giovedì 18 aprile 2024

NATHAN NEVER (8)


NN #356/357: La verità di Steven Ross/Frammenti di un futuro possibile (Vigna/Gradin)

Inizia la "stagione 8" e lo fa col botto. Ora che Nathan è il "nuovo Mister Alfa", cosa c'è di meglio che ufficializzare questa sua posizione? Ecco, dunque, il ritorno, dopo centocinquantasette numeri, del Mister Alfa "che abbiamo sempre amato" (cit.), la cui reale identità viene finalmente svelata da Darver e Forbes (#313/315), desiderosi di spiegare all'eletto Nathan (fulcro del multiverso) la vera Storia dell'Umanità (Neveriana) e di metterlo in condizione di svolgere bene il proprio lavoro di paladino degli equilibri, che l'Alfa vecchio e inacidito vuole spostare a suo consumo, ora che il patto con gli ufini Grigi si è rotto. Sullo sfondo, una indagine a base di ipotesi di complotto e dodici scimmie. Non solo: con gli anelli Shanachies, Nathan vede il suo possibile futuro da Capo dell'Alfa e gli eventi del Gigante #10, mentre si perde nelle prefigurazioni dei #200 e #300. Ma che, davvero? Chi può dirlo, la casa di Nathan non è quella giusta (è quella vecchia, la prima) e alcune incongruenze sono troppo palesi...e se anche questa non fosse la realtà? Un capolavoro, insomma (più nel concetto che nell'esposizione), perfettamente coerente "nello spirito" (pardon, pattern di configurazione) con tutto ciò che la serie è sempre stata e con ciò che è ora (questa storia doveva essere collocata proprio qui). Che acquisisce maggiore pregio se la si accosta alla sua variazione editoriale, pubblicata il mese dopo, dei Martin Mystère #373/374: un'altra storia doppia, volta a rilanciare la testata, in cui l'eroe scopre di essere la sua stessa nemesi... ma dove il tutto è narrato come in una barzelletta raccontata male. Questa, invece, è una storia con due coglioni così, zeppa di stimoli e riflessioni sociologici e fantascienfici, e chissenefrega se cancella il #130 e il #161 (i quali, ammettiamolo, erano faciloni a dir poco). Purtroppo per Vigna, la sua profezia si è autoavverata: i lettori non vogliono essere stimolati alla riflessione, vogliono solo cacare il cazzo. Col beneplacet dell'Editore, che affida le storie più importanti ai disegnatori meno adeguati (e sì che Gradin è pure migliorato).


NN #358: I pirati dei cieli (Memola-Masperi/Dall'Oglio)

Giacenza funebre, era una vecchia storia di Memola e Pueroni, poi trasformata completamente in un omaggio citazionista di Miyazaki. Di Pueroni restano 40 tavole (a noi è dato vederne 5 o 6). Storia leggera in cui molto lo fa Legs, in cui tutto il peso è appioppato al mangaka. Ma Dall'Oglio è un mangaka realistico, io preferisco i cartoonistici (come, peraltro, Miyazaki dovrebbe essere). Ma soprattutto si è verificato quel che avevo predetto: dopo tutta la paraphernalia di Vigna, cosa mi importa di 'sta roba? Infatti mi sono annoiato parecchio. Degno di nota soltanto il filo di cattiveria di Nathan, che non perdona nulla al povero cristo di turno e lo lascia di fronte alle sue responsabilità.


NN #359: Ritorno nel Multiverso (Vigna/Giéz)

80 anni di SBE! Tutti gli albi di Aprile 2021 debbono, in qualche modo, celebrare la ricorrenza. Ecco allora la medaglia di NN. Ed ecco, soprattutto, il seguito del #300, con Nathan che va a trovare gli altri universi narrativi: stavolta tocca a Tex e agli albi ASI, mentre Mister No sembra essere diventata la base operativa. Episodio abbastanza brillante e divertente, con lo scienziato che va volutamente ad assomigliare a GLBonelli, e con le tecnobubbole olonomico-cyberpunk che non fanno rimpiangere quelle del passato (anzi, francamente le trovo molto più divertenti). Forse si poteva/doveva togliere il riassuntino dell'albo precedente, dato che il finale arriva improvviso e col fiatone. Tutto questo, come sappiamo, fa da sfondo al Nuovo Ordine Vignano, ma questo filone "quantum leap" in sé è da considerarsi un escamotage celebrativo, o almeno questo sembra suggerire la decisione di tirare in ballo il cacciavite sonico. Vogliamo sperare che sarà utilizzato MOOOOOLTO raramente. Il difetto più grande dell'albo è la discrasia grafica col #300, che aveva i colori e il disegnatore di punta, mentre questo è in b/n e ha il rapido tuttofare.


NN #360: L'uomo senza volto (Medda/Cascioli)

In allegato la medaglia di Legs. Riempitivo come dovrebbero sempre essere. Storia poco originale, forse già vista, ma come è ben scritta? Ecco la capacità di uno scrittore di saper agganciare il lettore e tenerlo sull'attenti fino alla fine. E meno male che Medda si è stufato e scrive perché costretto! Il disegnatore torna con uno stile diverso, meno curato e più approssimativo. Non ricordo se si era ammalato pure lui.


Nathan Never Missione Giove #1--4: La Squadra Hawks/La creatura nel ghiaccio/Il segreto degli Eloym/Viaggio infinito (Vigna/Bertolini-Bonazzi)

Miniserie del 2021. Copertine di Ivan Zoni, un po'... boh, non saprei. Stilizzate? Fumetto annunciato da eoni, è l'epocale - secondo Vigna - storia definitiva in cui tutti gli universi e le trame convergono verso un unico centro. In realtà - una delle tante - non ve n'era bisogno: i #300,#356/357,#359 e #361bis avevano già ampiamente chiarito la situazione, perlomeno ai lettori dotati di un minimo di intelletto. Ma il patto tra costoro e quelli ottusi è stato rovesciato a favore dei secondi, ed ecco la necessità di questo bigino della Nuova Continuity Neveriana. Un fallace baroco, giacché Vigna non ha tenuto conto di un fattore importante: il lettore ottuso, in quanto tale, non è interessato a spremere le meningi, è inutile spiegargli le cose. Più logico sarebbe pensare che Vigna abbia voluto chiarirle più che altro a sé stesso. Solo che la storia lo contraddice. Se i primi due episodi sono, tutto sommato, una "normale" avventura spaziale del Nathan di AnnoZero, con un Vigna romantico che omaggia il sense stesse dello wonder, con l'Apollo 11 e il motore a curvatura eccetera, il terzo e il quarto episodio cedono completamente il passo alla delineazione del nuovo status quo. Il risultato, però, è lo stesso di Oltre l'immaginazione (vedi sotto), con i vari universi che si alternano a mo' di flusso di coscienza (o, come si dice, di variazione della sequenza del pattern). E grossomodo sono gli stessi della doppia #356/357, di cui questa miniserie è un prequel de facto. Quindi rivediamo la prosecuzione degli eventi del Gigante #10, rileggiamo il #200 da un'altra prospettiva e abbiamo la conferma della retcon del #130 (il quale, in parte, viene salvato con una tirata di capelli). Peraltro, la doppia di Steven Ross, a questo punto, sembra quasi da intendersi come una storia di AnnoZero, ma su questo resta il dubbio. L'evento portante è, naturalmente, la genesi di Tempo Zero, "l'universo Matrix" dei #300 e #359, cui viene innestato quella cosa di Generazioni che si diceva sarebbe entrata in continuity, ovvero la tripartizione di Nathan, con tanto di cloni M S e V. Ma c'è spazio pure per una bella cronologia mysteriana del passato della Terra, che ripesca addirittura creazioni del mensile di Legs e salva in calcio d'angolo i Venerabili. Questi ultimi due albi, così densi di nozioni e divagazioni, non hanno il respiro narrativo che avrebbero meritato; non ci si commuove come accaduto col #357. E, soprattutto, l'intera miniserie non si presenta affatto come la storia neveriana definitiva; hai voglia a mettere tasselli, c'è una marea di ellissi, dai cambi di volto del Reiser/Darver di AnnoZero al desiderio di dimissioni dello stesso Darver che non trova conferma nella stracitata doppia di Steven Ross, dal ruolo del Nathan "degli Almanacchi" ai vari miscugli di guerre future (quelle tecnobiologiche sono ancora menzionate, ma ne viene inserita una nuova al posto di quelle viettiane), oltre a tutta la questione della rottura del patto, che non può certo esaurirsi così. E il rapimento iniziale di Nathan da parte dei Grigi? Sembra evidente che questo sia solo l'inizio, altro che fine. Ma è davvero arduo immaginare che questo filone possa andare avanti a lungo. La certezza è che, da tutto questo, il personaggio Darver ne esce ampiamente rivalutato, forse pure troppo, e francamente ritengo che anche Mister Alfa sia tornato ad essere un villain con qualcosa da dire, anziché il deus ex machinae buttato a caso di una volta. Non solo: ritengo che questo fosse l'Alfa originariamente concepito ai tempi della saga omonima. Tant'è che la data del 2101 SND non può essere casuale (io, però, l'avrei evitata, perché incasina davvero le cose). Insomma, di tutto l'arazzo vignesco questa è la storia più lunga e articolata, ma anche la più frastagliata e disomogenea. Forse quattro albi sono troppi? Forse ce ne sarebbero voluti almeno altri due? Forse, in un altro piano di realtà, è andata così, e ai lettori è piaciuto, e Vigna ha avuto la certezza di poter proseguire tranquillo. Su questo, invece, tenere la barra dritta sarà dura. Come diceva quel tizio, ogni fumetto di un tempo consente che emergano solo quei lettori i cui contenuti qualitativi corrispondono alla rispettiva qualità di quel tempo.

Nota dello scrivente: ovviamente la data è un refuso. Umpf.


NN #361: L'ultimo volo (Medda/Denna)

Trent'anni di neveri! Per festeggiare, ecco l'albetto con le migliori 80 copertine risultate dal sondaggio del sito SBE, e il logo ad hoc. In allegato, un riempitivo-remake (del #39), ma fatto bene. Dove persino l'idea dei tizi volanti, che tanto appariva ingenuotta nel #265, qui sembra azzeccata. Siamo sicuri che questo non abbia più voglia di sceneggiare? Ottima arte, con risvolti casiniani sorprendenti.


NN #361BIS: Oltre l'immaginazione; Per un futuro migliore (Vigna/Bonazzi; Vigna/Fiorelli)

Albo "flip book" di 112 pagine, formalmente è un Gigante (vabbè). La prima storia è l'episodio portante, con una tavola in più del solito. Variante metanarrativa della retcon quantistica, che mischia l'universo della miniserie Anno Zero con quello classico, aggiungendone un terzo in cui "Nathan Never" è un certo Alan Smithee (sic), coautore del fumetto assieme ai sardi. Ma non si capisce bene chi sia quel Nathan perseguitato con l'elettroshock e che si risveglia in una retcon del #21. Divertente, comunque, per come Vigna se ne sbatta allegramente delle regole narrative, per spiegarci per filo e per segno i precetti e gli assiomi di questa sua operazione di multi continuity. La seconda storia è una breve didattica realizzata con il Ministero dell'Ambiente del Governo Conte 2, ma pubblicata sotto il Ministero della Transizione Ecologica del Governo Draghi. Disegnata in modo molto estremo, con un Darver irriconoscibile, tira in ballo i soliti Pretoriani destrorsi, collocandosi nel periodo, ormai già superato, post Guerra dei Mondi, in cui Marte fingeva di essere una democrazia parlamentare. Si fa ricordare più che altro per l'idea, davvero fantascientifica, per la quale nel 2050 gli obiettivi dell'Accordo di Parigi saranno stati raggiunti. Nella prefazione, il Ministro Cingolani ritiene che la Transizione Ecologica dovrà essere il più rapida possibile, il mese dopo parlerà di gradualità e autorizzerà trivellazioni e affini.


NN #362/363: La Casa della Gioia/Resurrezione (Marzorati/Catacchio)

Giacenza di due vecchie glorie (lo sceneggiatore fece una sola storia, ma di quelle apprezzate). Buona fantascienza social-distopico--horror-intimista, con una regia ariosa e un'atmosfera e delle tematiche decisamente bladerunneriane; o, più correttamente, neveriane. Però è anche una lettura molto pesante, o pedante, molto verbosa, decisamente troppo chiacchierata. Forse un albo bastava? Copertine suggestive.


Nathan Never Magazine 2021:Destinazione Luna (Vigna/Giardo/ col. Giardo)

Ristampa la seconda storia dell'ASI, per la prima volta in edizione da edicola. Contiene anche un estratto da Il rapimento (Agenzia Alfa #39), uno da MM #96 e uno da Greystorm (#1?, in toni di seppia). 


NN #364: Il Fattore H (Medda/Raho)

Ancora un Medda da golden age, riempitivo in continuity, sagace pretesto per far invecchiare Nathan (e quindi l'age è silver, ma insomma). Arte adeguata. Sempre straniante vedere come Medda abbia recuperato l'ispirazione e la capacità di delineare i personaggi con due dide.


NN #365: Memorie di un assassino (Eccher/Jannì)

Giacenza di Terra-1, "seguito" del #283 e con la Legge Zero già aggirata, ma soprattutto strascico/tie-in della saga di Omega, con tutte le vanaglorie oggi anacronistiche di Sigmund. Il colpo di scena, se non lo indovina dal titolo, lo si capisce non più tardi di metà albo, ma tutto sommato è un fumetto che si fa leggere almeno una volta, grazie al mitico disegnatore. "Il prodotto spesso non equivale alla somma delle parti": e grazie, è prodotto.


NN #366: Mister Perfect (Medda/Masala-Pianta)

E niente, questo rinnovato Medda continua a stupire con le sue storie elementari ma sceneggiate con classe e maestria. Ti aggancia alla prima vignetta e ti molla all'ultima, senza che tu possa dire "ma". Naturalmente, un minimo di interesse per Nathan e la scifi sociale tu devi avercela. Qui il caso ha a che fare di nuovo con un robot, come il #365, e anche se di quell'albo non ce ne fotte nulla, ci fa enormemente piacere vedere i personaggi ricordarselo e ragionarci sopra. Ovviamente, qui l'indagine è meno fantasy e più procedural-terra-terra, e il colpevole è l'inverso, d'altronde è un albo con sottili intenti social: certo, focalizzandosi sul femminicidio e il sessismo, si scorda il resto (sono tutti bianchi etero), ma è un resto di cui facciamo volentieri a meno. Masala disegna le prime pagine, poi un impegno lo distrae; Pianta si sobbarca tutto il lavoro: e meno male, è una grande artista. Che bello il rimando a Diego Hernandez, usato in modo fluido ed utile.


NN #367: Olympus (Medda/Bergamo)

Ancora un Medda ispirato, ma stavolta il soggetto non mi ha convinto del tutto: le divinità greche nascoste nella Città Est, buttate lì così, lasciano il tempo che trovano. Molte le ispirazioni, in un frullato di remake: Cybermaster, la psicometabiosi e, naturalmente, Skotos. Vigna dice che tutte queste storie sono fumetti, nel senso che sono il fumetto di NN pubblicato nel mondo di NN. Beh, per questo albo ci può anche stare. Arte nervosa.


Nathan Never Special #32: Ricatto alla Città (Medda/Corbetta)

Giacenza riadattata male: è ambientata "due anni prima" rispetto "agli ultimi albi", ma gli ultimi albi sono "novellizzazioni" (Vigna docet), e la vicenda è il seguito dei #343/344, che tanto novellizzazioni non possono essere; insomma non ci si capisce un ozzac. Ma non è importante: è un Medda che, nella prima metà, ci annoia un pochetto, e ci fa sospettare d'essere proprio una giacenza; poi si riprende un po', e l'omaggio (a quanto pare, necessario, vedi Julia) al centoquarantennale di Pinocchio emerge in tutta la sua omaggiosità, per una trama vecchio stile, nel senso dei primi numeri degli anni 1990, logica e fanciullesca, cioè cinica. Arte funzionale. 32 pagine in meno: e pazienza. 


Nathan Never/MITE: Uniti per il pianeta (Vigna/Bonazzi,Foderà,Grimaldi/ col. D.Cerchi)

Volume cartonato uscito solo nelle migliori librerie (migliori nel senso del governo correlato, Cingolani sponsorizza). Cross-over basato sui presupposti di NN #300 e #359, in cui Nathan viaggia tra gli universi bonelliani e incontra Mister No e Martin Mystère. Il primo, in realtà, lo aveva già intravisto di sfuggita, mentre il secondo, nei succitati albi, non era in casa. Stavolta ci sono tutti. Fumetto un po' troppo didascalico, anche la minaccia dei Pretoriani appare un po' esagerata (liberare la CO2 stoccata nel sottosuolo è sufficiente a sconquassare il clima su tutto il mondo? A meno che non abbiamo capito male e le alterazioni atmosferiche colpiscono solo la Costa Est. Ma poi si dice che vogliono distruggere il Pianeta, e d'altronde il titolo è indicativo). Alcuni errori ci fanno inarcare tutte le sopracciglia (quante ne abbiamo?). Tanto per cominciare, Nathan spiffera a tutti questo suo segreto tecnobubboloso, e addirittura, alla fine, Legs sentenzia che le "fa sempre un certo effetto" vedere le persone fare i salti quantici; ma quando mai le ha viste? Qui, fino a dieci pagine dalla fine, non sa nemmeno chi siano tutti questi anziani brizzolati o tinti di cui si circonda il suo collega. La stessa Legs ci regala poi la battuta più divertente dell'episodio, quando chiama "vecchia lattina" il sciùr Mystère, scambiandolo per il robot... e lo stesso Nathan, schiaffeggiandosi enfaticamente la fronte, d'improvviso si ricorda dell'esistenza di quel suo amico, il ché contraddice platealmente l'universo vignesco, in cui il Martin robotico non esiste, oltre che gli episodi precedenti di questo stesso filone "quantum leap", dato che, come detto, Nathan e Brohme avevano vanamente suonato il campanello a Washington Mews (evento che viene pure ricordato!) senza che all'Agente Alfa il cognome "Mystère" dicesse alcun ché. Boh. Lo stesso Mystère, inoltre, non associa il Mister No dinanzi a lui a quell'anzianotto che ha incontrato in un paio di circostanze, gli pare solo una somiglianza. Infine, non ci risulta che nel 1986 Washington Mews fosse già sbarrata dal cancello. E questo è quanto può interessare un consumista come il lettore (speciale e non), giacché il tema ecologico non è poi così approfondito. Prendiamo per buona la notizia degli stoccaggi di anidride carbonica, ma di più non possiamo fare. Mica possiamo imbrattare i monumenti. La foliazione di 64 tavole costringe l'autore a stringere quanto più possibile; ciò nonostante, ciascun personaggio ha il suo momento di gloria: non solo i tre protagonisti, ma anche Brohme e Greta Suzuki (sic!). La premessa, posta nei citati albi di NN, per la quale la base di Brohme si trova nell'Amazzonia degli anni 1950 ('52, scopriamo qui), a posteriori pare studiata a tavolino per dare il via a una storia del genere; l'interazione con Mister No è gradevole nelle sue brevità e semplicità, nei testi come nei disegni (di Foderà). C'è tutto quanto il repertorio: l'alcol, le notti, gli indios, il Piper. Grimaldi disegna la sequenza nella New York del 1986: di puramente mysteriano non c'è nulla, Martin vi compare più in quanto divulgatore tuttologo (e vecchio amico di cui ci eravamo dimenticati, vedi sopra). Serve solo a raccontare il trivia del vulcano Tambora, che ha causato diversi eventi storici. Compare quasi più Aaron nell'epilogo che Java. Bonazzi, ovviamente, illustra le sequenze futuristiche: nell'ultima, in cui agiscono anche i due ospiti del team-up, ha difficoltà nel disegnare i volti di Jerry e Martin. Drake e Mystère rubano la scena proprio nel futuro, mettendosi avventatamente nei guai con i mutati marziani nella fazenda. Curiosamente, i raggi del Murchchdana e dell'arma generica di Never hanno la stessa foggia. Comunque, la presenza risolutiva del triumvirato si limita al rubare il barile di CO2. Nell'epilogo ritroviamo pure il Darver insensatamente canuto e persino il Presidente (di quale che sia ora l'Ente governativo nel Nuovo Ordine Vignano), e veniamo gentilmente invitati a fare di più per preservare il Pianeta, o almeno l'Amazzonia, o almeno quel che ci capita a tiro. Copertina di Sergio Giardo.


