domenica 12 giugno 2022

MISTER NO (2)

[51-52-53] ODIO IMPLACABILE - MISTER NO VA ALLA GUERRA - QUEL MALEDETTO PONTE (Nolitta/Diso)

Terzo classificato al referendum dell'81, ripubblicato anche in volume da Panorama, è il primo flashback bellico della serie, con la prima menzione del vero nome del protagonista. Classico fumetto nolittiano, perfetto esempio del suo stile e della sua morale, il mix tra tragedia, farsa, fatalismo e sarcasmo. La figura del figlio di papà, capace di commettere un errore assurdo (mitraglia i suoi stessi commilitoni), come anche di riscattarsi, è esemplare della narrativa del Sergione. La sequenza più memorabile è quella, lunga, in cui Jerry viene degradato dall'Aviazione alla Fanteria dopo aver disubbidito al suo superiore e avergli distrutto la tenda schiantandovisi con l'aereo rubato (!). La redenzione del senatore è forse un pelo sbrigativa (si fa per dire, il fumetto dura più di due albi), ma il finale è comunque soddisfacente (anche la gag della banana, dai). Arte archetipica, forse riaggiustata qua e là. Il ciondolo portafortuna che MN ha "sempre portato cucito addosso" sarà poi cancellato dalla retcon di Mignacco&Masiero. Jerry voleva premettere un'altra storia, prima di questa, ma gli viene imposto di sbrigarsi: ci penserà Mignacco.


[53-54-55] IL MORSO DEL CROTALO - LA CROCIERA DELL'INCUBO (Missaglia/Bignotti)

"Giallo" marinaresco vacanziero, pare di stare al mare (dentro e fuori). Queste erano le storie dozzinali di una volta, oggi capolavori (in confronto alla produzione odierna). Per nulla sfruttata l'interessante trovata iniziale del Piper pignorato, peccato. Bella la sequenza dell'attentato col crotalo nella macchina, poi tutta la storia è ambientata sulla barca con cinque personaggi (sciapò). Le sequenze 'subbaccue' sono letteralmente immersive, complice un artista che non ci stancheremmo mai di elogiare. Meravigliose, forse Nolitta ha aiutato. Jerry evita il calamaro gigante, ricordandosi i #45/47. Cast semplice, ma ben caratterizzato, alla fine restano tutti impressi, dal marinaio "geloso" al vecchio satrapo, fino alla donnicciola che vuole sposare Jerry, nella consueta gag conclusiva un po' dozzinale tipica dello sceneggiatore. Mister No vi si infatua perché in bianco dai #44/45.


[55-56] L'AEREO SCOMPARSO - URANIO! (Missaglia/Marraffa)

Avventura di spionaggio esotico godibile, soprattutto per via dei disegni simpaticissimi e mutuati dai pornazzi. L'artista si diverte un sacco a disegnare le scazzottate e i calci in faccia, così come le donnine e le pose equivoche; nel farlo, diverte anche a noi. Se si passa sopra all'aereo di linea atterrato senza problemi sullo scoglio, è un fumetto realistico, che tira in ballo il Triangolo delle Bermude soltanto a scopo evocativo, ignorando volutamente l'episodio di Castelli (Jerry, però, dovrebbe ricordarselo). Questo realismo si manifesta nella sequenza migliore dell'albo, quella perditempo, in cui Jerry ruba la motonave ai banditi, finisce nella tempesta, ma arriva tranquillamente al porto, ma lì viene malmenato dai complici e riportato indietro sulla stessa barca. Anche il finale triplo, che sembra non voler finire mai, e si ricorda solo all'ultimo istante (ma è voluto) del Piper abbandonato sull'isolotto, rientra nell'ottica di cui sopra. L'unico momento discutibile è quello in cui Mister No maneggia senza problemi l'uranio. Però non gli accade nulla, per cui non possiamo chiedergli se è demente. C'è da dire che lo sceneggiatore ha l'abitudine di calcare la mano sui lati più cialtroneschi del protagonista (vedi il prologo molesto). Sicuri che la prima copertina sia di Ferri?


[56-57-58-59] CAYENNA - ACCUSA DI OMICIDIO - RELITTI UMANI - CATTURATELO VIVO! (Castelli/Bignotti)

