sabato 13 giugno 2020

Gli albori (1)

Sarebbero gli albi delle mie origini.

Non ho la più pallida idea di quale sia stato il mio primo fumetto.
Da piccolo (fino al 2015, cioè) avevo sicuramente tre libri di fiabe illustrate in lingua non italiana, cui si era poi aggiunto un Aladdin (sempre in lingua non italiana) e un DuckTales (in italiano).
E ho sempre posseduto le carte Disney-Colgate, pertanto dovrei aver avuto i Topolini che le allegavano, ma non li ho mai visti, e li ho riscoperti soltanto a dieci anni suonati in biblioteca.

Per pura convenzione, ho da tempo deciso di scegliere come "primo Topolino libretto" il n.1987.
Guardacaso, è il numero del mio anno di nascita!
Sono quelle coincidenze che mi fanno dire che nella vita ci sono coincidenze che mi fanno dire.

In verità, è il numero del Natale 1993.
Lo ebbi... lo possedetti, anzi, per usare un termine più erotico, in prestito da un amico durante un'influenza. Non credo che l'amico volesse davvero prestarmelo, ma ehi, da bambini si vive sotto dittatura materna.
Assieme a questo vi era un altro numero che ho dimenticato (presumibilmente il n.1990) e ben tre numeri di Tiramolla. Ho ancora il flash vivido di me sul lettone con questi giornaletti sporchi sulle lenzuola, mentre mia madre preme per farmi interessare ai compiti.
Dei Tiramollaes ricordo soltanto una storia fantasy copiata malamente dalla "Spada di ghiaccio": non avevo ancora letto la "Spada di ghiaccio", ma sapevo che ne era la copia malaticcia (chi crede alle coincidenze è anche presago).
Fino al 1996 sono stati gli unici fumetti non Disney letti.

Ma veniamo al sodo.

TOPOLINO N.1987



L'albo contiene un episodio della supersaga celebrativa 60 anni insieme con Topolino, uno dei primi fumetti nerdisneyani, naturalmente ad opera del mefistofelico Luca Boschi.
La riscoprii nella famosa biblioteca dieci anni dopo, quindi non la contiamo.

Di Zio Paperone e la sorpresa musicale di Mario Volta e Roberto Ronchi non ho ricordi diretti. L'ho riscoperta dopo. Niente di che, comunque.

Dalemianamente, diciamo che nerdume e Natale hanno iniziato qui ad infiltrarsi nella mia psiche, sebbene a livelli subliminali (o poco più).

I pezzi da novanta sono invece Qui Quo Qua in Le avventure di Pinocchio, di Fabio Michelini e Luciano Gatto, con colori di Leopoldo Barbarini, e Topolino, Eta Beta e la cometa Teta, di Fabio Michelini e Massimo De Vita.

Quanto mi hanno influenzato queste due storie? Non saprei dire. Già avevo l'influenza, comunque.
Diciamo che De Vita, in seguito, è diventato il mio idolo. In seguito, vuol dire che c'era stato un prima. E la simpatia per Gatto e Michelini (e Barbarini) è rimasta sempre immutata: non è mai sfociata in idolatria, ma nemmeno in detrazione. Entrambi, comunque, hanno realizzato storie-cult: una di queste è proprio è proprio questa parodia grottesca e sgangherata, coi robot, la televisione e Gambadilegno e Trudy (subito crossover all'imprinting), e su cui, negli anni, si sono depositati strati e strati di malinconia (non è mai stata ristampata e non potrà mai esserlo).
Peraltro, questo Pinocchio quiquoquantico si presenta con la quarta puntata di cinque: iniziare le storie con puntate a caso e ricostruirle a mo' di puzzle diventerà una consuetudine, nonché un primo indizio di quanto la fortuna lambirà la mia esistenza.

Ma la grande sorpresa è Qui Quo Qua e il frangiflutti di Paul Halas, Charlie Martin e Tino Santanach Hernandez, di cui non rammento, né mai ho rammentato, la trama alla perfezione, ma il suo straordinario titolo, lampante, colto, inusuale, universale, inusitato. I frangiflutti sono tra le mie cose preferite da sempre, grazie a questa storia.
Mai si darà la giusta importanza ai frangiflutti.