NN #368/369/370: L'eredità di Skotos/Commando omicida/Indagine su un fantasma (Vigna/Toffanetti,Bertolini,Bastianoni D.)

Dopo diverso tempo, torna l'impostazione ad albo frazionato, diviso in due racconti autonomi, ma stavolta pure a puntate. La vicenda principale è quella aspettavamo dal 2003, precisamente da NN #149, qui ampiamente ripreso. In quell'episodio di Vietti e Cascioli, Nathan uccideva la sua prima nemesi, Aristotele Skotos, mentre la di lui moglie, Sada, e il di lui figlio, Kal (con le fattezze di Jack O'Ryan), venivano arrestati, e mentre il primo Tecnodroide, Neos, fuggiva (assieme ad un altro di nome Phobo, ma ignoriamo questa cosa, per ora). Da quel momento, tutti questi personaggi sono letteralmente scomparsi nel nulla, e non se ne è saputo più niente. Dopo ventidue anni (così dice la dida, ma dopo l'errore del 2101/2121 di Missione Giove non vi facciamo molto affidamento), questa trama torna come nulla fosse. Così funziona il Vignaverse. E devo dire che mi piace. Finalmente vediamo Nathan recarsi nel carcere ed incontrare faccia a faccia Kal: non poteva farlo prima? Va detto che, anche in questa occasione, è necessario un casus belli per spronarlo (il ritrovamento dell'equivalente skotosiano del baule donrosiano di PdP, nella villa in cui la latitante Sada soggiornava ultimamente). Ma tant'è, accontentiamoci di questa sarabanda di continuity, in cui vengono agevolmente ricordati, con un piglio che confonderebbe gli autori di MM, anche i NN #30 e #47. In un lettore dozzinale, la domanda sorgerebbe spontanea: nel Vignaverse, questi eventi sono reali o illusori? Per fortuna, noi siamo di quelli per cui i Wachowski sono ancora maschi, e certe cose non ce le chiediamo. Nella seconda parte, il nuovo Shuttle di Jerry Lone, dotato di motori a curvatura (solo una chimera ai primordi della serie) ci conduce nella stazione orbitante privata di Skotos, ora "triestizzata" e resa franca da accordi specifici tra Terra, Stazioni Orbitanti e Marte: dovevamo aspettare vent'anni, per saperlo. L'indagine a bordo è un po' goffa, e gli unici eventi salienti sono una labile connessione tra Nathan e gli eventi del #337 (i meno interessanti del Vignaverse) e la probabile introduzione della sorella creduta morta di Aris. Oppure no, giacché la terza parte lascia intuire che Juana Franciosa (sic!), aka Sorella Rebirth, la nuova leader della Setta della Divina Provvidenza, possa essere persino July Frayn. Lo suggerisce l'affetto (?) con cui saluta May, rimasta forzatamente nel team mentre Branko è inchiodato a Tropical City dalle pratiche per la sede distaccata dell'Alfa. L'indagine di Nathan, che richiama addirittura Bisiach dell'Almanacco 1996, è una indagine vera, cioè proceduralesca e fatta di conversazioni e associazioni di idee, e si interrompe con naturalezza, come una indagine vera. Non mi è dispiaciuta. Tra i tre artisti, leggera preferenza per il terzo, che siamo sempre contenti di rivedere.

Skotos - Le origini del Male (Vigna/Bonazzi,Bertolini,Giardo)

Come qualcuno forse ricorderà, all'inizio della serie Skotos non era altri che un mafioso; solo più tardi, una decina d'anni dopo, è evoluto/involuto in un pazzoide nazista, deciso a sterminare tutti (un po' come un certo guerrafondaio russo). Vigna ha deciso di spiegare questo passaggio, sebbene per molti la cosa oggi rappresenti un tradimento. Per noi ovviamente no, è una scelta non necessaria, ma con una sua logica. Naturalmente, il piglio è sempre quello del complottismo alla buona, con evidenti rimandi a Manson (la moda del momento), e un percorso già scritto. Il piccolo Skotos, reso autistico dalla strage della famiglia nella villa di campagna, viene preso in simpatia da una dottoressa... cosa ci ricorda, tutto questo? Naturalmente il piccolo Aris è ancora fondamentalmente un buono. Questo finché non scopre che il suo collegio nasconde un traffico di organi, in cui cade vittima il suo amichetto. Da qui al primo omicidio il passo è breve, tre puntate che sembrano una. Tutto sommato, "l'infanzia di Slamor", di per sé, non racconta chissà che cosa, ma è solo un tassello di un romanzo criminale più ampio (almeno altre due trilogie). Come 'chi è Slamor'? Beh, Skotos è il nome della sua prima azienda...


NN #371: Rigenerazione (Vigna/Fara-Regazzoni)

Episodio annunciato cinque anni fa, e sempre rimandato. Remake delle vecchie storie "futuriste" degli Almanacchi, in una versione più strettamente sci-fi. Ma nella nuova continuty vignana quelle storie ora sono integrate, quindi le visioni allucinate (nell'omaggio alla famosa sequenza del #13) di questo nuovo Nathan del futuro remoto si rifanno alle trame dei #356/357, di cui viene mostrato il prosieguo della visione dell'incontro tra Mister Alfa e il Nathan con figli: Nathaniel muore e Ann resta su Gadalas-pianeta, mentre Nathan parte verso l'ignoto, finendo poi ibernato e risvegliato 600 anni dopo. Teoricamente, questo è il futuro più futuro visto sulla serie, ed è una specie di retcon di quello di Generazione Futuro (che era 300 anni prima, cioè dopo), essendo anche iconograficamente vicino ai soliti modelli trekkiani e bormidani. Il Nathan (teoricamente) anzianissimo si comporta un po' da povero vecchio, solo e indifeso in un mondo a lui non congeniale: chi vuole rappresentare, il lettore o l'autore? Emblematico il suo destino di narratore di storie (solo vecchi classici) alle nuove generazioni ignoranti. E Mister Alfa? A quanto pare, Nathan lo ammazzerà con un colpo in testa, come il vecchio Skotos. La parte migliore è senza dubbio il fatto che Nathan ricordi la vecchia continuity, il ché sembra porlo come il Nathan dei #300 e affini. Fara ha impiegato cinque anni per disegnare un fumetto tutto sommato semplice, e non lo ha nemmeno concluso: lo ha finito Regazzoni, sennò non usciva manco stavolta. Ma va detto che il risultato, somigliante a Bertolini, è più che buono.


NN #372: La rabbia del metallo (Vigna/Jannì-Paesani)

Giacenza riadattata e a sua volta riarchiviata. Il giallo del mese risale, verosimilmente, ai tempi del filone robotiano e di Mac. Il colpevole è palesemente un robot, ma qui si sceglie di parlare posticciamente di cloni con endoscheletri. La storia è banalotta, ma Vigna riesce a spacciarla per un esempio del modus operandi del nuovo Nathan Direttore Alfa in incognito, col nostro che ha sempre il polso della situazione, agisce, ordina, si assume rischi, dà lezioni di giurisprudenza e diplomazia a tutti. Al simpatico stile di Jannì sono mescolate tavole più recenti (di Paesani), in cui Legs si perplime ed Elania cerca di non farsi mettere da parte, ma alla fine ottiene proprio il contrario: Nathan le impone di mettersi in aspettativa. Anche così, l'albo è una giacenza, giacché sarebbe stato meglio pubblicarlo non molto dopo i #354/355, non quasi due anni dopo. Ricordi dello Speciale #1: Nathan invita a cena Olivia Olling dopo trent'anni.


NN #373BIS: La versione di Herschfeld (Rigamonti/Arduini,Resinanti,Vicari,Vitrano)

Giacenza di tempo ignoto, basti dire che Nathan ha il giubbetto delle "stagioni" 3/5 (oppure è un errore; lo psicologo esordì nella "stagione" 6). Ancora un episodio psicanalitico, remake del #41, con la reinterpretazione rashomonica di eventi già raccontati. Legs, Sigmund e Nathan millantano il triplice fallimento della loro missione: lo psicologo suppone sia una triplice balla; i tre avrebbero aiutato i "terroristi", in realtà semplici ribelli della multinazionale malvagia del "Territorio". Un episodio tutto sommato in linea con le vecchie gestioni della testata, ma assolutamente non con quella in corso: come potrebbe il Nathan autoproclamatosi capo per esautorare Elania agire in questo modo? Un albo, dunque, di cui si poteva fare a meno. Così ha pensato Jacomelli, che ha rifiutato di parteciparvi (lo ha sostituito Vitrano). 


NN #373/374/375: L'ombra della Yakuza/Il ritorno di Kal Skotos/La rinascita (Vigna/D.Bastianoni,Toffanetti,Giardo)

Dopo due mesi, riparte la doppia saga di Skotos, presente e passata. Nella prima, sorprendendoci un attimo, Sada torna in pista: il marito, prima di crepare, le impiantò le coordinate del suo bunker segreto, contenente i dossier con cui ricattava mezzo mondo. La Yakuza vuole il suo: per riaverlo, fa evadere Kal Skotos con un commando terrorista. La domanda è: negli ultimi vent'anni hanno avuto altro da fare? Kal, ovviamente, è sclerato e vendicativo come il babbo. Intanto, Branko e May si uniscono ufficialmente al cast di Tropical City (Carella, la mutata, la procuratriche che dice "amigo") nella nuova sede distaccata dell'Alfa, mentre Elania ci fa sapere che Matthew sta per andare al college (di già?): ma non facciamo in tempo a vederlo, che lo rapiscono. Sia May che Legs sono dubbiose: la prima è turbata da Sorella Rebirth, la profethissa (?) della Setta della Divina Provvidenza, ovvero nientemeno che la sorella (appunto) July, che non vedevamo dal #149; la seconda è perplessa sull'iperattivismo di Nathan e sulle assenze di Elania. Ne hanno ben donde: il decisionismo di Nathan si scontra segretamente con i magheggi di Elania, ricattata dai Pretoriani. Ma c'è anche altro sullo sfondo, tipo Darver quasi rimpiazzato da Janine o il declassamento del rating dell'Alfa (prima volta dal 2091), che prevede ridimensionamenti economici e di personale (e allora perché aprire il distaccamento a Tropical City? è un'altra sottotrama). Ha un ché di serriano ritrovarci ancora con il focus su Nathan e May. Arte godibile in tutte e tre le declinazioni.

Skotos - Oscura Rinascita (Vigna/Bonazzi,Toffanetti)

Aris Slamor è ormai adolescente ed eccelle in ogni cosa, soprattutto in arte e matematica. Per il momento, la cosa più interessante è la relazione morbosa e semi-incestuosa con la tutrice, tuttavia poco approfondita, dato che la tapina prima finisce nel polmone d'acciaio e poi viene eliminata dallo stesso amante. Lo stesso Slamor ne subisce di ogni, dal bagno nell'acido alla messa in stato d'accusa alla latitanza; non colpisce particolarmente il momento-clou, la conversione definitiva al Male e la scelta del cognom de plume con cui diverrà celebre; se non, forse, per il fatto che la sua prima vittima (il vecchio che lo salva) sembra essere lo Skotos originale (quello a cui ha ciulato il nome), un imprenditore dato per scomparso in circostanze poco chiare. Oppure no. Vabbè. Arte (squilibrata, la prima parte ad uno, le seconda e terza all'altro) riuscitamente torbida, ma la storia calca un po' troppo la mano su burocrazie e cavilli legali, tant'è che alla fine si finisce un po' storditi dalla rivelazione della nuova identità del Reverendo Hammond, Hans Calhoon (nel senso che dovrebbe lasciarci esterrefatti, ma non capiamo perché). Questo secondo ciclo si conclude riunendosi concettualmente alle indagini nel tempo presente: il trait d'union è la famiglia di Sada, gli Anakris, cui Aristotele fece/farà da precettore alla figlia (e si bombò/bomberà lei e la madre). La tenuta di costoro, oggi, appartiene alla ditta del #372: cosa significa?


NN #376: Un luogo felice (Garagiola/Palomba)

Giacenza dei defunti AA, nel tipico stile di quello spin-off pensato per un pubblico giovanile, che però è sempre stato interessato ad altre cose. Quindi ecco la chiave psicofantasy per spiegare la misofobia e il senso di colpa, con i mostri dell'Id tentacolari, il virus letale, la morta in sogno d'amore, eccetera. Nathan, ovviamente, è contagiato in prima persona e nei suoi ricordi c'è la morte di Andy del #199, mentre Branko è "richiamato da Tropical City". Vabbè. L'artista lascia la serie con una prova leggermente inferiore ai suoi standard: qualche imprecisione, qua e là. Lo sceneggiatore, invece, tornerà? Non avrebbe senso che lo facesse.


NN #377: Il mistero di Elania Elmore (Vigna/Bonazzi)

L'albo della svolta. Siamo a metà "stagione"? Giungono al pettine diversi nodi del Nuovo Ordine Vignano, dai #313/315 ai #354/355 e #356/357, principalmente, ma si tirano in ballo anche le trilogie skotosiane. Forbes convoca Darver e gli comunica il trasferimento nella fascia asteroidale. La nuova Presidente del Consiglio di Sicurezza, Kaide Kyomi, in accordo col NWO, promuove Janine Spengler a Primo Consigliere della Presidente. Che carriera, la timida Janine! Beh, mica tanto: scopriamo che è sempre stata un'infiltrata del NWO fin dagli inizi della serie! Una rivelazione un po' tonitruante, diciamo poco credibile se consideriamo gli albi effettivamente pubblicati, ma Vigna ci ha spiegato più volte che non dobbiamo considerarli, quante volte ce lo deve ripetere? che, siamo storditi? Eppure, se li consideriamo, il Maxi #11 assume un nuovo significato, mentre finora era apparso come una stramberia. In parallelo a questo, giunge a compimento la telenovela di Elania, un po' troppo bruscamente: solamente nel #375 questa appariva ricattata dai Pretoriani, che avevano rapito Matthew (che infatti nessuno riesce a rintracciare), ma da questo allo sclero azzardato di questo numero ce ne passa. Ma ormai era un personaggio ingombrante, Elania, buona soltanto per giustificare le giacenze. Questo significa che, ora che ce la siamo tolta di mezzo, le giacenze sono da considerarsi esaurite? Speriamo. Eh sì, Elania prova ad eliminare Nathan, ma Janine la fa secca. Ed abbiamo, così, almeno nelle intenzioni di Vigna, il nuovo "starting point", che va a rimpiazzare Laura e Ann nel senso di colpa sprone dell'eroe: Nathan e Janine, forti anche delle nuove posizioni di potere raggiunte, si coprono a vicenda e addirittura nascondono il cadavere di Elania nella tomba di Laura (che si trova nella collocazione vignana, non in quella classica serriana). In realtà, è più Janine a coprire Nathan, dato che poi spiffera tutto ai suoi capi, mentre Nathan sembra fidarsi di lei come si era fidato - fino all'ultimo istante - di Elania. A dispetto di ciò, è comunque un Nathan "carico", come già intravisto in recenti storie, molto asciutto, pragmatico e risoluto nelle sue decisioni, ma al contempo comprensivo e non autoritario con i colleghi. Al punto da pretendere da Forbes e soci, come contropartita per l'accettazione dell'incarico di nuovo Direttore dell'Agenzia Alfa, la nomina di Legs e Sigmund come Condirettori, in un Triumvirato esecutivo a tutti gli effetti. Una mossa interessante, anche se ci chiediamo se le ambiguità passate del polacco siano da tenere conto oppure no. E quindi è finita la serie? No, perché naturalmente Nathan tiene i segreti tutti per sé, e le indagini su Elania e Matthew sono aperte. E poi perché, mentre accade tutto questo, l'Alfa - con un Mendoza in primo piano - trova il tempo di sfruttare i dossier di Skotos recuperati nelle trilogie per creare un'arma capace di bloccare i Tecnodroidi, e poi di trovare quello che pare essere il rifugio di Neos, che non vediamo dal #149. Tant'è, guarda un po', proprio in quel momento appare un Tecnodroide da un varco tipo "Stargate" o "Babilonia di Vietti": solo un teaser tematico per il team up con la JSA USA? Bepi Vigna lo SA. E chi si nascondeva nel rifugio? Il nuovo corso ha inizio.


Nathan Never/Justice League: Doppio Universo (Medda+Vigna-Barone/Giardo/ col. C.Cerchi,V.Chiabotti,M.De Biase)

Team-up con gli eroi DC: Andreotti, Cossiga, De Mita, Pomicino. Non lo abbiamo.


NN #378: Il Pianeta delle Nebbie (Vigna/Bertolini)

Episodio trekker che introduce, finalmente in modo esplicito e definitivo, i motori a curvatura e il nuovo status quo interplanetario, nel quale Terra e Marte si contendono la colonizzazione di nuovi pianeti. La Terra è in vantaggio, o almeno così sembra fino al twist che conclude l'albo. Come annunciato nel #377, Darver è ora al comando della Base dei Fanti Spaziali, che però è ora adibita alla progettazione dei motori, mentre i cadetti saranno trasferiti (è un pezzo di passato che se ne va). Nathan è scelto proprio da Darver in virtù del #131, che dunque scopriamo essere canonico (come prevedibile, visti gli autori). Tutto sommato, è un fumetto banale, con le solite cose tipo le allucinazioni dei vecchi nemici (c'è pure Than) e il virus, che rimane lettera aperta; a renderlo interessante è l'approccio trekkiano, con un insistere pedante su tecnicismi e razionalismi e compartimentismi e repressione di sentimentalismi: sembra proprio un episodio di Star Trek vecchia maniera. Un approccio che ancora fatichiamo a subìre e metabolizzare, ma l'autore la buona volontà ce la mette, perché noi dovremmo essere da meno? Non è che a noi i "mitici primi cento numeri" entusiasmino proprio tutti, e questo potrebbe essere benissimo uno di quelli che ci entusiasmano meno, ma comunque degno di appartenere a quella golden age.


Nathan Never/ASI: Missione Asteroidi (Vigna/Giardo/ col. R.Denti)

Terzo volume per l'Agenzia Spaziale Italiana, dedicato alla Missione LICIACube. Non l'abbiamo.


NN #379: Presenze (Vigna/Bertolini)

Conclusa la missione del #378, Nathan è ancora nella Base dei Fanti Spaziali, e Darver ne approfitta per appioppargli un'altra grana. Stavolta la declinazione della fantascienza stellare è quella classica dell'esistenzialismo mistico: dopo il virus, a generare le visioni ai protagonisti, stavolta, non può che essere una creatura aliena; aliena nel senso letterale, cioè "diversa", inintellegibile, e infatti assomiglia ad un cervello. Le allucinazioni di Nathan sono, naturalmente, Laura e Ann, con l'aggiunta dei genitori e persino del cane dei tempi dell'infanzia. E il senso di colpa di Elania? Dai, non paragoniamo le relazioni, per favore. Gli autori sono gli stessi del numero precedente, ma stavolta il soggetto è ancora più visto e stravisto. Però la lettura non è noiosa, anzi: com'è possibile? Questo è Vigna: o ha idee interessanti, ma non sa come esporle, o non ha idee, ma le espone con efficacia. Il fatto che i "doppioni" dei cari di Nathan restino "in vita" sull'astronave è da tenere in considerazione? L'albo ha goduto di una copertina variant realizzata da un'IA. 