Classicone, "la più amata dai misternoiani del 1981": vinse il referendum, con gran cruccio di Nolitta. Leggermente ridimensionata, è un'avventura fluviale, di quelle che hanno reso celebre questa serie, in cui a Jerry ne capitano di tutti i colori. L'ispirazione a Papillon è fin troppo esplicita, e, com'è noto, gli originali sono sempre migliori dei derivati. Ma è comunque una storia memorabile, con personaggi memorabili e situazioni memorabili, in ambienti memorabili: il poliziotto bigotto; l'assassinio di Brigitte Bardot (o Miou-Miou, boh); il primo carcerato amichevole, che fa una brutta fine fuori scena; il secondo complice, Moreno, che diventa pazzo e di cui ignoriamo la sorte; il processo-farsa; la prima fuga; il trasbordo verso la penisola; i lavori forzati; le sigarette sepolte per non ficcarsele nel culo, come nella realtà; il regolamento di conti col carcerato mafioso, sul bagnasciuga, degno delle epiche zagoriane; l'alveare; la storia d'amore fasulla con la gatta morta (letteralmente, alla fine); la seconda fuga; e, naturalmente, tutte le sofferenze impartite a Jerry, rese memorabili dai disegni memorabili del memorabile artista (la famosa tavola in cui mangia il pane tozzo ammanettato). Ma è memorabile pure l'innovativa sottotrama parallela con protagonista Esse-Esse, deciso a far scagionare l'amico, al punto da compiere una vera e propria rapina. Che il fumetto sia ambizioso lo si capisce sin dal prologo ambientato nel 1931, circolarmente propedeutico alla risoluzione del caso. La conclusione, tuttavia, è bosellianamente in "avanti veloce" e tronchissima, con la tensione accumulata in tre albi che si scioglie anticlimaticamente in due pagine. Quasi contemporaneamente, Castelli ripropone una versione sintetica di questo canovaccio per un Classico di Zagor (quello del Tessitore).  


[60-61-62] ISOLA DI PASQUA - IL SEGNO DEL POTERE - MAKE-MAKE (Nolitta/Bignotti-V.Monti)

Classico sfigato, vinse il referendum al contrario, come storia più brutta (con gran cruccio di Nolitta). Perché? Boh. Suggestivo fumetto a strisce, dove il locus amenus è sfruttato innovativamente in qualità di microcosmo a sé (Nolitta lo fece già con Haiti su Zagor). Dopo il simpatico incipit di Jerry surfista a Rio de Janeiro, ecco l'equivoco col mafioso, simile a quello che sarà proposto come casus belli della trasferta africana (qui, però, non si conclude). Il viaggio ad Hanga-Roa con Patricia (#12/15) assume ben presto connotazioni politiche, con gli isolani soggiogati dalla multinazionale allevatrice di pecore e divisi in due fazioni, attendisti e rivoluzionari. Nolitta non lo dice esplicitamente, ma la faccenda mischia un paio di fatti realmente accaduti, anche se in epoca antecedente, sfruttando sottilmente la situazione contemporanea dell'isola (negli anni 1950 è ancora controllata dall'esercito cileno). L'albo migliore è il secondo, con la lunga sfida agonistica (la caccia senza esclusione di colpi dell'uovo di uccello sullo scoglio) realmente documentata e narrata con un piglio decisamente più appassionante di quello del film Rapa Nui (successivo). Molto efficace anche la sua conclusione distopica, da una pagina all'altra (ha vinto Jerry, cioè il sindacalista moderato, ma i suoi elettori sono subito regrediti allo stato di barbarie sanguinaria; Nolitta la sapeva lunga). Il terzo albo è la consueta carneficina nolittiana, guerriglia nuda e cruda; complice il grande artista, rende claustrofibicamente l'idea dell'isola-prigione naturale; dannatamente efficace è la sequenza del SOS alla nave merci, con il povero cristo martoriato e poi impalato dagli invasati. Memorabile pure il finale, in cui l'arrivo del figlio civilizzato sembra apparentemente mettere fine alla follia collettiva... e di più non sappiamo, dato che Jerry e Patricia ripartono proprio in quel momento. Vecchia volpe di Nolitta. L'ottima arte ci regala anche begli scorci quali la Grotta dei Pesci e il sacrificio a Make-Make, dal sapore salgariano o indianajonesesco.


[63-64-65] YANOAMA - L'ULTIMO PARADISO (Nolitta/V.Monti+Merati-Diso)

Diviso asimmetricamente in due parti. Il primo albo è la spedizione con il cliente: inizia in medias res e si conclude, all'aereoporto, con una bellissima nota amara sul futuro dell'Amazzonia e sul senso della "civiltà"; nel mezzo, una tranquilla gita turistica si trasforma in un dramma etnico e sociale, quando le donne indigene vengono rapite da uomini misteriosi. Da segnalare il mercante mafioso arabo, ricalcato sull'Hammad che Nolitta inserì in un Classico di Zagor, dalla fine romantica, in poltrona davanti al fiume. Nel secondo albo e mezzo, ecco la missione sotto copertura di Jerry, Esse-Esse e l'indio nel villaggio vacanze camorrista, sotto cui si nasconde il traffico di schiave costrette alla prostituzione (puro graphic novel d'inchiesta, insomma). Naturalmente la missione non dura tantissimo, e presto si trasforma nella consueta guerra senza esclusione di colpi, dove l'autore è bravo a sottolineare le differenze tra protagonista e spalla. Arte di un veterano di Tex, perfettamente a suo agio, forse perché rifinito e interpolato da altri (Diso si riconosce immediatamente). Simpatica la scenetta di Jerry che non riesce a imitare Tarzan (cioè Zagor).


