo. 


NN #331: Codice Fantasma (Porretto&Mericone-Rigamonti/Mandanici)

Arte strabiliante nella prima cinquantina di pagine, ariosa e curata, wow. Come si dice? "Lo sapevamo che questa era brava, però". Poi cala, abbastanza vistosamente nelle anatomie, in un paio di casi sembra quasi un altro disegnatore. Boh? Soggetto di due autrici blasonate, ma che in Bonelli non riescono mai a brillare. Anche qui la storia è quanto di più trito ci si possa immaginare, ma si fa leggere, e il finale lgbt+ non è pedante. Non è chiaro quale sia l'intervento di Rigamonti, forse l'ariosità delle prime pagine? Il layout? Riempitivo discreto, migliore di altri recenti.


Nathan Never Special #29: Joseph & Mary (Medda/Bonazzi)

Se non è Vigna, è Medda, e se è uno dei due, è remake. Episodio del Dick, dunque un po' Occhi di uno sconosciuto, un po' Sogno della farfalla, che offre la versione di questo universo della storia di Gabriel e Mary (Speciale #2 e #30, qui lei è solo una tizia qualunque su di una foto), tramite una chiave teologica e cristiana palesemente manifesta (titolo e non solo). Sappiamo già che un fumetto di Medda va preso per quel che è, senza cercarci troppe cose, e anche in questo finale aperto (chi è il "Gabriel" di questo universo che genera visioni tipo Zona morta?) va letto simbolicamente. 


NN #332: Etherea (Salati/Masala)

Riempitivo che più neveriano non si può, sebbene scritto da un esordiente totale (in Bonelli). Per nulla originale, non troppo avvincente, acquisisce qualche punto grazie alle dediche funebri verso Dubini,Pueroni,Lippi. L'arte rispecchia la storia: buona plastica, tanti retini. Quindi questa IA è ancora nello spazio?


Agenzia Alfa #42: Il castello degli immortali (Piani/Zoni)

Copertina dell'artista di turno, Ivan Zoni. Ultimo storione, in incognito (all'epoca non lo sapevamo). Giustamente è di Piani, che in queste mattonate è stato maestro. Spunti mysteriosi che ci fanno piacere (homunculi, alchimisti eterni), diluiti in soluzioni semplici e tanta azione. Non è in contraddizione con le vecchie trame di Vietti e con le nuove di Vigna? O forse è un altro caso di olonomia. Vi agiscono Igor McNally (creato da Piani e Ostini, ricordiamolo) e Varley di Sezione Eurasia.


NN #333: L'amore uccide; Tracce di verità (Perniola/Di Clemente; Rigamonti/Romeo)

Albo a due storie, lascito del fu NiNo. La prima è una giacenza di quei tempi, con addirittura un disegnatore che poi è stato cacciato, o forse è ritornato apposta e con uno stile meno piatto, ma che comunque sembra di quei tempi; anche lo sceneggiatore è ancora ai livelli pre-declino (o pre-malattia), quindi è una storia in cui tutto, ma proprio tutto, è visto e stravisto, ma è comunque ben fatto e non annoia. Il fatto che ci mostri l'ennesimo flashback pre #1 (l'arrivo di NN nella sua prima abitazione), con l'ennesima retcon backdoor tragica, è una strizzata d'occhio secondaria. La seconda storia è la parte zero della doppia dei #335/336 e presenta elementi interessanti che tuttavia non verranno approfonditi. La protagonista è Elania, giacché, è bene ricordarlo, i suoi patemi costituiscono, di fatto, l'unica sottotrama orizzontale post #303 e pre #343. Copertina bella e sensuale, ma ingannatrice.


NN #334: Rapimento alieno (Medda/Pianta)

Esercizio di stile pulito e curato, manifesto solo all'ultimo istante, quando si capisce come andava interpretato ("Francamente, me ne infischio"). Gli alieni sono cloni, ma la storia non sembra essere del tutto conclusa. I remake sottesi sono quelli delle storie ufologiche (#122,#201/202; guarda caso, sono sempre quelli ristampati nelle antologie da libreria: c'è un complotto, dietro?).


NN #335/336: Elania è scomparsa!/Incubi e paradisi (Rigamonti/Belardo,Busticchi&Paesani)

Prosecuzione di Tracce di verità (#333), getta un po' al vento le premesse di quella vicenda e riduce il tutto alla vendetta della vecchia fiamma di Elania, che la vuole a tutti i costi, allora le dice che ha un figlio, ma in realtà è il figlio di un'altra, in una sorta di prefigurazione di A un passo dal cielo 5 (ops, spoiler). Ma il lettore neveriano sa bene che questo Matthew è il Matthew di Terra-1, e si aspetta sempre qualche accenno a proposito, invece non frega un bazzo a nisciuno. Anche il discorso della paternità, forse, lo aveva affrontato meglio Secchi nella tripla, e senza fare chissà che. Disegni discreti, che aiutano a seguire la narrazione senza farsi distrarre da altro. Nonostante tutto, è una delle poche storie di questo periodo con la continuity, perché Nathan ed Elania si baciano di nuovo. Poco sfruttato, invece, il ritorno ad interim di Darver alla guida dell'Agenzia Alfa, durante l'assenza di Elania. Probabilmente i piani erano altri. Bella copertina spoiler della seconda parte. Al #336 è allegato il #0 di Odessa.