Nathan Never Special #33: Le Stagioni del Dolore (Rigamonti/M.Rossi,Boccanfuso,Vicari,Zoni)

Fumetto "speciale" in quanto costituito da quattro storie brevi, una per stagione. Primavera, disegnata col simpatico stile retrò di Rossi, è la migliore, nonostante le sue forzature: davvero Nathan ha provato una flebile soddisfazione nel ferire lo psicopatico e condannarlo a morte? Mah; secondo noi, no; ma almeno è un tema su cui si può dibattere. Estate è la solita minestra coi figli di papà torturatori di poveracci, e i barboni dei bassifondi con una dignità; e ci sono pure Branko e May "in trasferta", sigh; arte accettabile. In Autunno, l'artista prova a sorprenderci con una discreta imitazione di De Angelis (ma cede prima della fine), per una storiella dignitosa, in cui la boutade di Legs sul cane robotico si rivela la triste realtà dei fatti; e poi piove, quindi va bene. Inverno, infine, propone il solito hacker vendicativo che baipassa i fairuoll e prende il controllo dei robot; per sua fortuna, è anche l'episodio che chiude la cornice narrativa del clochard Artie - che Nathan aveva, ligio al dovere, sfrattato in Estate - e che ora muore di freddo: per nostra sfortuna, è l'occasione per riproporci il Nathan depressone che teoricamente avremmo archiviato da qualche anno. 


NN #380: In un mondo perfetto (Medda/De Angelis,Denna)

Ritorna il Medda più ispirato, in un riempitivo/remake (del #100) che sembra avere qualcosa in più di altri. Innanzitutto, i retroscena: le tavole da 11 a 20 sono di De Angelis, e risalgono addirittura al 2008, e dovevano introdurre alla prima versione della saga Intrigo Internazionale. Medda ha raccontato tutta la storia sul blog: di come l'artista sia poi stato cooptato da altri lavori (Caravan e Tex, che non lo molla più), di come la saga sia poi stata riconcepita daccapo e pubblicata nella versione che abbiamo letto, di come il soggetto originario dell'albo sia andato perduto e dimenticato dall'autore. E poi abbiamo il finale. Che il Nathan detective privato fosse un Nathan alternativo era ovvio, così come, ad un certo punto, l'idea che lo scrittore-scienziato Brown non fosse un ciarlatano non appariva così peregrina. Rimaneva un dubbio: l'intero albo sarebbe stato un divertissement o avremmo avuto un collegamento con il Nathan "ufficiale"? Le ultime 3-4 pagine, così d'impatto e salaci, lasciano a noi la decisione. Per quanto ci riguarda, è evidente che Vigna non approverà mai questa trovata, per cui noi andiamo dritti sulla "novellizzazione". Però, insomma, non sarebbe una svolta malvagia. (E uno spin-off? Beh, non corriamo troppo, adesso). Testi fluidi e capaci, solidi e plastici; arti idem; cover pure.


NN #381: Storia di Aurore (Ostini/Corbetta)

Arte che spazia dall'essenzialismo asettico e funzionale al virtuosismo psichedelico, per un episodio della vecchia continuità (che nella nuova è un fumetto), con tanto di Branko e Betty (e una Tecnopate, con reinvio ad albi vecchi), ma con un Nathan Direttore che si fa scappare la ragazzina affidata in tutela. Mah. Storia ruffiana e moralesiana, colma di citazioni poetiche e teatrali che accompagnano il dramma della progerica nell'ovviamente lirico finale. Ma insomma, la "mamma" di Nathan. E tutto il cast che si presta al teatrino (tipo Olivia con Legs). Boh. Magari, anni fa, lo avremmo tollerato. Naturalmente, la poverina, una volta adulta, è lesbica. Apprezzabile la collocazione indonesiana (o indocinese?) degli hacker, effettivamente il web brulica di siti strani in tamil e affini.


NN #382: La Vendicatrice (Medda/Bergamo)

Giacenza rimaneggiata, con riattata cornicetta in cui Branko è "di passaggio" nella Città Est, mentre l'episodio portante è ambientato "4 anni prima" (c'è Elania). Per fortuna, è comunque una storia di Medda, e dunque di godibile lettura, ma qualcosa nel soggetto non convince: perché la tizia, ex vittima di soprusi ora guerriera sociale, rapisce le altre vittime, che vorrebbe vendicare? Magari basterebbe rileggere l'albo con attenzione per chiarirsi le idee, ma, onestamente, non se ne ha tutta questa voglia. Un altro finale ambiguo: Nathan ha lasciato andare la giustiziera deliberatamente o ha solo fatto lo gnorri? In entrambi i casi, la cosa non è proprio coerente con il background dato al personaggio negli ultimi anni. Arte estroversa e capace, adatta ai contenuti rappresentati.


NN #383: Ai confini della Galassia (Vigna/Bertolini)

Episodio del nuovo filone stellare-trekkiano, in cui Nathan esplora pianeti sconosciuti un po' con l'azione, un po' col pragmatismo, un po' con la filosofia. Il fatto che si utilizzino i motori a curvatura, e che i viaggi spaziali siano dunque diventati veloci, fa digerire meglio questa onnipresenza ubiqua del Direttore dell'Agenzia Alfa, che ormai praticamente ghe pensa tüto lü. Oppure possiamo interpretare queste storie un pelo più space opera come i fumetti della serie cospirazionista? Mmmmno, Vigna sembra prendere questi albi molto sul serio. Lo scopriamo, in particolare, proprio nelle due semiposticce tavole conclusive, in cui, improvvisamente, si scopre che nel sottosuolo del pianeta giacciono imponenti edifici ancestrali, tanto che Darver ci lascia con il teaser della saga del "Pianeta dei Giganti" *blink* *blink*. Ed è questo a salvare l'albo, che per il resto si era rivelato un soporifero remake delle vecchie storie coi Centozampe marziani (qui vermoni del pianeta Clavius) (sì, ci sono anche i dinosauri, ma non sono rilevanti). Arte di buon livello, copertina tristemente coattata dalla redazione per i suoi capricci editoriali.


NN #384/385/386: Il Cuore di Sada/Cicatrici dell'Anima/La Vendetta di Skotos (Vigna/Bertolini)

E si conclude (finalmente?) l'esperimento della doppia trilogia concatenata con avvitamento. Negli episodi al tempo corrente, accade una marea di roba. Come corollario del ritorno di July Frayn, c'è un assurdo riesumarsi della telenovela Branko/May, che arrivano addirittura a separarsi di fronte all'avvocato Olling: ora solo lui resta a Tropical City; a che servirà? C'è Nathan che sembra quasi già soffrire il suo nuovo ruolo e che sembra lasciarsi ossessionare volontariamente dall'affare Skotos per non dover pensare alla questione Elania. Nella "quinta stagione" avemmo un tentativo di Dark Nathan, che però scivolò presto nella depressione clinica; magari stavolta le cose andranno diversamente? Ci sono ovviamente Legs e Sigmund che ne hanno le tasche piene di queste trame vecchie, e che nascondono all'amico le rivelazioni del #337. Rivelazioni la cui utilità è ancora sfuggente, ma quelle proposte qui potrebbero servire a chiarirle, prima o poi. Già, perché seguendo anche i fuggiaschi Kal e Sada scopriamo che è ancora fra noi un clone di Skotos, ibernato nelle segrete della base nel vulcano spento. Ma, un momento! E se il clone fosse stato quello ammazzato nel #149? Nessuno si pone questa domanda, il ché potrebbe voler dire qualcosa, ma aiuterebbe a spiegare l'improvviso sclero del personaggio, lacuna che nemmeno la miniserie apposita riesce a colmare. C'è naturalmente spazio anche per il proceduralume con Bisiach, che sembra giungere a conclusione (almeno questo), ma quel che sembra premere a Vigna è aggiungere altri punti fissi al suo puzzle mentale: ad esempio, veniamo a sapere che Nathan possiede entrambi gli appartamenti (quello storico, ricostruito paro paro, e quello della silver age), un ulteriore tentativo di scusarsi per un paio di errori di svariati albi fa. Viene anche ufficializzato il nuovo status dell'ex base spaziale di Skotos, ora porto franco a giurisdizione collegiale ed internazionale. E noi apprezziamo anche il candore con cui l'autore infila in bocca ai protagonisti dialoghi di pura e semplice burocrazia finanziaria. Ah sì, oltre che a Tropical City, ora c'è la nuova sede della Città Ovest (a capo c'è Olsen). La storyline principale della storia, tuttavia, sembra essere quella legata alla procuratrice Angelina Terengo, improvvisamente divenuta importante: anche lei, stuprata da Skotos in gioventù, ha partorito un aborto di tecnodroide, morto fuori scena. Cosa dovrebbe suggerirci questa novità? Che potrebbero essercene altri? Per gli amanti dei tecnicismi, Vigna riprende una sequenza del #20, altro albo che dunque può dirsi parzialmente salvo.

Skotos - Il Potere e la Vendetta (Vigna/Toffanetti,Bastianoni D.)

La terza miniserie del passato di Aristotele Skotos ci porta, gradualmente, a ricongiungersi al tempo corrente. Gradualmente soprattutto nelle prime due puntate, quando il focus è puntato su Sada, in un turbine di sesso e politica: nella prima puntata la vediamo pure minorenne, tutta ignuda e arrapata pure quando fa ammazzare i genitori; non poco, per un albo Bonelli del 2023. La terza puntata ci ricorda che tutto questo progettone fu concepito come miniserie a sé stante, con albi di lunghezza standard: mentre qui Vigna deve improvvisamente tirare tutti i fili in neanche cinquanta paginette, e infatti la conclusione è una carrellata forse troppo veloce. Peraltro, già la seconda puntata aveva abbozzato un incrocio con gli esordi della serie dalle tempistiche un po' discutibili; d'altro canto, aggrapparsi ancora alle date, a questo punto, è davvero da autolesionisti. L'Almanacco del 1996 viene di nuovo riscritto, e si rivede ancora l'omicidio del #149: viste le rivelazioni della storia complementare, può considerarsi un indizio? Apprezzabile l'incrocio con il #385bis, forse più rilevante di quanto possa sembrare.


NN #385bis: La Cospirazione (Vigna/Bonazzi)

Episodio "regular" presentato come un di più. Di più: è un tie-in della trilogia finale di Skotos. Dalla trilogia dei #313/315, invece, si riprende, finalmente, il complotto dei nostri contemporanei sopravvissuti fino ai tempi in cui è ambientata la serie. Un tema non nuovo: lo avevamo già visto con Serra prima e con Vietti poi, ma che nel reboot di Vigna sembra destinato a diventare, finalmente, rilevante. Dove sono finiti cinque sui sei risvegliati dalla tricentenaria ibernazione? Cosa nascondono la Kriotech e l'Iber Corporation? Perché la Procuratrice Mason fa insabbiare il caso? Le risposte non sembrano particolarmente ardue da individuare, ma l'albo fa di tutto per non darne nemmeno una, anche facendo fare brutte figure a Nathan e consoci, e arrivando già a mettere in discussione il nuovo status quo del triumvirato, con le minacce di inchiesta da parte della Procura. Speriamo non si cambi di nuovo. Non subito, almeno. L'obiettivo è giungere all'ultima vignetta, in cui viene ufficialmente aperta una nuova sottotrama. La parentesi del bar con la puttana-octopus(sy) ci ricorda piacevolmente di stare leggendo un fumetto di fantascienza. Vigna, non pago, sfotte il lettore, dando a Nathan il look della sua versione del #380.


NN #387: Il Branco (Medda/Raho)

Riempitivo di pura azione, ispirato ad una buffa stampa seicentesca. Nulla di che, c'è pure un refuso storico, ma comunque si fa leggere. I cani robotici li avevamo già visti, ma non così. Beffarda satira della caccia. Arte non brillante, ma solida. Come i testi.


NN #388/389: L'Esule di Olympus/La Dea della Guerra (Medda/Pianta,Bertolini,Denna+De Biase)

Seguito del #367, è più che altro un ennesimo episodio del "Meddaverso", un mondo con una sua coerenza, ma in cui il protagonista di turno (Nathan,Dylan,Lukas) non è mai poi rilevante. Questa volta l'autore vuole inscenare il passaggio da una Repubblica destrorsa a una Dittatura, e sceglie di farlo nel Weimland, la Germania neveriana. Immigrazione gestita con regole ferree e strategia della tensione sono rappresentati con realismo certosino, lasciando ben poco alla sci-fi. Il finale, immancabilmente, non è del tutto amaro (il golpe viene bloccato), sennò tanto valeva spararci. La presenza degli Déi (che scopriamo provenire da un'altra dimensione), e in particolare di quella che farebbe le veci di Diana, vuole forse suggerire come il film di Wonder Woman avrebbe potuto essere più efficace. Arte di buon livello in entrambi gli albi; nel primo, per motivi ignoti, Bertolini disegna una sequenza di azione, non proprio il suo forte. La prima copertina è bruttina; la seconda fa parte dell'operazione-omaggio texiano.


NN #390: Orrore al New Path Lab (Rigamonti/Boccanfuso)

Bieco riempitivo nello stile dei peggiori riempitivi degli anni 1990. Sparatutto contro i mostri, lo scienziato pazzo che vuole sterminare l'umanità con l'antivirus mutato. Arte industriale. Sigh.


NN #391: ...La Terra Si Frantuma! (Parmitano-Serra/Giardo)

Versione da edicola del volume rilasciato un paio di mesi prima. "Da un'idea di Luca Parmitano", è un omaggio meta what if in continuità, con una simbiosi quasi ideale tra l'astronauta vip e lo sceneggiatore "in pensione". Serra all'ennesima potenza, ma senza quei velocismi e giovanilismi che avevano reso le sue ultime prove più futili del dovuto. Un autore che insiste nel rimanere lucido e maturo, nonostante sia del tutto un pesce fuor d'acqua in un mondo di cui non gradisce quasi nulla, e pertanto la figura di un Nathan sbalzato fuori dal suo tempo, che però è il nostro, gli appare quanto mai congeniale: di certo più di quanto siano stati Mac, Omega e Legs. La cosa più divertente, quasi entusiasmante, dell'albo è l'intreccio con i recenti eventi realmente accaduti: cioè tutte le varie missioni Esa/Nasa, ritardi compresi; dietro a tutto ciò, siamo spinti a fantasticare, si nascondono i "magici" eventi di questo fumetto. Appare adeguata pure la volontà di chiudere una volta per tutte la questione della Grande Catastrofe del 2024; "punto fermo" della continuità neveriana in realtà già risolto dal Generazioni di MM, e qui ripreso con una chiave più sensazionalistica; eppure, da un'ottica "meta", è stato davvero liberatorio dedicarvi un albo di questo tipo, con uno sponsor simile e mandato in edicola proprio nella data più opportuna. MM, peraltro, è comunque presente grazie all'Alcaister del 2° team-up, e alla teoria per cui il mondo neveriano è il parto dell'immaginazione dei defunti di Altrove: a sorpresa, Nathan ricorda benissimo questo dato e lo snocciola con nonchalance davanti al prestigioso ospite. L'effetto cortocircuito è impagabile. Non solo: la mente di Nathan è riversata in un robot, ma nel passato, in un omaggio contrario al primo team up. Puramente serriana, invece, la lunga sequenza in cui Nathan "esplora" questo schifo di mondo... rifugiandosi in libreria e facendoci l'elenco dei libri preferiti. La conclusione, inevitabilmente, sposta l'asticella dalla fantascienza al quasi fantasy, ma è anche tipica della produzione di Serra. Insomma, un episodio con lo spirito di Get a Life!, divertito e quindi simpatico, contorto nell'intreccio e molto semplice nell'esposizione, adeguatamente illustrato. Con una seconda puntata, in cui approfondire vari aspetti sottesi (l'estraneità di Nathan con i nostri tempi, il confronto filosofico con Parmitano - è vero che si erano già incontrati -, la "vita da robot" del nostro eroe, ecc.) sarebbe stato realmente imperdibile; anche così è comunque il migliore degli albi promozionali.   


NN #392: Il Segreto dell'Universo (Vigna/Bertolini)

Quarto episodio di "Nathan Trek", decisamente il migliore fino a questo punto. Lo abbiamo già detto: l'idea alla base del filone è buona, e della discrasia con la continuità (Nathan è il Direttore dell'Agenzia più importante al mondo e sparisce per settimane) non ce ne importa nulla, tutta la storia dell'olonomismo e del metafumetto serve proprio a giustificare queste cose; il problema è che queste prime quattro storie sono state molto piatte e riferite ad un immaginario veramente trito. Dopodiché Sunshine mi era piaciuto molto, e qui ne ho avvertito degli echi, con un pizzico di Punto di non ritorno (oltre a Solaris, certamente), e mi accontento di questo. E non è certo da questionare il prendere film e romanzi - arcinoti - e rifarli col personaggio bonelliano, è una tradizione ultradecennale. Ma francamente, qui Nathan c'è? In queste storie non si pone mai grandi problemi, come dovrebbe essere nelle sue peculiarità. La scena migliore dell'albo, guarda caso, è la carrellata di ricordi da cui Nathan è investito; ma è breve e poco determinante nel dialogo filosofico e teologico che viene proposto successivamente. Abbiamo detto che la continuità non è più così rilevante, ma allora non ha senso che Nathan affronti queste missioni "là dove nessuno, o quasi, è mai giunto prima" con lo stesso piglio con cui fa il Direttore serio e compìto. E sciogliti un attimo, figlio mio. Boh. Ogni tanto Vigna è una creatura inintellegibile, si ha l'impressione che non dica tutto quello che ha in testa, e che dia per scontati dei retroscena o dei significati, oppure che abbia preso troppo sul serio l'idea che il lettore debba giocare con l'immaginazione, come se fosse quest'ultimo a doversi inventare la storia. Una volta va bene, due anche, ma se tutti gli episodi di questa "serie nella serie" sono così... mmmh. Arte valida.


NN #393: I mutati degli abissi (Vigna/Bonazzi)

Albo di continuità, con Nathan e Janine trombamici di nascosto, e il ritorno ad una semi-coralità, nel senso che Mendoza e persino Link hanno un piccolo ruolo, e c'è un maldestro tentativo di rendere operativi Steven Ross e Vera (#356/357), ma poi non vediamo la loro missione. In compenso finalmente vediamo all'opera il triumvirato direttivo (che agisce come agiva quando aveva un capo a cui rispondere). Ma soprattutto l'episodio è il finto seguito ma vero remake del #51, i cui eventi portanti sono menzionati, ma diversi dettagli sono differenti; e c'è un grossolano errore sul dottore mostrato morto nella vignetta ricalcata dall'originale, ma di cui viene ordinata la ricerca. Compaiono comunque quasi tutti i personaggi di quel vecchissimo albo, che, aggiunti al cast attuale, danno l'impressione di aver assistito a qualcosa degno di essere mandato a memoria, nonostante l'intreccio non proprio irresistibile. E in effetti, le intenzioni dell'autore erano quelle: ma poi qualcosa è andato storto, e questo improvvido non-ritorno degli Atlantidei (nel #51 appiccicati da Serra a un riempitivo di un gregario), che a quanto pare non se ne sono mai andati perché assistiamo al reboot della loro prima apparizione, appare una fastidiosa incongruenza, un glitch nella cucitura olonomica che Vigna sta pazientemente tessendo da anni. Non solo: questi Atlantidei millantano una natura oceanica e sembrano ignorare la mitologia mysteriana. Non solo: costoro si permettono di riepilogare la Storia Segreta del Mondo pre umana, anticipando la propria genesi. E quindi chi ha ragione? Loro o gli Elohym di Missione Giove? Sembra davvero assurdo pensare che Vigna si sia incartato con tanta facilità. Certo, era già accaduto con la datazione di Giove e la duplice casa di Nathan, ma anche in quel caso era parso più lecito pensare a rimaneggiamenti post imposizioni redazionali. Che dire: aggrappiamoci a quel paio di allusioni in Missione Giove e nell'ultimo Asteroide Argo e speriamo che ci sia un disegno dietro a tutto ciò. Per il resto, chi vivrà vedrà; e se pure non lo vedessimo, pazienza. Decisamente più congruente è invece l'inserimento di Mister Alfa - versione Vigna - più che altro perché viene suggerita la sua influenza sulla Presidente Kyomi. In effetti, sono entrambi asiatoidi, e noi siamo razzisti: potevamo arrivarci prima. E anche perché, proprio alla fine, Alfa sembra ridurre di molto la portata di questa rentrée mascherona. Forse è meglio così. Arte tradizionale e classicamente gradevole. 