[65-66-67] I MERCENARI - INTRIGO INTERNAZIONALE - REQUIEM PER UN SOLDATO (Castelli/Civitelli)

Dimostrazione della versatilità dello sceneggiatore, noto per una tipologia di storie completamente differente: che bravo che era. La vicenda è ripartibile in tre segmenti. Nei primi due è un film d'azione di quelli prodotti oggi, solo che è di quarant'anni fa; il complotto multigovernativo, a base di esportazioni petrolifere, appare quantomeno realistico, così come le dinamiche successive (gli Stati Uniti che impongono all'Ecuador di allertare i soldati panamensi e le brigate colombiane); l'autore riversa tutte le sue indignazioni politiche e sociali sul protagonista, rendendolo umano; l'inganno perpetrato a Jerry ricalca coerentemente altri già visti; il crescendo di tensione si ha dopo l'addestramento, con la missione di estrazione e la lunga fuga ad eliminazione dei comprimari caratteristici, prima in aereo, poi a piedi (quest'ultima, forse, la sequenza più appassionante). Di botto, la storia finisce e si salta al terzo segmento, dedicato esclusivamente alla vendetta dei protagonisti nei confronti del villain, il politico ecuadoregno riparato ad Acapulco; la sequenza della truffa in stile Mandrake (quello di Steno) ai danni dello sfigato che lavora per il cattivo è forse allungata per completare l'albo, ma diverte; più memorabile è, però, la conclusione amarissima, col suicidio del personaggio di Connelly (l'ex commilitone/istruttore di Jerry, ora mercenario buono, tipo Stallone nei film recenti) e la malinconica chiusa di un rassegnato Mister No. L'arte è esordiente, ma questo si nota solo perché sappiamo già come sarà in seguito; di per sé, è già notevole. Le prime due vignette del secondo albo sono redazionali (Pepe?).


[68-69] ARGENTINA! - I CAVALIERI DELLA PAMPA (Missaglia/Diso)

Nonostante l'arte di punta, è un riempitivo un po' sfigato, che solitamente si tende a dimenticare. Eppure ha tutti i requisiti per essere un classico episodio di questa serie, con la piccola variazione della gag (con protagonista Esse-Esse) che non è proposta subito, ma come secondo atto. Per il resto c'è tutto: il complotto ai danni di Jerry, la trasferta avventurosa (col sole e colla pioggia), l'etnografia antropologica (tutto sulle pampas e i gauchos), il comprimario da ricordare (un gaucho boselliano), la vendetta di Jerry servita calda. Bella la fuga nelle pianure e nelle trincee naturali. E la caccia al nandù con le boleadoras, naturalmente. Suggestive copertine: e per la colorazione carica; e per la curiosa concezione quasi sequenziale; e perché la seconda è inusuale ed esilarante. 


[69-70-71-72] CIAK! SI GIRA! - CINEMA CRUDELE - INDIOS ALL'ATTACCO (Castelli/Bignotti)

Fumetto brillante e ben congegnato, con sottotesto storicamente anacronistico e documentaristicamente memorabile: gli "holocaust movies" sono degli anni 1960-70, e Castelli li denunzia retrodatandoli di un decennio. Fino a metà del terzo albo, è un giuoco metanarrativo delizioso, dove quella tipologia di film viene ripetutamente additata e condannata, senza censure di sorta... eppure, la storia stessa che Castelli propone segue il canovaccio-tipo di quelle sceneggiature. Non è un caso, infatti, che lo sceneggiatore alcolizzato Al Castle, totalmente privo di autostima, sia l'autocaricatura di quello del fumetto. La tripartizione in segmenti, anche questa volta, offre un terzo segmento diverso dai primi due: conclusa la lunga avventura nella giungla, prende spazio un "giallo" Christiano (Castle lo chiama "Assassinio sul Rio") e quasi sclaviano nel suo eludere i finali precostituiti, offrendone uno beffardo, seppur coerente con gli indizi esposti in precedenza. Tutte le tappe del viaggio si fanno ricordare: l'arrivo dell'imprenditore greco; il primo incontro col macistoide tarzanide; le continue litigate con l'odiosa troupe; le scene della scimmia squartata e dell'anaconda; la cerimonia puberale india; l'assedio vendicativo degli indios, durante il quale si fa strada il "giallo"; i sospetti razionali di Jerry; il volo contro il tempo verso Bogotà; la risoluzione dell'enigma. Lo stile dell'artista, di per sé già memorabile, accompagna come si deve un Classico della serie. La pellicola girata diventerà il pretesto per dare il via a Martin Mystère #219/220, vero e proprio spin-off di questa avventura.