Maxi Nathan Never #17: Inferno verde; Nemici invisibili; Scambio di vite[/b] (Sammartino/Busticchi&Paesani-Jannì; Secchi/M.Rossi; Gualdoni/Vercelli)

La prima storia dev'essere l'ultima effettivamente realizzata da Busticchi, giacché da una pagina all'altra i disegni diventano grezzi e improvvisati, evidentemente sfornati in fretta e furia. Ha dalla sua l'ambientazione inusuale, la Grande Depressione Occidentale, cioè l'Amazzonia, finora solo lambita in un paio di vecchie storie (una menzionata), e il vago omaggio a Mister No; a parte questo, non è proprio entusiasmante. L'india coi poteri e il fiume subbacuo, mah. La seconda storia è una giacenza di Agenzia Alfa e sorprende per riportare ai testi un autore che credevamo perduto. Scopriamo che lo psicologo dell'Agenzia, Julius Herschfield, ha un contratto di collaborazione e che, nella vita privata, abita con una bambina che lo chiama per nome e con un robot uguale a lui, con cui conversa. Lo vediamo fare il cipollone con Elania, che arriva pure a sbattersi, mentre risolve il caso prima di Nathan. Proprio lui è la nota negativa dell'episodio, soprattutto quando comincia a fare il martire gelosone. Vabbè. Comunque, solo Secchi poteva realizzare una storia di soli dialoghi, perlopiù banali, ma senza farli apparire vuoti e noiosi. Rossi è totalmente inadatto a NN, ma noi piace sempre. La terza storia è una gualdonata di quelle da alzare gli occhi al cielo mentre si scuote la testa. Trattasi del remake di un classico di MM, quello che ha reso celebre Mister Jinx (e che ha prodotto il MM robotico). Solo che Mister Jinx, nel futuro di NN, è ancora vivo, e il lettore neveriano lo sa, ma questa storia se ne sbatte allegramente e ci ripropone un'idea vecchia spacciandocela per nuova. La mettiamo nel filone dei remake in continuity e ridiamo dell'ultima tavola, copia-omaggio del più famoso DD di Chiaverotti. Disegni da vecchia gloria in decadenza.


NN #337: Il passato è una terra straniera (Vigna/Giéz)

Rincaro! Come palliativo, Airoldi allega un Poster faidate e Vigna un episodio ancora più ambizioso de Il poeta. Un only flashback ambientato a Gadalas, coi personaggi tutti giovani ricordati dal Nathan anziano, come nei vecchi Almanacchi della Fantascienza. Per la precisione, la rubrica tira in ballo l'Almanacco 1995 e i #58/59, ma la plateale retcon è dell'episodio La giovinezza di Nathan Never dell'Almanacco 1996, qui completamente riscritto con l'aggiunta di una telenovela sentimentale che a molti, tra i quali l'estensore di queste righe, è parsa decisamente evitabile, se non imbarazzante: il giovane Aristotele Skotos se la faceva con la madre di Nathan e si è incattivo a causa del di lei gran rifiuto. Bah. E si capisce subito quando anche l'editore trova discutibili le scelte di Vigna: le affida a Giéz.


Agenzia Alfa #43: Inferno di silicio; Echi dal passato (A.Russo; Rigamonti/Arduini-Trerè)

Copertina di Ivan Zoni, riferita alla seconda storia, l'evento del numero. Si tratta di un cross-over triplo, in cui Nathan Never vive delle avventure di geopolitica spiccia, mentre May indaga su media stupri e bigottismo; in mezzo, agiscono i personaggi di una storia di Greystorm, per la precisione di quella pubblicata a posteriori nella collana Romanzi a Fumetti Bonelli (quindi il cross-over è quadruplo; per i veri nerd è quintuplo, dato che Nuova Londra fu teatro di una vicenda di Legs). Non è una sorpresa, il tutto è spoilerato impietosamente a partire dalla rubrica, e fin dalla prima tavola si capisce quando e in che modo le tre trame convergeranno. Tuttavia, la lettura scorre abbastanza fluidamente, e giusto dopo un centinaio di pagine si sbrodola un po' addosso, per poi chiudere di botto. Ma soprattutto, questa è l'ultima apparizione della disegnatrice, la "Freghieri donna", la moglie di Filippucci, un'artista il cui stile è sempre parso adeguato al mondo Bonelli e che avremmo voluto più sfruttato e valorizzato. La prima storia, invece, fa parte della Guerra del Buio, e si colloca tra le vicende del #38 e quella del #41. Protagonisti sono i comprimari folkloristici del #38, quindi è sostanzialmente uno spin-off. Ebbene, confessiamo che questo western futuristico non ci è dispiaciuto affatto, mentre ci è dispiaciuto dover salutare questi personaggi copiati ma iconici. Anche sul piano grafico, l'autore è stato bravo a copiare nel modo giusto. Il cattivo è un tecnomorfo, ma finché non ce lo hanno detto, non ce ne siamo accorti. E, a sorpresa, con questo numero, dopo ventidue anni, chiude una delle più bislacche testate Bonelli di sempre.