NN #394: L'Essenza dell'Infinito (Rigamonti/Jannì)

"The Mario Jannì Show", in un turbine di layout e grottesco (ed erotismo). Tavole di alto livello si alternano ad altre tipo Edifumetto, ma si resta comunque ammirati da questo veterano che non smette mai di sperimentare. La sceneggiatura, d'altronde, è costruita solo per provare, a raffica, stacchi e montaggi psichedelici. Il soggetto è la sinossi (l'artista pazzoide nello spazio incontra gli alieni artisti). Vabbè. Qualcosa si deve pur mandare in edicola.


(2022-2024)


mercoledì 17 aprile 2024

DAMPYR (6)

Dampyr #251: Stavkirke (Principato/Lozzi)

Lo possiamo dire? I riempitivi di Supernatural sono migliori di quelli di Dampyr. Ecco, ora prendeteci pure a schiaffi. Il nuovo sceneggiatore si integra immediatamente, comunque, anche nel suo rispondere piccato alle critiche del forum e nel cambiare discorso quando l'immancabile utente che ha l'amico coinvolto nei casi di cronaca nera norvegesi di trent'anni fa gli fa notare di saperne di più. Ignorando volutamente l'argomento alla base dell'albo (perché non ci piace, e Boselli aveva detto che non piaceva neanche a lui), ci accontentiamo di vedere un non-morto di Lodbrok, quello del cross-over con Dylan Dog, che peraltro sembrava più sveglio dei soliti non-morti, ma non al punto da sopravvivere alle sue 94 pagine di celebrità. L'artista è un grande talento, ma ogni tanto fa lo gnorri, ma è lui a rendere non insopportabile questa lettura usa-e-getta (metaforicamente: mai gettare albi per terra, inquinano gli sputi).

Dampyr #252: La regina di Babilonia (Boselli/Longo)

Seguito dell'albo più interessante tra i post#200, è un albo epocale; o, visto l'argomento trattato, eporcale. Salutiamo definitivamente (SPERIAMO) il Duca Nergal, il personaggio più desueto della serie, questo vecchio baffuto, copiato da un attore dimenticato, dai modi eleganti ma nazistamente psicopatici, sicuramente più somigliante al Conte Dracula di altri suoi colleghi Maestri. Qui lo ritroviamo in una versione Conte Ejacula, in pieno vigor mortis, ancora capace di alimentare la speme altrui. In particolare quella della moglie Ereshkigal, la puttana di Babilonia - non quella biblica, quell'altra -, una semplice non-morta che ci era stata presentata (#237) come Zora la Vampira, invece è solo Maghella. Tutto l'albo gioca sulla sua somiglianza con Lady Nahema, e viceversa, così il disegnatore può disegnarle uguali e confonderci di proposito, mentre ci distrae con i suoi giochi di chiaroscuro, i suoi capitelli decorati, i mantelli pieghettati e una splendida veduta di Babilonia del passato, per un'arte degna dei migliori Ediperiodici e che ci piacerebbe vedere su Martin Mystère (senza offesa per i porno). Per qualche istante temiamo - o vogliamo - che la soluzione da fumetto supereroistico del Nergal posseduto dal necroamante Abraham Stern possa divenire il nuovo status quo; invece no, c'è Lady Nahema, mentre Abigor non muore, essendo un personaggio molto interessante da cui si potrebbero trarre numerosi sviluppi - o almeno così deve aver ritenuto Boselli, mentre sceneggiava Tex con la destra. E il Dampyr noto come Harlan Draka? Sì, fa una particina pure lui, legge un libro nella libreria vuota (sempre lo stesso, visto che ogni volta lo interrompono), chiacchiera coi mostri infernali, deduce cose imbeccato dall'insegnante. Un vero eroe, in un albo in cui tutti scopano come criceti - anche i poveri - e dicono sozzerie gironzolando coi genitali di fuori (tranne Caleb che non li ha). Un velato messaggio di Boselli al pubblico del Trono di spade che ha scelto di inseguire? Plausibile, alla prossima gli consiglierà le poesie canterine. Meno plausibile è la presenza di un castello di Nergal nascosto a pochi passi dal Teatro fin da prima del #1. Come dice Kurjak alla pantera parlante con l'uniforme napoleonica: "Con tutto il dovuto rispetto, mi sembra incredibile". (Chissà cosa penserebbe di Martin Mystère, allora)

Dampyr #253: I figli di Pontemorto (Perniola/Raffaelli)

Albo celebrativo degli 80 anni della Casa Editrice, con medaglietta da applicare al proprio guinzaglio: per l'occasione, la copertina torna ad essere brutta e nella rubrica viene recensito un libro scritto da amici del curatore. Ma è al futuro che bisogna guardare, dunque, a partire da questo numero, il colophon e la pubblicità saranno a colori. "Per guardarle meglio", come si suol dire. Allegato in omaggio, un fumetto qualunque, sceneggiato dal primo che pass...pardon, "il seguito di un vecchio Classico realizzato da una "guest star"". Harlan, infatti, torna nella Bassa Ferrarese, per scoparsi la sua amica Bianca, che non vuole essere scopata, però se ne accorge solo quando è in mutande e ha la lingua in bocca, e a cui è morta la zia. Sequel dimesso del #66, per un po' l'albo regge discretamente grazie ai disegni e alle mysterate povere di cui gli appassionati del BVZM degli anni 1990 si beavano: il dialetto, i nomi buffi, il buon vino e il sole a picco. Dolcea, Onide, Luzio, Idoria, Solidea, Iseppe e Remes, disegnato come Gianfranco Manfredi: abitano tutti lì. Seguono Harlan Draka il Dampyr che fa cose e vede gente, un poltergeist infantile, il dottore sadico, una suora malvagia che non si capisce se sia una non-morta o una mostra generica, perché nelle zone d'ombra tutto è possibile. E basta, l'albo è finito e possiamo riportarlo al nostro padrone.

Dampyr #254: La maledizione di Whitby (Cajelli/Stassi)

Lo sappiamo bene: sono sempre i migliori, che se ne vanno; specialmente se conoscono Boselli. Nella rubrica, dunque, salutiamo l'ennesimo collaboratore morto prima del previsto (Principato). Nel resto dell'albo, invece, tornano tutti: lo sceneggiatore, il disegnatore, l'antagonista, i comprimari, la medaglietta da attaccare al collare dopo essere caduti dalla bici. Il fumetto comincia bene, con una bella panoramica e il titolo col font ricercato, ma a pagina 3 c'è già un copia-incolla ingrandito con lo zoom. Seguono classiche dampyrate molto realistiche, tipo la festa folkloristica in cui tutti sono cosplayer o il convegno sul vampirismo preso sul serio dalle autorità, quindi ecco le morti misteriose e gli aneddoti che non sapevamo di voler sapere, e forse c'era un motivo per questo. Lo sceneggiatore, in difficoltà economica, copia due pagine da Dracula di Bram Stoker, tanto quello era ricco, ma ci delude quando, dopo una googlata di trenta secondi, scopriamo che la storia della sedia di Mallory è inventata di sana pianta; eppure non può esserlo, perché ricordiamo di averne già sentito parlare in un'altra occasione, ma non ricordiamo quale; d'altro canto, altri secondi da dedicare all'argomento non ne abbiamo, perciò resteremo alla deriva nel mare nel Mistero (in fondo, è la morale della serie). Così, mentre l'artista fa di tutto per essere espressionista, abbondando di chine e grassetti e inquadrature storte, lo sceneggiatore, rinvigorito dall'assegno, introduce due personaggi passibili di ritorno (i soliti poliziotti dylandoghiani) e si diverte a disseminare numerosi indizi appena percettibili riguardo all'identità del villain, ad esempio la medaglietta della Temsek (raffinato gioco metanarrativo, visto l'allegato). E invece? Invece niente, è proprio Marsden, che ci fa l'onore di presenziare aleatoriamente in una vignetta, dopo che Dampyr Draka detto Harlan gli ha steso il non-morto. Oltre a questo, veniamo a sapere che la Temsek è l'evoluzione della South Sea Company settecentesca; invece nelle casse sbarcate non c'era Marsden al posto di Dracula, ma solo i poveri negri, a ricordarci che non dobbiamo essere cattivi. Siamo dunque pronti per la saga che seguirà i prossimi riempitivi.

Dampyr #255: Haiti! (Mignacco/Viotti)

Sorprendente riempitivo, con triplice colpo di scena. Dopo la bellezza di duecentocinquantacinque episodi (+ tot), scopriamo, grazie agli utenti del Dampyr Forum, come questo e tutti gli altri episodi con i Maestri non boselliani seguano lo stesso identico schema e siano costellati di ripetizioni e reiterazioni. C'è forse un disegno, dietro a tutto questo? Forse, una misteriosa entità segue le vicissitudini del protagonista fin dall'inizio, come in un romanzo a puntate? O qualcuno sta cercando di dirci che questi albi potrebbero anche essere più corti, tanto sono tutti uguali? Quel che è certo è che, se disegno c'è, stavolta è ad opera di un'artista tornato ai livelli sorprendenti del suo esordio, dopo l'involuzione di Cuba libre! (guarda caso, l'albo prequel di questo). E questo è il secondo colpo di scena. Ma non è finita: gli utenti di cui sopra - davvero, compiere 80 anni ringiovanisce - ci fanno notare le diverse incongruenze della conclusione dell'episodio. E se Huracàn non fosse davvero morto come un idiota? E se l'idiota fosse qualcun altro? Magari l'entità, atrofizzata da decenni di mignaccate al punto da non accorgersi di quando l'autore lo fa apposta? Se abbiamo contato bene, questo è il terzo colpo di scena, che ci ripaga dalla delusione di aver visto Haiti senza nemmeno un pesce (la palla sì).

Dampyr #256: Operazione Messiah (Boselli/Rosenzweig)

Speciale estivo di Harlin Dampère, inizia come un'avventura classica e si evolve (o involve) in una farsa umoristica, ma sempre rispettando e approfondendo i presupposti seri della serie (fra i quali, lo ricordiamo, ci sono le demonesse puttane, gli angeli spioni, gli animali parlanti).  Certo, i precedenti di Martan Mystaka non erano beneauguranti, visto come si è evoluta (involuta) quella (mi)serie, ma per Boselli è una prima volta, per un albo che comunque spicca tra la produzione recente per sfoggio di cultura, nozionismo e garbato divertimento (c'è sempre di mezzo il sesso, ma finalmente senza volgarità, a parte il cunnilingus di Batman a Catwoman, pardon, del tizio alla tizia). Non possiamo dire che la parodia del fanatismo contemporaneo non sia tranciante e caricaturale, ma in fondo è solo una delle tante cose che non possiamo dire in questi tempi dettatoriali. E per i nostalgici delle mitiche trame del SOE, quali noi fascisti comunisti siamo, è sufficiente questa parodia di Transylvanian Express per respirare qualche pagina di "Dampyr dei tempi d'oro"...ma pssst, non ditelo a nessuno, è segretissimo (nonché lialà). E sì, alla fine non succede niente, a parte l'entrata in gioco del demone Pruslas a fianco del Ball Scem e il ritorno dalla Quarta di Reggiseno Dimensione della prima Succuba (?), cioè Lilith, che solo casualmente è acerrima nemica di Nyarlathotep (così, metti che quello torna, Harlan ha un'alleata a disposizione). Ma, come direbbe un lettore qanonico, "e allora Haiti?". A corroborare un'esperienza di lettura finalmente non deficitante, o deficiente, un'artista il cui stile grottesco, seppur sorprendentemente moderato, risulta particolarmente adatto al tono pierinistico della storia (un po' come il primo Torti per MM).

Dampyr Color #1: La biblioteca dell'orrore: Il disperso; Tsathoggua; Il castello negli Appennini; Danvers Manor; I sette volti di Milano; Prigioniero dei Sargassi; Epilogo (Boselli/L.Rossi/col. Pastorello; Boselli/L.Rossi/col. Pastorello; Colombo/Masellis; Giusfredi/De Stena/col. Vattani; Boselli/Al.Scibilia; Giusfredi/Cropera/col. Pastorello; Boselli/Baggi; Boselli/Genzianella/col. Pastorello)

Copertina di Matteo Vattani, con Harlan che si toglie la maschera da Kurjak. I soliti 80 anni di Bonelli (Editore) portano a una nuova infornata di albi estivi per le collane dal maggiore appeal. Ma quelli che per gli altri sono semplici BIS, in cui magari infilare qualche giacenza, per Dampyr corrisponde ad una occasione più unica che rara, quella di materializzare uno pseudolibro di cui, finora, solo le bambine mormoravano nei corridoi: il primo Color. Primo, perché l'intenzione è di farne degli altri, a patto che i lettori gradiscano questo; quindi, - per usare un'espressione da scrittori professionisti - se dice culo, ne vedremo solo un altro, e solo perché l'Editore sa che i capricci di Boselli ogni tanto vanno assecondati obtorto collo. Le prime leggende risalgono al Magazine del 2016; in quello del 2017 avremmo dovuto leggere le storie dedicate agli scrittori dell'orrore "pandampyriano"; invece nisba. Da allora, tanti rumors, soprattutto a casa mias, dinieghi ed insistenze, richieste e rimbrotti (in verità sempre da parte dello stesso utente che imperversa su tutti i forum). Alla fine, eccolo qua, per la gioia degli appassionati di Narcos. Lo volevamo? Da parte nostra, dobbiamo confessare una cosa: gli adattamenti/omaggi a fumetti di opere letterarie non ci fanno solo venire voglia di riscoprire gli originali, ma ci danno sempre l'impressione che gli originali siano meglio. Soprattutto se parliamo di questi autori. Lo possiamo dire? E diciamolo: a noi di Lovecraft (uno a caso), più che le invenzioni l'orrore cosmico e tutto il pesce, piace proprio la prosa, quel modo ansiogeno di descrivere le banalità. E di Buzzati? Idem. E di Poe? Id. E di Hodgson? Op.Cit. E così via. Il prodotto si presenta comunque come qualcosa di qualità superiore a ciò che l'Editore produce ormai abitualmente. Già nelle fazioni prepost abbiamo dei colpi di scena mica male: in un sol botto scopriamo su cosa si è laureato Boselli e veniamo a conoscenza di un suo libro pubblicato da una Università prestigiosa. Anni e anni a custodire dei segreti non sono stati sufficienti a mantere il riserbo. Ora sappiamo tutto. Il fumetto si basa sui presupposti della serie. Avevamo lasciato Ambrose Bierce parcheggiato al Teatro dei Passi Perduti, e qui lo ritroviamo, abbioccato su di un libro. Com'è noto, infatti, in questa serie i personaggi non possono leggere: quando ci provano, o vengono interrotti subito, o si appisolano di botto.  Ed ecco la novità di questo albo, che rompe finalmente questa tradizione ed è tutto una lettura di personaggi. Questo lo scopo del Prologo, che poteva pure essere disegnato da Dotti, o da Majo, non ci saremmo offesi, giuro. Come dicevamo, la differenza tra adattamento a fumetti e originale in prosa, se non è abissale, poco ci manca, e francamente, continuiamo a preferire sempre l'originale, specialmente se lo sceneggiatore non ha una prosa altrettanto robusta. Tra quelli proposti qui, solo Boselli ci si avvicina, o almeno ci prova. La prima storia è dedicata a Bierce e più o meno ne mantiene il mood, anche se ce lo ricordavamo un pelo più sarcastico. Fa il paio col primo Speciale Tex Willer: benché fosse dedicato ad altri autori, era pure quello ghost western e le atmosfere erano simili (e grosso modo, con l'orrore dell'ovest si finisce sempre lì, o coi mostri dei boschi). La seconda storia sconta l'essere il centomilionesimo fumetto dedicato ad HPL e l'essere sceneggiato da uno che non sceneggiava da anni. Divisa in modo quasi netto da una cesura interna, è sorretta perlopiù da un'arte sgradevolmente adeguata, ma per i nostri gusti, dopo un inizio interessante, la seconda metà sfocia eccessivamente nel caricaturale di mostriciattoli e dialoghi hollywoodiani. Della prosa stitico-torrenziale di HP non v'è traccia. La terza storia, l'unica coi personaggi della serie (Harlan e Draka) è praticamente uno di quegli episodi turistico-promozionali col solito finto spettro nella location italiana di turno. C'è Poe perché il mese dopo esce Zagor+ con l'Agente Raven (oppure perché Poe è come HPL: che fai, non ce ne metti un poe?). Resta un dubbio: quante se ne è scopate Draka? Forse "Roccabruna" non è un toponimo. La quarta storia è la più sorprendente, grazie all'arte "sandmaniana" del Scibilia superstite. Zeppa di vignette ariose e immersive, ci ha fatti entrare nel racconto, lasciandoci soddisfatti. Certo, la storia soffre di quel modernismo tipico di chi vuole fare giustizia sociale a secoli di distanza, e diciamo pure che Benson è certamente il meno famoso del gruppo, e diciamo pure che non è chiaro come ammazzi il non-morto omofobo (con la mazza? oh oh oh!). Ma per una volta possiamo soffiarci nei pugni, diciamo. Tocca poi a Buzzati, uno di quegli autori che amiamo soprattutto per come scrivono. Lo sceneggiatore si sforza persino di fare un racconto illustrato (dev'essere la moda del momento), con tutte le didascalie battute a macchina dal letterista, ma insomma, la differenza si vede, dai. La storia è buona, ma non ci ricordiamo da dove è copiata (nessuno è perfetto, si è capito), sicuramente l'abbiamo già letta da qualche parte. L'ultima, dedicata a Hodgson, che di nome faceva Hope, a dimostrazione che non sempre nomen omen, è complessivamente la migliore del volume, la più completa, come convergenza di testi, disegni, colori, omaggio all'autore e referenze storico-geografiche. Pure questa, in parte, l'avevamo già letta (il Mar dei Sargassi), essendo uno dei pallini di Boselli, che l'aveva già proposta su Zagor, ma il finale ci è parso felice quanto basta per farcela sembrare nuova e soddisfacente. Più deludente l'Epilogo, che si conclude come l'Almanacco del Mystero 2005 (che però finiva nella monnezza, prefigurativamente possiamo dire). Quali riferimenti compaiono nella doppia pagina tuffantesi nell'acqua (splash)? Al volo riconosciamo solo il bacarozzo e i gatti. Per concludere: è davvero questo che vogliamo da una serie un tempo capace di proporre Transylvanian Express e American Museum? Forse è ciò che la serie è capace di proporre, oggi. Se poi rivogliamo gli albi vecchi, essi sono sempre lì, nella nostra Biblioteca di Babbei. Salvo traslochi imprevisti.  

