venerdì 17 giugno 2022

MISTER NO (3)

[101-102-103-104] LE MONTAGNE DELLA LUNA - I MISTERI DI ATACAMA - COMMANDO! (Castelli/Bignotti)

Soggetto di stampo nolittiano, che romanza fondamenti storici: Jerry combatte una Company Town ai margini di Manaus, negli anni 1950 del XX secolo. Ma, questo, in fondo, è solo l'ultimo atto di una vicenda più amplia, un intrigo complottistico e paranoico, narrato con piglio puramente castelliano, dove i tratti più emotivi sono sempre controbilanciati da pragmatici ragionamenti. Eppure, inizialmente, questo lungo e avvicente "film a fumetti" sembra quasi lambire territori sclaviani, simboleggiati da uno di quei luoghi che ci hanno fatto amare questa serie, raggiunto poi con uno dei soli viaggi che amiamo fare, quelli letti su questo fumetto: le Montagne della Luna del Deserto di Atacama, in Cile. Lo sceneggiatore riesce a ritrarlo con modalità documentaristiche, prive di qualsiasi afflato paranormale, eppure rendendolo suggestivo e stimolante, facendo incontrare Mister No con un personaggio storico, Padre Gustavo La Paige, futuro fondatore del Museo di Atacama; la sequenza, addirittura, permette di datare la storia, dato che La Paige inizia ad accumulare le mummie nella chiesa nel 1957. Il viaggio e l'incontro sono soltanto una parentesi in un'avventura lunga e articolata, costruita con sequenze quasi autonome e consecutive, come nei migliori Classici a strisce. Dallo scontro col miliardario Hughes (dal cognome non casuale) al ricovero di Laura/Luisa, passando per lo scontro con gli sgherri del villain, il depistaggio del medico geloso, l'arrivo a Parkerville (dove si produce carta, come l'editore sa bene) e quindi l'assalto militaresco (nolittian-castelliano), fino al finale (e al controfinale) tragicamente lapalissiano, dove si scopre che lo psicologo è davvero tale e la biondina è veramente schizofrenica. Molti i personaggi memorabili: Luisa Parker, specialmente col "senno di poi"; i due miliardari rivali; la suora manesca e simpatica; il dottor Moraes; l'avvocato tracagnotto; lo psicologo dagli occhiali spessi. E com'è interessante la questione del Tamarugo! Degna del Pezzin disneyano. Da menzione la malinconica veduta dell'autostrada, con l'amara riflessione sull'inutilità dei #36/37. Ad un soggetto ottimamente concepito e ad una sceneggiatura da manuale non può che corrispondere un'arte di livello altissimo, capace di mettere a fuoco e far risaltare praticamente ogni cosa, dai primi piani a qualunque tipo di sfondo; forse, soltanto La Paige è ritratto più somigliante a Bonelli che al personaggio vero (ma lo abbiamo visto solo da vecchio). Questo Classico dimenticato è stato fugacemente riesumato nei Martin Mystère #193/194, dove viene menzionato come (unico) esempio di Company Town del Novecento.


[104-105] LA CASA DI SATANA (Sclavi/Marraffa)

Fumetto di esplicito paranormale, con l'esper Francisco Cabral, figlio del magnate dittatoriale della gomma Julio Cesar, dei primi del secolo. Non solo l'esper è davvero un esper, e non solo viene annunciato che ne esistevano/esistono altri, ma nel finale Francisco trascende in un aldilà mistico-esoterico, raggiungendo gli indios che lo hanno - suo malgrado - maledetto con lo Yehalla, la "forza della mente". Questa, per il momento ha un'accezione spirituale tipo Ananga, ma, in un posticcio seguito realizzato molti anni dopo, subirà un tentativo di razionalizzazione. Fumetto dal canovaccio elementare, ma gustosamente suggestivo in quasi ogni sua pagina, ricco di inquadrature memorabili, su tutte le panoramiche della casa di lusso abbandonata nella giungla o i primissimi piani degli occhi bianchi di Cabral. Da ricordare anche Erasmus, il pavido angariato dalla moglie della gag iniziale, agente CIA nella conclusione a sorpresa. Giovani e imberbi, intendevamo riutilizzare, a mo' di patchwork, le ultime due pagine - l'ultima è uno dei nostri finali preferiti di sempre - per un nostro soggetto a tema tutt'altro, salvo poi scoprire che un seguito vero e proprio esisteva già (#282/283). Arte sempre sul pezzo, efficacissima, in piena sintonia con i testi, soprattutto quando questi sono assenti. Bignotti ritocca qualche volto di Jerry e disegna la prima striscia della seconda parte. Ma cosa c'era in quella cantina? Forse avremmo voluto non saperlo.


[105-106-107] OMBRE ROSSE - IL MARCHIO DELL'ASSASSINO - LA FINE DELLA PISTA (Sclavi/Diso)