Nathan Never Magazine 2019: Cybermaster (Vigna/De Angelis)

Ristampa ricolorata del primo Speciale, con servizi dedicati al genetliaco dell'allunaggio.


NN #338/339: Attentato in Memorial Plaza/Sfida alla Genetech (Eccher/Di Clemente-Bertolini-Mangiantini,Cascioli)

Doppia drammona ma buffa, per svariati motivi. Perché è una retcon delle vignate coi potenti che non sono quello che sembrano. Perché Darver ed Elania battibeccano come fidanzatini. Perché la prima puntata ha i disegnatori mescolati a caso. Perché è l'ultima di Di Clemente, sbattuto su Julia. Perché vi agisce un'agenzia privata uguale e contraria all'Alfa, con la "Legs" che muore subito e il direttore che è il cattivo. E, soprattutto, perché la controparte di Nathan è omosessuale, ma questa è la sorpresa della storia, e Nathan non se ne accorge, nonostante quello parli sempre di moda e drink, almeno finché non si ritrova la lingua in bocca (da un moribondo, peraltro). Lol.


NN #340: Un mondo di bambole (Fissore/Zanella)

Riempitivo di esordienti veterani: per compensare il gay della storia precedente, ecco i cloni puttane loro malgrado. 


NN #341: L'ultima indagine (Rigamonti/Santoro)

Noir hard-boiled americanoso, che di fantascientifico non ha proprio nulla. Il cattivo è Jason Statham. Peccato, l'arte era discreta.


Maxi Nathan Never #18: Lo spettro di Myriam; Le montagne della paura; Lo schema dell'assassino (Fissore/Boccanfuso; Garagiola/Di Clemente-Corbetta; Piani/Da Sacco-Santoro)

Ultimo Maxi, a sorpresa. Ultima infornata di giacenze? Il grosso dovrebbe essersi esaurito, le poche rimaste saranno riadattate. Nella prima storia c'è il killer di ricordanti, che ci fa pensare che l'argomento avrebbe meritato maggiori approfondimenti (i ricordanti sono ormai anacronistici). Si fa notare per la menzione del MM robotico, che contraddice pesantemente la continuity di Vigna in cui egli non esiste. La seconda storia è un survival thriller: trappola sulle montagne rocciose, doppi giochi, lupi giganti; dovrebbe essere mozzafiato, ma ci ha annoiati. Si segnala per essere raccontata come una fiaba da un remoto futuro (? un altro??) e per essere disegnata ancora da uno che non dovrebbe più esserci. Nella terza storia, ecco il killer di fobici. Noiosetta e disegnata come nei tardi anni 1990, presenta elementi inusuali quali i rumeni e una che sbaglia sempre il cognome di Nathan. Il suo pregio è aprirsi con una citazione letteraria tratta da un romanzo di Clive Barker (?!), per poi farci conoscere la bella poesia "The road not taken" di Robert Frost.


Nathan Never/ASI: Stazione Spaziale Internazionale (Vigna/Giardo/ col. Romina Denti)

Volume cartonato didattico-celebrativo. Nathan Never incontra Luca Parmitano, comandante dell'ISS. Cosa c'è di più disneyano? Per Vigna è comunque una storia in continuity da prendere sul serio. Se è vero che per l'occasione viene ripescata la stringa di energia che portò alla creazione di Asteroide Argo, durante la lettura è più che evidente lo scopo promozionale e divulgativo del fumetto, con tutte le morali e le moine del caso. La trama è abbastanza esile, però coerente con gli intenti: l'indagine di Darver (!), per una volta buono e sano di mente, volto a trovare la spia dei Pretoriani marziani, non è buttata lì per metterci una indagine nel mentre che Nathan ammutolisce e conversa, ma è in voluto contrasto con la frase meme di Parmitano per cui "dallo spazio non ci sono confini". Ripubblicato in albo a Marzo 2020, con una seconda intervista in aggiunta alla prima. In entrambe scopriamo che Parmitano è una specie di tuttologo capace di fare tutto: Pico de Paperis + Archimede Pitagorico + Indiana Pipps. Astrosamantha gli innaffia le begonie. Bei disegni, bei colori, bel prodotto: e forse, più che a Topolino e Rat-Man con Nespoli, fa il verso a Star Trek che incontra Stephen Hawking.