Dampyr #257/258: Messico & sangue/Dottor Dolore (Giusfredi/Dal Campo) 

Soddisfatte, con il Color, quelle quattro comari del pubblico dampyriano che ancora leggono i libri, è tempo di assecondare finalmente i desideri della maggioranza. Il co-curatore della serie è, al contempo, un vero fan della stessa, e ricorda benissimo episodi ancestrali quali il #4 e il #11, dei quali ci propone il seguito in rifacimento. Ecco, allora, la vera storia di Bobby Quintana, nel Messico tanto caro a Tex e a Boselli, con gli ammiccamenti alle serie tv più fighe... "Ricordate?", sembra ammonirci Giusfredi, "fin dai suoi esordi, Dampyr non era solo libri ingombranti e anziani bacucchi". Che, poi, diciamocelo, 'sti libri sono soltanto un impiccio tra un trasloco e l'altro... Per tacere di come Harlan li maneggi sempre senza lavarsi le mani. Ma dicevamo di Quintana: eccolo ritrovare il suo vecchio mentore, il poliziotto cattivo John Dern, ora non-morto boss del narcotraffico (#92) su libro paga della Temsek (#209), vampirizzato da Bugsy Siegel (#112), arruolato da Ixtlàn (#58/59), sorvegliato dai non-morti cowboys dei #28/29 (o loro amici), alleato suo malgrado di Nemech (#11), per conto di Marsden (#254), combattuto da Harlan Draka (#1), il dampyr (#2), figlio di Pdor della dinastia dei Kmer, con Jim Pajella (#231), che rischia di morire nuovamente (#200). Ma dove sono Ann Jurging, Tesla Dubcek ed Emil Kurjak? Purtroppo, come si suol dire, "questo deserto è troppo piccolo per tutti e duecento".   
L'intero primo albo è dedicato al passato tormentato di Quintana: d'altronde, Bierce, Lovecraft, Giovanni Papini, Amintore Cicibuozzi e tutta la cumpa di professoroni vanno bene una tantum, non si può sempre essere colti. Il vedere i luoghi tipici di Tex, ma ai giorni nostri, nello stesso degrado di duecento anni prima, corrobora la generale impressione di malinconia. Il secondo albo è a sorpresa: non solo esiste (non si sapeva che sarebbe stata una storia doppia), ma è pure in continuity. Tutto il cucuzzaro messo in piedi da Doctor Pain (ora non-morto), ha, infatti, un preciso scopo: riportare Marsden in piena forma, grazie ai bagni nel sangue di puttane mulatte (Sho-Huan era dandy, non poteva immaginare). Tutte quelle sedute di binge watching dei canali streaming sono servite a qualcosa, allora, e lo sceneggiatore riesce ad arrivare alla sequenza rivelatrice senza far sospettare nulla (giocando anche sull'"effetto filler", certo, conscio come il lettore scafato abbia da tempo rinunziato ad ogni forma di aspettativa da questo fumetto). Così, quando Marsden s'ingigantisce e mostra i pettorali, c'è persino un moto di interesse nel seguire le pagine. Naturalmente con due pallottole fugge via, ma insomma, adesso è davvero tornato ad essere un villain temibile. Tutto è dunque apparecchiato per lo scontro finale, che, forse, vedremo in occasione dell'uscita del terzo film (che nel BCU seguirà Little Ranger: The Invincible e Morgan Lost: Roseblonde and the Owl Fog). Il disegnatore, da par suo, dà sempre l'impressione di migliorare prova dopo prova, pur non notando cambiamenti significativi tra l'una e l'altra, se non per l'abietta consuetudine - suggerita dallo scrittore - di dare volti di attori famosi anche alle comparse. Il titolo della prima puntata ha la E commerciale soltanto nel fumetto, per non confonderci al momento dell'acquisto.

Dampyr #259: L'Occhio dell'Inferno (Boselli-Febbrari/Majo-Viotti)

Rubrica scorratamente politichetta, con un libro di un amico dedicato più ai donni che alle uomine, e la riabilitazione postuma del nazista Strobl in barba ad ogni cultura della cancellazione (per il comunista Murry, però, non c'è proprio speranza). Soggettone epico ancestrale, vertigine della lista di Maestri, ma di chi è? E' un vecchio appunto di Boselli, che non c'aveva più voglia o tempo di sceneggiare, preso com'è ad umiliare tutti parlando di indiani e cowboy, o è l'esordio di un tizio di cui, francamente, non ci ricordavamo più (è quello di Full Moon Project)? Proprio oggi ci siamo recati, dopo anni, sul nostro vecchio luogo di lavoro e abbiamo salutato un paio di ex colleghe: sulle prime si sono chieste chi fosse questo importuno salutatore, ma poi siamo stati riconosciuti (colpevoli, presumiamo, nonché) utili ad un breve cincischiamento riguardo al più e al meno. L'effetto, leggendo il fumetto, è grossomodo il medesimo: l'albo avrebbe un sacco di cose da dirci, ma proprio tante, e noi moriamo dalla voglia di sapere tutto della famiglia dei Maestri della Notte, da dove vengono, quando sono venuti e perché, quando tornano a casa loro, come campano, come stanno di salute, le opinioni politiche, eccetera; ma alla fine prevalgono imbarazzo e pudore, e le poche rivelazioni vengono distillate con parsimonia, dopo essere state cavate con fatica e insolente insistenza. La trama della Maestra che si traveste da vecchia e finge di cercare il McGuffin che già possiede, e muore dal desiderio... di raccontare la sua Storia e gloria, tradisce tutto questo. Che possiamo dire? Siamo di quelli che si imbarazzano dinanzi all'imbarazzo altrui, per cui basta dirci "Iram dalle mille colonne" che ci avete conquistati. Poi ci sono i Templari, l'oggetto che spia i multiversi che è praticamente l'Aleph (e che siamo, capricornuti?), le Maestre bambine che saltellano per i prati sotto lo sguardo di zio Draka e zio Vurdy che fumano le sighe (non si vede, ma c'è anche Marsden con la frangetta, all'angolino con lo sguardo rivolto a terra), il saggio Dagdampyrix e le sue mirabolanti invenzioni, Azara la zorella di Zio, mentre Vassago, vestito da Palpatine, tradisce tutta la stanchezza di un ciclo - quello con Racoszy, che qui non appare - che si protrae ormai da 4 storie su 270 (ma ci piace vedere il demone nei panni dell'inquisitore). E Harlan Draka e le altre comari? Beh, non sapendo che fare, dampyr si rifugia dalla zia, che in cambio ha subito un favore da chiedergli: come possiamo non riconoscervici? Mentre Kurjak, da buon lettore di Martin Mystère, ci ricorda quanto siano insostenibili due pagine di nozioni colte. Come se tutto questo non fosse già abbastanza, le prime 7 pagine sono firmate nientepoppedimeno che da Majo, giacenze di chissà quale avventura abortita, e non sono nemmeno le pagine migliori dell'artista, ma solo il vederle ci allieta. L'altro artista, invece, sembra aver abbandonato lo stickerismo per un ritorno al fotorealismo: se questo avvantaggia i primi piani, nei quali i personaggi appaiono davvero plausibili, dall'altro lato toglie dinamismo e fluidità alle scene d'azione, che tuttavia non ci sono, giacché dall'inizio alla fine è una chiacchiera continua. E per una volta Harlan non ha obbedito a Caleb, peraltro ignaro di Azara fino ad oggi: vediamo di non far fare a tutto questo la fine dei dampyr preTaliesin (abortiti come il soggetto originale). Ma adesso, sotto con un altro riempitivo sparatutto: di quelli non ne abbiamo mai abbastanza. 

Dampyr Special #17: Il Codice Ferrucci (Burattini/F.Russo)

Seconda incursione dell'ex-socio del Bos, anche questa - dopo quella sciocchezza di Dante - ispirata da Guido Martina, i cui paperi, una volta, hanno citato la cosa di "Maramaldo! Tu uccidi un uomo morto!"; siamo già in attesa della storia su Rodomonte e Lucrezia Borgia (maschio). I tantissimi lettori speciali di Zagor sanno bene come l'autore del detective dell'impossibile ottocentesco, Campione Terrestre dalla cultura sterminata che si muove quotidianamente fra Atlantidi e basi governative strampalate, sia un dotto professore dal forbito eloquio e dall'arguzia ardita e iconoclasta. Così Boselli ci presenta il suo amico, il biprof. tridott. che ha il nome storpiato nel fumetto, come Peter Quarky; mentre Burattini, quello che li ha fatti incontrare, indovina tutte le risposte dei quiz alla tv. Il lettore occasionale (dell'autore in questione) è giustamente sedotto dalle malìe dei modismi burattiniani, tra copincolla di enciclopedie online e cineserie mysteriane, quest'ultime capaci di sobillare il lecito rancore verso il Martin Mystère duemillenaresco, che fa i refusi anche copiando. Il lettore che di Burattini ha invece letto e digerito (più o meno) più di cento storie suda freddo quando si appresta alla lettura (si fa per dire, naturalmente: è lo stesso lettore che ha letto tutti gli albi di Falco e Cajelli), e nemmeno la sbarazzina introduzione con la poesia riesce a stemperare l'inquietudine, pur intenerendo quanto basta. E invece l'albo riesce a tenere abbastanza, sbracando soltanto nell'inserimento dell'inutile mostro ringhiante, loffio rimando all'unico elemento secondario di Transylvanian Express (la cineseria mysteriana, appunto). I disegni da Martin Mystère dei tempi bronzei aiutano a tenersi svegli. Eppure, ad albo chiuso, nonostante Draka finto cospiratore, i flashback storico-romanzeschi, il collegamento sagace tra toscani e turchi, l'analisi politologica del centrodestra (la fronda estremista della fronda secessionista dei Lupi Azzurri), divagazioni nozionistiche come non ci fosse un domani, rimane un senso di freddezza, come di un personaggio che deve farci sapere in più occasioni che quelli di fronte a lui sono sotterranei di un castello. Il poeta Joe Gould avrebbe detto: "certi personaggi dovrebbero essere investiti da un camion".

Dampyr #260: La storia di Jack Lantern (Venanzetti/Cropera)

Halloween! Ma è già passato! Vabbè, tanto il film non è pronto. Ecco allora il riempitivo dedicato al simbolo della festa. In questa reinterpretazione, che ci sembra di avere già visto in un qualche telefilm americano (o forse è l'albo che ci sembra la puntata di un telefilm americano), egli è un prestigiatore ottocentesco, di quelli che facevano i trucchi con le lanterne, indebitato con una demonessa che lo trasforma in una zucca vuota, dunque davvero difficile da combattere. Il tutto sullo sfondo dell'Irlanda, con tutti gli ingredienti cotti a puntino: la nebbia, il mare in tempesta, i chiaroscuri, i graffiti, le anticaglie, il museo, Myers, Velluto Blu, Moonlight Shadow, the trees that whisper in the evening, carried away by eccetera. E non manca lo scherzetto: la demonessa è infatti una druida negromante, e quindi l'albo è il seguito del #213, e di questi tizi potrebbero essercene altri, così anche gli anni prossimi sono coperti. Eppure qualcosa non funziona: di dolci non abbiamo voglia, lo scherzo non ci fa sobbalzare. Che succede? Siamo appagati, siamo molli? E se fossimo noi, i morti? Gli autori non sembrano avere colpa di questo, peeròò, chissà, magari con un albo più originale... Certo, il disegnatore non riesce più a disegnare un albo di Boselli, e questo ci dispiace. Ah già, dimenticavamo: e Harlan? Beh, "he was caught in the middle of a desperate fight", mentre la vecchiaccia "couldn't find how to push through" e "all she saw was a silhouette of a gun"...

Dampyr #261: Opera mortale (Boselli-Falco/Delladio)

Per chiudere in bellezza l'annata, non c'è nulla di meglio di un albo dedicato a una delle tante cose che non sopportiamo: la lirica. Come direbbero a Roma: "meno male che se n'è annata". Certo, amiamo molto capolavori indiscussi quali Paolino Pocatesta e la Bella Franceschina, Paper-Damès e Celest'Aida, Paperin Caramba y Carmen Olè, Paperina Butterfly, Papero Meo e Gioietta Paperina (ma che c'entra questa? Semmai Pamino Paperino), e ci fa sempre molto ridere "Fierundfierziste Strasse" di Castelli e Alessandrini; ma ecco, oltre a questo non possiamo (né vogliamo) andare. Ma Boselli ce l'aveva detto, nel #54, che la cosa non sarebbe finita lì, salvo poi lasciarci crogiolare per 207 numeri nella speranza di una precoce rimbambìa. Che sciocchi: Boselli certe cose se le lega al dito, come ben sa chi vi interloquisce nei forums. E così ecco il secondo albo melomane, e meno male che ha le mele in mano e non ha tempo di sceneggiarlo, così lo appioppa allo stagista regolarizzato. Astuto, costui lo spaccia per un episodio del filone praghese, e ne fa il seguito del #191, riproponendo Rubicante, quel tipo che a parer nostro avrebbe potuto sostituire Nikolaus a suo tempo - col senno di poi, una volta tanto siamo lieti di aver avuto torto - ma tirando in ballo Von Henzig, per rimescolare le carte: come non manca di sottolineare Pippo Kurjak, quando è presente il Maestro cinefilo, i ruoli tradizionali sono invertiti; e, se per Natalina Tesla ciò non rappresenta un problema eccessivo, Don Harlaneo soffre sempre un poco nel dover aiutare i suoi cento milioni di amici, magari collaborando con persone per bene. L'episodio è volutamente molto leggero, le Operette parodiate sono quelle 4 famose anticipate dalla rubrica, e tutta la sarabanda di comparse (l'irreprensibile antinazista Nikolaus, poi Savnok, Ljuba, Nicholas, Bierce, Saugrènes, Casanova, i due vecchi spok, Bozena, persino il barista, e c'è pure un certo Jorge che NESSUNO ricorda chi cazzo sia) ha il solo scopo di aumentare la dodecanonica cacofonia, per un albo che si rivela essere più comico che orrorifico: le scenette con i non-morti imparruccati sterminati a pacchi, e subito rimpiazzati a cottimo nella sceneggiata successiva, appaiono decisamente umoristiche, e più che un fumetto colto sembra di leggere una barzelletta (ci sono un egiziano tedesco, uno spagnolo francese e un irlandese ceco). Meglio questo o i riempitivi sparatutto depressoni? Per rispondere dovremmo riaccendere il cervello, troppo sbatti. C'è da dire che la scoperta conclusiva - non è che i piani di Von Henzig falliscono sempre e lui viene sempre ferito gravemente perché è debole, è che lui si diverte così - getta una luce depressona anche su questo personaggio (e già il fatto che abbia lasciato il cinema per la lirica doveva suggerirci qualcosa). L'artista ha il cognome che sembra una bestemmia, poraccio, ma la sua arte è in linea con la storia, nel bene (inizio) come nel male (fine).

Dampyr #262: Schiavi del Krokodil (Barzi/Ambu)

Fumetto tradizional-riempitivo, che alla sinossi di internet e preview varie aggiunge soltanto dei disegni godibili e gradevolmente nevosi, in cui l'artista rubacchia trucchi del mestiere a vari colleghi (Giardo e Luca Rossi i più evidenti). Il trucco del mestiere più efficace, però, è quello del curatore della serie, che nel primo albo inutile dell'anno piazza una pagina della "posta" vecchio stile, in cui recensisce libri di amici, ringrazia lettere sbrodolanti, sciorina chicche letterarie e manifesta tutto il suo entusiasmo per tutto ciò che non concerne Dampyr. E magari non l'ha scritta manco lui, ma il suo vice! La lettura di questa paginetta ci ha bendisposti al punto da considerare un pregio, e non un difetto, l'aggancio del fumetto con i #123/124, che ad ogni menzione rimuoviamo sempre più dalla mente: il Maestro Qeratu non ce lo ricordavamo proprio, ma ciò non ci è apparso affatto un problema, dato che, a questo punto, di quegli albi abbiamo scordato tutto lo scordabile ("peggio di così c'è solo la morte"). E diamo atto a Barzi ("grande autore" di raffinati giochi letterari, mica di tisane al frassino) d'essersi documentato sugli ingredienti tipici della serie: i fratellini suicidi, i nomi strani di Paesi tristi, l'attualità (l'oleodotto), gli amici pronti all'uso ("Arno, che ci fai qui?"), i buoni alleati con i criminali contro i buoni incattiviti dai supercattivi già morti. E il krokodil come fa? Non c'è nessuno che lo sa, la spiegazione è molto stringata. Ma da schiavi del FrankoVil non possiamo certo lamentarci. Ah, l'intero episodio - non solo il prologo - è ambientato prima del novembre 2020, perché poi la guerra azera è finita, accidenti. 

Dampyr #263: La collana di Bhangarh (Piani/Delladio)

A soli due mesi di distanza, torna l'artista, e ci sembra già migliorato: tratto pulito, solido, begli sfondi. Ma magari questo lo ha disegnato prima del precedente. A un solo mese di distanza, invece, torna il riempitivo. Le anteprime per il 2022 ce lo avevano preannunciato: questa sarà un'annata di cultura e sconvolgimenti; solo che, in Bonelli, le annate iniziano a metà anno. Inoltre il "caso Krokovil" ha creato un epocale precedente: e se le giacenze invecchiano troppo? Meglio smaltirle il prima possibile, dunque. Dei mercenari guerrafondai non ci si può fidare. Il fumetto vuole essere memorabile: per la prima volta, conduce Harlan (e solo lui, i voli costano) in India, come suggerisce, appena percettibilmente, la bella copertina. Casus belli è Maud Nightndale, o come si chiama, invitata ad un convegno sulla medianicità tra i danzatori nel fango. Nel mondo verosimile di Dampyr, infatti, queste attività sono ampiamente riconosciute, alla faccia del Csicop. D'altronde, come si dice, "se pago le tasse, posso fare quello che voglio". Ne è passata di acqua sotto i ponti, dai sorprendenti esordi dei cacciatori di fantasmi nei #35 e #55, e l'autore esperto sa che uno non può sorprendersi tutte le volte, ecco perché le indagini dei ghost hunters, successivamente, si sono fatte sempre più piatte e grossolane. Piani è certamente un autore esperto. Il fumetto turistico-promozionale è uno dei filoni più amati della serie, e Piani è bravo ad evitarci stereotipi quali i balletti e le gag sulle mucche (inoltre, pur trovandoci a Calcutta, nessuno menziona Madre Teresa). Tuttavia, gli imprevisti sono considerati tali in quanto imprevedibili. Succede, allora, che a noi, tutto questo, non interessa nel modo più assoluto. E che ad ogni singola pagina, in ogni singola vignetta, la nostra mente, posseduta dallo spettro della noia, si ritrova ad esclamare: "Ma a me cosa importa di questa cosa?". Dopo molto molto molto molto, molto tempo, ci ritroviamo, così, a leggere un albo con l'"avanti veloce", cercando di concluderlo prima che la voglia di lasciarlo incompleto prenda il sopravvento. Ma neppure in questa occasione siamo riusciti a fare gli indiani: quando, alla fine, la collana mcguffin ha "liberato i fantasmi", il ricordo di Supernatural si è automaticamente ridestato. Perché in quella serie, la struttura fisico-sociale del soprannaturale era ben chiara, il funzionamento dell'essere fantasma aveva delle precise connotazioni; qui, invece, i fantasmi vengono "liberati" e non si sa dove finiscano (e non è una prima volta; era già accaduto nel #213). Insomma, ogni tanto sonnecchia anche il buon Omero; noi, che non siamo nemmeno Nobel, ci siamo fatti proprio una bella ronfata. 