Capolavoro eretico, estraneo alle atmosfere della serie, omaggio al/parodia del "genere" prediletto dalla Casa Editrice. Uno dei fumetti più belli di Tiziano Sclavi, che, anni dopo, ne proporrà una seconda versione, dedicata però al "genere" bellico, in un episodio di Roy Mann. Lungo e semiposticcio flashback, che Jerry racconta ai suoi amici, ambientato nel 1950, dopo gli eventi dei #86/90 e prima dell'approdo in Amazzonia antecedente il #1 (Jerry prende la decisione proprio al termine di questa storia). In termini di continuità, è un intermezzo di cui i curatori successivi a Nolitta non terranno conto, nelle loro precise cronologie. D'altronde, a più riprese Esse-Esse interrompe la narrazione additandola a bufala e smontando le illogicità del narratore (ad esempio quando racconta eventi a cui non era presente). Peraltro, sono le (poche) pagine al "presente" ad essere rappresentate graficamente con le vignette tonde. Decostruzione totale del Western, mischiato col "giallo" Christiano: un latifondista pazzoide, sosia di Ronald Reagan, infantilmente deciso a vivere nello stile del Vecchio West, ospita nella sua tenuta la sua schiera di parenti e amici, tutti rappresentati - esteticamente e caratterialmente - come volti caratteristici del Cinema Western: Keith Carradine, James Stewart, Walter Brennan, Robert Mitchum, Louise (?), Claire Trevor (?), Donald (?). A questi si aggiungono lo sceriffo dal volto del vecchio John Ford; l'esecutore materiale del delitto, raffigurato come il giovane Dustin Hoffman; il robotico Yul Brynner (che già per Chrichton era un omaggio); il cantastorie che propone tutte le canzoni del West; invece "Wayne" compare solo alla fine. Chi è il mandante dell'assassinio del (vero) Apache ridottosi a fare il figurante nelle rappresentazioni inscenate da "Reagan"? La soluzione è quella più celebre del più famoso romanzo della Christie, ma questo non toglie potenza alla sua scoperta, specialmente per la modalità con tira in ballo Mister No (e con cui Mister No la espone a noi lettori). Il grosso della storia va comunque cercato nella sua folle satira dei costumi americani (quelli degli anni 1980) e nell'esuberante pastiche transmediatico che arriva, ovviamente, a prendere di mira anche Tex, prima con la Valle della Morte coi dinosauri (animatroni della Disney, e rinvio ad un celebre episodio di Aquila della Notte), poi con Dinamite e il rodeo per domarlo; ma, volendo, potremmo persino azzardare che Ford, in certe situazioni e persino in certe somatizzazioni, ricordi molto Bonelli padre. Forse persino la sequenza in cui costui arriva alla guida dell'auto potrebbe rimandare alla più eretica sequenza di Tex (e non dimentichiamo la seconda copertina). I personaggi sono tutti ritratti con teatrali paranoie, degne del miglior Sclavi: Walter con le pistole "di Wild Bill Hickock", Louise con i ripetuti tentativi fasulli di suicidio; e il capo Indiano, ovviamente, è un Mister No "inverso". Nonostante il costante delirio, e i tormentoni umoristici, su tutta la vicenda aleggia la malinconia per la fine di un'epoca, facendosi gioco anche della connotazione cronologica (nel 1950 la fine del XIX Secolo non era così lontana). Fumetto, cinema, letteratura, politica, comicità, melanconia: la Biblioteca di Babele dell'autore si fonde con quella del lettore, dando vita ad un mix suggestivo come pochi altri. L'arte, divertita, accompagna tutto questo con la sua grande capacità impressionista e la sua forza evocativa, qui ai suoi livelli più alti.  


[107-108] UFO - ALIEN! (Sclavi/Civitelli)

Classico del Fumetto Italiano, citato celebrato e ristampato in cartonato (due volte). Una delle storie più brevi (un albo di Tex) del primo bicentenario, forse la più breve. Ma ricca di particolari e pregna di atmosfera e significati. La notte tra il 3 e il 4 Aprile del 1953, mentre Sclavi viene al mondo, un bolide infiammato urta il Piper e lo fa naufragare nella giungla, distruggendolo completamente. Chi è stato? Il protoastronauta sovietico Arkady o qualcun altro? E come mai, alla fine, il Piper è tornato come nuovo? Complice un'arte in totale sintonia con i testi, molte sono le sequenze memorabili: l'incipit, in cui la varia umanità di Manaus osserva la cometa precipitare; l'allucinazione cosmica del drogato e "crocifisso" Jerry; l'arrivo dei russi (oltrecortina!); il misterioso visitatore alieno, visto solo di soppiatto alla fine, come il suo antico omologo texiano. Ma forse il momento più divertente e suggestivo è l'assedio degli indios alla progenitrice della Soyuz, in cui Jerry e Arkady si sono rifugiati, ricca di battibecchi satirici (tra cui la memorabile battuta su Stalin, morto il giorno dopo) come di momenti di carica evocativa (le luci dei fuochi che diventano stelle). 


[108-109-110] I RIBELLI DEL GUATEMALA - IL SEPOLCRO INDIANO - IL RE DELLA GIUNGLA (Missaglia/Bignotti-C.Villa)

Sintesi delle storie che ci piacciono: trasferta in Guatemala, pretesti etnografici (gli indios negri contro i cacciatori di coccodrilli), vecchi amici (Patricia, che bacia tutti), le trovate grottesco-lugubri (il ras che ha sepolto il figlio nella tomba Maya), il nozionismo spiazzante (la cittadella sull'isolotto nel laghetto), e poi il crescendo di violenza nolittiano e il cattivo alleato boselliano. L'unico difetto, se vogliamo, è appunto la lunghezza: tutto sommato è una storia breve (per i canoni della serie). E perché il sepolcro è "indiano"? Nessuno, poi, si chiede che fine abbia fatto l'ospite originale della tomba. Il Re della Giungla è Bignotti, semplicemente inimitabile in questo contesto. Abbiamo accreditato i ritocchi di Villa, ma francamente non li abbiamo notati. Sempre appagante sparare ai serpenti. 