NN #342: L'uomo al comando; L'origine del Buio (Medda/Casini; A.Russo)

Ultimo (?) albo a due storie, lascito della confusionaria gestione post NiNo. La prima è una storia progettata per il Magazine 2016. Un'autoconclusiva in cui Medda fa il remake sintetico delle sue vecchie storie coi centozampe (Colonie, ecc.). Mi pare che nel vecchio universo Nathan avesse già cavalcato un vermone, mentre qui sembra farlo per la prima volta. Ma forse ricordiamo male o abbiamo capito male. Diciamo che qui scopriamo che i centozampe si possono guidare a ultrasuoni (anche questo ci sembra non essere novità, ma non abbiamo prove a nostro favore). Nelle storie di Medda l'importante è il non detto, e qui bisogna fare molta attenzione al titolo, posto subito prima di una saga al cui termine Nathan farà una certa cosa (va bene, lo farà dopo la saga, ma ci siamo capiti). Idem per l'erede che non vuole ereditare ma fare il leader a modo suo. Casini ai disegni è come ingozzarsi di nostalgia. La seconda storia è un ennesimo tassello del puzzle della Guerra del Buio, per la precisione di quello preannunciato come flashback/flashforward nel #38 di Agenzia Alfa, ed è anche il prologo dello Speciale #30. Eppure è anche una storia autoconclusiva, non esaltante, ma diciamo che, a questo punto, assistere alla genesi del Buio nel presente della serie, ha un suo fascino masochistico.


Nathan Never Special #30: Dentro il Buio (A.Russo/A.Russo-Palomba)

Copertina in linea con quelle di Intrigo Internazionale, fuori luogo, perché questo è il finale della saga del Buio. Finale dal punto di vista neveriano, per Kay è l'inizio (finisce che rimane con le Telepati: non la rivedremo più sul mensile? Speriamo). La narrazione prosegue il prologo del #342, pubblicato il mese prima, ed insiste nell'accostamento con Peter Pan, già inaugurato nel suddetto #342 e nell'AA #41. Felicemente, direi, dato che Barrie è uno dei numi tuterali di NN da sempre, dunque questa di Russo non è una scelta dettata dalla moda. Ritrovare isole che non ci sono su NN è normale, è come essere a casa. Per quanto tutta la saga si regga su questo impianto fantasy per adolescenti di bocca buona, le cui letture più impegnative sono i commenti degli youtubers, Russo ha fatto un eccellente lavoro nel riuscire a rendere digeribile questa roba al lettore neveriano, integrandola nel già scombinato worldbuilding della serie. In sostanza, quando Nathan arriva al Tempio della Sorellanza, invisibile in mezzo all'oceano, e fa il bimbo sperduto sullo scoglio dell'abbandonato, accompagnato dal drone senziente Trilly, beh, sembra proprio il NN "che abbiamo sempre amato" (cit.), quello di Serra (mente dietro le quinte di tutta la saga) e delle sue fan fiction dei tempi d'oro. Anche sul versante grafico, come in altri occasioni, Russo ha copiato bene: non c'è nulla che non sia già visto, ma è ben fatto; belle cover di disegni famosi. 


NN #343/344: Ostaggi!/Tradimento (Medda/Mortarino,Denna) [Intrigo Internazionale 1di9-2di9]

Dopo 100 numeri gli autori riescono a fare ciò che, ai tempi della Guerra dei Mondi, non fu loro concesso (Nathan lasciò l'Agenzia nel #242 rientrò nel #243). Per il lettore comune forse è una sorpresa, per l'utente del NNForum è il segreto di Pulcinella. Raro Medda di continuity e storia che non è altro che un prologo (doppio, peraltro). Eppure piace per via della sua autoconclusività interna, nonostante il finale può essere letta come una "normale storia di Medda". Prosa asciutta, dialoghi curati, arti posate: un gradevole thriller geopolitico. Fracca di nomi propri di persone e Stati: come è giusto che sia. Il casus belli di tutto è la caccia al terrorista Yasser Zaghan, protetto dalla Federazione, col benestare della debole Elania (da qui lo scazzo di Nathan). Ha una logica la trovata della bambina autistica.