Dampyr #264: Cuori di tenebra (Mignacco/Lozzi)

Essendo esaurite le idee originali, da qualche tempo diversi Maestri defunti sono tornati in flashback, col dichiarato proposito di acchiappare i gonzi di "mipiace". Stavolta tocca a Omulù, morto nel #7, ventidue anni fa, ai tempi del simpatico Putin, ritirare la pensione. Lo ritroviamo in una generica giungla in una generica metà Ottocento: la caratteristica che lo contraddistingueva dai colleghi, il nomadismo, è solo accennata; in compenso, possiamo saggiarne il deciso e risoluto anti-razzismo e il radicale anti-schiavismo. Senza indulgere più di venti pagine, mostrandoci la cruda realtà delle lotte fratricide africane, Mignacco riesce a rendere al meglio le analogie con i nostri tempi; anzi, a prevederli, dato che la sceneggiatura non dovrebbe essere stata stesa in presa diretta. Zelensky, telefona a Mignacco. Le restanti ottanta pagine non possono fare altro che tirare in ballo i protagonisti della serie, come richiesto dal contratto. Ecco, allora, che nella generica giungla si cela un generico giacimento di generiche risorse, di cui un generico finto buono vuole impadronirsi, con l'ausilio di generici soldati africani. Ed ecco che i non-morti di Omulù, divenuti stanziali, si rivelano essere solo in apparenza i nemici da abbattere; contro ogni aspettativa (quella in cui si è messo il lettore positivo), sono invece loro i provvidenziali alleati di Arlan Tezla e Curgiac, una volta tanto felici di dover lasciare in vita un malvagio redento. Trattando di guerra, la figura di Aemjl Curgiac deve necessariamente risaltare più delle altre: assolutamente fondamentale è la lunga sequenza in cui il Nostro picchia il soldato per restituire il pallone al piccino povero. Sarà proprio la consapevolezza di dover preservare lo status quo del bimbo e del suo villaggio di straccioni, consci che sono i mostri a proteggerli, a condurre Arlan Draca alla scelta più giusta. Lo stile di Lozzi, è risaputo, ci piace molto; è altrettanto notorio, tuttavia, il suo altalenarsi tra alta precisione e fisionomie discutibili. E quindi, se già lo sapete, non lo scriviamo. Il saggio capo dei non-morti ha il volto di Morgan Freeman: un ulteriore tocco di realismo e verosimiglianza, in un fumetto dai dialoghi secchi e documentaristici, che ne fanno un vero e proprio riportaggio. Conrad ne sarebbe fiero. Conrad, pure.

Dampyr #265: Anime di cera (Contro/Avogadro)

Onde evitare di passare immediatamente da un riempitivo squallido alla saga-evento e causare sbalzi ormonali imprevisti ai morti non-lettori, i russi (i lettori assopiti dagli ultimi albi) hackerano la curatela della testata e vi infilano il curatore de Le Storie, che si appropria anche della rubrica. Ne viene fuori un riempitivo leggermente più leggibile del solito, non tanto nel soggetto - che mantiene una buona dose di dozzinalità, come spiega lo stesso autore - quanto nell'esposizione e nel montaggio, decisamente privi di tempi morti (tant'è che i personaggi vi scherzano sopra, in una delle rare chiacchierate attorno al tavolo). E' una conferma delle doti dello sceneggiatore, già manifeste nei suoi tre episodi realizzati per Le Storie, ma è una conferma anche di una certa scarsità di fantasia. Eppure il primo albo che realizzò fu proprio un horror gotico, che nella nostra testa fu registrato come "molto riuscito"; ma può darsi che il T9 mise lo zampino nella registrazione. Sul momento, l'albo si legge fluentemente, tenuto in piedi da un vago interesse per l'apparente ritorno alle origini: nei primi albi, infatti, non tutti i casi soprannaturali avevano necessariamente un'origine vampiresca, e così pareva essere - finalmente - anche in questo caso. E invece no: proprio alla fine, veniamo a sapere che dietro a Zumbo c'era Racoszy. Con tutte le perplessità che ciò mena seco: se nel teschio c'era il fluido del Maestro, perché Dampyr non lo ha avvertito (come ha tenuto ad evidenziare a più riprese)? E perché alla fine lo avverte? Se invece non c'era nulla, e Racoszy era solo un mandante morale, perché alla fine lo avverte? La sensazione è che, proprio sul più bello, il curatore effettivo della serie abbia ripreso il Contro(llo) e ridimensionato l'intruso. Quanto a Sanna, lo troviamo a Firenze: per fare un dispetto a Sophie, volata a Sidney non si sa a fare cosa, ha scambiato la sua casa in Sardegna con un collega e ne ha approfittato per presentare alla cittadinanza (tra cui Boz, che pur di non curare Dampyr fa il globetrotter) il suo libro dedicato alla necrofilia, sua grande passione al punto da spaventarsi per ogni cosa durante l'avventura che consegue alla coincidenza. Le sue fisime continuano a farci sorridere, ma ormai sembra essersi rassegnato all'esistenza di Harlan e alle sue sciocchezze per disoccupati. L'artista, probabilmente l'unico a piacerci pur non piacendoci, ha fatto di meglio nelle diecimila testate su cui ha lavorato. Probabilmente, vinto dall'emozione dell'esordio, e interpretando alla lettera una sceneggiatura basata su aberrazioni grottesche, ha conferito a tutti anatomie bomarziane. La qual cosa, se il fumetto fosse un film, ci divertirebbe pure; ma diciamocelo, è più probabile lo scoppio della WWIII che l'uscita di un film su Dampyr. Vogliamo comunque esprimere la nostra simpatia per il libro di testo letto da Harlan in aereo (tipica produzione da area free tax) e per il condominio degli autori di Lazarus Ledd, poi divenuti tutti dampyriani. E per le due pagine a tinte forti (nel senso di "in ombra"), mentre altri effetti truculenti sono stati un po' smorzati dal perenne bianco-grigetto.

Dampyr #266: Nel nome del figlio (Boselli/L.Rossi,Andreucci) [Le Origini 1di4]

Alleluja! Campane a festa pasqualine! Rullano i 'mbuti! Finalmente il film di Dampyr non è uscito! Ma non è che possiamo aspettarlo in eterno, Boselli ha quasi 70 anni... E allora ecco la famigerata e pluriannunciata miniserie che doveva accompagnarlo, anzitempo e piuttostocheno! Lo diciamo subito, onde evitare di essere considerati putiniani: qualunque cosa diversa dalla solita minestra riempitiva è ben accetta. E così, anche un riassunto per il pubblico del cinematografo, rimasto estasiato dal film, è grasso che cola, e noi nel lardo intingiamo il pane e facciamo anche la scarpetta. Ma c'è un pri qua pro: che film ha visto, questa gente? Forse Dottor Mystère nel multiverso dell'apatia. E quindi, cosa capisce, di questa prima puntata? Certo, uno spettatore di Mystère è abituato a non capire. Quello dampyriano, invece, si ricorda tutte le storie, e qui ne ritrova parecchie, tutte ripercorse con dovizia di particolari. Si parte dal #241, si passa per una carrellata veloce sui #52/53, #93/94 e tutte quelle drakesche, si sfiora sfuggevolmente i #21/22 e si giunge inopinatamente al #51. Tutte belle storie che è bello veder menzionate, così da non doverle rileggerle per intero. Ma al lettore affezionato la vicenda era stata venduta come inedito dietro le quinte, e qui siamo solo alle prime. Insomma, per quale motivo Draka ha scelto proprio Fortunata e Velma? Boh, così. Si è innamorato di quelle pecorine e non di altre (d'altronde, perché Heidi ha scelto proprio Bianchina? - Non citiamo Heidi a caso, nell'albo compare un Petar). Cosa ha spinto Draka a voler concepire un figlio? Boh, curiosità. Poi ha cambiato idea. Poi l'ha cambiata ancora. Poi si è pentito. Poi si è pentito del pentimento. Come un padre qualunque. Com'è nato Harlan Draka? Scopando, che domande. Sua madre era una figura positiva e mistica, quasi mariana, come è stato suggerito fino ad oggi? No, era una sgualdrina zotica, con tendenze ninfomani. Il concepimento è stato un evento cosmico, legato ad archetipi della mitologia e a particolari simmetrie narrative e panteiste, rivestite di carica prefigurativa in relazione ad eventi futuri ma già noti al lettore, oppure, chissà, ancora da scoprire? No, hanno provato tutte le posizioni per mesi e mesi, e alla fine è capitato. Per quale motivo Zie Moire hanno rapito il piccolo Harlan? Forse per i motivi esposti nel #51 e in un paio di altri? Sì, proprio per quelli. Che fine hanno fatto i non-morti di Roccabruna? Sono rimasti a Roccabruna, poi sono morti. Che ruolo ha svolto Draka ai tempi della WWII? Stava coi buoni. Che fine ha fatto il padre di Velma? Morto sparato. E il fratello? ...e con questo retroscena inedito, non possiamo che aspettarci grandi cose dal prosieguo. Anche dalla cornice narrativa, che di certo non può esaurirsi con tre amici al bar che volevano cambiare il mondo (non il loro, naturalmente). E che c'azzecca il fotografo? Ma ribadiamo la nostra stima per il simpatico, sagace, brillante, romantico, generoso, socievole, leale, stiloso, anarchico, amabile, colto, raffinato, galante, indomabile, premuroso, ricco, astuto, potente e fondamentale Nikolaus (cioè Nicola, cioè Babbo Natale), vero eroe della serie, che potrebbe concluderla in qualunque momento schioccando le dita. Arte di punta, ove la parte del leone la fa il ritornante Andreucci, ancora in piena sintonia con i personaggi e le atmosfere della serie, e quindi da non tenere in squadra assolutamente. Mentre Rossi, non a suo agio con cavalli e cowboys, dobbiamo tenercelo per forza, costretti a godere dei suoi disegni sempre efficaci e intriganti.

Dampyr #267: Ritorno a Yorvolak (Boselli/L.Rossi,Majo,Dotti) [Le Origini 2di4]

Continua la rinarrazione della Life & Times of Harlan McDuck, ripartendo da dove eravamo rifiniti nella puntata precedente. E così capiamo il motivo dell'utilizzo randomico dei disegnatori. Conclusi gli eventi del #51, il giovane Harlan, come sappiamo dal #45, decise di andarsene a Londra a fare quel che fanno tutti gli stranieri in visita in quella città; no, non bere il té e guardare le partite di calcio. Scopriamo che il giovane Angus Og, detto Marsden per i lettori più disattenti, sentì puzza di dampyr, ma non riuscì a rintracciare il nostro in quanto turlupinato dal rivale (ma allora non nemico giurato), il giovane Draka, che gli fece credere di stare cercando il dampyr mentre in realtà se ne stava in panciolle. Se lo sapesse Brunetta. Buggerato, Marsden, per i lettori distratti Lord Marsden, fece indigestione di bombette e minacciò di vendicarsi, ma questa è un'altra storia. La parentesi londinese si rivela essere relativamente breve e spicca prevalentemente per l'immagine sporcacciona di Harlan, tutto canne e naturismo e capelli lunghi. La sceneggiata della fidanzatina fu una recita indotta dal babbo retrogrado dello scapestrato, ma questa non è una rivelazione così eclatante, in fondo, sebbene Elton John sia venuto apposta a Milano per poterla leggere. Né appare degno di nota il fatto che, nella sequenza originale del #45 qui ripresa, la tipa avesse un abito diverso o che dampyr non avesse gironzolato pene all'aria. Colpisce di più sapere che Harlan, a questo punto, girò il mondo, sulla spalla il sacchetto legato al legnetto e in tasca pochi Pences (o Corone, o centesimi americani, non importa, è un fumetto). Il nostro afferma di aver voluto "tornare in Nepal", come se ci fosse già stato prima, e poi di essere stato "dal Messico all'Austria", forse per inseguire il tesoro tanto caro a Boselli (già fatto trovare sia a Zagor che a Tex); a meno che non fossero fanfaronate tipo "dal Manzanarre al Reno". Siccome la miniserie si occupa del passato del protagonista, e questi viaggi non ci sono mai stati raccontati, per quale motivo dobbiamo aspettare di vederli approfonditi proprio ora? Torniamo, invece, a Yorvolak, ché la guerra - ormai lo sappiamo - non aspetta i comodi nostri, accidenti a lei. L'editoriale aveva messo le mani avanti, spiegandoci come tutto questo non sia affatto da intendersi come un reboot, quanto piuttosto come una riscrittura di eventi già noti. La differenza è che, mentre un reboot rebootta, una riscrittura non bootta via noolla. Così, tutti gli eventi a cui assistiamo sono gli stessi già visti nello Speciale #5 (il primo non-morto ucciso consapevolmente dall'eroe) e nel leggendario #1 della serie, il primo incontro con Kurjak e Tesla, fino all'avvento di Gorka, usato come cliffhanger. Di nuovo l'editoriale, però, ci aveva spiegato che, in questa riscrittura che non riscrive nulla, i nomi delle comparse slave sarebbero stati riscritti, e ci anticipa che nel prossimo episodio la città senza nome, in cui figure si aggiravano nella notte, sarà jevo. Per nostra fortuna, la nostra ignoranza, ancora una volta, ci è venuta in soccorso, salvandoci dalle prepotenze dei colti: in fondo, per noi, gli slavi sono tutti uguali e le città pure. Anche dopo vent'anni. Dopotutto, Kurjak si chiama ancora Kurjak, Tesla si chiama ancora Tesla, e Harlan Malovic si chiama Harlan Draka. Che altro dobbiamo sapere? Mica siamo Nikolaus, che ad ogni stacco dà del demente al protagonista, nel frattempo unitosi agli amici al bar. Sul fronte grafico, il curatore cala il tris d'assi. Ma le partite si vincono con quattro carte, ci sembra. L'impressione è che tutti e tre abbiano fatto di meglio, in passato. Ma proprio questa saga ci insegna che dei passati non possiamo sempre fidarci, per cui. Quel che è certo che, nel breve termine, non vedremo storie dedicate alla guerra in Ucraina, in quanto poi, tra vent'anni, dovrebbero essere aggiornate coi nomi veri. Quanto alla Siria, lo Yemen e il Tigrai, vabbè, adesso non mettiamo troppi paletti. La copertina, apparentemente bella, a distanza ravvicinata non è poi granché, e non si capisce perché la giacca di Harlan non proietti l'ombra come quella di Kurjak.    

Dampyr #268: Zona di guerra (Boselli/Dotti,L.Rossi,Genzianella) [Le Origini 3di4]

Titolo di attualità per un albo però concepito qualche anno fa: com'è possibile? Prefigurazione o portasfiga? Perché il Governo dei Minchioni tace? Forse perché acconsente? Ai superstiti l'ardua sentenza (ma siamo in Italia, che ci importa delle sentenze). Lo sceneggiatore ce lo aveva detto, che in questa miniserie avremmo scoperto retroscena inediti di eventi già accaduti. Nelle prime cinquanta pagine, dunque, rileggiamo gli eventi conclusivi del #1, con dialoghi del tutto differenti e con un'abbondanza di particolari che gettano nuova luce su angoli oscuri di quell'albo ingiallito e grossolano: ad esempio, finora sapevamo che Yuri era ricomparso, così, de botto, dinanzi al dampyr, vampirizzato, per poi essere sballottato da Gorka e infine ucciso da Harlan; ma come era giunto fin lì e come aveva potuto Gorka vampirizzarlo, se Yuri era fuori scena? Una ellisse narrativa fondamentale, che, diciamocelo, rovinava la lettura di un albo altrimenti forse anche godibile, sebbene non all'altezza dei capolavori odierni. Ora, finalmente, sappiamo che Yuri era andato sulla jeep coi miliziani coglioni e, unico superstite del massacro, era stato cooptato da Gorka; sappiamo anche, adesso, che non è stato esattamente "sballottato" (che razza di termine) prima di essere ucciso da Harlan. Aah, meglio della conclusione di un puzzle c'è solo l'incorniciare quel puzzle al muro. Questo volevamo, mica rivelazioni da feuilleton e l'apertura di nuove trame, magari - tsé - per rilanciare la testata.  Certo, qualcuno - non noi - potrebbe chiedersi come possa Harlan ricordare eventi a cui non era presente. Lo spiega lo stesso Harlan, ignorando le perculate di Nikolaus nell'unica paginetta-cornice di Rossi: lui ora ricorda eventi che prima non ricordava, e altri che ricordava li ha dimenticati. Martin Mystère, lo sappiamo, ha solo la seconda facoltà. Dylan Dog, invece, solo la prima. Nathan Never, dal canto suo, ricorda anche eventi mai accaduti, oltre a dimenticare gli accaduti, e spesso confonde realtà e fantasia. E se Morgan Lost ricorda molto Brendon, perché è scritto allo stesso modo, e Mister No ricorda solo le storie di Mignacco, Zagor, che non ha fatto neanche le elementari, ricorda ogni dettaglio degli ultimi sessant'anni, come Funès. Ecco allora che il nuovo potere di Harlan Draka appare come un coerente complemento dei recenti sviluppi bonelliani. A questo punto, però dovrebbe spiegarci come mai non ricordava nulla del primo dampyr, se già ne era stato informato. Ma insomma, tutto questo passa comunque in secondo piano nella seconda metà dell'albo, ove assistiamo alla seconda avventura del trio. E il secondo albo, il #2? No, quello Harlan non lo ricorda molto bene (dice pure che la città ha un nome), e glissa su tutte le dinamiche che lo hanno condotto a mozzicare Gorka. D'altronde, non è che adesso proprio tutte le ellissi debbano essere colmate. E poi, sennò doveva ricordarsi della biblioteca del padre, dei libri, e quindi di Amber e la continuità, eccetera. Ce la ricordiamo, no? Molto meglio l'avventura inedita di Genzianella, in cui i nostri salvano la vecchina e il marmocchio dai serbi cattivi (ma chi lo dice che sono serbi? In effetti nessuno, eppure siamo tutti atlantisti, qui). Un'avventura che il nostro potere di inventare i ricordi ci porta a considerare quella del film promozionato dalla miniserie.

Dampyr #269: Sangue stregato (Boselli/Genzianella,L.Rossi,Fortunato,Cropera) [Le Origini 4di4]

Si conclude la miniserie che non ha accompagnato l'uscita del film di Dampyr. Il cinema, come spiega anche il Color #2, è il fratello maggiore del fumetto, e quindi è troppo stanco per uscire, mentre il fumetto a casa si annoia, o comunque è infastidito dalla cagnara. Non è un problema: la prima metà dell'albo ci anticipa candidamente la trama del film, arricchendola di particolari che non avevamo notato, non avendo visto il film, non essendo uscito (tutto fila). Ad esempio, sembrava che il leader della resistenza fosse un transessuale, inserito per strizzare l'occhio alla minoranza del pubblico: e invece è una tobelija, una donna che si finge uomo, una usanza locale, che solo un bifolco oserebbe prendere in giro. Non solo: il titolo del film, "Dampyr", dava l'impressione che il dampyr ne fosse il protagonista; e invece questi è Tesla, la femminista e comunista Tesla, che agisce, impartisce ordini con cinica protervia, inganna il nemico e insulta gli amici a fini di sprone (caratteristiche, qui da noi, riconducibili a Calenda, ma si sa che l'Italia è strana). D'altronde, Harlan trascorre le cinquanta pagine a chiedere per cortesia di non uccidere i nemici che non è giusto perbacco, mentre Kurjak è già diventato il bonario bonaccione a cui è impossibile non voler bene (c'è il primo "fratellino", a toccarci il cuore). Con gran scherno di Hanrico Draketta, i buoni vincono e i cattivi sono divisi tra morti ed esiliati. Le numerose scene di nudo e violenza, invece, vengono riproposte pare pare, così come le perverse allusioni omo-e non solo-sessuali, per la gioia di chi non ha visto il film. Ma, in fondo, se Boselli fosse solo questo sarebbe Burattini, e invece è lui che manovra i fili. E così, dopo aver accontentato il pubblico generalista, a sorpresa tocca anche a quello che ha letto tutta la serie: la seconda metà dell'episodio, infatti, è tutta continuità e riflessioni oziose ed autoreferenziali su di essa, la gioia di qualunque lettore asociale. Si parte dalla conclusione del #2, con il recupero dei libri di Sarajevo (che vediamo in diretta) e si sorvolano i #3 e #5 (e di sfuggita il #4), con Amber e "io sono suo padre" e la letterina dell'angioletto etc., per ricomporre finalmente il percorso che portò alle origini della storia. E quindi il proposito con cui la miniserie ci era stata venduta si concretizza finalmente qui, nelle ultime cinquanta pagine della stessa. Da Harlan che si lamenta (ancora) di come, vent'anni prima, fosse stato usato a mo' di arma dal padre, e forse inizia a farsene una ragione, a Draka che spiega la differenza tra fare un figlio ed essere padre, passando per Caleb e Nikolaus che rievocano i bei tempi dello Speciale #4 e di Madame de Thèbe. Con le aggiunte di Arach adolescente nel mondo di Hyanis e dell'ancestrale incontro tra Camael e Angus Og, più la nota puntigliosa del numero di Maestri uccisi tra aprile 2000 e agosto 2022. Non è che avessimo chiesto molto a queste Origini, diciamocelo: ci bastavano queste piccole cose, e ci sono state date. Con trecentocinquantapagine di ritardo, ma ci sono state date. Persino il finale abborracciato è molto praghese, e l'arte è finalmente di livello alto e costante in tutti e quatto i segmenti. Accontentare tutti per educarne qualcuno, come diceva Mio Mao, o qualcosa del genere: il programma dell'"agenda Draka" è molto chiaro. Ma forse sarebbe meglio seguirne solo una parte. 