[72-73-74] LE NOTTI DI NEW YORK - SANGUE SULLA NEVE - UN PIANO DIABOLICO (Nolitta/Diso)

Ancora un "Mister No racconta", stavolta post-guerra. Siamo nel '49, ma il fumetto è sessantottino. Questo, però, non ci nausea, per la delicatezza e la sobrietà della narrazione e dell'arte, quest'ultima davvero vivida e tridimensionale. Spettacolari le vignettone a NY e ad Aspen, da leggere e rileggere le due paginette della gita nel parco naturale. Delizioso anche il prologo. Nel terzo albo c'è un breve "giallo", alquanto scontato, ma necessario al finale malinconico. Come dice Esse-Esse, le storie di Jerry sono come dei film. Dei bei film, che mai stancano. Mitica Lauren Bacall. La questione dei riders resta in sospeso: si risolverà nei #86/90.


[74-75-76] INCONTRI PERICOLOSI - XAVANTES! (Castelli/Ricci)

Riempitivo di routine: i servizi segreti, anche americani, ovviamente doppiogiochisti, debbono recuperare l'aereo precipitato (con le bombe atomiche!) tra gli indios bellicosi. Jerry, Esse-Esse (nel ruolo di spalla), le spie canaglie e la guida india si avventurano, prima fanno arrabbiare una tribù, poi l'altra. Dialoghi spigliati e tanto mestiere da studiare. Arte estranea, ma simpaticissima. Oltre all'inganno della CIA, l'autore ripropone anche un militare con l'occhio coperto (stavolta da un pence-nez).


[76-77-78] LA MAFIA NON PERDONA - MORIRE A CAPRI (Nolitta/Diso)

Classico della testata, ora anche libro a fumetti, un pelino portasfiga in quanto fu l'ultimo dell'edizione Tutto MN. Ribaltamento delle solite storie di gangster: Jerry racconta di quando, nel '48, girò la costa campana (da Positano a Capri) per conto dell'FBI sulle tracce della lettera contenente le prove dell'aiuto dato da Lucky Luciano all'Esercito USA durante la WWII. E quindi vai di mafiosi e borghi italiani, elementi che di norma detestiamo, ma su cui la grazia di Nolitta e l'arte molto curata aiutano a sorvolare. Il fumetto è naturalmente tragico, alla fin della fiera muoiono tutti, ma il momento che ci ha più toccati è proprio nelle ultime due pagine, quando Jerry scazza all'improvviso, intristito dalla vacuità altrui.


[78-79-80] PAURA NEI CARAIBI - PRIGIONIERO SUL FONDO - FUGA IMPOSSIBILE (Nizzi/Bignotti)

Episodio estivo, gradevole passatempo ventilato. Terza versione del "Triangolo" bermudiano, con Jerry che di nuovo dimentica i #44/45 (ma ricorda con dovizia di particolari i #55/56). La prima metà è un intrigo alla luce del sole: assieme a Phil Mulligan (in ferie, poi in trasferta), girovaghiamo per i Caraibi e addirittura torniamo negli USA (a Miami). Qui si nota la mano dello sceneggiatore esordiente, che tiene la cartina accanto alla macchina da scrivere, e ci descrive minuziosamente tutti gli spostamenti da un posto all'altro (St.Kitts, Miami, Antigua, ecc.): non possiamo dire di non aver gradito. Si fa ricordare la scena del suicidio del tizio, durante la quale Jerry e Phil ricalcano un po' Rosco & Sonny. Nella seconda metà si passa alla pirateria moderna, con il panzone che ha ciulato divisa e sottomarino ai nazi e rapina i ricconi sugli yacht. Memorabile la finta fuga di Jerry dalla prigionia, in seguito alla quale poi staziona clandestinamente sull'isola: grazie anche all'artista (mai smetteremmo di ringraziarlo), sembra di stare lì con lui, a osservare l'arrivo della nave. Da ricordare anche il pretesto della fuga: Jerry convince la bellona di turno a concedersi alla guardia! Naturalmente, alla fine, i due sono innamorati (lei e Jerry, non la guardia) ma debbono lasciarsi. Fa parte dei clichés della serie. Oltre all'isola, si fa notare il nascondiglio del sottomarino, la nave da carico. Il finale è coerente e razionale, con l'intervento della Guardia Costiera. Il cattivo minaccia di tornare: essendo marinaio, non ha mantenuto la promessa; probabilmente, l'autore stava provando gli stilemi di Tex (di cui questa storia omaggia l'episodio con Barbanera).