NN #345: L'altra metropoli (Vigna/Vercelli) [Intrigo Internazionale 3di9]

La saga uscita con dieci anni di ritardo prosegue come avrebbe dovuto all'epoca: lasciata l'Agenzia, Nathan è dall'altra parte della costa (a Tropical City, però, non nella Città Ovest) e fa il detective privato (per ora d'albergo). Così Vigna può finalmente proporci il suo Nathan Noir, con tanto di cantante vamp vittima non proprio innocente. Il pretesto è buono per riproporre un Nathan solo e incinicito, e d'altro canto noi sappiamo benissimo che Blade Runner, tutto sommato, è un noir. L'accostamento è sicuramente azzardato, ma diciamo che le atmosfere squallide e afose sono ben rese. A sorpresa, lo stile dell'artista - costante nella sua involuzione - si rivela adatto a questo clima. In realtà, l'episodio è un riempitivo ed è il remake parziale dell'Almanacco 1993, ma il suo ritirare in ballo i traffici di Skotos, da una prospettiva a posteriori ovviamente, potrebbe essere indice di possibili trame future (non di questa). Insomma, una parentesi gradita in quanto tale. I robottini disneyani completano il ritorno al passato, anche se forse finiscono per ricordare più le pecionate del mensile di Legs (comunque la riflessione su animatroni e robot è interessante).


NN #346: La scena del crimine (Vigna/Boccanfuso) [Intrigo Internazionale 4di9]

Ancora una parentesi noir del Nathan detective faidate, stavolta come tassista. Omaggio a Lazarus Ledd? Prosegue il remake di Vendetta Yakuza, con una storia diversa. Gente sporca in una città sporca, all'ombra delle palme e a ridosso del mare. Caso a base di puttane e nudi, tra cui una minorenne. Ad aiutare Nathan, l'esordio di Leonard Caretta, da Ed McBain. Curiosamente, sua moglie si chiama Betty e non riescono a procreare. Mmmmm. Arte meno hard boiled e più poliziesca, in tono con la storia. Se queste storie non facessero parte di questa trasferta forse le criticheremmo di più (anche perché l'originale di De Angelis non si batte), ma così riusciamo a prenderle come una meritata vacanza dal solito tran tran (realisticamente, in vacanza si fanno le stesse cose che si fanno a casa, ma in un altro posto e con altra gente).


NN #347: La prossima vittima (Vigna/Fiorelli) [Intrigo Internazionale 5di9]

La parentesi comincia a chiudersi, come si evince dagli stacchi su Elania e Legs. Alla fine del caso di turno, Nathan ottiene da Caretta una traccia per riprendere la trama di Medda. Come nei due episodi precedenti, in altri casi a un caso del genere non avremmo fatto caso, ma si dà il caso che, in questo caso, la casualità non sia casuale. Inquietante l'energumeno col volto di bambino (sicuramente ripreso da qualche storia che non rammentiamo), per adulti la tizia ignuda e stuprata. Qui Tropical City già comincia a farsi da parte, la vediamo solo all'inizio, quando ci viene presentato l'ufficio ufficiale del Detective Privato Nathan Never. Peccato. Però scopriamo - dopo quasi trent'anni - che il Giappone del futuro si chiama Prima Repubblica Orientale. Ah, il caso ha a che fare di nuovo coi ricordanti, come nel #345; ma questo sembra proprio un caso. Casarola. 


Nathan Never Deep Space #1--3: Yari Kiran/Il pianeta vivente/La rana e lo scorpione (Perniola/Corbetta,Denna-Calcaterra,Calcaterra-Dall'Oglio)

Copertine di Ivan Calcaterra e Gianmauro Cozzi. Il primo funge anche da visualizer o come si dice, concept art supervisor. E disegna qualcosa nel secondo e nel terzo albo, ma nel secondo è irriconoscibile. Riempitivo-giacenza del NiNo, che per foliazione e tematica (un Agente Alfa alieno) non si sapeva dove cacchio pubblicare, specialmente dopo la chiusura dei Maxi. Rinviata per anni, dopo aver sfiorato la pubblicazione in volume, è diventata la miniserie del 2020 (oramai è un appuntamento fisso). Eccessivamente strombazzata dal curatore (per carità, è il suo lavoro), è una storia pedantina e con uno stacco grafico troppo netto tra Dall'Oglio e gli altri. Avrebbe voluto essere anche una storia social warrior, ma i preconcetti di Nathan non sono poi così sviscerati. Alla fine, è tutto sparatorie e tute attillate, e l'identità del tizio è il segreto di Pulcinella. Naturalmente, questo pianeta alieno spuntato dal nulla è in contraddizione pure con le storie recenti, così come l'approccio leggerino dell'Alfa (ah, un alieno; favorisca i documenti, prego). 