Dampyr Color #2: La Cineteca del Mistero: Prologo; Caduto dalla Luna; Doppelgänger; Dark Pinocchio; Incubo di Natale; Vampira; Epilogo (Boselli/L.Rossi/col. Pastorello; Boselli/P.Barbieri/col. P.Barbieri; Boselli/Longo/col. Pastorello; Giusfredi/Dal Lago-Delladio/col. Dal Lago-Pastorello; Giusfredi/Cropera/col. Pastorello; Boselli/Fortunato/col. Fortunato; Boselli/L.Rossi/col. Pastorello)  
 
Pubblicato prima del #269, ma da leggere dopo per non spezzare Le Origini, ma noi lo abbiamo letto prima, e quindi il premier si è offeso e dimesso. Maxi Dampyr #12 nella sua nuova veste editoriale mini e colorata. Dopo la letteratura, ecco il secondo filone dampyriano per antonomasia, la cimenatrogafia; se il terzo numero non sarà un excursus su tutte le guerre del mondo, ci offenderemo anche noi (anche se saremo già gravemente offesi dal nuovo governo). Ljuba, lo sapevamo, è ora una studentessa di Cinema, nonché percettrice del RDC, dato che non la vediamo mai studiare con profitto. Facciamo, dunque, la conoscenza del suo prof., Nomek Cognomek: da buon intellettuale praghese, il suo ruolo è quello del trasecolante scetticone, sballottato da buoni e cattivi da una perplessità all'altra. D'altronde, quando mai si è sentito che a Praga accadono eventi insoliti e bizzarri o omicidi insoluti? Noi, che intellettuali non siamo, trasecoliamo a nostra volta dinanzi alla clamorosa rivelazione che, dopo anni, ci lascia senza parole: Graf Von Henzig non è il nome, Graf vuol dire Conte (!1!). Sturm und Dragh! Noi pikkoli italianen ignoranten, noi solo mancia. E quindi come si chiama questo tizio? Non ce lo dikono. Giuseppi Henzig, comunque, ci mostra la sua cineteca mysteriosa: non poteva essere dell'orrore, quello lo dà il concetto di lettura; né dell'incubo, in quanto già prenotato; il mistero, invece, è un concetto mai usato dai fumetti bonelliani e possiamo usarlo senza problemi di opportunità. Il Prologo è questo qui, disegnato  con cenni di frettolosità oppure con uno stile che mal si adatta ad essere colorato (eppure su House of Mystery - ridagli - non era così). Caduto dalla Luna è il primo capolavoro di Musuraka che Henzig ci propone: c'è il solito Meliès che vive la favoletta onirica, con la guida di Araxe de Kercadiochegnocca e gli inevitabili rimandi al #221. Nulla di particolarmente elaborato, soprattutto per chi ha già visto il film recente che lo ha ispirato, cui è aggiunta solo la nota cartoonesca del Selenita fuggiasco, cui alla fine viene strappato il perizoma; è l'arte della guest prestigiosa ad elevare la lettura. Esilarante la gag in cui viene scovato il Selenita nascosto. Doppelgänger è la storia migliore del lotto, nonché l'unica dignitosamente dampyriana e coerente con il pregresso della testata: e comunque Nikolaus ci aveva accennato da tempo (forse dal #217, da cui proviene Yossele) al suo incontro con Wegener, il regista di Der Golem; e d'altronde non c'è nulla di più boselliano di un personaggio mezzo nazista mezzo anti. Dalla solita menata alla pedata nel cu: Dark Pinocchio è palesemente uno scarto del primo Color, essendo dedicato ad un personaggio di origine letteraria e non avendo nemmeno una implicazione con il mondo del Cinema. La riprova è che la rubrica di approfondimento non se ne vuole occupare. Si tratta, comunque, di una storiella dignitosa, tenuta in piedi da un'arte inusuale e curata e dalla presenza forzata del Tamagotchi, che ci ha divertito ed evocato buffi ricordi. Il finale è eccessivamente zuccheroso. Incubo di Natale è natalizia solo nel titolo e nella vaghissima evocazione dei soliti fantasmi dickensiani, in realtà Henzig (che si traveste pure da Musuraka) e scagnozzi, decisi a portare Ed Wood tra le loro fila. A differenza di Meliès, stavolta non abbiamo visto il biopic propedeutico, e le bizzarrie di Wood hanno avuto un sapore di relativa novità al nostro palato. Le nostre nozioni erano impa(l)late al Mister No scritto da Colombo che parodiava il gruppo di lavoro di Wood: Lugosi, Vampira, Tor Johnson, ecc. (come "chi è Colombo?"; arrivateci da soli, il colpevole lo sapete). Da un travestito all'altro, la carrellata si chiude con Vampira, dedicato alla prima "vamp" del Cinema, con la collaborazione delle sue colleghe travestite (appunto) e lesbiche. Il fumetto si apre con Henzig vestito da Fantomas, senza nessuna ragione: negli anni '20 ci si divertiva con poco, non come oggi. Più che la tizia, il protagonista è proprio Conte di Henzig (improvvisamente lo chiamano tutti così), che scopriamo avere avuto un lato sentimentale e sciupafemmine. Episodio non esattamente brillante, ma perlomeno interessante, almeno così ci piace pensare. La colorazione è opera dello stesso artista e dunque più integrata col disegno rispetto alle altre. Se non mastichiamo molto bene il tedesco, non vuol dire che col francese vada meglio, e così rimaniamo perplessi dinanzi all'accostamento tra lo "Chat Huant" e la civetta (o il gufo, boh, pure in ornitologia ci applichiamo tanto ma siamo stupidi). Il vero film girato da Henzig (ma non erano tutti di Musuraka?, decisamente siamo da rimandare a settembre) con la "vamp" sfora nell'Epilogo, in cui l'arcivampiro si mostra di persona personalmente a Harlanek e Mario Gerosek e sfila la pistola alla sua nemesi con una facilità imbarazzante, ma non lo uccide per non concludere la serie anzitempo, e quindi li spedisce nelle allucinazioni dei "cannibal movies" e del primo film coi fantasmi giapponesi, e poi racconta l'aneddoto dell'incontro tra Tod Browning e Musuraka, e uff quante pagine mancano?, vabbè, Beranek non uccide Dampyrek e crolla tutto e puff tutto svanisce e i nostri vanno tranquilli a farsi una birra. Oltre a Rossi, anche lo sceneggiatore deve aver lavorato con entusiasmo a questa cornice narrativa. Il tie-in tematico alla minisaga che fa da pubblicità al film di Dampyr si conclude così, con tanti elementi apparecchiati per un ulteriore esercizio di stile, da proporre tra un anno. Speriamo che Ljuba non passi l'esame.

Dampyr #270: Killer Hospital (Cavaletto/Ambu)

Riempitivo nell'accezione più pura del termine (c'è da far passare un mese tra un'infornata di Boselli e l'altra). Giacenza nell'accezione più pura del termine: fumetto "ambientato" nel 2017, ma "probabilmente" risalente a quel periodo; dopo il #262, è un altro episodio invecchiato precocemente a causa dei recenti mutamenti politici. Maledizione, pare che lo facciano apposta! Stavolta è il turno dei dannati russi, romperci le uova nel paniere dei prezzi abbattendo l'ospedale abbandonato di Hovrino nel 2018: avvertirci quattro anni fa, no eh? Questo Medvedev è davvero una peste. Peccato, perché lo sceneggiatore aveva previsto tutto il resto: d'altronde, che altro possono fare, i nostri eroi, quando un odioso mercenario del Donbass chiede aiuto, se non precipitarsi a dargli armi e uomini? Inizia, così, il solito film action horror contemporaneo, lo sparatutto coi mostri e i mafiosi e i casi umani, nell'edificio derelitto. Ma proprio il mercenario, il tizio del #206 che non ricorderemmo nemmeno se lo ricordassimo, conferisce alla storia una chiave di lettura secondaria, quando si scopre che la vittima corrotta era la sua figlioccia... questo conduce allo struggente finale - biaccato dei ruderi per essere ambientato al tempo corrente -... yawn... e questo è quanto. I cattivi, ovviamente, non sono non-morti - che banalità - bensì un Grande Antico vero e proprio e i suoi sgherri, che naturalmente non possono aver letto gli albi successivi, essendo il passato... confusi, amici lettori? *blink* Oppure questo è lo scemo del villaggio dei Grandi Antichi, dato che per annientarlo basta un pazzoide coi superpoteri innestati dalla Temsek nel 2009 (quali superpoteri? Non è importante, siamo liberisti). Arte adeguata alle circostanze. Più divertente del fumetto è la rubrica, che ospita - colpo di scena! - la lettera di una lettrice: costei domanda quale sia il vero castello di Roccabruna, tra i due realmente esistenti; colpo di scena!, non è nessuno dei due, ma un terzo con un nome differente.

Dampyr Special #18: Il giovane Dampyr (Boselli/Viotti)

Governo di destra e film di Dampyr! Il proibito diventa realtà. Al pubblico generalista che affollerà i cinematografi è deputata la riedizione dei fumetti d'esordio della serie, ma, metti che dovessero loro piacere, è necessario che pure il fumetto nuovo si presti alla ripresentazione di quello che la testata può offrire in questo momento. Ma la miniserie Le origini e il riempitivo sfigato sono usciti proprio nei mesi scorsi, dannazione. Graziaddio, dieci anni fa - alla morte dell'Editore - lo sceneggiatore si era preparato degli escamotage per i momenti di crisi: ecco, dunque, il provvidenziale ritorno di Charles Moore, il terzo Dampyr, che non vedevamo dai #177/178. Il piccino è ora un ometto, e vive ancora nella "casa sull'orlo dei mondi" con la madre Joan, le Zie Moire, e Liam Cunningham. Scopriamo che la famigliuola allargata ora paga le tasse - perché sicuramente le paga, sarebbe diseducativo, altrimenti - in Ostcelia, un ambiente che ricorda molto i Western tanto cari all'autore. Charles si è fatto l'amichetta, un'aborigenina tutto pepe e lamentele coi poteri da Dreamwalker, o qualcosa del genere: come la sua omologa di Supernatural, non è proprio bellissima, e pertanto per Charles è solo un'amica a cui dare ordini. Dopo anni di quiete, proprio in questo momento pare essersi svegliato un vampiro in quelle lande desolate, ma non è per questo motivo che Harlan Draka (il secondo Dampyr), Caleb Lost (secondo i più, un Amesha) ed Emil Kurjak (un secondo, che arriva) vengono scomodati: è che anche Lady Nahema ha atteso l'uscita del film per sferrare l'attacco al Dampyrino, forse sperando che il capolavoro li tenesse distratti per quelle due orette. Dopo averci riepilogato i precedenti incontri, Nahema si gioca la sua carta: Vassago, il Demone delle Cose Perdute, fra le quali c'è l'informazione di cui abbisognano per sapere dove si trova Moore (ovvero dove si trova). Per fortuna, Vassago può contare sul suo superpotere, ipnotizzare le persone quando lo dice lui solo quando lo dice lui, e, ancor più fortunatamente, a casa Divadlo abita ancora Ljuba, la studentessa di Cinematografia (che circolarità!) perennemente spaparanzata sul divadlo. Ljuba, ormai, è cresciuta, e ha quasi l'età di Lisa, il ché è sufficiente a turbare il Dampyr, che dunque coglie la prima occasione per andarsene agli antipodi. Sulla giovane restano a vegliare Kurjak e gli spok di Nikolaus, per cui Vassago ha gioco facile. La storia vera e propria ha il via quando il focus narrativo si sposta a Uluru e finalmente le piste di Harlan e Vassago cominciano ad interagire, e le loro vicende ad intersecarsi con le disneyane avventure dei ragazzini ribelli e dei loro vegliardi protettori (con le ambiguità del caso, come il Vassago pedofilo suo malgrado). Come in un film (aridagli) d'animazione, è la mitologia aborigena a conferire un tono più adulto alla storia, e finalmente troviamo su questa serie concetti come il Tempo del Sogno, le Vie dei Canti, Eccetera... alla prossima, cosa: la ricerca dei Graal? A parziale complemento de Le Origini, scopriamo che Harlan era già stato ad Uluru, ma lo aveva rimosso: omaggio a Lazarus Ledd? Per forza, altri fumetti con argomenti esoterici non ne conosciamo. Oppure quel graffito che Harlan non comprende è proprio quello di Don Rosa. L'autore riesce a rendere credibile il disvelamento del colpo di scena e la sua natura, lo scemo del villaggio dei Maestri della Notte, l'unico serpente cosmico capace di rimanere incastrato nelle fessure spaziotemporali: ricorderemo come il #270 presentasse lo scemo del villaggio dei Grandi Antichi, il ché non fa ben sperare per i Demoni Neri dei #271/272. Nonostante questo, la grottesca storia di Wunggurr appare pietosamente comprensibile. A questo punto, la conclusione non può che vedere la battaglia tra le Moire che sparano raggi dalle mani e i Nephidim Vulcaniani teletrasportati dall'astronave e armati di pistoloni laser, come nell'indimenticabile #148, mentre Harlan può beffare il cattivo pazzo cavillando. Naturalmente, a Nahema è sufficiente una stretta di mano per ottenere ciò che Nergal aveva fallito per un centinaio di albi, e così lei e Vassago possono mantenere intatti i propri status di "cattivi ragionevoli", mentre Charles ora sragiona, prediligendo la stangona guercia e caucasica alla negretta petulante e ancora non formatasi. Un'ombra oscura sul lieto fine, dunque, ma le Zie provvedono immediatamente a chiudere la sottotrama, avvertendoci che non si faranno vedere almeno fino al prossimo film. Harlan, comunque, non sembra esserne turbato, forse perché lo Speciale #11 era un "what if". Per competere con Frida Gustavsson, Wade Biggs e l'altro tizio, oltre che per nascondere lo scorcio di 32 tavole, un albo del genere non poteva essere mandato in edicola, così, alla bisogna, ma necessitava di un'arte curata, espressiva, rifinita, ariosa, magari rilanciando un'artista talentuoso ma persosi col tempo; e, perché no, di un copertinista nuovo e dallo stile impressionista, con cui cogliere al balzo il restyling imposto dall'Editore; ha avuto entrambi. 

Dampyr #271/272: Gli spettri di Youghal/Orrore a Hyde Court (Boselli/Genzianella,Rubini)

E film fu! Uscito in occasione di Halloween, e da esso beffato, dato che non è durato un mese come auspicato, e pertanto è stato necessario ritirarlo dalle sale dopo tre giorni, il primo episodio del BCU (Boh Casi Umani) ha conquistato le platee dei due cinema che lo hanno trasmesso, di cui uno aggratis a Lucca Fumetti E Giochi, e il pubblico dei quattro gatti che lo hanno visto: a Silvestro e Tom è piaciuto molto, mentre Mio Mao ha criticato alcune cose, ma nel complesso lo ha gradito; solo Malachia è rimasto deluso, ma si sa che è un tipo dispettoso; quel che importa è che 3 su 4, la maggioranza, ha apprezzato l'opera! Per festeggiare l'evento, i due albi da cui è tratto il capolavoro sono riproposti in 616 e 52 versioni. Non solo: anche la collana mensile si presenta con una storia in due puntate, per l'occasione dedicata a ripresentare le caratteristiche salienti e pepate alla base della serie. E si parte subito forte, con un inedito carro di buoi direttamente in copertina, per poi passare ad una vicenda a base di bambini cannibali istigati a mordere tette, bambini sgozzati, disabili sventrati, handicappati divorati da mostri tentacolari, occhi cavati con le dita, donne nude bianche e nerissime. Il tutto condito da regia americana e spettacolare, tipo quando il protagonista sfonda il muro con la volante e schiaccia il poliziotto corrotto, o quando propone un patto verbale al cattivo, che lo accetta (non in quel senso, nell'altro), o quando la zitellona romantica sfodera una grinta mai vista e spara al malvagio, o ancora quando e infine quando. Il lettore fedele può divertirsi a notare (oppure può solo notarlo) come la prima puntata sia una classica storia dampyriana in cui lo sceneggiatore si vanta delle sue mete vacanziere, mentre la seconda prenda una più spavalda piega cinematografica, comunque non inedita, in quanto l'autore finisce per riproporre la "battaglia tra etichette orrorifiche" già vista ai tempi del ciclo mestrualovecraftiano: e infatti qui ritornano dei mostri "tipo Ciulu", stavolta contrapposti ai fantasmi (buoni) e alla cacciatrice (pacifista) dei medesimi, con in mezzo i seguaci di Thorke. Questi arrivano a farci credere che quel vecchio nemico possa essere resuscitato, e che la rivoluzione dei #182/183 possa essere restaurata, non tanto perché l'autore è più bravo del solito a seminare il sospetto, ma perché il serial ha superato da tempo il punto di non ritorno della credibilità, e infatti i film sono meglio delle serie tv. Invece niente, la Tempolizia e l'esercito Infernale irrompono nello stanzino dove ci sono altre dieci persone, e, zampe in alto!, dopo una breve guerricciola arrestano i malmorenti e li giustiziano (ma prima li arrestano, a norma di chi legge). Finisce che Ryakar e l'altra demonessa buona (Eishet?) restano nell'irridente località a curare gli autoctoni traumatizzati, mentre Maud decide di adottare la down e la comatosa e forse anche Freed allungamani Richards. A Stuart Martin non resta che chiedere com'è andata la vacanza, e a Briggs rispondere con una battuta. L'arte non delude né eccelle, anche perché il flashback spiegone riassunto della Dimensione Nera dal #157 a oggi lo fa Rubini. Insomma, Mio Mao aveva ragione: una lettura modesta, ma tutto sommato divertente, forse la migliore dell'anno. Peccato per quei ragazzini che disturbavano sempre. "La realtà, a volte, supera la fantasia": sì, ma a noi quando capita?

Dampyr #273: La Scuola tra i Fiordi (Boselli/L.Rossi)

Autori di prestigio per un riempitivo pseudonatalizio. Una lettura agevole e (quasi) vecchio stile, anche se l'albo a cui finisce per assomigliare - anche in virtù del medesimo tandem creativo - è il #116: questa scuola, però, è infestata da fantasmi e da criminali comuni. Oh, e finalmente alla galleria dei delinquenti riabilitati si aggiunge il buon pedofilo. Per tacere del concetto di scuola che tiene le pesti pure durante le ferie. Awww. Dicevamo "(quasi) vecchio stile", perché comunque finisce con la strega Gudrun che impone il bastone alle rune e con l'ex bambina, ora adulta, che picchia il fantasma molestatore, in mutande (davanti ai ragazzini, i quali se la volevano fare per tutto l'albo, ma quando si spoglia non la degnano di uno sguardo). Ma sappiamo che non si tratta di una scelta da manuale cencellj: è che lo stile di Boselli ormai è questo, e così ce lo dobbiamo tenere. Dopotutto, è una storia che, nella golden age della serie, avrebbe figurato tra le minori, ma oggi che l'age è bronzed risulta la migliore dell'annata. Ci sono comunque cose poco chiare, tipo lo status di Gryla e del perché questi fantasmi spuntino come funghi dappertutto, e francamente ci siamo persi anche il momento in cui il vecchio entra in scena. Ma vabbè, il Natale quando arriva, arriva. Arte di alto e abitudinario livello, in cui i volti di Gudrun e Freya si confondono. Poveraccio, il maestrino. 