[80-81-82-83-84] UN RAGAZZO CHIAMATO SANTIAGO - VERSO L'IGNOTO - IL TORRENTE NASCOSTO - ORO! (Nizzi/Civitelli)

Romanzone fluviale dell'esordiente cui è stata data "carta bianca". In prima lettura, avvince e sorprende, con trovate quali l'affluente (dell'affluente) nascosto tra il fogliame e, dunque, "invisibile". In seconda lettura, emergono le piccole forzature di chi vuol realizzare a tutti i costi un'epopea memorabile, per non sfigurare con l'editore: così, ecco Jerry che non vede per quale motivo non debba fidarsi dei banditi che hanno cercato di eliminarlo poco prima; o che si perde nella giungla, letteralmente terrorizzato dagli indios e in preda alla paranoia (ma come è possibile?). Tuttavia, resta pur sempre un fumetto "sgangherato e sgangherabile" (cit.), antologia di sequenze e personaggi, nel loro piccolo, memorabili: dai tre banditi, tra cui spicca quello con le fattezze di Bud Spencer, a Santiago (che non assomiglia tanto a Terence Hill, però è biondo e furbetto); dal vecchietto neanche sessantenne, rovinato dalla febbre dell'oro, alla gnocca di turno col fratellino che sorveglia il Piper; dall'indio Mupuku, il cui nome è un sinonimo di "Mister No" (e che chiama Jerry Senhor Nao), ad Arhama, l'amante india di Jerry nel finale della storia. E ancora: il furto del Piper da parte di Santiago (che conosce anche la tecnica del calcione); i cambi di squadra di Jerry; il noleggio dell'aereo; la lunga sequenza delle rapide, davvero coinvolgente, e concluse al secondo tentativo, dopo la parentesi col caimano e l'anaconda; la scalata della Sierra Paracaima, vagamente texiana; la ricerca dell'affluente ricoperto dalla giungla e il suo attraversamento a testa bassa; la ricerca dell'oro, con un acuirsi dell'avidità realistico e non esasperato; la lunga fuga nella foresta in preda al panico, dalle premesse (come detto) illogiche, ma dalla resa suggestiva; la parentesi felice nel campo indio, poi bruscamente interrotta. L'arte presenta qualche anatomia ancora work in progress, ma sul piano espressivo è già pienamente padrona del mezzo, e accompagna in modo eccellente tutte le varie fasi della vicenda. Le prime vignette degli ultimi tre albi sono di Bignotti.


[Martin Mystère 2-3] LA VENDETTA DI RA (Castelli/Alessandrini)

Mysterianamente parlando, soggetto riciclato da Allan Quatermain e ulteriormente riaggiustato nella ristampa a fini di continuità interna. Fumetto simpatico, con un canovaccio simil-amazzonico nella versione più esoterica: la spedizione nella giungla, con la marcia e gli indios, il professore e la bellina di turno, alla ricerca del manufatto fantarcheologico. Siamo in Belize, Stato poco o per nulla esplorato su MN, che Castelli decide di raggiungere per mezzo di un imbolsito (e ingrassato) Mister No, ora proprietario di una piccola compagnia aerea, la Jerome Drake Airlines, a La Aurora (Guatemala). Si tratta di un semplice cameo di due pagine, uno scherzo a Nolitta, che tuttavia, anni dopo, verrà preso sul serio (prima dallo stesso Castelli, poi dai suoi epigoni) e darà vita all'universo (poi multi) bonelliano, sebbene la scelta del Guatemala non sarà tenuta da conto dagli eredi nolittiani. Jerry insulta Java e rivela di aver avuto per cliente anche Sergej Orloff.


[84-85-86] QUEL VOLO PER RIO - NEMICI PER LA PELLE - LA GOLA DEL DIAVOLO (Castelli/Montorio)

Artista diaboliko alla sua unica apparizione: un discreto lavoro, con l'evidente presenza di diversi interventi di Bignotti e Diso. Fumetto brillante del nolittiano Castelli, dove il pretesto comico - Jerry vuole sposarsi! - diventa, alla fine, risolutivo del dramma. In mezzo, l'eroe e una carogna sono costretti a collaborare dopo il naufragio nella giungla. Come tipico dello sceneggiatore, lo stacco tra secondo e terzo atto è netto. Questa volta, il segmento conclusivo è il più memorabile: dapprima la lunga vendetta di Vadinho Moraes contro il suo boss, in cui Jerry è assente; l'assassinio della ex quasi moglie di Mister No, e il reincontro tra i due nemici al cimitero; il memorabile finale holmesiano alle cascate, ove l'arcinemico cade tra i flutti. Una conclusione amara e vagamente aperta, per una sceneggiatura riuscita, capace di presentare anche più d'un tocco da manuale, mutuato dai comics americani. Suggestiva la prima copertina, con la mappa rovesciata.