[110-111-112-113] LA FERROVIA DEI DANNATI - LA LEGGE DELLA VIOLENZA - CACCIA ALL'UOMO (Nolitta/Diso)

Fumetto con elementi stranianti e per adulti: inizia con Esse-Esse che canta Go' marchin' in, quindi Jerry si lascia scappare che quello delle tre sorelle escort è proprio un bordello. Lui, Irene e le altre due si trasferiscono alla Company Town della ferrovia della iungla, ispirata ad una realmente esistita (cui i due autori, anni dopo, dedicheranno un racconto breve illustrativo). Altre sequenze esplicite vedono i sicari del mafioso (naturalmente la ferrovia è una truffa) molestare una india a seno scoperto (anche in copertina!), mentre immancabile (e imperdibile) è la scenetta comica di Jerry massaggiato dalle cariatidi con le tette flosce. E naturalmente le tre sorelle si vantano, a più riprese, del loro mestiere, e vediamo Jerry fare la doccia come mamma lo ha fatto. Straniante è anche lo scagnozzo col volto di Robert Morley (cioè Bloch). Potrebbero apparire come critiche, ma non è così: è una storia interessante e godibile, con una spalla simpatica (il giornalista, in realtà poliziotto assicurativo) e una più realistica (Oscar Lunig, che se la dà a gambe all'inizio del terzo albo; Mignacco lo farà tornare per chiedere scusa). L'elemento più memorabile, però, è quello più fantasioso: il trenino privato del vedovo eremita John Riley, al contempo buffo e malinconico, oltre che risolutivo della trama, e cui è giustamente dedicato il finale mesto. Arte di livello.


[113-114-115] UNA NOTTE A TRINIDAD - ALLARME A BORDO (Castelli/Muzzi-Bignotti)

Tour dei Caraibi: finalmente! Crociera con delitto, un classico. Ma all'autore interessa relativamente, e disbriga il "giallo" in modo grossolano a cavallo del primo cliffhanger, lasciando intuire immediatamente chi siano i banditi. Il vero scopo è coinvolgere Mister No nell'ennesimo complotto, per una volta non ordito dai governativi. Tutta la prima parte, ambientata sulla nave da crociera, è perlopiù distensiva, una vera e propria vacanza con estranei che dobbiamo conoscere per forza: il notaio, la segretaria, il piacione, le sorelle megere (tormentone di Castelli), il latin lover; per rigirare la minestra, quasi nessuno di loro è ciò che appare. Ciò che interessa a noi è vedere finalmente tutte le isole nella stessa storia, una dopo l'altra: partiamo da Trinidad, e da lì raggiungiamo Martinica, Porto Rico e, infine, Cuba; purtroppo, saltiamo la sosta prevista a Giamaica e soltanto sfioriamo Saint Vincent e compagnia. Naturalmente, a differenza di Jerry, non troviamo particolarmente attraente l'idea che in tutti questi posti il bello consista nel prendere aperitivi e ballare con le autoctone. Ma ci piace pensare che lo sceneggiatore stia sottilmente ammonendo verso la vacuità dell'uomo comune. L'intreccio spionistico si risolve in un McGuffin, il ché toglie appeal al prologo, con la morte del nazista cubano. Ma i dialoghi sono fluenti e il fumetto si legge con piacere. La seconda metà della storia vira bruscamente verso un'altra direzione e porta Jerry a trovarsi, suo malgrado, nelle mani degli Haitiani, che dopo gli eventi dei #22/24 lo considerano "persona non grata". Qui assistiamo al vero seguito di quella vicenda, ritrovando uno dei comprimari di allora, che ci racconta come il lieto fine (?) di quella storia arcaica sia andato a farsi friggere. Ma anche questo è solo un passaggio, e Jerry salta da una revoluciòn all'altra, ritrovandosi a riportare in patria un guerrigliero cubano di nome Ernesto. E dopo aver fatto la conoscenza di un terzo comprimario positivo (una versione francese di Jerry), eccone un quarto, ambiguo, ma concepito per essere memorabile: il commissario della polizia cubana detto Avvoltoio Nero, ammanicato col regime. Costui pone a Jerry un aut-aut: o rivela il nome dei tre complici di cui sopra, o non può salvare la bella dal villain. L'autore scioglie la tensione con una stratagemma furbesco, facendola risolvere da sola e lasciandoci nel dubbio su quale scelta avrebbe fatto Jerry, per poi tentare persino di nobilitare il commissario. Un finale degno di una sceneggiatura basata più sul mestiere che sull'ispirazione: ma laddove c'è mestiere, c'è solo da imparare. L'arte non è esattamente la migliore vista su questa testata, ed è probabilmente ritoccata in varie occasioni, ma diciamo che contribuisce all'atmosfera vacanziera.


[115-116] IL PICCO DELLE NEBBIE - LA VALLE DEI MORTI (Cicogna/Di Vitto bros.)

Riempitivo "breve" di quelli che si scordano sempre di elencare a memoria. Ma è un buon fumetto di avventura pura, con la trasferta nel luogo strambo e stavolta pure esoterico. Jerry è il coprotagonista, in realtà la narrazione segue strettamente l'antagonista, il bandito panzone Big Bag, in tutta la sua discesa verso la cupidigia più spinta. L'arte, agli esordi, segue gli insegnamenti di Marraffa e soci per quanto concerne gli sfondi, e regala suggestivi scorci quali la cascata a gradoni e l'altopiano sul picco, con la roccia pareidolica e i cadaveri pietrificati; sui volti, invece, le mano dei due frate sono ancora "work in progress", e fra i due albi si percepisce fin troppo uno stacco, laddove il primo albo presenta ancora matite deficitarie e discutibili (che penalizzano un poco la lettura), mentre nel secondo lo stile si avvicina a quello più noto del duo. E anche stavolta abbiamo imparato qualcosa (Berillio - Berillo; la genesi delle Ande già la conoscevamo). Cambio di copertinista: la prima è l'ultima di Ferri, la seconda è la prima di Diso.