Dampyr #274: La Progenie di Rothgar (Falco/Del Campo)

Nuovo anno, vecchio seguito. Si ritorna nei territori del #67, con la Malena di quell'albo e tanti saluti al fu Faggella. Coincidenza, proprio pochi mesi fa è morta l'ultima "Abuela". E dire che Falco fa il medico. Siamo nella classica Buenos Aires tutta banditi e perdigiorno, sulle tracce del non-morto postfascista del Condor, che poi troviamo con l'aiuto degli sbirri buoni, un nuovo gruppetto di amici per i fratellini (in vista del seguito del seguito). Ma dietro le quinte c'è un nuovo Maestro, Rothgar dal volto di Mads Mikkelsen (?), uno che faceva il Mengele coi nazi, e lo fa ancora oggi: il suo scopo è creare una nuova razza di ibridi umano-Maestri. Harlan non se lo chiede, ma noi sì: come Draka ai tempi di Varney? Più o meno. Però questo è malvagio. Non è solo teoria folle: un ibrido esiste davvero. Però è buono. Dampyr fa in tempo ad incontrarlo solo nelle ultime paginette, sufficienti però per empatizzarvi subito con tutto il suo cuore di eroe. Purtroppo, anche in un albo dal canovaccio tradizionale come questo, Kurjak fa il "tipo dell'HBO", quindi prima dice "teste di cazzo" davanti a tutti, e alla fine spara a vista su questo povero cristo, non lasciando il tempo a Dampyr di allearvicisi. A quel punto l'albo è finito, per cui anche Harlan non è che ci stia a piangere sopra, pazienza è andata così, la vita va avanti come ci insegna il Papa argentino che ha sepolto il tedesco. E Rothgar? Ah sì, c'è pure quello: no, niente, Harlan lo vede solo nei flash, ma non lo incontra, perché è già scappato nel sequel.
     
Dampyr #275: Il Giustiziere di New York (Zamberletti/Vercelli)

Riempitivo metropolitano: poliziotto buono poliziotto cattivo, fratellini. No, non il dampyr e quell'altro, quelli sono rassegnati. Sono due tizi mai visti prima, l'eroico papino dal volto di Josh Brolin (o almeno così ci pare, non è che l'arte sia davvero tale) e il cinico "zietto". Non-morti di Ixtlàn, che rivediamo nell'immancabile flosciobecco. Muoiono tutti tranne i protagonisti. Questo è quanto. In questo universo, Nick Raider non esiste, dato che il "miglior sbirro della NYPD" è un altro. Mystère, invece, chi lo sa, è come il prezzemolo. Certo, anche se esistesse, meglio stargli alla larga.

Dampyr #276: Il Crepuscolo degli Dei (Venanzetti/Lozzi)

Seguito del #203, un riempitivo che, in modo arcano ed inesplicabile, avevamo gradito. Ma erano altri tempi, si arrivava dalla lunga saga del bicentenario e dal Magazine, eravamo giovani e ricolmi di speranze, potevamo sognare che un'epidemia planetaria avrebbe risolto tutti i problemi. Oggi, avevamo accolto con placida rassegnazione la sinossi dell'albo, che ci prospettava una sfida a colpi di bikers coi superpoteri. E invece. Come si dice? "Quel che non ci uccide ci reinvia a processo". La prima metà dell'episodio ripropone le atmosfere sospese e la tangibile evocatività degli ambienti che ci avevano intortati nel prequel. Sarà vera la storia di Starkad, che ci ripete più volte che lui ha i ricordi dei tempi di Egil-una-mano?, ci chiediamo. Cosa ci celerà realmente dietro a queste vicende, che sembrano presagire oscuri connessioni tra i nazi e le dimensioni spaziotemporali?, ci domandiamo. Stanti le visioni degli eventi passati che appaiono in forma ectoplasmatica, e il cameo di Maud (cui giustamente telefonano per saperne di più, e giustamente, da buona professionista, lei ci insegna cose che già avevamo intuito), e considerato che diversi albi recenti hanno interessato i fantasmi, è possibile che stiamo assistendo al dipanarsi di una nuova sottotrama che ci accompagnerà per almeno cento episodi?, supponiamo. Tanta roba, insomma, e i bikers fanno solo una comparsata. Poteva durare? Ovviamente no. A metà albo, la svolta: non c'è nessun mistero, i ricordi sono fasulli, e dobbiamo solo liberare il fratello. E quindi via di quaranta pagine di asettico laboratorio scientifico, e di arte impacciata, e gente che cammina durante la nevicata nella neve alta coi giubbetti di pelle, e brat brat brat, e zuooomm fuaaaa, e scienziata pazza che muore, e cattivo-buono che si suicida (anche se immortale) distruggendo tutto, e posa degli eroi. Più che il crepuscolo, è notte fonda.     

Dampyr #277: Radio Vampira (Giusfredi/Bartolini,Majo)

Esiste davvero una emittente radiofonica locale che ha ospitato gli autori di Dampyr: per lo sceneggiatore hipster è uno spunto irresistibile da tradurre in riempitivo folkloristico. Ma fortunatamente questo tizio è anche il pupillo di Boz, e può bearsi di un potere decisionale lievemente maggiore di quello concesso ai meri factotum. Così, di botto, nella desolazione generale, ecco un riempitivo che è anche qualcosa di più, un'appendice di continuità, ruffiana e complice, che si innesta confortevolmente nella mitologia della serie. Agnese degli Ubaldi, la non-morta tardomedioevale che si presenta ai giorni d'oggi alla radio e racconta la sua storia nella Storia, non è solo la solita squinzia usa-e-getta, come lasciava tristemente presagire la sinossi: è la non-morta di Krygar, il Maestro dei #17 e #153 e #165, ma che nelle sue vicissitudini ha incrociato pure Giovanni (come "quale Giovanni?" Drogo, naturalmente. Gli amici del bar del Giambellino lo chiamavan Draka). Non è tanto questo a rendere rilevante l'episodio, quanto una narrazione che, una volta tanto, mantiene un certo decoro tra formalismo e pietismo, riuscendo ad essere erotica (ormai requisito indiscutibile per essere pubblicati) senza essere volgare o becera, e sfruttando la carrellata storica (tardo medioevo, Guerra dei Trent'Anni, moti ottocenteschi, l'immancabile guerra mondiale) per incuriosire quel tanto che basta per non annoiarsi (Dampyr arriva a metà albo, e fino ad allora è tutto un racconto di Agnese allo speaker). Dicevamo, però, che lo sceneggiatore è anche il viceBoz: ed ecco che, mentre effettivamente l'alone fascinoso costruito intorno ad Agnese evapora, e le motivazioni della tizia diventano incomprensibili e contraddittorie, l'autore si gioca la carta dell'innesto narrativo, introducendo il fratello di Krygar, Ryoh, il Maestro della Notte adolescente, tenuto in vita artificialmente dall'alba dei tempi da Dagda e risvegliatosi solo nel #165. Sacrificando Agnese - che, come detto, improvvisamente comincia a comportarsi in modo irrazionale -, l'autore presenta il nuovo personaggio con una certa efficacia, facendo in modo che il dampyr non capisca bene cosa stia accadendo (Agnese a momenti lo sgozza!) e tirando in ballo tutta la mitologia possibile, da Dagda a Taliesin, quest'ultimo protagonista dell'epilogo in flashback. Praticamente tutti sapevano di questo Maestrino dormiente nei dintorni di Pisa, ma nessuno ha mai pensato di avvertire chicchessia. L'impressione di stare leggendo qualcosa che si riverbererà in albi più importanti si manifesta anche nel grottesco confronto tra Ryoh che ribadisce seraficamente di non volere la guerra e Harlan che lo minaccia perentoriamente di morte alzando la voce e agitando il dito. La confusione del finale - una confusione che, tuttavia, visti i tempi, appare come una salvifica rimescolata alla minestra - è avvalorata dalla straniante presenza di 7 tavole di Majo non consecutive, forse giacenze riadattate all'uopo. Ma forse, alla fine della fiera non vogliamo ammettere che ad averci realmente conquistati è stata l'arte ariosa e davvero gradevole di Bartolini, che solamente negli scorci medioevali cerca di suicidarsi con ingombranti retini.

Dampyr #278: La Foresta dei Suicidi (Venanzetti/Gualandris)

Arte ispida e industriale, ma sqillino le trome: finalmente ecco l'Aokigahara, uno dei pochi luoghi di questo mondo piatto e conformista capace di suggestionarci. Dampyr arriva tardi, stavolta: Nathan Never vi era già stato, e pure la cinematografia americana; il ritardo si riverbera nel fumetto, dove Harlan arriva dopo molte pagine, comparendo dal nulla già in loco, e fa quasi più paura dei mostri. Il luogo suggestivo è sfruttato solo a mo' di sfondo, comunque, e l'episodio è l'ennesimo episodio coi fantasmi. A dire il vero, la cattiva sembra più un dèmone, visto che le tirano i capelli, come a quella tizia famosa dei film con le vhs. Ma boh, vai a sapere. I personaggi non si pongono molti dubbi a proposito, forse perché Kenshin e il comprimario occasionale sono distratti dai propri istinti suicidi - come non comprenderli? -, mentre Harlan ormai lo conosciamo, tutto bene grazie. Scopriamo che Kenshin aveva un amico mafioso a cui voleva molto bene, e che si era suicidato nella foresta (cioè nel lago: c'è un po' di tutto, in questo ecosistema; come nei boschi italiani, solo con puttane e immondizia in vece di laghi e vulcani): alla fine trova pace, e Kenshin pure; quell'altro invece è malato terminale e tanto deve morire lo stesso, quindi tutto finisce bene. Il mese prossimo, una nuova storia di spettri: non è affatto un indizio di trame future. 

Dampyr #279: Le Vendicatrici (Andreozzi-Falco/Del Campo)

Nel mese di giugno 2023, Boselli tocca la quota di 50000 pagine pubblicate: è la Storia del Fumetto Italiano che ci passa davanti, per farci "marameo". Soprattutto a noi dampyriani, giacché il record è deputato a Tex, mentre ai poveracci rifila 'sta sbobba. Ricordiamo Wyatt e Rufus, gli sbirri dei mitici #15/16? No, però rieccoli: hanno cambiato città, perché, nonostante tutto l'epos e la morte dei malvagi di quel Classico della serie, alla fine quel posto era rimasto razzista. A poche decine di km di distanza, invece... niente, sono razzisti anche qui. Però almeno qui c'è una negra che uccide i razzisti. Il modus operandi, la pagina della rubrica, la ripetizione nozionistica anche nel fumetto; tutto porta a pensare che si tratti di una Boo Hag, una via di mezzo tra i non-morti e le succubi; solo quel limitato di Kurjak insiste a dire che si tratti di semplici non-morti, "senza dubbio". Ma sentilo, il signorino! Beh, a metà albo si scopre che ha ragione: è proprio una non-morta, che vive con altri non-morti nella villa abbandonata nella foresta paludosa rigogliosa, alla faccia delle speculazioni edilizie. Ora: saranno pure nient'altro che le solite non-morte, seppure tutte donne e tutte negre, ma chissà chi sarà il loro Maestro. La location, la presenza dei comprimari degli albi di cui sopra, il colore della pelle (gulp!); tutto porta a pensare che si tratti delle non-morte del defunto Legba. E invece... Invece cosa, è proprio così. Gli autori (Falco aggiusta(?) il soggetto di un tizio), consapevoli di non brillare d'originalità nei colpi di scena, provano a compensare rimescolando il canovaccio, anzi no, tanto a che serve. Per mantenere il grado di realismo necessario ad una serie etnografica come questa, e per giustificare il prologo, la cui datazione precisa è sospetto di una ispirazione ad eventi reali, non tutti i razzisti vengono eliminati, a parte tutti quelli che compaiono nell'albo. In fondo, anche punire gli stronzi - così li chiamano ripetutamente i buoni della storia - è giusto. Arte perfettamente adeguata a tutto questo. 

Dampyr #280: Il mistero dell'Isola di Jersey (Piani/Belardo)

Per una volta, le sensazioni suggerite dalle anticipazioni sono confermate: riempitivo inusuale e gustosamente scenografico (non è che l'ha suggerito Argento?). E' la manifestazione diretta del tormentone delle sinossi con i comprimari che sovrastano il protagonista (il famoso "e con la partecipazione di Harlan Draka") e confessiamo di non averlo affatto disprezzato. Delle 94 tavole, infatti, almeno una sessantina sono dedicate ai flashback della famiglia Hugo nella metà del secolo decimonono, nella cornice semi-inedita di un'isoletta francese (non i soliti anglofoni), con l'autore che sembra essersi documentato parecchio e che ci offre la presa diretta romanzata di eventi realmente accaduti (le sedute spiritiche di Victor Hugo in esilio, l'origine delle turbe della figlia Adèle e di Jules Allix). Praticamente l'intreccio nasce e si sviluppa nei flashback, e potrebbe pure morirvi, se non fosse che il contratto prevede, appunto, "la partecipazione di H.D." larocraft. E quindi c'è questo contorno ai giorni nostri, con la solita Maud che non sa risolvere niente da sola, e deve sempre chiamare il suo amico dai viaggi spesati. Fortunatamente, questa volta le pagine a loro disposizione sono poche, e fanno in tempo a tergiversare solo in un paio di occasioni (due tavole di occhiate all'appartamento e salite di scale), ma poi debbono per forza darsi una mossa. Ed è un peccato, perché il finale frettoloso e di routine (mostri, versi, spari) ci riporta drasticamente nell'alveo dampyriano. A favore dell'autore gioca invece lo sforzo di aver creato un contesto diverso dalla solita minestra: stavolta, infatti, non combattiamo i soliti "fantasmi", ma ci addentriamo in concetti più specifici (eggregore, arconti), con i sottotesti che ne conseguono. Ma... allora... si... può... fare!! Certo, uichipedya dice che le eggregore si sconfiggono con meditazioni e fioriterapie, mentre qui ci vuole la pistolettata al cuore tipo western, ma non possiamo certo pretendere di più, d'altronde non ci aspettavamo neanche che mezza storia fosse gradevole e interessante. Arte documentata, ma dalle anatomie non sempre convincenti. Fastidiosa la presenza di John Cleese (che c'azzecca?), più simpatica quella dell'attore che fa la prima Morte in Supernatural.

Dampyr #281: Gomorya (Boselli/Delladio)

Madonna santa. Episodio poco affine ai riempitivi che ormai costituiscono l'ossatura della testata. Eppure, a sua volta, riempitivo, ma in modo colto e inusuale. Si parte con un melodramma tardo ottocentesco, in napoletano stretto, che parla di puttane raffinate e camorristi dandy. Subito pensiamo alle grosse risate che ci faremo nelle chat con gli altri critici della serie. Un nuovo, epocale albo-meme tutto da deridere? In realtà, emerge fin da subito l'ammirazione per come l'autore, un bauscia milanese con la 'r' moscia, si sia preso la briga di studiarsi un dialetto così lontano dal proprio (per quel che ne sappiamo, ci è parso abbastanza documentato, non è Boldi che imita Totò, il livello è alto; certo, non è iperspecialistico e incomprensibile stile rapper camorrista, ma è comunque un napoletano ostico per un forestiero). Questa sorta di fascinazione intellettuale prosegue e si fa più pervasiva quando ci rendiamo conto che l'episodio è una specie di divagazione manieristico-culturale, in cui lo sceneggiatore sciorina la sua traboccante conoscenza del periodo storico raccontato e dei personaggi storici messi in scena, oltre che delle ispirazioni letterarie dell'ormai inintellegibile cast dampyriano (nota di merito all'editoriale, finalmente utile, che ci ricorda da dove viene, realmente, Gomorya). Ricordiamo? Avevamo iniziato a leggere Dampyr in quanto seguaci dell'approccio woldnewtoniano di Alfredo Castelli e del suo Martin Mystère, un serial capace di farci interessare a cose di cui, inizialmente, non ce ne poteva importare di meno (il fumetto ottocentesco, per rimanere in tema). Una magia che diversi episodi di Dampyr erano riusciti a replicare. Questo si innesta in quel filone che pareva ormai esaurito: un minestrone con le architetture inesistenti di Lamont Young, o' Munaciello (#52/53, è morta la vecchietta, come Castelli, e tutti la archiviano subito, come Castelli), romanzi popolari misconosciuti, le rovine perdute degli Yazidi, e, soprattutto, ciò che più ci ha entusiasmati, la doppia indagine in località diverse (Gradisca, Venezia, Napoli) seguendo la mappa e luoghi realmente esistenti. Non solo: il cast torna a muoversi secondo dinamiche più logiche e meno macchiettistiche (tipo Caleb che manda in giro più incaricati in più luoghi contemporaneamente), si cerca di dare un filo conduttore alla trama delle Chiavi dell'Inferno (il Salterio del #107, il Sistro del #205, il Flauto di Pan perduto, manco fosse su Marte, e qui letteralmente un cadavere impolverato), Harlan incontra finalmente l'amico Racoszy. Giusto un paio di perplessità nella litigata tra il fratellino che non fuma e quello che aveva smesso ma ha ricominciato (che trasgressivo!) e sull'interpretazione romantica di Gomorya, che nella precedente apparizione era una totale ninfomane. Giusto l'indispensabile per ricordarci che, tutto sommato, se c'è un plausibile "erede di Castelli", è l'autore di questa roba. Anche se stavolta è mancato il pecoreccio (giusto la bernanda in copertina). Arte di buon livello. E' il miglior albo almeno da Roccabruna (facciamo Robert Howard)? Ci sembra proprio di sì.    

Dampyr #282: La Strega Bambina (Piani&Russo F.)

Sedetevi, stringete i pugni e sforzatevi come se steste evacuando; ora immaginate la cosa più woke-socialwarrior-eccetera che la mente può immaginare. Fatto? Non ce n'era bisogno: avevamo già qui la bambina africana esper. Ventre gonfio e fronte piatta, la piccina vanta pure un amichetto che si è zoppato da solo e che alla fine viene sparato brutalmente in pieno petto. Niente paura: aveva l'argenteria rubata sotto la canottiera. La Temsek, infatti, non è stata smantellata nel #209, come anche Kurjak credeva: facendo spallucce, Harlan ci spiega che evidentemente non lo è stata, visto che in Africa è ancora operativa, e ci mostra i bonifici che lo provano (come a dire: non è colpa sua). La missione è reclutare gli esper, come ai tempi di Zarema e affini. L'occasione è allora ghiotta: Africa, guerra, lotta di classe, giustizia sociale, femminismo, infantilismo, ambientalismo non tanto ma diciamo che è sotteso, lotta alle multinazionali, disabilità, dramma degli orfani, gap generazionale, traffico di vite umane... porca miseria, è la vertigine della lista. Se ci pensiamo un attimo, le troviamo tutte. Tant'è che l'editoriale - geniale - la prende alla larga parlandoci di Rosso Malpelo e Pel di carota (i rossi erano discriminati, quindi anche gli africani). Per contrappasso, l'autore ripropone gli stilemi di inizio serie, con i battibecchi sarcastici e Tesla che fa le moine a Kurjak, e concede al trio quel pizzico di cattiveria ultimamente un po' ingessata (pensate: Harlan spara in testa a un negro davanti alla cinepresa), soprattutto a Tesla, come anticipato dall'accorta sinossi ("Tesla non sopporta che nessuno pensi ai bambini!"). Alla fine mamma e piccini ottengono una nuova vita tutta spesata nel Paese di Trump, lasciando macerare noi occidentali povery nell'invidia. Arte complessivamente passabile, ma anche svogliata o in declino; Russo ci aveva abituati a ben altro. 

(2021-2024)