[86-87-88-89-90] BATTAGLIA AL TRAMONTO - GLI OSTAGGI - LA CITTÀ DEL CRIMINE - I GANGSTER - CORSA VERSO LA MORTE (Castelli/Diso-V.Monti)

Avventura fluviale e nolittiana, ma di ambientazione interamente urbana. Non è da escludere che lo spunto sia proprio di Nolitta, dato che il lungo flashback prosegue quello dei #72/74, raccontando la conclusione della vicenda dei "New Barbarians", i motociclisti sadici, allora rimasta in sospeso. Ostaggio in una banca, Jerry distrae il rapinatore, una sua vecchia conoscenza (ovviamente), raccontandogli le sventure capitategli a NY una volta tornato da Aspen: sfrattato da casa, ricercato dai teppisti (divenuti sicari della mafia), coinvolto da Phil Mulligan in una storia di gangsters e polizia corrotta, legato suo malgrado alla patetica figura di Ratso, viziato figlio di papà rovinato dal gioco, nel tempo corrente divenuto rapinatore e sequestratore. La sequenza migliore della storia è quella, ansiogena e claustrofobica, in cui Jerry si nasconde in un altro quartiere, a casa di una vecchia bigotta, che deve anche accompagnare a messa: altro che lockdown (e che fine brutale fa la megera). In generale, le fotografie newyorkesi sono da sempre uno dei cavalli di battaglia di Castelli, come quando Jerry fa il barista o come quando si salva dall'attentato sulla litoranea perché la macchina è difettosa. Non può dirsi pienamente riuscita la suspence legata alla presunta morte di Mulligan, che i lettori sanno già essere ancora vivo nel "presente" della serie (#78/80), ma possiamo ritenerlo comunque un elemento da romanzo popolare. E chi scrive non è proprio un appassionato di mafia e affini, ma può riconoscere all'autore la capacità di non indugiare eccessivamente in stereotipi. Come è tipico della produzione di Castelli, il finale è circolare nel suo ricondursi alla gag iniziale, rivelatasi, a posteriori, non fine a sé stessa: così, vedere Jerry partecipare come stuntman alle riprese di un film, non è un tradimento dei #69/72, ma necessario al percorso involutivo di Ratso. Costui è decisamente l'elemento più memorabile di tutta la storia: una figura talmente vigliacca e debole da risultare feuilletonescamente repellente e attraente al contempo. Vederlo buttarsi dal Piper è davvero catartico. Inusuale e cinica la chiosa conclusiva, attribuita ad una comparsa. Arte mediamente di buon livello: la prima vignetta della seconda puntata è di Bignotti; le relative delle successive puntate, non lo sappiamo; ci fidiamo dei dati rimediati online e le attribuiamo a Monti. Insomma, quando Jerry scopre di non avere più l'appartamento, la sua roba si trova accantonata in una cantina: l'ha mai ripresa? In questa storia di sicuro non ne ha avuto il tempo, né l'interesse.


[Martin Mystère 7-8-9] L'UOMO CHE SCOPRÌ L'EUROPA - LA FONTE DELLA GIOVINEZZA (Castelli/Bignotti)

Fumetto pienamente mysteriano, seppur di ambientazione esotica, da "trasferta misternoiana". Victor Von Hansen rivela a Martin Mystère che Lions, il cattivo della storia, negli anni 1960 gironzolò il SudAmerica con "un certo Drake", alla ricerca della fonte della giovinezza in Amazzonia. Questo Drake, con i soldi guadagnati, finì per crearsi una piccola compagnia aerea: ecco le origini del cameo di MM #2/3, di cui però Mystère non coglie il riferimento. Peccato che questa storia solo accennata non sia mai stata realizzata: anzi, forse questa di MM ne è la rielaborazione.


[90-91-92] GLI OCCHI DEL MOSTRO - ANANGA! - LO SPIRITO DEL MALE (Sclavi/Civitelli)

Classico della SBE, che chiunque conosce. Episodio particolare della serie, non il primo orrorifico, né il primo con un esplicito soprannaturale, ma il primo dalla narrazione sofisticata e cinematografica, e il primo in cui il "mystero" è preponderante e domina la vicenda dall'inizio alla fine. Fumetto dalla sceneggiatura impressionante, da manuale e oltre, accompagnata da un'arte ormai padrona totale del mezzo e in totale sinergia con i testi. Difficile stilare un elenco delle sequenze iconiche: lo sono quasi tutte. Dal vecchio Paco, vivo e morto, ai coniugi Wolfe; dalla danza onirica di Ananga alla voce della foresta; dal primo volo sul Piper al secondo; da Isaura all'indio senza nome. Dialoghi spigliati, ma forse le pagine mute sono ancora meglio. Oltre ad essere un fumetto formidabile e bellissimo, è trascolorato nella leggenda e nel culto grazie al seguito dylandoghiano, uno dei miti del presente estensore. 