[116-117-118-119] BAHIA! - IL PROFETA - LA TELA DEL RAGNO - PLOTONE D'ESECUZIONE (Nolitta/Bignotti-Crivello)

I primi due albi sono un po' perdigiorno; il ché è coerente col protagonista della serie, però boh, sono godibili ma sembra mancare qualcosa di indefinito. L'omaggio all'Uomo di Canudos, che tanto piaceva a Bonelli, si avverte prepotentemente, ma il nostro interesse per quella vicenda è inferiore al suo. Simpatiche le scenette delle ruote rubate, dell'amica contenta di essere scambiata per una mignotta (è Miranda Cordeiro dei #3/5), dei fanatici che si flagellano con fruste e pietrone (questa è anche un po' castelliana). A metà storia, però, si comincia a fare sul serio. Il terzo albo è un crescendo di violenza psicopatica, nella migliore tradizione nolittiana: il prete lapidato (!), il cliente di Jerry sputtanato come bandito e sgozzato in presa diretta, l'amica (quella di prima) che evita (?) lo stupro ammazzando quello che sembrava il villain della storia e successivamente cade in depressione. Nel quarto albo tutta questa pancreatite biliare esplode in una vera e propria guerra come quella russo-ucraina, anzi peggio, perché qui le vittime effettivamente sono neonazisti e drogati. La sensazione che si prova leggendola - specialmente quando si arriva all'esecuzione di Jerry - è quella di un orgasmo cerebrale. Il finale finto-allegro, ma in realtà malinconicissimo, è all'altezza delle grandi storie di Nolitta (dopotutto, tutto l'episodio è una specie di seguito concettuale dell'Ultimo Cangaceiro). Arte del migliore degli artigiani, con piccolissimi ritocchi esterni. Incredibilmente, è sua anche una delle copertine, la quarta.


[119-120-121] LE NOTTI DI MANAUS - MISSIONE URAGANO - NELL'OCCHIO DEL CICLONE (Missaglia/Marraffa)

Soggetto brillante, con una storia di spionaggio classica e ben gestita, dove ritroviamo gli amati Caraibi (Jerry ricorda l'Haiti di Castelli). Le spie, per una volta, sono afroamericane, e anche il cliente-carogna è declinato in una variante inusuale (l'Ambasciata americana in Brasile!, falsa!), dato che non accompagna il protagonista. La narrazione è verosimile, con Jerry che svolge un lavoro vero come copertura e, nei momenti liberi, gironzola in attesa di buone nuove. Davvero interessante e suggestivo il mestiere di "pilota degli uragani", minuziosamente descritto, anzi, messo in scena con mimesi coinvolgente: è anche una originale variazione sul tema tornado. Peccato per la prima copertina, che spoilera un momento di svolta della vicenda (e non c'azzecca nulla col titolo abbinato). Alla fine, assistiamo ad un ennesimo ritorno mordi e fuggi negli USA (Florida). Esilarante il pretesto del momento nozionistico: "vediamo se mi ricordo bene come stanno le cose". Lo stile simpatico dell'artista prende sempre più confidenza col passare delle pagine e ci regala i suoi inimitabili combattimenti, dalle chine robuste e curate. Non solo la prima striscia della seconda parte è di Bignotti: lo è anche una nella penultima tavola della stessa. In prima lettura, abbiamo letto questa storia durante una tromba d'aria, evento che ci è rimasto talmente impresso al punto di eleggerla, per diverso tempo, a nostra storia preferita della serie. La rilettura ha riportato la cognizione ad un livello più consono; ma ha confermato la piena riuscita e il coinvolgimento della sequenza dell'attraversamento dell'uragano, davvero immersiva.


[121-122-123] MAKAKARAUA! - IL DIO VENDICATORE - MASCHERA TRAGICA (Nolitta/Diso)

Episodio in cui il creatore della serie si prende delle libertà che mai concederebbe ad altri: imbastisce una storia a tema religioso, con un confronto tra paganesimo scientista e cattolicesimo missionario che sfocia nella guerra e nell'omicidio; rappresenta i preti come uomini prima di tutto, con le loro debolezze (memorabili gli imbrogli a BlackJack di Padre Sanchez, che costringono Jerry a partecipare all'avventura) e i loro dubbi (la crisi di Padre Von Helsen dopo la strage della sua famiglia); da ultimo, ci mostra esplicitamente un bambino morto. Tutto sommato, i colpi di scena sono tutti telefonati: il colpevole è proprio quello lì, gli indios fanno proprio quello che ci si aspetta (i più docili fuggono, i ribelli combattono), i caratteri dei personaggi rimangono coerenti fin dalle loro prime apparizioni. Eppure è un fumetto placidamente appassionante, in cui emerge, peraltro, tutta la maestria di Nolitta, capace come pochi di allungare il brodo senza risultare fastidioso: si veda, ad esempio, la sequenza delle rapide, da superare facendo slalom tra gli scogli; o il finale anticlimatico, in cui i superstiti disquisiscono degli eventi vissuti, concedendosi la possibilità di ricomporsi civilmente dopo le sclerate. L'arte è di alto livello ed è anche grazie ad essa che le figure di Padre Herrera e Padre Sanchez, dai volti così caratterizzati (modellati su attori, ma senza che questi appaiano come estranei al contesto), restano impresse. Il fulcro della vicenda è memorabile: a dispetto della reazione isterica di Jerry, chi ha realmente ragione? L'etnografo che, per proteggere l'ecosistema, non esita ad ammazzare missionari e turisti? O il missionario convinto sinceramente della necessità di elevare gli indios dallo status naturale di ignoranza? Esiste una edizione libraria dell'editore Comma 22.