NN #348: Il cimitero dei giganti (Medda/Giardo) [Intrigo Internazionale 6di9]

Riempitivo nel riempitivo, trasferta a New Tokyo. Caso procedural-verticale che, a sorpresa, proprio all'ultimo istante si scopre connesso alla macrotrama. Nathan menziona il #9, ma la storia ce ne ricorda di più un'altra, che però al momento ci sfugge (una di Legs?). L'importanza di chiamarsi artista: quando c'è il disegnatore di punta della serie, è tutta un'altra cosa. Narrazione asettica, tipica del Medda recente, ma le riflessioni sono quelle dei tempi d'oro. Che bella la storia della guerra civile nipponica a base di robottoni, poi abbandonati nella Foresta dei Suicidi; e com'è neveriana la storia del trio di amici, poi divisi dalle scelte di vita. Solo che, viste le mie, avrei voluto più Foresta e meno uffici, e magari qualche chiacchiera in meno e qualche panoramica in più. Pure New Tokyo non si vede molto.


NN #349: Tigre (Medda/Maresca) [Intrigo Internazionale 7di9]

Albo a metà strada tra il riempitivo-remake e l'episodio di continuity, è entrambe le cose. La trama ricorda pesantemente una già letta: quale? Forse NN #187/188? "Nathan Jussup" viene dai #173/174; l'attentato boh. Comunque godibile, seppure scontata. Non è vero, però, che non vi è ambiguità: non viene mica detto che il ragazzino si sveglierà. Parallelamente, prosegue la macrotrama: come ci aveva promesso nel #347, Larson è a Tropical City, così Nathan va a trovarlo, ma gli scappa. Alla fine se lo ritrova servito su di un piatto d'argento da Elania, così scopriamo anche chi faceva squillare il telefono negli albi di Vigna. Elania ha una richiesta precisa per Nathan, ma questi deve prima vendicarsi. Ma quando è stato arrestato Larson? Me lo sono perso. Arte accademica da esordiente. Siamo tornati a Tropical City, ma dalle visuali si nota poco. Divertente, invece, il nuovo look da pappone tossico di Igor McNally (remake, stava alle Sun Islands). 


NN #350: L'ultima notte sulla Terra (Vigna/Giardo) [Intrigo Internazionale 8di9]

Cifra tonda: celebrazione! Ma è un episodio otto di nove: celebrazione parziale! E così, Nathan ricorda in modo frastagliato, come in un flusso di coscienza (allo stesso modo del Gigante #13) momenti minori della sua carriera. Vigna può, così, sbizzarrirsi coi remake: Almanacco 1995 e #27 (e forse Terra della Comic Art) i più rilevanti; non ricordo donde proviene la sequenza lunare, invece. E probabilmente ve ne sono altri due o tre (il bambino terrorista, la Morte aliena). Possibile errore quando Nathan conosce nel flashback il nome di Zaghal (oppure ne aveva sentito parlare e poi se l'era scordato, ma non è da lui scordare). Vigna ha fatto sua la regia americana: ecco, dunque, un altro albo bello arioso e ben girato; l'artista di punta non è messo lì a caso. Gli stacchi tra presente e i flashback sono, però, di difficile riconoscimento; in particolare il salto dalla vignetta con Laura a quella con Ann. Insomma, le solite riflessioni remixate in un modo nuovo, con un Nathan che, finalmente, ragiona sul suo invecchiamento rallentato. Alla fine, riecco la continuity, pacatamente e serenamente, da persone adulte. Doveva farsi la milf, cmq. Tanto non era quella con la panza.


Nathan Never Magazine 2020: Il pianeta rosso (Medda/Bonazzi)

Ristampa in b/n di NN #68. Cosa buffa, perché è la seconda parte di una doppia (anche se Medda ha sempre una sua autoconclusività). L'intero volume è dedicato a Marte e ospita una sezione curata dall'ASI. Contiene anche due stralci a fumetti colorati apposta: uno da Judok, n.8 della vecchia Collana Rodeo; l'altro de Il flauto di Pan, da Martin Mystère n.39 (con un articolo di Castelli).


NN #351: L'ora del riscatto (Vigna/Bergamo) [Intrigo Internazionale 9di9]