[92-93-94] INCONTRI PERICOLOSI - INFERNO DI GHIACCIO - PAURA BIANCA (Missaglia/Civitelli)

Soggetto dall'impostazione nolittiana: si apre con una lunga gag autoconclusiva, simpaticamente stiracchiata, che funge da pretesto all'ennesima avventura in trasferta. Nel secondo albo si va - finalmente - in Antartide, sulla rotta di Scott (giustamente, Amundsen lo aveva fatto Scarpa). Per una cinquantina di pagine siamo rapiti dall'ennesimo documentario bonelliano, capace non tanto di spiegarci le cose, quanto di farcele provare di persona. Nelle tende come nella capanna (vera) di Scott, è come stare lì con Jerry, dentro al fumetto. Nell'altra cinquantina di pagine ecco il "giallo" nel bianco della talpa misteriosa dagli scopi indefiniti, sempre godibile, con le sue trovate azzeccate (le stalattiti). La trama devìa poi verso l'omaggio Bondiano, con l'equivalente della Spectre (la Ghost), che mira a sovvertire il mondo dal Polo. Una svolta un po' meno nolittiana, ma comunque divertente... se non fosse che la copertina l'aveva assurdamente spoilerata senza vergogna. L'autore - oggi considerato una mezza calzetta, mah, a noi pare un genio, soprattutto in confronto ai suoi eredi - riesce ad intrattenere con intelligenza anche durante lo scontro con i cattivi, regalandoci perle come il "white out", una specie di "Fata Morgana" quasi horrorifica, per poi concludere con consumato mestiere (ci rifiutiamo di pensare che Nolitta abbia riscritto tutte le pagine, per cui diamo a Ennio quel ch'è di Guido). L'arte deve ancora prendere le misure nei momenti più dinamici, ma il talento è già palese.


[94-95-96] MACCHU PICCHU - LA FORTEZZA PERDUTA - LA TORRE MALEDETTA (Castelli/Marraffa)

Episodio pubblicitario della nuova serie di Alfredo Castelli, pubblicata dall'anno precedente, concepito come un cross-over: lo stile è, in gran parte, quello di un fumetto del Martin Mystère "primo periodo". Non solo: la tipica ironia dell'autore aveva portato Mystère proprio a Macchu Picchu, in una delle sue prime avventure concepite (ma pubblicate un anno dopo questa, MM #27/28), dove aveva collezionato una figuraccia più unica che rara; qui, invece, Mister No trova un laboratorio di At'lan, con tanto di messaggio preregistrato, espositivo della continuità mysteriana (nei dettagli: si menzionano il satellite, gli stati-cuscinetto, le camere del tempo). La trovata delle allucinazioni difensive e il risveglio della reincarnazione atlantidea ci riconducono ai MM #2/3 e #4 (già pubblicati), mentre il deposito di scorie anticipa di molto il MM Speciale #3, dove la questione della reincarnazione verrà razionalizzata con i cloni (qui rimane sul vago); e i disegni di Nazca prefigurano i MM #57/59. Senza mai nominarli esplicitamente, si parla anche tranquillamente di Uomini in Nero. Le sequenze migliori sono proprio quelle mysteriane, dal nozionismo sul Vaso di Pandora al countdown del sogno del frate, passando per la gestione archeologica dell'ingresso e della discesa nella torre. Tra i personaggi spiccano la bellona di turno (particolarmente gnocca) e gli archeologi-macchiette, sia il padre burbero (finto milanese) che il pavido quattrocchi (che non è un Uomo in Nero, come è facile sospettare). Ma più di tutto, a risaltare è la location magnifica di Macchu Picchu, non mero sfondo, ma splendida protagonista, anche quando è assente (come nella parentesi di Cuzco o durante l'inseguimento). Sembra proprio di stare lì. Suggestivi i primi attacchi di follia degli indigeni, resta impresso quello che si butta di sotto. Dicevamo del cross-over: rispettosamente e intelligentemente, sapendo di aver inscenato uno degli episodi più esplicitamente paranormali della testata (lo stesso Jerry menziona i #22/24, a paragone), lo sceneggiatore imbastisce una trama parallela più prettamente legata agli stilemi del fumetto ospitante, con i banditi che vogliono impadronirsi dei gioielli Inca; ed è godibile anch'essa, specialmente nella sequenza in cui Jerry insegue Trump (ah ah ah), prima col Piper e poi a piedi. Nel finale, un paio di ellissi, soprattutto sul ruolo del frate: era alquanto evidente che fosse l'altro reincarnato ibernato; questa parte dev'essere stata tagliata, forse per non eccedere con l'iconoclastia. L'arte è brillante, eccellente in taluni momenti (già evidenziati), più sbrigativa in altri: in questi ultimi casi, è corretta da interventi esterni, in prevalenza di Bignotti. Le prime due vignette della seconda parte sono nientemeno che di Claudio Villa. Trent'anni dopo verrà deciso che, nel passato, Zagor aveva già trovato un laboratorio analogo in quel di Cuzco, che noi fanzinari potremmo considerare un'estensione di questo. Oltre ad Haiti, Jerry ricorda un'avventura con la macumba cui non abbiamo mai assistito: quando vi assisterà per davvero, se ne dimenticherà.