[Martin Mystère 40-41-42] LA REINCARNAZIONE DI ANNABEL LEE - IL POTERE DELL'IDOLO (Castelli/Bignotti)

Fumetto pienamente mysteriano, con breve ritorno in Belize. L'occasione del decennale di MN permette a Castelli di sfruttare nuovamente il suo Mister No invecchiato (MM #2/3) per scarrozzare Mystère e Java. Jerry li riconosce subito, e, siccome il cameo è più sostanzioso (una decina di pagine), si sbottona un poco, creando le premesse per il futuro team-up. In particolarmente, Mister No (che Bignotti rende lievemente meno grasso, e di cui azzecca in pieno la cadenza del volto) ricorda, a mo' di carrellata, i #22/24,#60/62,#47/49 e #94/96 della sua testata, e menzionando "una certa valle" sembra ammiccare ai #184/187 (ancora da pubblicare). In questa ottica di razionalizzazione, l'aereo pilotato ora è un Chessna, mentre il Piper è pensionato in garage.


[123-124-125] UN INDIO A NEW YORK - IL SEGRETO DEL DIARIO - IL VILLAGGIO DEI DANNATI (Castelli/Di Vitto bros.)

Soggetto cospirazionista a orologeria, sceneggiatura divertita, arte robusta e impegnata. Solo il finale appare leggermente scorciato. Galleria di sequenze concatenate a strisce: un sarcastico e assurdo incipit, col pilota del Piper maniaco, che si schianta colla gnocca; il flashback di Mister No a NY, con l'angoscioso incontro con l'indio impazzito (che anticipa gli africani con le sciabole di oggi), a cui ovviamente non crede nessuno; l'eredità ricevuta da Jerry, le ex mogli del pilota, il diario rapinato; l'arrivo del professore amico degli indios; il corteggiamento dell'ex moglie, col recupero dell'abito elegante dei #29/30; il viaggio nella giungla col burbero laconico; il naufragio causa tempesta; la scoperta del villaggio cargo cult, a imitazione newyorkese; la scoperta del secondo villaggio, antitetico al primo; il riannodarsi di tutti i fili. Nonostante le identità del tizio e del cattivo siano relativamente scontate, si tratta di una trama ben concepita e deliziosamente razionale, con un agghiacciante esperimento sociale che si fa ricordare. Particolarmente angosciante il villaggio "paradisiaco". La prima vignetta della seconda parte è di Bignotti.


[125-126-127-128] UN COCKTAIL ESPLOSIVO - I DELITTI DEL MAR DELLA SONDA - I DRAGHI DI KOMODO (Cicogna/Bianchini)

Soggetto ad imitazione del primo periodo della serie, basato su di un presupposto arcaico: i varani di Komodo come bestie carnivore fuori controllo. Sceneggiatura sgangherata e divertente, con qualche caduta di stile e un paio di fili persi per strada, ma sempre simpatica. Tutta la prima parte è praticamente fine a sé stessa: ma i doppi giochi del monello (disegnato come quello dei #80/84) fanno sorridere, anche perché accompagnati da quelli dei cinici Jerry ed Esse-Esse; alla fine la tizia stalkerata viene liberata e il tizio sembra dimenticarsene da un momento all'altro, diventando il cliente di turno. La storia vera e propria è la classica trasferta esotica di matrice isolana, forse uno dei filoni migliori della testata. La trama resta comunque sgangherata, dato che l'autore guarda contemporaneamente sia a Nolitta e Missaglia che a Sclavi e Castelli, imitandoli tutti e quattro, saltando da uno stile all'altro senza soluzione di continuità. La continuità, però, c'è: Jerry cita, senza dide a supporto, i #22/24, #40/42, #17/20 e #115/116 (oltre a volare di nuovo dentro una tempesta, forte dell'esperienza dei #119/121). L'effetto immersivo c'è, sembra di stare a Komodo con Jerry ed Esse-Esse, in questo strambo ecosistema prattiano, abitato da figure eccentriche, quali il circolo degli occidentali con la puzza sotto al naso, e lo zoo segreto dei varani, e in cui i protagonisti sono chiamati a svolgere una mansione reale, addestrare altri piloti, a loro volta caratterizzati come piantagrane. Tutto questo, compreso l'aleatorio complotto del circolo, viene però sacrificato, perdendosi qua e là: dei piloti, ad esempio, vediamo approfondire solo il fanfarone gallese, rivelatosi una frignetta (sull'italiano si glissa); solo uno dei membri del circolo si rivela essere il mandante finale, gli altri risultano comprimari secondari; e, ovviamente, i varani sono raffigurati con una chiave grottesca e "topolinesca" (il loro assedio ai danni del Piper, comunque, è suggestivo). Non mancano anche sviste: perché Jerry non riconosce i segnali dei contrabbandieri se poi afferma di conoscere (giustamente) il Morse? E che ci fa Esse-Esse con il coltello fai-da-te, di cui ci mostra la costruzione in stile McGyver? L'arte è bislacca quanto la sceneggiatura, talora efficace talora improbabile, quasi sempre a imitazione di altri artisti (Civitelli su tutti); i panorami sono ben resi; e la sequenza in cui Jerry sgancia bombe sui varani è divertente.


[128-129-130] SERRA DOS COBRAS - GUERRIERI SENZA TEMPO - L'ULTIMO SAMURAI (Capone-Nolitta/Di Vitto bros.)