Vigna ancora ispirato sotto il profilo tecnico, per il finale di saga: regia americana, impeccabile, e grazie all'artista neoassunto la sequenza dello sbarco su Marte resta impressa. Scopriamo che la Fratellanza Pretoriana è tornata a pieno Regime, e che questo governo dichiaratamente fascista - Fascisti su Marte! - è accettato dalla comunità internazionale, sia da quella che intriga che da quella che si fa intrigare. Fin troppa la verosomiglianza coi nostri tempi, con tanto di battutine smaccate (le astronavi arrivano in orario), e c'è pure l'omaggio a Ciarlì Ebdò, ma diciamo che queste allusioni poco allusive fanno da sempre parte del background della serie. E comunque siamo sempre al prequel de Gigante #10 e della mini di Universo Alfa. A livello di contenuti l'albo non offre tantissimo: Nathan sa subito cosa fare e come farlo, trova tutti gli alleati appositi (ma che fine hanno fatto i Donegal della prima colonia?) e, se rimaniamo coinvolti, è perché le scene d'azione sono ben girate. Lo scontro con Zaghal non poteva che essere inferiore alle attese, ma ci fa piacere che a prendere i meriti sia Caretta. Spiazzante, invece, apprendere della possibile succursale dell'Alfa a Tropical City, con Branko e May e la mutata marziana giornalista: non sappiamo se gioirne (difficilmente questo spin-off vedrà la luce) o esserne spaventati (e se vedesse la luce?). Il rientro di Nathan in Agenzia, lo sapevamo, avrebbe dovuto essere più articolato, oppure non avrebbe dovuto proprio essere, ma l'Editore ha ordinato la ritirata. Fortunatamente, la saga non finisce con la sua fine: ci penseranno i riempitivi successivi. (Come è possibile che dei riempitivi facciano da saga? Su NN è possibile). Ma che fine fa Hugo Larson? Pazienza, chissene. Chicca la rivelazione della ricetta del Koronju (acqua tonica).


NN #352: I combattenti dell'isola (Medda/Casini)

La coppia d'oro della golden age neveriana, serenamente invecchiata, in un survival moralistico ideale per la rilettura. Due superstiti sull'isola che si fanno la guerra da sempre, senza motivo, sconfitti dalla Storia. Nathan occidentale in mezzo ai piedi. Siamo ancora in Wangaskan, o come si chiama, e c'è ancora "Jussup". Ma è tutto autoconclusivo fino al midollo. Il titolo ricorda il #129, ma probabilmente è il remake di qualcos'altro.


NN #353: Il Protocollo Noah (Medda/Pianta)

Albo da golden age neveriana, che rasenta la perfezione: testi, disegni, trama, coerenza, continuity, autoconclusività... è tutto come ai vecchi tempi. Di più: un film, a fumetti. Colpisce soprattutto l'utilizzo della fantascienza, finalmente come dovrebbe sempre essere. Per quale motivo non è diventato un istant classic? Boh. Forse un pelo di disempatia. Ed Elania che ormai sembra una esaurita. La Burrik Pharma (#349) sembra avere in mano tutto il settore farmaceutico dell'Occidente futuristico. Remake? Forse no. Povera Sibilla.


Nathan Never/ASI: Destinazione Luna (Vigna/Giardo/ col. Giardo)

Seconda storia realizzata con/per l'Agenzia Spaziale Italiana, ripubblicata poi in brossura nel Magazine 2021. Più corta della precedente, rispetta la "legge del sequel non richiesto" e risulta meno affascinante della pur ingenua parabola con Parmitano. Luna su NN ha sempre equivalso - per quelle poche volte che si è vista - ad Atmosfera zero, ed è così anche stavolta. Solo che i flashback ai giorni nostri (che in realtà non lo sono, ma è un futuro prossimo in cui il Lunar Gateway è già funzionante) occupano tutto lo spazio drammaturgico, togliendo respiro al giallo lunare, che risulta, così, sbrigativo. La trama dell'astronauta sepolto segretamente sulla Luna è copiata da non ricordo cosa, mentre fanno sorridere, in un fumetto a scopi didattici, i pesanti riferimenti alla continuity della serie. I colori stavolta sono di Giardo: troppo pop. Davvero esauriente - per gli ignoranti in materia - la parte redazionale. 


Le Storie #96: Legs Weaver 1: Ellissi (Serra-Perniola/Palomba,Da Sacco-De Biase,Gradin)

Le Storie #97: Legs Weaver 2: Strage (Serra-Perniola/Palomba,Gradin,Jannì)

Le Storie #98: Legs Weaver 3: Nemesi (Serra/Palomba)