[97-98] IL FANTASMA DELL'OPERA - IL PASSAGGIO SEGRETO (Sclavi/Diso)

Fumetto sperimentale, commedia degli equivoci con un fondo di mystery, mutuato da un Classico della letteratura e da uno dei film preferiti dello sceneggiatore (quello di De Palma). Sceneggiatura formidabile, sostenuta da un'arte divertita e in grande spolvero, e che addirittura si prende il lusso di impaginarsi "alla francese" in un paio di segmenti: è di questo che Sclavi parlerà, in un suo articolo per Orient Express dell'anno successivo. Dialoghi brillanti, messi in bocca a personaggi caratteristici e teatrali, che si fanno ricordare: il poliziotto, il giornalista, la "divina", la cariatide india (c'è anche Olinto Righetti dei #6/7, nel ruolo di spalla). La cosa più riuscita e memorabile è l'adattamento della storia di Leroux nella location di Manaus degli anni 1950, nel vero Teatro locale, sulla base della vera Storia della città. Come sempre, la scoperta del canale navigabile sotterraneo ha il suo fascino. Nonostante tutto questo, l'argomento musicale non è più tra i nostri favoriti (ha subìto lo stesso destino un'omologa produzione disneyana) e il finale è fin troppo simile all'originale. Per fortuna, l'autore riproporrà il bel canovaccio, in una versione più approfondita e letteralmente teatrale, in una delle più belle storie di Dylan Dog. Le prime due vignette della seconda puntata sono di Bignotti.


[98-99] I RESUSCITATI - L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO (Castelli/Civitelli)

La conclusione della trilogia castelliana di Delia Norris (#29/30, #49/51) ripropone il concept del complotto della CIA volto a sfruttare Mister No per i propri fini senza dargliela a bere, ma alzando ancora di più l'asticella: stavolta, il complotto è lungo quanto il fumetto stesso. Essendo, però, una virtuale conclusione del canovaccio (almeno per quanto riguarda l'autore che l'ha originato), nel finale Jerry riesce, finalmente, ad anticipare Delia e a rigirarsi la frittata, in una conclusione, tuttavia, cui manca uno strascico consolatorio. Mischiando, come consueto, realismo e macchiettismo, l'autore riprende un suo storico tormentone, la setta di penitenti, qui razionalizzata e sfruttata con il gusto per la logistica e la politica, e lasciando fino all'ultimo istante il dubbio su come stiano davvero le cose. Dialoghi brillanti, soprattutto tra i militari. C'è spazio anche per O Bispo (#49/51), il finto prete, canaglia francamente non molto simpatica e ulteriormente incarognita. Godibile l'inseguimento di Jerry, sulle tracce di Delia. Arte stilosa e di classe, sebbene il cameo di Lino Banfi risulti alquanto straniante. 


[100] GIUNGLA! (Nolitta-Sclavi/Diso)

Albo autoconclusivo sceneggiato su commissione a scopo celebrativo. Lo sceneggiatore sfrutta la presenza del colore per lasciare molto spazio a inquadrature documentaristiche ed evocative dei colori della foresta e dei suoi abitanti, animali ed indigeni umani. Ma c'è spazio pure per un omaggio al protagonista della serie, ritratto come una "forza della natura" al pari degli elementi che lo circondano: col pretesto del rifacimento amazzonico de Il volo della Fenice, Jerry ed Esse-Esse, considerati semidivini dalla tribù di turno, debbono - con le sole proprie forze - rimettere in sesto e far volare un DC-3 precipitato, pena la condanna a morte sancita dal sagace capo indio. La narrazione, che a momenti sfiora l'impaginazione francese, e i dialoghi spigliati rendono ben evidente l'identità dello sceneggiatore, nonostante l'attribuzione nolittiana della prima edizione. Si tratta di un fumetto simpatico, prevalentemente scanzonato, in cui solo la presenza di Patricia Rowland appare una richiesta dell'editore. La sequenza più memorabile (al contrario del film?) è la conclusione, in cui il fiume viene usato come pista e l'aereo riesce a rialzarsi facendo uso del calcione (cui viene data una spiegazione fanta-scientifica!, infatti i cavetti sostitutivi vengono dal Piper). L'arte è, ovviamente, stimolata a dare il meglio, e la colorazione carica è da noi sempre favorita a quelle sbiaditoidi di moda oggigiorno. Sbadatamente, non avevamo mai fatto caso che il Piper fosse bianco. Come di consueto fino a tutti gli anni 1980, le copertine degli albi centenari non rispecchiano i contenuti degli episodi abbinati.


(2022)

Nessun commento:

Posta un commento