Soggetto della guest star (esordiente), molto dettagliato e seguito passo passo da Nolitta. La mano "fanzinara" affiora comunque nel reverenziale omaggio a un vecchio classico (i #12/15) e nella parte più emotiva e migliore della storia, lo scioglimento del climax. Simpatica la doppia gag di Esse-Esse che rimorchia la crucca e di Jerry inseguito dall'autobus di giapponesi ("sono decine, centinaia, migliaia... forse milioni!"). La vicenda vera e propria, in un certo senso, è canonica, ed è evidente da subito come il gruppetto di professori non sia davvero tale, mentre Jerry impiega più di un albo per accorgersene. Tuttavia, le tappe sono seguite con cura (l'alligatore, gli indios, la scoperta del doppio gioco), rinvigorite dagli imprevisti attacchi di follia del paranoico. Il canovaccio dei militari giapponesi rimasti isolati e ancora in guerra è un Classico, e l'innesto della cospirazione bondiana non stride. Il terzo albo è decisamente il più bello. Si apre con la storica sequenza della lettura di Playboy (dove tutte le donnine sono vestite) da parte dei depravati, per nulla fine a sé stessa, anzi, necessaria alla svolta tragica. Segue una sorta di rifacimento concettuale dei #107/108 sclaviani, con Jerry e Toshiro ex nemici alleati anarchici loro malgrado. Coinvolgente e riuscita tutta la parte che va dal suicidio di Toshiro (un "Mister No" mancato) al "giaguaro di Martini", quest'ultimo in realtà affatto riempitivo, salvato da Jerry ma ucciso dai poveracci affamati: qui la caratterizzazione di Mister No è ai suoi livelli più genuini e alti, ed è difficile non immedesimarvisi (e quasi commuoversi). Nell'epilogo, di nuovo umoristico, il soggettista dimostra di aver studiato bene il Manuale della serie. Simpatico l'inutile omaggio a Frank Herbert. Arte salda e decisa dall'inizio alla fine.


[131-132-133] ATTACCO SUICIDA - IL DEMONE ETRUSCO - IL BOSCO SACRO (Nolitta/Diso)

Episodio su cui Nolitta puntava molto al tempo della prima pubblicazione, tanto da dedicargli enfatiche pubblicità apposite. Col tempo, tuttavia, la sua nomea è rimasta soltanto quella de "la storia ambientata a Bomarzo". In Ecuador, Jerry reincontra per caso Patricia; malmenato dai truffatori e ricoverato all'ospedale, è costretto a raccontare di come ha imparato la parola "buccheri". Dopo un excursus storico-politico sugli eventi del 1943, il lungo flashback bellico si colloca nel Gennaio 1944, durante la battaglia di Cassino, nei giorni immediatamente precedenti alla distruzione del monastero (Jerry ricorda il giorno esatto). Praticamente il primo albo è un doppio preambolo: la storia-cornice prende una quarantina di pagine, e la vicenda di cui sopra ha il solo scopo di portare Jerry a salvare un suo superiore. La storia vera e propria inizia nel secondo albo, quando costui si porta Jerry nell'alto Lazio, nella zona delle necropoli etrusche, e rivela di volersi dare al tombarolismo come secondo mestiere, sfruttando l'amicizia con un riccone, per la cui figlia Jerry ha preso la solita sbandata. Ecco, dunque, il "giallo-etrusco" alla Manfredi (Valerio Massimo), oppure alla Fulci/Bava, col il killer vestito da divinità etrusca, la cui vera identità è abbastanza scontata. Meno scontato è invece il movente, almeno sul momento. Il personaggio non appariva così squilibrato, anche se dei voyeuristi è sempre bene diffidare. La storia si conclude con una esilarante gag pecoreccia, in cui l'arrapato Jerry molesta Patricia nella stanza ospitaliera. L'arte ondeggia tra la consueta abilità illustrativa (Bomarzo, i mezzi) e la sensazione di aver ceduto a numerosi ritocchi esterni (Di Vitto?).


[Speciale 1] MAGIA NERA (Nolitta/Diso)

Copertina superficialmente ingannatrice, che suggerisce l'idea di una storia sul Voodoo, quando invece il fumetto è dedicato al Candomblé e al Quimbanda. Il riferimento velato è al famoso reportage di Umberto Eco, oppure no, è solo aneddotica nolittiana. Episodio "speciale" in quanto si conclude con uno dei rarissimi fenomeni soprannaturali della serie. Per un lettore mysteriano, è una lettura gustosissima ed esilarante, ma a tratti anche appassionante, seguire le vicende del professor Polansky, scettico smascheratore di finti medium (media), che con la sua arroganza mette nei guai sia Mister No (carcerato per due settimane, in una sequenza palpabile) che l'ambasciata statunitense, dopo essere stato malmenato dai voluti creduloni. La conclusione, in cui viene strangolato da un vero zombie durante il rito di evocazione di Exù, è al contempo suggestivamente inquietante e liberatoriamente divertente. Un grande sceneggiatore e un grande artista ci raccontano, con dovizia di particolari, sia la seduta medianica che i rituali del guaritore, oltre che la Quimbanda vera e propria nel cimitero (di notte vietato per legge). Occupandosi di religione ed essendo ambientato a Bahia, l'episodio è un seguito concettuale dei #116/119. Il tassita Getulio ha un ruolo di primo piano: salvato in un'altra storia, si sdebita salvando Jerry.


[133-134-135-136] IL DARDO AVVELENATO - IL FUGGIASCO - GIURAMENTO DI SANGUE - IL VOLTO DEL NEMICO (Ongaro/Bignotti)

Gradevole giallo-thriller nello stile degli anni 1950. La trama di fondo è abbastanza scontata, e lo spiegone risolutivo nel terzo albo è discretamente pedante. Però i dialoghi, il ritmo, i personaggi, i disegni, sono tutti brillanti e la storia si legge con piacere. Divertente la scenetta in cui Esse-Esse costringe Jerry a rimanere in casa. Ed è tipico di questa serie stranirci, in modo positivo, con trovate quali gli indios laureati (ben tre, in questa storia!). Tutto questo potrebbe bastare, e invece nell'ultimo atto ecco un colpo di scena che, evento più unico che raro, ci ha spiazzati: l'indio è il fidanzato della tipa! È la versione embrionale di quello clamoroso che l'autore proporrà nella saga africana. Alla fine costui la scampa, nel riuscito finale; se vogliamo, anche questo non era affatto scontato.