Controparte legsiana dei #301/303 neveriani, "l'ultima storia" di Legs versione Serra. Riprende l'idea originariamente concepita al tempo di LW #1, da cui infatti prende l'avvio (in modo molto gradevole, devo dire). Ellissi è la nemesi uguale e contraria di Legs, la "terrorista perfetta" sfrontata e sagace, ma disumana, in quanto ha assorbito le memorie della controparte. Colpo di scena finale, anche Legs ha assorbito quelle di Ellissi! Cosa significa, che la Legs postLW#1 è sempre stata, in realtà, Ellissi? E che la vera Legs è cattiva? Naturalmente no, significa semplicemente che si sono fuse, e questo perché Legs è una "mente superiore" particolarmente aperta e ricettiva. E questo spiega perché, nonostante tutti i casini che ha combinato dal 2091 a oggi, è sempre stata intoccabile: qualcuno, ai piani alti, sapeva, e la proteggeva... Ecco, per essere una "storia finale", non finisce granché. Non è l'unico difetto: tutto questo gioco di simmetrie, tolte la citazione di Blake e un paio di riflessioni, non è granché approfondita, e della carriera criminale di Ellissi non vediamo nulla. Inoltre è davvero malinconico l'uso che viene fatto di Janet, di fatto donna-oggetto, cadavere spietatamente esibito senza troppi patemi (e non parliamo della strage di Sandville, il paesino de La squadra fantasma, ignorata da tutti). Al contrario del delirio fracassone della tripla che sconvolse NN, qui siamo proprio in una seduta di analisi (dal Hershfield, tristemente col volto di Jeremy Irons, mah), fuori casa (in un'altra testata, addirittura), tra mura asettiche e personaggi freddi e stanchi, e al termine della quale il massimo del piacere che ci è dato dalla vita è farci una passeggiata. Insomma, il grigiore quotidiano ha avuto la meglio sulla follia adolescenziale. Emblematica (ma bella) la scena in cui scopriamo che Legs abita di nuovo nella casa dei tempi dello spin-off, ma senza i comprimari di allora, di cui ha perso le tracce. Tutto questo, naturalmente (nonostante i tentativi di Serra) rimane fuori dal grande giogo vignano, e naturalmente sconta i vari problemi redazionali post Guerra dei Mondi: doveva essere una Grande Storia, poi l'ultimo Agenzia Alfa, poi è finita qui, per non finire nel cestino. Guarda caso, c'è Omegalopoli, ma i robot vivono ancora in Città. Arte nella media, con un punto in più a Jannì, il cui stile "pornazzo comico" ci fa sempre sorridere. Copertine di un grande Maestro, ma veramente poco brillanti. Resta il dubbio sulla insistenza, nel primo albo, sull'Agenzia Omega (e ripeto: Omega), anche da parte di Contro, negli editoriali... tigre! tigre! Che, bruci brillante, per caso? Che poi, l'ho sempre pensato, che Yvonne Samson avrebbe dovuto avere un ruolo di qualche tipo... 


NN #354/355: La città del vento/Check Point 23 (Vigna/Toffanetti)

Il clou dell'annata 2020 è la vera conclusione dell'intrigo internazionale. La storia-evento in cui Elania si vende per l'ennesima volta, ma finalmente Nathan la smaschera e la ricatta: ora è lui il Capo dell'Agenzia! Occulto, peraltro, giacché Elania rimane al suo posto come burattino. In pratica, Nathan è il nuovo "Mister Alfa"! Se non è l'evoluzione più coerente della serie, non so cos'altro possa essere. Ma questo, in fondo, è solo il condimento di una storia notevole di per sé, neverianissima, un nuovo remake di Blade Runner, un intrigo internazionale verosimile, un film a fumetti in cui si entra in ogni vignetta. Una versione migliorata de Il poeta (menzionata). Col valore aggiunto dell'omaggio meta alla sede del Science+Fiction Festival, parte integrante della vicenda (più nella prima parte). Tante le sequenze memorabili, dal girovagare dell'androide killer (con tutti i geniali ribaltoni: sembra psicopatico, invece è razionale; sembra inarrestabile, invece si ferma da solo) al compimento dell'esaurimento di Elania che culmina nell'arrapante sbattimento dentro al faro. E la chicca di Darver con gli occhiali di Reiser? Invece di Janine non ci fotte nulla. Quasi un capolavoro ("quasi" perché la trama è elementare e il colpo di scena relativamente scontato), ma insomma, uno da NN non pretende il Pulitzer, vuole solo questo. Peccato solo per la prima copertina, con la pioggia al posto del vento. E direi che qui può finire la "settima stagione". Venimmo, vedemmo, c'inc...


Nathan Never Special #31: Ritorno all'Inferno (Vigna/D.Bastianoni)

Seguito/remake del #10, uno dei Classici della serie, per mano degli stessi autori. Trama completamente differente, stavolta è molto elementare, pure troppo. Scienziati pazzi, esperimenti, uomini pesce. Ma l'albo è inserito nel posto giusto al momento giusto, subito dopo gli eventi di Tergeste, ed è disegnato come ai vecchi tempi (davvero, lo stile è uguale), e riesce a farsi leggere. Ma ciò che fa la differenza è proprio il finale, semiposticcio, in cui il Nathan Capo dell'Alfa usa il suo nuovo ruolo per fare la cosa giusta e cambiare la storia (quella del #10). Un finale meddiano. Notevole la tipa gnocca ma brutta in viso, cattiva ma non troppo. La riabiliteremo? Tutto sommato, le potenzialità del (doppio) Livello sommerso non sono sfruttate granché, se non all'inizio. Bisognerà tornarci giù.


(2021-2022)