[rb1] JIVAROS (Nolitta/Diso)

Ahahahahah che stronzo. Adorabile Nolitta, quanto ti vogliamo bene. Raccontino per Il Messaggero Estate '86. Parodia sintetica di Tsantsas! (#31/33). Bellissima.


[136-137-138] LA FEBBRE DELL'ORO - LA MINIERA DELLA PAURA - A SANGUE FREDDO (Castelli/Taito)

Fumetto inizialmente di ispirazione disneyana, con Jerry vessato dai creditori e la "corsa all'oro" che gli ricorda il Klondike. In realtà è un fumetto di polemica politico-sociale, oltre che di continuità. Giunge, infatti, a compimento la "saga" di O' Bispo (#98/99), il trafficone finto prete, ulteriormente incattivitosi nella precedente apparizione. Lo ritroviamo qui a spalleggiare il militare-tiranno di turno, deciso a espropriare con le cattive i filoni auriferi dei morti di fame piovuti a frotte inebriati dalla cupidigia, spadroneggiando nel frattempo come Soapy Slick (o Soapy Smith). Proprio di Bispo è l'idea di tenere ostaggio Maria, Maddalena e Irene (le prostitute amiche dell'eroe, #110/113) per costringere Jerry a scovare il suo socio tenutario della miniera più fruttuosa (sì, perché qui Jerry è barksianamente incappato in un affare riuscito). Pur senza narrare di chissà quali eventi, la suspence è tenuta alta per tutto il tragitto nella foresta, in cui Mister No elimina, usando la natura come complice, gli sgherri suoi accompagnatori (il serpente, il puma, le sabbie mobili). Ma il vero colpo di scena è portato dai consueti indios civilizzati (che sfottono Jerry, che parla coi verbi all'infinito per farsi capire): tutto quello che hanno imparato lo hanno appreso da un missionario particolarmente saggio e onesto... ovvero Bispo, di cui vengono quindi rivelate le segrete origini di vero prete (o era un missionario laico?). La rivelazione è ovviamente usata da Mister No a proprio vantaggio per risolvere la questione, sebbene l'autore decida, saggiamente, di non trattare Bispo come una macchietta e farlo tornare improvvisamente buono, ma di lasciarlo ambiguo e instabile, limitandosi a riportarlo alle connotazioni della sua storia d'esordio. Ma ciò che realmente resta impresso è l'agghiacciante finale, mascherato da lieto fine in cui tutti ridono e prendono le cose con filosofia, dato che il governo brasiliano, scacciati i banditi, si è appropriato delle miniere e ha lasciato i minatori in condizioni ancora peggiori di prima, con Bispo divenuto usuraio di governo. L'artista, una meteora, si ispira tenacemente a Diso, senza mai raggiungerne i fasti, mantenendo comunque una media decente dall'inizio alla fine. Gradevole il depistaggio del terzo titolo, che non si riferisce tanto al bandito quanto alla scelta finale di O' Bispo.


[138-139] LA NOTTE DEI MOSTRI - L'ORRENDA INVASIONE (Sclavi/Bignotti)

Fumetto sclaviano al 100%, con i freaks buoni e i freaks cattivi, i comprimari simpatici e la filosofia sui mostri. Ma è anche un episodio "strano" di questa serie, con un focus inedito sulle favelas (di solito sistematicamente ignorate). Dialoghi spumeggianti, con tormentoni divertenti e brillanti: "Sanghe di giuta", "tu antipatico". Commedia e dramma perfettamente integrati: più equivoca la prima parte (il carnevale, i travestimenti di Jerry ed Esse-Esse), più orrorifica la seconda. Personaggi memorabili: la povera Tereza, il padre indio, la nana, la donna cannone. Arte al livello dei testi: lugubre, dark, buffa e grottesca. Agghiacciante il computer "a proteine viventi". 


[139-140-141-142-143] LA GRANDE RISSA - GLI SPIETATI - SURAT KHAN - LA CASA DEI SOGNI COLORATI (Nolitta/Di Vitto bros.)

Trasferta isolana (Trinidad), con eventi stranianti (revanscismo indiano, dell'India): sono queste le storie che ci piacciono! I Thugs a Tobago, che roba. Risposta vintage al Tempio maledetto (il film), in un'avventura fluviale tipica e coinvolgente. Idem l'arte. Trama degna di un romanzone popolare. Simpatico momento zagoriano con Jerry che salta fra i rami. Simpatica la presa in giro dei film bollywoodiani. Simpatico Jerry Fantozzi cui si strappa lo smoking stretto. Simpatico Jerry che fuma l'oppio (anche in copertina!), come TinTin. Simpatico che i clienti (Murphy dei #24/26 e la moglie diversamente bella) siano amici coprotagonisti e non i soliti traditori carogne.


[op1] AMAZZONIA (Nolitta/Diso)

Tavola autoconclusiva per RadioCorriere Tv dell'87. Risvolto umoristico. Vanta un remake un pochino più ampio.


[143-144-145] LA SPEDIZIONE SCOMPARSA - LA FORESTA DEI MUTANTI (Grecchi/Diso)

Riempitivo della guest star, vecchia gloria della vecchia guardia fumettistica. Il fumetto non è vecchio, ma risente un pochino dell'impostazione classica, dato che il prologo spoilera i colpi di scena successivi, e quindi le mascherate della coppietta ladresca sono evidenti fin da subito. Ciò nonostante, è una lettura gradevole, condita da tocchi del mestiere: gli elettrofori, gli indios dai labbroni depravati, l'atterraggio sulla lingua di sabbia (la sequenza migliore), le piante carnivore e i pipistrelli giganti, il missionario divenuto sciamano, la base militare (deus ex machinae risolutivo). Esse-Esse e il suo sidecar sono pieni coprotagonisti. Arte in spolvero, per non sfigurare davanti all'ospite. Le prime due vignette della terza parte sono redazionali: ci sembra Bignotti.   


[Speciale 2] UOMINI NELLA GIUNGLA (Nolitta/Diso)

Fumetto-tipo esemplare nella sua esposizione delle peculiarità della serie. Si parte inusualmente dalla moderna Caracas, per poi inoltrarsi nella giungla assecondando nientemeno che il pronipote di Sir Morton Stanley, alla ricerca di un emulo di Livingstone. Ma questo James Stanley e questo Long Walker sono truffatori, e a loro si unisce - mestamente, per il lettore - anche un voltagabbana della spedizione. Non è tanto la trama ad avere importanza, quando la capacità di Nolitta di evocare ricordi e documentazione per trasportarci fisicamente nei luoghi rappresentati. Da ricordare, ad esempio, la descrizione dell'alba nel pieno della giungla amazzonica, capace di conferire un'aria quasi montana al paesaggio; o l'estenuante marcia nella foresta, in cui occorre guardarsi continuamente attorno onde evitare contatti con fauna d'ogni tipo. Addirittura, Nolitta sfiora il "mondo comic" nella sequenza, cruda ed esplicita, del massacro del capibara da parte dei Yanoama (qui ritratti senza l'aria amichevole delle precedenti apparizioni). Ma la parte migliore della storia è l'insolito finale, in cui Jerry, al termine del classico inseguimento, irrompe nella TV venezuelana e scazzotta i cattivi in diretta televisiva, per poi, al fine di sbugiardarli, essere ospitato come opinionista! Inusitato e degno di un reportage è pure vedere Jerry farsi la doccia e andare dal barbiere all'aereoporto. L'arte, ovviamente, accompagna i testi come meglio non può fare, con cura e simpatia. Copertina d'impatto, seppure non inerente la storia.


[145-146-147-148] VENTO DI GUERRA - LE TIGRI VOLANTI - CIELO GIALLO - IL MIO NOME È MISTER NO! (Mignacco/Bignotti)

Esordio dello sceneggiatore: è la sua storia migliore di sempre. Fumetto a suo modo epocale, con la retcon razionale delle origini dell'eroe (e l'introduzione della posta). Più che questo, è un Classico dell'Avventura degli anni 1980, un film che si rivede sempre volentieri, giacché fatto meglio di quelli attuali. "Mister No racconta" (che è anche il titolo di un capitoletto), nel più puro stile nolittiano, come pure la struttura fluviale, con tanti miniracconti che si susseguono. Riprendendo un brevissimo accenno dei #51/53, si comincia nel settembre del '40, poi si va nel '41: tutta la prima parte è dedicata all'incontro del giovane Jerry con Bat Barlington, che diverrà il suo ispiratore e gli insegnerà la tecnica del calcione; molto bella la sequenza del primo volo di Jerry, subito in mezzo alla burrasca, prima, e una retata mafiosa (a Yellowstone!), poi. Segue l'arruolamento, dove tutti si spacciano per missionari, alla faccia delle censure. Dopo l'omaggio a Caniff, c'è un esplicito incontro con un fumetto non Bonelliano (o quasi, usciva su Orient Express): Clarence Man, il protagonista di Air Mail di Micheluzzi. Dopo Rangoon e l'addestramento, dove troviamo persino Al Levin (omaggio combinato a Castelli e Disney; è lui a ideare il logo delle Tigri), si arriva al dunque con la cruda sequenza della gara di risciò che finisce in tragedia. Ecco, finalmente, la missione vera e propria, dove personaggi storici come Chang Kai Shek e moglie diventano coprotagonisti (perlomeno lei). C'è spazio per un altro simpatico omaggio fumettistico, quando Jerry si ritrova coi vestiti di TinTin, pedinato da Milou. A questo punto il cast delle Tigri Volanti, Bat in primis, viene messo da parte, e si passa all'altra sequenza migliore della storia (dopo la prima), il naufragio nel campo del nemico, e i doppigiochi dei nazionalisti, dei comunisti e dei giapponesi. La seguace di Mao resta impressa, sebbene alla fine non si sappia che fine faccia. E si arriva al nocciolo del romanzo di formazione: torturato dal giap, Jerry risponde sempre "no" e viene chiamato "Mister No". Liberatosi, e sventato l'attentato ai Chang con l'aereo Fiat (!), constatato amaramente di essere incinicito e irribellito come Bat, decide di tenersi quel soprannome. Si tratta di una retcon fanzinara, naturalmente, e solo in seguito ufficializzata. Ma è solo un'aggiunta alla motivazione originale nolittiana, non una riscrittura. Sarà, invece, riscritta l'origine della pezza col quadrifoglio, qui attribuita di nuovo a Bat; per Masiero sarà colpa di un altro tizio. Il flashback si conclude con la quadratura della cronistoria della serie, con Jerry sbattuto nei #65/67 e, successivamente, nei #51/53. La narrazione non ha momenti morti, giusto un rallentamento durante gli eventi più statici (ed è comunque una storia che Mister No racconta seduto al tavolo). La documentazione tecnica è curata e tutti i partiti politici vengono tirati in ballo senza pudore alcuno, come si fa nelle storie adulte. L'arte è quella del decano che non sembra tale: brillante, espressiva, curata, efficace, suggestiva, da manuale. Il quarto albo è quello del nostro mese di nascita: quando si dice il caso. Nel 2022, Boselli l'ha voluta nelle Grandi Storie Bonelli.


(2022)

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